Loading…

Profili della Composizione negoziata della crisi d’impresa - Gestione dell’impresa; Rinegoziazione dei contratti e cessione dell’azienda; Composizione negoziata della crisi “di gruppo“*

Sido Bonfatti, Professore di diritto fallimentare nell’Università di Modena e Reggio Emilia, già Ordinario di diritto commerciale nel medesimo ateneo

22 Febbraio 2022

*Il presente contributo, opportunamente rielaborato, farà parte dell’Opera “Il ruolo dell’Esperto nella Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa”, a cura di S. Bonfatti e R. Guidotti, in corso di pubblicazione per i tipi di Giappichelli.
Il contributo affronta alcuni dei temi facenti parte del Modulo VI delle “linee guida per una formazione unitaria” dell'esperto designato per la conduzione delle trattative nell'ambito della procedura di Composizione Negoziata per la Soluzione delle Crisi d'Impresa, introdotta dal d. l. n. 118/2021 - come declinate nella Sezione Quarta del decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia 28 settembre 2021, all'argomento "Il protocollo di conduzione della composizione negoziata" -. In particolare sono commentati i seguenti temi declinati nelle predette “linee guida”: La gestione dell’impresa nel corso della composizione negoziata; Il ruolo dell’esperto nella rinegoziazione dei contratti e nel giudizio di rideterminazione del contenuto del contratto; Il ruolo dell’esperto nel processo autorizzativo per la deroga del secondo comma dell’art. 2560 cod. civ.; I finanziamenti infragruppo e l’esclusione della postergazione, il ruolo dell’esperto; I gruppi di imprese: illustrazione dei requisiti di riconoscibilità del gruppo ai fini della composizione negoziata; incarico unitario; la pluralità di esperti e la decisione di prosecuzione con incarico unitario ovvero con conduzione congiunta della composizione negoziata nelle diverse imprese; l’estensione delle trattative ad altre imprese del gruppo in difficoltà; il coinvolgimento come parti interessate di altre imprese del gruppo non in difficoltà; l’esito.
Riproduzione riservata
1.1 . “Trattativa stragiudiziale” e “trattativa agevolata”
La disciplina della gestione dell’impresa nel corso delle trattative condotte nel contesto della “Composizione negoziata per la soluzione delle crisi d’impresa” rappresenta l’indice di maggior rilievo per la comprensione della funzione principale di questa “procedura”. 
Essa si presenta, infatti, come l’alternativa alle trattative stragiudiziali che vengono avviate nel momento della emersione di una situazione di difficoltà[1]. 
Nelle situazioni nelle quali l’imprenditore, avvertite alcune situazioni di difficoltà; ovvero individuati dei fattori che potrebbero compromettere l’attività d’impresa in un prossimo futuro, decidesse di ricorrere a professionisti esperti nella prevenzione / superamento / composizione delle situazioni di crisi d’impresa, e con il loro aiuto avviare trattative con i creditori (o, più spesso, con una categoria di creditori, ovvero con taluni di essi): allora l’imprenditore in questione si troverebbe – a seguito dell’entrata in vigore del d. l. n. 118/2021 – a potere contare su una alternativa, prima non disponibile. 
L’alternativa è rappresentata per l’appunto dalla “procedura” di Composizione negoziata della crisi d’impresa: che si contrappone alla tradizionale “trattativa stragiudiziale” come una “trattativa agevolata”, alla quale l’imprenditore può ricorrere, in condizioni di: 
a) totale assenza di effetti pregiudizievoli; 
b) garanzia di – sia pure contenuti – effetti profittevoli; 
c) opportunità della conseguibilità - sia pure a determinate condizioni – di “effetti speciali”. 
Sotto il primo profilo (“totale assenza di effetti pregiudizievoli”) la “trattativa agevolata” non presenta alcun inconveniente rispetto alla “trattativa stragiudiziale” (tradizionale). 
Quest’ultima è rappresentata, classicamente, dall’avvio di colloqui con i maggiori creditori (per lo più le banche, ed eventualmente altri intermediari finanziari, come le imprese di leasing), sviluppati dai professionisti che assistono l’imprenditore, e condotti tramite l’intervento di un Advisor, individuato di comune accordo. La pendenza delle trattative non condiziona in alcun modo la gestione dell’impresa da parte dell’imprenditore interessato, che rimane nella sua totale disponibilità, salvo le eventuali limitazioni che egli intenda accettare allo scopo di favorire lo sviluppo delle trattative (per es. lasciare inalterato il quadro delle garanzie eventualmente concesse – o non concesse – ai creditori partecipanti alle trattative). 
Rispetto a tale prospettiva, quella che si apre con l’avvio della procedura di “Composizione negoziata” non presenta alcun inconveniente, in quanto: 
a) il costo dell’esperto nominato dalla speciale Commissione di cui all’art. 3, co. 6, d. l. n. 118/2021 rimane a carico dell’imprenditore, non meno di quanto rimarrebbe a carico dello stesso il costo dell’Advisor (anzi: con ogni probabilità il costo è inferiore, alla luce di quanto disposto dall’art. 16, d. l. n. 118/2021)[2]; 
b) il ruolo dell’imprenditore nella scelta dell’esperto (ruolo non rilevante, essendo l’esperto designato – come detto – da una speciale Commissione) non è tanto più pregiudizievole rispetto al ruolo che all’imprenditore sarebbe riconosciuto nella individuazione dell’Advisor, visto che questo deve essere di “gradimento” dei creditori (e tutt’al più all’imprenditore è dato di scegliere, nell’ambito di una rosa di professionisti benevisi ai creditori, quello “meno sgradito”); 
c) la riservatezza dell’avvio delle trattative non è meno garantita nella “trattativa agevolata“ che nella “trattativa stragiudiziale“ tradizionale – tutt’altro, come si dirà -;
d) la gestione dell’impresa rimane integralmente nelle mani dell’imprenditore, che non soffre di limitazione alcuna (che non siano quelle che egli stesso decida di accettare, per favorire uno sviluppo proficuo delle trattative). 
