La richiesta cautelare d’inibizione dell’escussione delle garanzie statali: l’harakiri del ristrutturatore.
Il nostro Paese, come sosteneva il geniale Ennio Flaiano, è noto per prediligere gli arabeschi.
In particolare, piacciono ai suoi legislatori.
Le regole, secondo manzoniana memoria, devono essere astruse per definizione a marcare il confine sociologico tra chi le scrive/le applica e chi le deve solamente rispettare.
Se il precetto è chiaro il rapporto Stato - cittadino è un rapporto democratico-partecipativo, se la disposizione è oscura il rapporto è di sudditanza.
E si sa, i sudditi, rispetto ai cittadini, sono più facili da gestire.
Abbandonando ogni ulteriore premessa e andando al sodo non c’è disposizione più astrusa e irrazionale di quella che regola i crediti bancari assistiti da garanzia MCC o Sace.
Questi crediti nascono chirografi, ma se la banca escute la garanzia, il credito di regresso – un po’ come se si compisse un miracolo simile a quello delle nozze di Cana – si tramuta, pur in assenza di nostro Signore Gesù, in credito super privilegiato.
La ratio di questo miracoloso arabesco giuridico non è mai stata chiarita, dato che – per chi è dotato di un minimo di razionalità – o il prestito garantito è rimborsato integralmente, e allora la sua natura privilegiata o chirografaria poco conta, o il prestito non è rimborsato nella misura garantita e la garanzia sarà giocoforza oggetto di escussione e con essa la trasmutazione del chirografo in privilegio.
E allora, il credito sotto il profilo economico – che è quello che conta – è sostanzialmente un credito privilegiato ancor prima dell’escussione, poiché l’escussione è un evento inevitabile. L’unica variabile è quella temporale, cioè quando in concreto la banca si rivolgerà, dopo l’inadempimento del suo debitore, al garante per recuperarlo, ovviamente nei limiti della quota garantita.
Se così è – e non vedo come così non possa essere – mi sono sempre domandato perché nell’ambito di un processo di ristrutturazione si debba ragionare facendo prevalere la forma sulla sostanza.
Ossia considerare l’escussione non una certezza e, in conseguenza, classificare il credito come chirografo, stanziando un corrispondente fondo rischi di escussione, quando si sa a priori che l’escussione interverrà.
Invero, un illustre autore (Massimo Fabiani, I crediti SACE per le garanzie ai finanziamenti alle imprese: la contraddizione del sistema dei privilegi e la ragione di Stato, in Il Fallimento, 2022, 497) aveva cercato di risolvere il mistero dell’arabesco, ipotizzando, con tesi tutt’affatto ardita, che perché si potesse legittimamente produrre la miracolosa trasmutazione da chirografo a super privilegio, occorreva l’anteriorità temporale dell’escussione rispetto all’apertura del concorso.
Tale tesi, purtroppo, è rimasta minoritaria in dottrina e del tutto ignorata in giurisprudenza.
Eppure, se tale ricostruzione ermeneutica, che a mio parere è una delle più felici intuizioni dell’illustre autore, fosse stata condivisa, molte delle problematiche che la norma riflette nell’ambito delle ristrutturazioni aziendali sarebbero state eliminate a monte, quanto meno in tutti quei casi in cui l’ambiente fosse stato di tipo concorsuale.
Ma tant’è.
In ogni caso quella ricostruzione che a me tanto convinceva – e convince tutt’ora - non sarebbe stata applicabile alla Composizione negoziata, dato che il suo avvio non determina giammai l’apertura di alcun concorso.
Bene, tra le maggiori complessità che il consulente dell’impresa che chiede l’accesso alla Composizione negoziata deve affrontare vi è quella delle trattative con i creditori finanziari garantiti da MCC e/o Sace. Semplificando, come si vedrà infra, come portare al tavolo delle trattative gli enti garanti non escussi.
Tale complessità a mio modesto avviso è spesso affrontata in modo del tutto inadeguato, ossia chiedendo al tribunale l’emissione di un provvedimento che vieti alle banche di rivolgersi allo Stato garante.
Se ciò, infatti, è una opzione ragionevole, per quanto non necessaria, nel caso in cui il piano preveda esclusivamente un riscadenziamento della facilitazione garantita, oppure un rimborso di entità pari al suo importo garantito, in ogni altra diversa circostanza la misura cautelare rischia di produrre un effetto boomerang.
