Muoviamo dal primo piano di analisi, quello di cui al terzo comma, demandato espressamente all’esperto.
La base di appoggio di tale vaglio è la proposta di concordato.
Proposta che, come accennato, deve necessariamente essere liquidatoria e, come tale, prevedere la monetizzazione di tutti gli attivi.
Il primo soggetto che dovrà dunque svolgere un’analisi dell’attivo in chiave liquidatoria sarà l’imprenditore.
E già qui sovvengono alcuni temi:
- l’imprenditore è tenuto ad una cosiddetta “disclosure”, ossia alla evidenziazione di propri atti censurabili, al fine di evitare la possibile sanzione di fallimento? Stante il richiamo dell’articolo 173 nell’articolo 18 in commento, la risposta pare dover essere affermativa;
- l’imprenditore è tenuto ad una comparazione con il fallimento? Alla luce degli sviluppi dottrinali in tema di concordato liquidatorio, si ritiene che non sia strettamente necessario;
- è possibile presentare una proposta “chiusa”, ossia con offerte predeterminate; si rinvia all’articolo 19, secondo comma, sempre della L. 147/21 che non richiama al riguardo la necessità di procedure competitive, ma “l’assenza di soluzioni migliori sul mercato”, che il liquidatore nominato ai sensi del medesimo articolo 19 sarà tenuto a verificare.
Le analisi dell’esperto, a stretto rigore di norma, devono essere calibrate sulla proposta del debitore.
Se valgono i richiami di poc’anzi, quindi, l’esperto:
- non deve svolgere una comparazione con il fallimento;
- non deve vagliare se la proposta è la migliore formulabile dal debitore;
Peraltro si ritiene anche che l’esperto non debba esprimersi sulla disclosure, e quindi sulle possibili iniziative risarcitorie eventualmente conseguenti a determinate operazioni, né sulle cause di crisi (che peraltro ormai in qualche misura avrà già analizzato nella relazione finale del tentativo di composizione).
Ai fini del proprio parere, tuttavia, l’esperto non potrà esentarsi:
A) dall’esame dell’attivo e del passivo dell’impresa posto a base della proposta. Si ritiene che l’esperto non debba esprimersi sugli attivi e passivi degli eventuali soci illimitatamente responsabili, tenuto conto che gli stessi, salvo patto contrario, non fanno parte della proposta concordataria (alla luce del richiamo nell’art. 18 L. 147/21 all’art. 184 della legge fallimentare);
B) dalla valutazione di tale attivo e passivo.
A) sotto il primo profilo, l’esame rimanda alla veridicità dei dati di cui alla normativa concordataria.
Infatti, per esprimere un parere fondato sui “presumibili risultati della liquidazione”, l’esperto non può che avere ragionevole convincimento della piena rappresentatività delle risultanze della contabilità. Ad essa, si dovranno aggiungere le più opportune valutazioni in tema di composizione del passivo (tra posizioni prelatizie e posizioni chirografarie) e dei fondi spese e oneri futuri.
Il tutto, a questo punto, presuppone l’inventario degli attivi.
Di fatto, dunque, l’esperto è in prima battuta chiamato a tutte quelle attività che devono essere svolte anche dall’attestatore al fine della “veridicità dei dati”, ossia a titolo esemplificativo: circolarizzazione, verifiche di proprietà dei beni, richiesta di certificazione all’Agenzia delle Entrate ed Enti previdenziali, centrale rischi, carichi pendenti eccetera, ove non già presenti per norma della stessa legge 147 tra gli atti del tentativo di composizione, cui si aggiunge ovviamente l’analisi dei contratti pendenti, dei contenziosi, della dismissione del personale, di sanzioni e interessi eccetera.
Trattasi all’evidenza di un’attività che va svolta tempestivamente, e quindi già durante il tentativo di composizione della crisi, anche ai fini di una sua corretta valutazione.
D’altro canto, il canovaccio della legge porta a dire che in ogni caso l’esperto debba vagliare la veridicità dei dati nel corso del proprio operato, a prescindere dall’epilogo concordatario.
I molteplici pareri al cui rilascio l’esperto è chiamato non possono infatti prescindere a mio avviso da una situazione in qualche misura certificata.
Si richiama ad adiuvandum il punto 4. 3 del Protocollo di conduzione della composizione, laddove vengono introdotte possibili “carenze o incongruenze della situazione contabile di partenza” ravvisabili dall’esperto. Non si può che convenire che il giudizio dello stesso debba essere necessariamente fondato su tecniche di verifica ormai di patrimonio comune.
Risolutivo poi pare essere l’art. 4 della legge 147/21, laddove espressamente indica che l’esperto può avvalersi “di un revisore legale”, con ciò fornendo un chiaro indirizzo circa l’approccio che deve avere l’esperto circa l’analisi dei dati contabili.
Certo, si potrebbero porre dei problemi di incompatibilità tra la possibile riservatezza del tentativo di composizione e la necessità di analisi tempestiva della veridicità dei dati, laddove oltretutto non vi siano misure protettive o siano cessate.
Un altro tema di ordine giuridico e pratico cattura l’attenzione.
Se gli effetti per i creditori si producono dalla data di pubblicazione del ricorso, ciò significa che quella è la data della cristallizzazione e quindi di ogni valutazione.
Tuttavia il piano, che viene necessariamente sviluppato prima del deposito della domanda, non può essere aggiornato alla data di deposito o meglio di pubblicazione della domanda.