Questo ultimo principio va enunciato con fermezza, e va sottolineato con grande evidenza. 
Non soltanto l’art. 9, co. 1, d. l. n. 118/2021 afferma che “nel corso delle trattative l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa”: ma anche l’art. 6, co. 1, afferma che nonostante l’eventuale produzione di “misure protettive”, che impediscono ai creditori di porre in essere atti funzionali ad acquisire titoli di prelazione o pagamenti coattivi, l’imprenditore può: (i) concordare garanzie a suo piacere (essendo inibite soltanto quelle “non concordate”, cioè subite); e (ii) porre in essere i pagamenti che ritiene più opportuno fare (“Non sono inibiti i pagamenti”) [3] [4]. 
Sotto il secondo profilo (“garanzia di – sia pure contenuti – effetti profittevoli”), si deve segnalare come la semplice scelta della “trattativa agevolata” rispetto alla “trattativa stragiudiziale” – senza altro impegno, quindi, come detto, “a costo zero” -, comporta per l’imprenditore alcuni effetti profittevoli “automatici”, in quanto conseguenti alla semplice apertura della “procedura”. 
Vanno citati a tale proposito:
(i) il conseguimento di “misure premiali” di carattere fiscale (art. 14, d. l. n. 118/2021): divengono operative a far seguito dell’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto; 
(ii) la conseguibilità di “sbocchi speciali” alla trattativa, quali quelli indicati dall’art. 11 d. l. n. 118/2021, nonché dello “sbocco” rappresentato dal “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio”. Sono tutte soluzioni, queste, che non potrebbero mai essere perseguite all’esito di una “trattativa stragiudiziale”, perché postulano il preventivo avvio (e conduzione) della “trattativa agevolata” rappresentata dalla “procedura” della Composizione negoziata; 
(iii) la sospensione degli obblighi di capitalizzazione di cui agli articoli 2446 e 2447 cod. civ. (articolo 8, d. l. n. 118/2021). L’effetto si produce a seguito di semplice “dichiarazione” dell’imprenditore di volerne approfittare, e – a sua scelta – o da subito (“con l’istanza di nomina dell’esperto”), ovvero dal successivo momento preferito (“o con dichiarazione successivamente presentata”)[5] [6]; 
(iv) una più accentuata garanzia di “riservatezza”. 
Fermo restando che anche la “trattativa stragiudiziale” deve essere caratterizzata dai connotati di riservatezza che inevitabilmente investono le situazioni (di “crisi”, o di “pre-crisi”) che ne costituiscono il presupposto, non deve essere trascurato il ripetuto invito alla riservatezza, rivolto all’esperto (“l’esperto opera in modo riservato…” – art. 4, co. 2, d. l. n. 118/2021 -), ed a tutte le parti della trattativa (“Tutte le parti coinvolte nella trattativa… rispettano l’obbligo di riservatezza sulla situazione dell’imprenditore, sulle iniziative da questo assunte o programmate e sulle informazioni acquisite nel corso delle trattative” - art. 4, co. 7 -). Oltre a ciò, particolare rilievo deve essere attribuito al principio affermato dall’art. 4, co. 3, d. l. n. 118/2021, secondo il quale “…l’esperto non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell’esercizio delle sue funzioni, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità” [7]. 
Sotto il terzo profilo (“opportunità della conseguibilità – sia pure a determinate condizioni – di “effetti speciali”), si deve segnalare come attraverso la conduzione della “trattativa agevolata”, consentita dall’accesso alla “Composizione negoziata” della crisi d’impresa, si possano conseguire – come vedremo - “effetti speciali” – sia pure condizionati a determinati presupposti -, che con l’avvio di una “trattativa stragiudiziale” tradizionale non potrebbero essere conseguiti mai, neppure attraverso la realizzazione degli identici presupposti; ovvero per semplice inammissibilità del tentativo di conseguirli[8]. 
1.2 . L’autonomia dell’imprenditore nella gestione dell’impresa. Autonomia privata illimitata; autonomia privata “controllata”; autonomia privata “integrata”
Come è noto, l’art. 9 del d. l. n. 118/2021 ha subito delle modificazioni in sede di conversione in legge ad opera della legge 21 ottobre 2021, n. 147. 
La prima parte del comma 1 è peraltro rimasta immutata, e recita: “Nel corso delle trattative l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa”. 
Come vedremo, l’autonomia privata, così confermata in termini illimitati (come riferisce anche la Relazione al provvedimento normativo in esame), registra talora dei “controlli”; ed è accompagnata talvolta da “integrazioni”: ma in nessun caso con l’effetto di condizionare la validità giuridica ovvero la opponibilità ai terzi dell’atto interessato
L’atto compiuto dall’imprenditore (abbia esso natura “ordinaria”; natura “straordinaria”; o finanche “preferenziale”) è sempre e comunque valido ed opponibile[10]. 
Esso non è meno valido ed opponibile di quanto lo sarebbe nel contesto di una “trattativa stragiudiziale” tradizionale, dovendosi continuare a fare applicazione del principio dettato dall’art. 2086 cod. civ. [11].
E per converso esso non è necessariamente “più” valido di quanto non sarebbe se posto in essere nel contesto di una “trattativa stragiudiziale”, sotto il profilo della applicabilità dell’art. 2486 cod. civ. [12]. 