Innanzi tutto, c’è il problema, come accennavo sopra, di come portare al tavolo delle trattative un creditore che tale non è (da ultimo: Cass. 6 marzo 2025, n. 5964), tanto che di norma non vi partecipa, ma la cui decisione finale, a tempo ormai scaduto, potrebbe incidere negativamente sulla conclusione positiva della ristrutturazione.
In secondo luogo, come ho prima sottolineato, solo l’escussione determina il miracolo della trasmutazione della natura del credito da chirografario a super-privilegiato.
Circostanza questa che, sola, pone l’ente garante nella condizione di valutare la convenienza di un trattamento deteriore rispetto a quello che il super privilegio teoricamente gli assicurerebbe.
Facciamo un esempio: credito 100, garanzia statale 80, soddisfacimento previsto a piano 40.
Se nell’analisi del caso ipotizzato si procedesse facendo prevalere la sostanza economica sulla forma giuridica, sarebbe in re ipsa – id quod plerumque accidit – che il piano avrebbe dovuto scontare che la banca chirografaria escutesse la garanzia, incassando 80 e perdendo 20, mentre il garante super privilegiato avrebbe dovuto accettare di incassare solo 40 al soddisfo del credito regresso super privilegiato, magari in dispregio della graduazione delle legittime cause di prelazione.
Di certo non si può ipotizzare che qualsiasi organo deliberativo bancario – pena la sua chiamata in responsabilità – accetti di rinunciare a parte della garanzia, oltre a perdere totalmente la quota non garantita (nel caso ipotizzato 20).
Capite, dunque, come il complesso arabesco disegnato dal nostro legislatore – bellissimo a guardarsi – alla conta dei fatti si rivela un labirinto senza uscita di sicurezza: il super-privilegio accordato al garante e non al garantito è solo teorico - il chirografo, a fronte di un credito di 100, incassa 80, mentre il super privilegiato, a fronte di un credito di 80, ne incassa solo 40.
Altro che super privilegio per ragioni di Stato.
Di tal che diventa indispensabile che l’ente fideiussore sia oggetto di immediata escussione, sicché possa dire la sua sulla proposta che lo riguarda gioco forza sin da subito; cioè se è disponibile ad accettare, o no, un compromesso sul suo super privilegio.
Ed allora, venendo a conclusione: ogni volta che il piano preveda il soddisfacimento del credito garantito dallo Stato per un importo inferiore alla garanzia, la stessa, nell’interesse dell’impresa in crisi medesima, dovrebbe essere immediatamente escussa anzi dovrebbe essere lo stesso piano a prevedere l’escussione come assunzione imprescindibile.
Al contrario, sempre più spesso i consulenti dell’imprenditore in crisi instano per la richiesta d’inibizione cautelare all’escussione delle garanzie statali e, con il parere favorevole dell’esperto riescono, nei tribunali che ritengono giuridicamente ammissibile una simile richiesta (Trib. Bologna, 12 Maggio 2025, in ilcaso.it, ad esempio, pretende la dimostrazione di un pericolo concreto e attuale), ad ottenere il provvedimento inibitorio.
Nessuno – non i consulenti dell’impresa, non gli esperti, non i tribunali – si rende, però, conto che in tal modo – e fatte salve le ipotesi del mero riscadenziamento del debito o la sua soddisfazione per l’intera parte garantita (l’80 di cui all’esemplificazione di cui sopra) – si introduce un profilo d’incertezza non misurabile sulle prospettive di buon esito delle trattive di ristrutturazione, stante l’assenza al tavolo dei negoziati, non diversamente coercibile, di uno dei creditori principali: MCC e/o Sace.
Se si condividessero le superiori prospettazioni, un esperto avveduto dovrebbe, al contrario, spiegare al tribunale, sollecitato dai consulenti del debitore a emettere il provvedimento inibitorio, che accogliendo l’istanza si finirebbe per ostacolare, e non agevolare, il processo di ristrutturazione.
Chiudo, anticipando un’eccezione che sicuramente mi sarà sollevata: “al momento della richiesta dell’inibitoria il piano potrebbe non essere definito, quanto meno riguardo al perimetro delle proposte da avanzare ai creditori".
Si tratterebbe di un’eccezione facile da superare.
Se così fosse, infatti, sarebbe la mancanza di una base concreta, compatibile con il piano economico, per avviare tempestivamente le trattative con i creditori a dover indurre l’esperto, non solo ad esprimere il proprio parere negativo sull’inibitoria per le ragioni sopra dette, bensì anche a richiedere al segretario generale della Camera di commercio l’archiviazione del procedimento per assenza delle necessarie ragionevoli condizioni per il perseguimento del risanamento.