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Carlo Pirozzi, Dottore Commercialista in Napoli

Quali rimedi cautelari ed in ipotesi risarcitori avanzabili contro la banca finanziatrice e il garante pubblico in caso di inerzia nella valutazione delle proposte di accordi transattivi in composizione negoziata ?

18 Novembre 2025

Questo blog riprende una discussione sviluppatasi intorno al tema della sorte della garanzia statale in caso di accordi raggiunti in Composizione Negoziata ed avvalorati dalla delibera di accettazione prima della banca finanziatrice e poi di MCC in ossequio alla alle disposizioni operative approvate con decreto ministeriale del 2 agosto 2023 in vigore dal 13 ottobre 2023.

Posto che, nel corretto svolgersi del procedimento di cui sopra, è pacifico che la perdita che subisce la banca, all’accettazione dell’offerta dell’imprenditore riduce altresì la perdita a carico dello Stato in quanto MCC viene escussa solo per la minor perdita subita ed accettata dalla banca finanziatrice.

Ho rivisto le considerazioni di cui sopra per scandagliare cosa può avvenire nel caso che MCC, pur in presenza di delibera positiva della banca, non provveda, nei tempi procedimentalizzati, ad assumere una sua deliberazione favorevole o negativa che sia.

Nello sviluppare la mia analisi ho presupposto le considerazioni espresse dal consigliere Salvo Leuzzi nel suo saggio “I creditori e la buona fede in concreto nelle crisi d’impresa” in Questa Rivista.

Secondo un principio di buona fede qualificata dall’intento collaborativo previsto dalla norma “il creditore deve  partecipare al tavolo di negoziazione della crisi” in termini di “dovere positivo"

Il creditore deve quindi presenziare in modo informato, con rappresentanti dotati di poteri decisionali. Non può far ricadere sul debitore le inefficienze interne, come l’assenza di tempistiche definite o la difficoltà nell’individuare responsabili”. 

Ho altresì utilizzato le conclusioni del Consigliere Alberto Crivelli tratte dal Focus “Il garante pubblico e le misure cautelari e protettive nella composizione negoziata”,  in Questa Rivista, in merito al trattamento deteriore che finanziatore e garante potrebbero ricevere, in caso di loro inerzia, nell’ambito di un successivo concordato semplificato.

Ebbene il tema del blog è proprio quello di individuare i rimedi che l’imprenditore può mettere in campo per gestire al meglio le proprie obbligazioni verso il ceto creditorio.

Ipotesi 1: 
Durante la composizione negoziata (compresa la sua fase di ultrattività dopo la naturale scadenza), l’impresa debitrice potrebbe adire il giudice per ottenere una misura cautelare. 
Mi è chiaro che l’imprenditore non possa richiedere un provvedimento giurisdizionale teso a imporre un facere alla banca e ad MCC. 
Ma, qualora la stessa MCC, abbia lasciato trascorrere inerzialmente il termine di 10+30 giorni dalla ricezione dei documenti presentati dalla banca violando il termine a lei assegnato non vi sarebbero conseguenze giuridiche ? 
Il giudice adito per le misure cautelari, convocando dinanzi a se sia la banca creditrice che MCC ed accertando lo stato del procedimento interbancario di consenso non potrebbe richiamare entrambe al corretto adempimento del dovere di buona fede collaborativa ? 
Chi scrive riterrebbe di si.

 
Ipotesi 2
Sempre facendo ricorso ad una misura cautelare la banca, in virtù del principio di buona fede collaborativa, dovrebbe essere indotta dal provvedimento giudiziale a sottoscrivere l’accordo (peraltro già manifestato in delibera di approvazione) ai sensi dell’articolo 23 condizionandone sospensivamente e risolutivamente l’efficacia alla accettazione con delibera di MCC. 
Tale prassi supererebbe i problemi di coordinamento tra le disposizioni operative e il nuovo CCII, considerando che le disposizioni operative precedentemente citate si riferiscono genericamente agli accordi transattivi ma non hanno avuto alcuna evoluzione (pur necessaria) dopo l’entrata in vigore del codice. 
In merito a questa ipotesi di lavoro è opportuno notare che il Tribunale di Ferrara con sentenza del 30/10/2025 abbia omologato un ARD che conteneva accordi sospensivamente e risolutivamente condizionati al successivo assenso di MCC (mera condizione di efficacia dell’accordo) (Tribunale di Ferrara Sent. n. 64/2025 pubbl. il 30/10/2025 nella rivista on line Ristrutturazioni Aziendali).  


Ipotesi 3:
Qualora, anche per ragioni temporali o per l’impossibilità di ottenere rimedi cautelari l’imprenditore si dovesse vedere costretto a presentare un concordato semplificato con percentuali di soddisfazione inferiori all’accordo precedentemente proposto, chi risarcirebbe il danno per il ceto creditorio o per le casse dello Stato generato da quell’atteggiamento non collaborativo? 
Chi scrive riterrebbe che il piano liquidatorio del concordato semplificato potrebbe contenere una azione recuperatoria che il liquidatore dovrebbe coltivare nei confronti dell’Istituto finanziatore in solido con MCC e che i proventi di tale azione dovrebbero essere messi a disposizione del restante ceto creditorio.


Sono consapevole che l’ultimo passaggio potrebbe essere rubricato come utopia giuridico – fattuale ma di fronte all’inerzia di MCC  e del sistema bancario pur dovrà esserci un rimedio.

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