Per tale ragione si può affermare il principio secondo il quale la procedura di Composizione negoziata della crisi d’impresa è improntata al principio della autonomia privata illimitata dell’imprenditore.
Fermo restando detto principio, si deve se mai aggiungere che la circostanza rappresentata dalla pendenza di una “trattativa agevolata” introduce alcune possibili varianti – escluse nella ipotesi di perseguimento del superamento della situazione di “crisi” attraverso una “trattativa stragiudiziale” tradizionale –, che incidono anche sull’ampiezza e sulla portata della autonomia privata esercitata dall’imprenditore: tutto ciò – peraltro – sempre nella prospettiva di mantenere i già ricordati vantaggi conseguibili con la “trattativa agevolata” – e non conseguibili, invece, con la “trattativa stragiudiziale” tradizionale -, ovvero – addirittura – di conseguire ulteriori e particolari “effetti speciali”. 
Sotto il primo profilo, se l’imprenditore vuole assicurarsi l’ordinata prosecuzione delle trattative, ed evitare il pericolo che l’esperto si formi una opinione negativa sul possibile esito delle trattative e suggerisca l’archiviazione della “procedura”, dovrà: 
a) in caso di ricorrenza di un attuale “stato di crisi”, improntare la gestione dell’impresa alla salvaguardia della “sostenibilità economico-finanziaria dell’attività” (art. 9, co. 1, prima parte, d. l. n. 118/2021, come modificato in sede di conversione)[13]; 
b) nell’ipotesi in cui “nel corso della composizione negoziata risulti che l’imprenditore è insolvente” (ma sussistono concrete prospettive di risanamento), fare in modo che la gestione dell’impresa persegua il prevalente interesse dei creditori (art. 9, co. 1, seconda parte, come modificato in sede di conversione); 
c) in caso di compimento di atti di straordinaria amministrazione o di effettuazione di pagamenti, osservare il procedimento delineato dall’art. 9, co. 2-4, d. l. n. 118/202, che prevede: una informazione preventiva scritta all’esperto; l’attesa della risposta scritta dello stesso; la immediata comunicazione all’esperto, in caso di manifestazione di dissenso da parte dello stesso, di voler porre ugualmente in essere l’atto di straordinaria amministrazione o il pagamento;
d) allo scopo di conseguire l’effetto della “esimente” penale per i comportamenti costituenti, da un punto di vista oggettivo, fatti rilevanti per la configurazione dei reati di bancarotta semplice e di bancarotta fraudolenta (art. 12, co. 5, d. l. n. 118/2021), dovrà osservare la coerenza degli atti posti in essere “con l’andamento delle trattative e della prospettiva di risanamento dell’impresa”: tale “esimente”, nell’ambito della “trattativa stragiudiziale”, non potrebbe mai essere “conseguita”, neppure in presenza della rappresentata coerenza.
Ciò – si ripete – ferma restando la validità e la opponibilità dell’atto (quale che ne sia la natura), anche nell’ipotesi di violazione di questa forma di gestione definibile “autonomia privata controllata”, cioè anche in mancanza di ottemperamento alle disposizioni sopra riportate
Sotto il secondo profilo, allorquando l’imprenditore intenda conseguire dalla trattativa avviata con i creditori “effetti speciali”, che come tali ne agevolino il successo, dovrà conseguire la integrazione della propria autonomia gestionale con fattori supplementari, il cui intervento è giudicato dalla disciplina della “Composizione negoziata” come idoneo a giustificare misure agevolative altrimenti inapplicabili. 
In questa prospettiva: 
a) al fine di produrre gli effetti conseguenti alla applicazione delle “misure protettive” di cui all’art. 6, co. 1, d. l. n. 118/2021, l’imprenditore dovrà aggiungere alla assunzione dell’iniziativa della richiesta di nomina dell’esperto, anche la pubblicazione nel Registro delle Imprese dello stesso e della conseguente accettazione, così rinunciando alla “riservatezza” delle trattative nei confronti del “pubblico”. In tal modo l’imprenditore sarà in condizione di ottenere “effetti protettivi “immediati e di portata e “qualità “altrimenti mai conseguibili;[14]
b) al fine di mantenere gli effetti conseguenti alla attuazione delle “misure protettive”, l’imprenditore dovrà integrare quanto già posto in essere con il conseguimento dell’autorizzazione del Tribunale (art. 7); 
c) al fine di assicurare ai crediti derivanti da finanziamenti, ricevuti da terzi; ricevuti da soci (senza il limite dell’80% imposto per il Concordato preventivo e per gli Accordi di Ristrutturazione dall’art. 182-quater, co. 3, l. fall.); ricevuti da società del “gruppo” (sempre senza alcun limite percentuale) l’effetto della collocabilità in prededuzione, l’imprenditore dovrà integrare la conclusione del contratto di finanziamento (con il consenso dell’esperto ovvero la mancata pubblicizzazione dell’eventuale dissenso[15], allorché il finanziamento presenti i caratteri dell’atto di straordinaria amministrazione[7], nonché e comunque) con l’autorizzazione del Tribunale (art. 10, co. 1). Anche in questa ipotesi non rileva la circostanza che l’effetto de quo sia condizionato alla preventiva autorizzazione del Tribunale: rileva piuttosto la circostanza che nella “trattativa stragiudiziale” tradizionale tale effetto non potrebbe essere conseguito mai, a nessuna condizione[16];