Si impone un riallineamento dei dati da parte della società dopo il deposito della domanda di concordato. Il parere dell’esperto, dunque, potrà essere rilasciato dopo tale riallineamento, ovvero dovrà a propria volta essere aggiornato, allorchè il debitore avrà predisposto i dati della proposta con riferimento alla data di effetto.
Di seguito, potranno intervenire le analisi dell’ausiliario.
La prospettazione comporta, ragionevolmente, una non trascurabile dilatazione dei tempi tra il deposito della domanda e l’eventuale omologa del concordato.
B) l’attivo va poi “valutato”, in quanto l’esperto deve attestare i “presumibili risultati della liquidazione”, il che impone un vaglio critico e motivato degli attivi e dei passivi.
Quanto agli attivi, l’esperto dovrà necessariamente avvalersi di perizie di terzi per la valutazione dei beni, comprese le rimanenze. Perizie e valutazioni che, in qualche misura, ci si aspetta di trovare già agli atti del tentativo di composizione o comunque a supporto della domanda di concordato.
In questo ambito è nota e condivisibile la posizione della giurisprudenza in ordine alla inaccettabilità che l’attestatore si adegui acriticamente alle risultanze delle perizie di terzi.
Ciò comporta che l’esperto dovrà fare propri e motivare i risultati delle perizie, o discostarsene. D’altro canto, non necessariamente la proposta di concordato e il parere dell’esperto devono collimare, per quanto sia auspicabile una unitarietà di valutazioni, frutto di un percorso di confronto tra imprenditore ed esperto nella fase di costruzione della proposta
Ci si permette qualche spunto operativo:
- beni immobili: potranno essere vagliati i valori OMI e di listini ufficiali locali, disposte ricerche sui siti delle aste immobiliari e comunque sui siti immobiliari di compravendita più rilevanti, avuto riguardo ad immobili simili nella stessa zona, estratti atti di compravendita in zona tramite tecnico autorizzato;
- beni mobili registrati: anche in questo caso possono aiutare listini comparativi e siti specializzati;
- impianti e macchinari: di conforto potranno essere quantomeno i prezzi a nuovo per impianti similari, e la quotazione dell’usato da parte delle stesse case produttrici.
Motivo di attenzione sarà l’esame della marcatura CE e del manuale d’uso e manutenzione, a norma degli artt. 12 e 72 del D. Lgs. 81/2008, con possibili responsabilità penali e nullità del contratto di vendita.
Quanto alle rimanenze, oltre ai valori di perizia, sarà da valutare la loro commerciabilità in rapporto alle certificazioni, alle scadenze, e per i prodotti finiti all’assenza di garanzie, alle esclusive e via di seguito.
Anche in questo caso, un controllo dei prezzi di acquisto recenti da parte della società, o di eventuali listini/quotazioni correnti sarà opportuno, con proiezione dell’andamento dei prezzi futuri, anche tramite associazioni di categoria.
Quanto ai crediti, valgono le consuete tecniche mutuate dalla attività di revisione, quali:
- circolarizzazione;
- visure camerali e bilanci clienti più rilevanti;
- andamento pregresso degli incassi;
- esame di eventuali vertenze giudiziali o comunque problematiche tecnico giuridiche in essere/latenti come, ad esempio, alle complesse tematiche degli appalti pubblici, con ritenute a garanzia, riserve, penali e via dicendo.
Di specifica attenzione, per le correlate conseguenze, il fatto che i contratti in essere alla data di domanda di concordato proseguono in corso di procedura, nonostante la proposta liquidatoria, con conseguenze rilevanti in caso di interruzione. Non è richiamato oltretutto l’art. 169-bis della legge fallimentare, che consente lo scioglimento dei contratti.
L’interruzione dei contratti in corso di concordato potrebbe dare luogo ad oneri risarcitori, di cui va vagliata anche la eventuale natura prededucibile, da considerare attentamente nei fondi rischi ed oneri.
Quanto al passivo, sovvengono tra le più importanti le seguenti tematiche.
Innanzitutto, le poste di debito dovranno essere distinte tra prededucibili (nei limiti della legge 147), privilegiate e chirografarie.
Pur con un certo grado di prudenza, dovranno essere valutati:
- la formazione delle masse mobiliare e immobiliare, con una ripartizione anche solo stimata delle spese generali e di quelle specifiche, per verificare le effettive prospettive di riparto;
- per i fornitori, la ricorrenza di titoli di prelazione (artigiani piuttosto che cooperative, pegno, diritti di ritenzione), anche con riferimento all’Iva;
- per gli agenti, le varie indennità di cessazione (non necessariamente in prelazione);
- per le banche, la correttezza e l’opponibilità delle garanzie (in particolare, su titoli).
Vi sono poi gli oneri di procedura e i fondi rischi.
Tra questi, si rammentano:
- consulenze per il piano concordatario;
- oneri di assitenza legale ordinaria (es. recupero crediti, contestazioni contrattuali ecc.);
- consulenze tecniche
- assistenza professionale commercialista e consulente del lavoro;
- costi gare competitive, ove previste;
- assicurazioni;
- utenze;
- indennità preavviso dipendenti;
- Imu e manutezioni immobili ecc..
Infine, dovrà essere approfondito il contenuto giuridico di eventuali garanzie prestate, in uno con la solidità dei soggetti garanti.