d) al fine di assicurare al cessionario dell’azienda, o di uno o più rami di essa, la esenzione da responsabilità per le passività pregresse inerenti all’esercizio dell’impresa risultanti dai libri contabili obbligatori (salvo i debiti di lavoro), l’imprenditore dovrà integrare il contratto di cessione - di per sé comunque liberamente perfezionabile[17] – con la autorizzazione del Tribunale – art. 10, co. 1, lett. d) -. Anche tale “incentivo”[18] non potrebbe essere messo a disposizione del potenziale acquirente in alcun modo, se l’operazione fosse posta in essere nel contesto di una “trattativa stragiudiziale” tradizionale;
e) al fine di conseguire la “equa rideterminazione” del contenuto dei contratti pendenti, allorché la prestazione a carico dell’imprenditore sia divenuta “eccessivamente onerosa per effetto della pandemia da SARS-CoV-2” (art. 10, co. 2, d. l. n. 118/2021)[19], l’imprenditore dovrà conseguire l’autorizzazione del Tribunale (art. 10, co. 2). Non rileva la circostanza che tale risultato sia condizionato ad un provvedimento del Tribunale: rileva piuttosto la circostanza che tale risultato non potrebbe essere conseguito mai nel contesto di una “trattativa stragiudiziale” tradizionale, o comunque – questo è certo – con la stessa efficacia assicurata dalla “trattativa agevolata” [20]; 
f) al fine di potere dar vita ad un Piano Attestato di Ristrutturazione senza dovere depositare la Relazione Attestativa di cui all’art. 67, co. 3, lett. d) l. fall., dovrà conseguire la condivisione dell’esperto – art. 11, co. 1, lett. c) -; 
g) al fine di potere concludere un Accordo di Ristrutturazione “ad efficacia estesa” attraverso il conseguimento di una maggioranza di adesioni “attenuata” (dal 75 per cento al 60 per cento), dovrà ottenere che il raggiungimento dell’Accordo risulti dalla Relazione finale dell’esperto (art. 11, co. 2); 
h) al fine di conseguire la “esenzione” degli atti posti in essere nel corso delle trattative dalla assoggettabilità all’azione revocatoria fallimentare disciplinata dall’art. 67, co. 2, l. fall., dovrà:
(i) quanto agli atti di ordinaria amministrazione, integrare il compimento degli stessi con la prova della loro coerenza con l’andamento delle trattative e le prospettive di risanamento (art. 12, co. 2); e 
(ii) quanto agli atti di straordinaria amministrazione ed ai pagamenti, integrare il compimento degli stessi con il consenso dell’esperto, ovvero la dimostrazione della mancata pubblicizzazione dell’eventuale dissenso nel Registro delle Imprese. Anche in questo caso, non rileva che la “esenzione” sia condizionata alla “coerenza” dell’atto con l’andamento delle trattative e le prospettive di risanamento (nonché, per gli atti di straordinaria amministrazione ed i pagamenti, al consenso dell’esperto od alla mancata pubblicizzazione dell’eventuale dissenso)[21]: rileva invece la circostanza che tale opportunità non potrebbe essere colta, nel contesto di una “trattativa stragiudiziale” tradizionale, ad alcuna condizione;
i) al fine di potere conseguire l’effetto della esclusione della postergazione per i finanziamenti “infragruppo” (art. 13, co. 9), l’imprenditore dovrà osservare il procedimento previsto per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione: laddove fuori di questa “procedura” la postergazione non potrebbe mai essere evitata.
2 . Il ruolo dell’esperto nella rinegoziazione dei contratti e nel giudizio di rideterminazione del contenuto del contratto
L’art. 10, co. 2, d. l. n. 118/2021 prevede che l’esperto, incaricato di agevolare le trattative tra l’imprenditore e i suoi creditori nel contesto della procedura di “Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa”, possa “invitare le parti a rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica, ovvero ad esecuzione differita, se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia da SARS-CoV-2”. 
“In mancanza di accordo”, aggiunge la norma, “il tribunale, acquisito il parere dell’esperto… può rideterminare equamente le condizioni del contratto… come misura indispensabile ad assicurare la continuità aziendale”. 
In tale contesto il ruolo dell’esperto può assumere almeno due caratterizzazioni. 
La prima è rappresentata dalle situazioni nelle quali una rideterminazione delle condizioni dei contratti cc.dd. “di durata” appare opportuna per il superamento della condizione di difficoltà dell’imprenditore, ma non “indispensabile”. 
In tali fattispecie il ricorso all’intervento “coattivo” del Tribunale sarebbe precluso, ma rimane ugualmente affidato al compito dell’esperto il tentativo di indurre le parti a riequilibrare le condizioni del contratto[22]. 
Le modalità sono suggerite dal Decreto Dirigenziale 28 settembre 2021, secondo il quale “l’esperto convoca uno o più incontri nei quali le parti possano sviluppare opzioni diverse e discutere delle possibili ipotesi di soluzione, cercando, per quanto possibile, di evitare il ricorso al tribunale, avendo altresì cura di richiedere alle parti se, nel caso di insuccesso della rinegoziazione, acconsentono a che l’esito delle trattative e le motivazioni del mancato accoglimento delle proposte vengano riferiti al tribunale. È opportuno che tale richiesta venga formulata sin nel primo incontro e che degli incontri venga redatto un sintetico verbale come precisato al punto 8,5”. 
Nella fattispecie nella quale l’intervento sui contratti di durata “pendenti” – essendo questi i rapporti interessati dalla norma[23] – si riveli “indispensabile” – o comune tale sia giudicato dall’imprenditore -, l’attivazione dell’esperto può rappresentare un presupposto necessario per il successivo coinvolgimento del Tribunale: nel senso della possibile inammissibilità del ricorso alla autorità giudiziaria, in mancanza della dimostrazione dell’insuccesso del tentativo posto in essere dall’esperto[24]. 
Una volta che la rideterminazione del contenuto del contratto non abbia potuto essere conseguita attraverso le trattative agevolate dall’esperto, e l’imprenditore si sia rivolto al Tribunale, è previsto che questi ne acquisisca comunque il parere. 
Secondo il Decreto Dirigenziale 28 settembre 2021 il parere dell’esperto deve contenere, “come elementi minimi”, le seguenti indicazioni: 
“- sul fatto che la misura richiesta nel ricorso dell’imprenditore consenta effettivamente di assicurare la continuità aziendale; 
- sul tempo minimo necessario perché questo avvenga. 
Solo nel caso in cui le parti vi abbiano acconsentito, il parere potrà contenere anche indicazioni circa le ragioni del fallimento delle trattative, se ciò sia utile al fine della valutazione del tribunale sulla richiesta dell’imprenditore. Quando sentito dal tribunale, l’esperto potrà, ove richiesto e nei limiti in cui i principi in punto di riservatezza lo consentano, esprimersi sulle ragioni dei soggetti incisi dal provvedimento”. 
Sotto questo profilo occorre tuttavia osservare che l’art. 4, co. 3, d. l. n. 118/2021 prevede come unica eccezione all’obbligo di riservatezza dell’esperto l’ipotesi della sua audizione da parte del Tribunale per la decisione sulla conferma o sulla modificazione delle “misure protettive” attivate (e richieste) dall’imprenditore, non già (anche) l’occasione della richiesta della sua Relazione nell’ipotesi di intervento del Tribunale sulla “equa rideterminazione” dei contratti. 
Ciò precisato, occorre aggiungere che fermo il “minimo sindacale” prescritto dal Decreto Dirigenziale 28 settembre 2021, potrà essere opportuno che la Relazione dell’esperto prenda anche in considerazione i temi rappresentati da: 
a) sussistenza dei “presupposti oggettivi” di intervento del Tribunale (la effettiva corrispondenza dei contratti interessati dalla richiesta di intervento alle figure dei “contratti di durata” precisati nella norma); 
b) la riconducibilità della causa della eccessiva onerosità sopravvenuta alla “pandemia da SARS-CoV-2” [25]; 
c) la ritenuta “indispensabilità” dell’intervento, e le ragioni sottese a tale valutazione[26]; 
d) l’ammissibilità dell’invocato intervento giudiziale, tenuto conto delle inevitabili ricadute sul versante della concorrenza tra imprese[27]. 
A tale proposito vi è chi ha espresso l’opinione[28] secondo la quale “la rideterminazione giudiziale del contenuto dei contratti dovrebbe essere esercitata soltanto verso le controparti: (i) che operino in una situazione di monopolio e (ii) che si avvantaggino ingiustamente della situazione di dipendenza economica del debitore”. Si è osservato, a tale proposito che “la soluzione più efficiente per il sistema, conforme ai principi di equa rideterminazione delle condizioni del contratto e di equilibrio tra le prestazioni di cui all’art. 10, comma 2, è dunque quella di limitare la modifica coattiva dei contratti ai casi eccezionali in cui il funzionamento del libero mercato si inceppa. Ciò può determinarsi per contratti stipulati con fornitori in situazione monopolistica (o quasi-monopolistica), cioè nei casi in cui l’imprenditore in crisi non può sciogliersi dal contratto sbilanciato, non disponendo di fornitori alternativi a cui rivolgersi per l’acquisto di beni e servizi essenziali alla prosecuzione dell’attività. Non basta: la rideterminazione dovrebbe operare unicamente quando il monopolista si stia avvantaggiando ingiustamente della dipendenza economica del debitore per lucrare extra-profitti, poiché essa (la rideterminazione) non può avere il mero fine di trasferire l’eccessiva onerosità determinata dalla pandemia ad un soggetto incolpevole. Esula dalla portata della norma, ad esempio, il monopolista che si limiti a ribaltare sull’imprenditore in crisi l’aumento di prezzo delle materie prime che egli abbia subito, senza applicare alcun mark-up”.   
 In tale prospettiva i “casi positivi” che potrebbero essere citati come possibile campo di intervento del Tribunale, in funzione della “equa rideterminazione” del contenuto dei contratti “di durata” pendenti – divenuti eccessivamente onerosi per l’imprenditore, impegnato nella procedura di “Composizione negoziata”, a causa della crisi pandemica -, dovrebbero essere identificati con “i cc.dd. “situational monopolies”, dove vi è un solo fornitore o comunque un fornitore dominante in una determinata area e per un determinato periodo di tempo. Può essere il caso del fornitore di bitume di un’impresa di pavimentazioni stradali: tale materia prima si solidifica in un’ora, e ciò comporta la necessità di approvvigionarsi nelle vicinanze del settore stradale da asfaltare, ad una distanza massima che dipende dalla viabilità circostante e dal grado di coibentazione del mezzo di trasporto. Se nel raggio di 35-50 km vi è un unico fornitore di bitume, egli si troverà in posizione monopolistica. Allo stesso modo subisce il monopolio l’impresa che produca farmaci per una multinazionale quando quest’ultima le imponga di acquistare i principi attivi usati nella produzione presso un predeterminato fornitore certificato.   
…potrà non piacere, ma i fornitori di gas e corrente elettrica non sono in posizione monopolistica, poiché è sempre possibile sostituirli, essendo l’approvvigionamento e la vendita completamente aperti alla concorrenza.
Quindi, quand’anche rientrasse fra gli effetti della pandemia l’aumento del costo dell’energia (e probabilmente così non è), non sarebbe possibile modificare le condizioni contrattuali della sua fornitura. Gli
switch al nuovo fornitore sono sempre possibili, anche se richiedono tempi oscillanti tra i venti e i cinquanta giorni a seconda che la richiesta sia stata formulata prima o dopo il decimo giorno del mese. Vero è che i concessionari delle reti che attuano il trasporto e distribuzione del gas naturale operano in regime di monopolio legale nella relativa area di concessione, ma essi sono sottoposti a discipline specifiche da parte dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) col fine di garantire l’accesso non discriminatorio alle relative infrastrutture; l’utente neppure si accorge dell’esistenza del distributore, in quanto paga al venditore un compenso unico, inclusivo anche di quanto spettante al primo. Inoltre, in caso di debiti anteriori insoluti, il fornitore di energia non può interrompere le forniture all’impresa in crisi in forza dell’art. 6, comma 5, e comunque esiste il c.d. mercato di salvaguardia, che consente la prosecuzione del servizio anche in caso di morosità prolungata, seppure a prezzi più elevati. Infine, se l’energia è legata a dispositivi per la sicurezza e l’incolumità delle persone, le utenze non sono mai disalimentabili; qualora, nonostante il divieto, il fornitore interrompa il servizio, il debitore può chiedere l’immediato intervento del Prefetto per il ripristino d’imperio degli allacciamenti… Tanto va precisato per prevenire un uso strumentale della composizione negoziata da parte di imprese ad alto consumo di energia. In conclusione, qualunque sia l’origine del monopolio (produttiva, contrattuale etc.), quando effettivamente il fornitore è uno soltanto o è dominante, l’art. 1467 c.c. non costituisce un rimedio utile a fronteggiare le sopravvenienze da pandemia, né può farsi ricorso alla riconduzione del contratto ad equità prevista dall’art. 1374 c.c., che riguarda soltanto l’integrazione di clausole contrattuali e non anche la loro sostituzione.        
Al contrario, quando più fornitori operino in un contesto concorrenziale di beni e servizi fungibili, il tribunale non dovrebbe assecondare la richiesta del debitore di modificare per sopravvenienze le condizioni di un contratto già stipulato, poiché questi ha sempre facoltà di chiederne lo scioglimento e rivolgersi altrove, salvo che il fornitore corrente non offra di modificarlo convenientemente.         
Ciò quand’anche il debitore motivi l’istanza sostenendo di non potersi rivolgere a fornitori alternativi poiché questi praticano condizioni peggiorative rispetto a quelle che il debitore vorrebbe imporre giudizialmente alla controparte corrente.
Infatti, questa argomentazione (umanamente comprensibile, perché nessuno è mai soddisfatto di come il reddito è distribuito e ne vorrebbe una fetta maggiore per sé) dimostra al contrario ed in modo lampante che la rinegoziazione forzosa, se attuata, cagionerebbe un danno ingiusto al fornitore corrente, vincolandolo a condizioni non di mercato che nessun altro fornitore praticherebbe”[29].
3 . Il ruolo dell’esperto nel processo autorizzativo per la deroga del secondo comma dell’art. 2560 cod. civ.
L’art. 10, co. 1, lett. d) del d. l. n. 118/2021 prevede che il Tribunale, su richiesta dell’imprenditore che ha avviato la “Composizione negoziata” della crisi d’impresa, possa autorizzarlo a trasferire l’azienda, o uno o più dei suoi rami, “senza gli effetti di cui all’articolo 2560, secondo comma, del Codice civile”: cioè senza che si produca la responsabilità solidale del cessionario per i debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, che risultino dai libri contabili obbligatori. L’autorizzazione può essere concessa – precisa la norma – “verificata la funzionalità” della cessione “rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori”. 
È pacifico che l’autorizzazione de qua sia necessaria nella sola ipotesi nella quale l’imprenditore voglia esonerare il cessionario dalla responsabilità solidale per le passività pregresse (risultanti dai libri contabili obbligatori), che altrimenti discenderebbe dalla necessaria applicazione dell’art. 2560, co. 2, cod. civ.: giacché, in caso contrario, l’imprenditore sarebbe libero di trasferire l’azienda, ovvero uno o più dei suoi rami, senza necessità di autorizzazione alcuna[30]. 
È altresì pacifico che, per di più (se non sempre), l’operazione de qua assuma il carattere di atto di straordinaria amministrazione, come tale soggetto al procedimento di “condivisione” con l’esperto, di cui all’art. 9, co. 2-4, d. l. n. 118/2021 (preventiva informazione scritta dell’intenzione di porlo in essere; ricezione del parere scritto dell’esperto; necessaria comunicazione scritta della intenzione di volere porre in essere l’atto nonostante la eventuale manifestazione di dissenso): procedimento – peraltro - che, se pure concluso con esito negativo, eventualmente integrato dalla pubblicizzazione del contrasto tra imprenditore ed esperto attraverso la iscrizione del dissenso nel Registro delle Imprese, non determina la invalidità o la inopponibilità della cessione, bensì non ne consente – più semplicemente – la sottrazione all’azione revocatoria fallimentare di cui si verificassero i presupposti nell’eventuale fallimento “consecutivo” [31]. 
Egualmente condivisibile è l’affermazione secondo la quale la disciplina in commento deve ritenersi applicabile anche alle operazioni produttive di effetti equivalenti (conferimento d’azienda, anche a favore di una newco)[32]. 
Ciò precisato, il ruolo dell’esperto nella operazione in questione è diverso, secondo che la cessione avvenga – per l’appunto – su iniziativa esclusiva dell’imprenditore, con la inevitabile applicazione al cessionario del principio dettato dall’art. 2560, co. 2, cod. civ.; oppure se la cessione venga impostata prevedendo la richiesta di autorizzazione al Tribunale a procedere al trasferimento esonerando il cessionario dalla responsabilità prevista da tale norma. 
Per la prima ipotesi il Decreto Dirigenziale 28 settembre 2021 prevede che “1. Qualora si intenda procedere alla cessione dell’azienda o di suoi rami, l’esperto avrà cura di far presente all’imprenditore l’utilità e l’opportunità del ricorso a procedure competitive per la selezione dell’acquirente (o in ogni caso prima di escludere possibilità diverse), in modo da sgombrare il campo dal timore di scelte in danno ai creditori. 
2. All’esperto potrà essere richiesto di: 
- individuare il perimetro dell’azienda o di rami di essa ritenuto idoneo per il miglior realizzo; 
- fornire indicazioni all’imprenditore per organizzare data room informativa da utilizzare [per] la raccolta delle manifestazioni di interesse (a tal fine potrà essere utilizzata la Piattaforma); 
- dare corso, o far dare corso, alla selezione dei soggetti potenzialmente interessati, anche attraverso procedure competitive, raccogliendo le relative manifestazioni di interesse e le eventuali offerte vincolanti (a tal fine potrà essere utilizzata la Piattaforma); 
- se richiesto, esprimere il proprio parere sulle manifestazioni di interesse e le offerte ricevute. 
L’esperto avrà cura di ricordare all’imprenditore l’opportunità che le offerte siano quanto più possibile a contenuto determinato, vincolanti, sottoscritte ed accompagnate da garanzie”. 
Per la seconda ipotesi la norma non prevede la audizione dell’esperto da parte del Tribunale (né, tanto meno, la predisposizione di una Relazione del primo in favore del secondo): ma in linea di principio si è d’accordo nel ritenere che ciò sia senz’altro possibile – e probabilmente opportuno - [33]. 
Secondo il ricordato Decreto Dirigenziale 28 settembre 2021, “l’esperto, se sentito dal tribunale nel procedimento autorizzativo ai fini della deroga dell’articolo 2560, secondo comma, del codice civile, potrà essere chiamato ad esprimersi sulle modalità con cui si è arrivati all’individuazione dell’acquirente, sulla congruità del prezzo e su ogni altro elemento ritenuto utile dal tribunale. Egli è chiamato ad informare il tribunale se l’acquirente dell’azienda o di rami di essa sia una parte correlata dell’imprenditore e a riferire sulle attività di cui al presente paragrafo”. 
Oltre a quanto precisato dal Decreto Dirigenziale, l’esperto potrà (rectius: dovrà) esprimere al Tribunale la propria valutazione su: 
a) funzionalità della cessione alla “continuità aziendale”: presumibilmente con riferimento alla continuità c.d. “indiretta”, intendendo che il presupposto della “procedura” della Composizione negoziata, rappresentato dal “risanamento dell’impresa” (art. 2, co. 1; art. 9, co. 1), prescinda dal corrispondente risanamento (anche) del soggetto-imprenditore; 
b) “migliore soddisfazione dei creditori”, rispetto all’ipotesi di non procedere alla operazione di cessione; ovvero di procedervi, ma senza la liberazione del cessionario dalla responsabilità solidale disposta dall’art. 2560, co. 2, cod. civ. 
Sotto questo profilo si è affermato[34] che “la previsione dell’esenzione dai debiti pregressi altro non è che un incentivo ad ottenere migliori condizioni di vendita, nella consapevolezza che il risultato della vendita non potrà mai penalizzare i creditori per la semplice ragione che l’autorizzazione è retta dal 1° comma dell’art. 10 D.L. 118/2021, là dove è stabilito che il giudice deve valutare il miglior interesse dei creditori. In questo caso, la clausola si giustifica perché c’è uno scenario comparativo: non già tra composizione negoziata e liquidazione, ma tra vendita con il peso dei debiti e vendita al netto dei debiti”. 
La sopra rappresentata conclusione è certamente condivisibile: non altrettanto evidente è, peraltro, la possibile convenienza di un acquisto “al netto dei debiti” in luogo di un acquisto “con il peso dei debiti” (per quanto ciò possa apparire contraddittorio). 
L’acquisto “al netto dei debiti” – espressione con la quale si dovrebbe volere intendere “acquisto senza il peso dei debiti”, in contrapposizione a quello definito “con il peso dei debiti” – significa acquisto delle sole attività. Il vantaggio di una simile operazione potrebbe essere individuato, in prima battuta, nel risparmio del costo della due diligence dell’impresa acquistata, non dovendocisi preoccupare delle sue passività. Tuttavia, a ben vedere, una due diligence dovrebbe comunque essere posta in essere – ed il conseguente costo sopportato – per una valutazione della congruità della stima concernenti le attività ricevute in cessione (che ben potrebbero essere sopravvalutate nei bilanci dell’impresa oggetto della cessione). 
Ciò precisato, l’acquisto delle attività senza l’accollo del “peso dei debiti” comporta la necessità del pagamento “in contanti” – o comunque del pagamento del valore “lordo” – delle attività trasferite: e non è facile individuare la vantaggiosità di tale profilo. 
Al contrario, l’acquisto delle attività integrate dal “peso dei debiti” accollati, comporta la necessità del pagamento c.d. “in contanti” del solo valore del netto patrimoniale: inevitabilmente molto inferiore al valore delle attività di per sé considerate (valore c.d. “lordo”), tanto più nell’occasione dell’acquisto di una impresa “in crisi” (più o meno accentuata che la crisi sia). 
Il regolamento delle attività acquistate mediante l’accollo delle passività inerenti l’azienda (con il limite di quelle risultanti dai libri contabili obbligatori) rappresenta un vantaggio finanziario formidabile!: e non si vede per quale ragione l’aspirante cessionario dovrebbe trovare vantaggioso procedere – invece – all’acquisto delle sole attività (“senza il peso del debito”), pagando “in contanti” – e comunque in termini di valori “di mercato” – l’intero loro valore lordo. 
Nel fallimento e nel Concordato preventivo il principio della cessione dell’azienda al lordo delle passività inerenti la stessa, non si spiega – a parere di chi scrive – con la maggiore appetibilità di tale modalità di realizzo (è vero il contrario!, come si è sopra dimostrato): bensì con la considerazione che l’acquisto delle attività “con il peso del debito” comporta l’effetto che i creditori accollati trovano soddisfacimento integrale delle loro pretese in quanto (poi) regolate dal cessionario, con preferenza rispetto ai creditori non accollati (perché estranei all’azienda o al ramo d’azienda ceduti), passibili di essere soddisfatti nei limiti del riparto consentito dalla distribuzione degli (eventuali) attivi residui, ovvero – nel caso di cessione dell’intera azienda – nei limiti del riparto del (magro, perché al netto delle passività accollate) prezzo conseguito dall’operazione di cessione. 
È per tale ragione che le operazioni di “cessione aggregata”, ovvero di “cessione di attività e passività”, poste in essere, nel passato, nel contesto delle operazioni di liquidazione (coatta amministrativa) delle imprese bancarie – sottratte al principio della assicurazione della par condicio creditorum – hanno avuto un così largo successo, sino a quando suscettibili di essere poste in essere[35]. 
Lo scenario presentato dalla procedura di fallimento e di Concordato preventivo non può essere tenuto presente nella procedura di Composizione negoziata, perché detto scenario non consente il confronto tra cessione dell’impresa con o senza passività ad essa inerenti, ammettendo esclusivamente la cessione delle attività senza l’accollo delle relative passività, al fine di distribuirne il prezzo “lordo”, così conseguito, tra tutti i creditori - inerenti o non inerenti l’azienda ceduta -, in base alla graduazione tra le relative pretese, con lo scopo di assicurare l’osservanza del principio della par condicio
Non fosse necessario impedire che si creino i presupposti perché i creditori inerenti l’azienda siano soddisfatti integralmente (ad opera del cessionario-accollante), in mancanza della garanzia di analogo trattamento tra i creditori non inerenti l’azienda (e quindi non accollati), l’operazione di cessione “con il peso del debito” sarebbe sempre più conveniente, per l’acquirente – disponibile pertanto a perfezionare l’operazione sulla base di un valore dell’impresa più generoso -, che l’operazione di cessione “al netto dei debiti”. 
4 . I finanziamenti infragruppo e l’esclusione della postergazione
L’art. 13, co. 9, d. l. n. 118/2021 esclude dalla postergazione i finanziamenti “eseguiti” in favore di società controllate oppure sottoposte a comune controllo, alla condizione che l’imprenditore abbia osservato il procedimento di “condivisione” degli atti di straordinaria amministrazione, previsto dall’art. 9, co. 2; ed a condizione che l’esperto non abbia manifestato il proprio dissenso aggiungendovi la sua pubblicizzazione mediante iscrizione nel Registro delle Imprese[36]. 
Anche in tale circostanza l’atto posto in essere dall’imprenditore è di per sé pienamente valido ed opponibile, anche se non rispettoso delle disposizioni sopra rappresentate. In tal caso, tuttavia, non può aspirare a conseguire lo “effetto speciale” rappresentato dalla legittimazione a concorrere con tutti gli altri creditori, senza essere pregiudicato dalla condizione di postergazione assegnatagli dagli artt. 2467 e 2497-quinquies cod. civ. 
La conclusione è analoga a quella che concerne la conseguibilità dello “effetto speciale” rappresentato dalla “esenzione” dall’azione revocatoria, con riguardo ai pagamenti in ipotesi posti in essere per il rimborso del finanziamento infragruppo: la mancata osservanza dell’identico procedimento di “condivisione” non rende il rimborso illegittimo ovvero inefficace, bensì impedisce all’accipiens di sottrarsi all’applicazione dell’azione revocatoria fallimentare, ove se ne creino i presupposti[37]. 
Dal combinato disposto dell’art. 13, co. 9, d. l. n. 118/2021, e dell’art. 9, co. 2-4, si può ricavare – pertanto – che attraverso il conseguimento del consenso dell’esperto (ovvero della rinuncia dello stesso a pubblicizzare l’eventuale dissenso con la iscrizione dello stesso nel Registro delle Imprese) è possibile ottenere, per i “finanziamenti infragruppo” erogati nel contesto della procedura di “Composizione negoziata” della crisi d’impresa: (i) la legittimazione a concorrere con gli altri creditori, in caso di mancato rimborso del finanziamento, nel momento dell’apertura di una procedura concorsuale, senza più dover subire l’effetto della postergazione; e (ii) la esenzione dalla revocatoria fallimentare di cui agli artt. 66 e 67 l. fall., nell’ipotesi di intervenuto rimborso prima dell’apertura di una procedura concorsuale nella quale siano promuovibili le azioni previste dalle norme richiamate. 
Laddove poi al consenso (ovvero alla mancata pubblicazione dell’eventuale dissenso con la iscrizione nel Registro delle Imprese) si accompagni (ovvero si sostituisca, nell’ipotesi nella quale il Tribunale giudichi non condivisibile il dissenso dell’esperto) l’autorizzazione giudiziale di cui all’art. 10, co. 1, d. l. n. 118/2021, allora ai crediti derivanti dai finanziamenti infragruppo non sarà soltanto consentito di concorrere con gli altri creditori, ma addirittura di essere ad essi preferiti, grazie al collocamento in prededuzione. 
Tale effetto – peraltro – è l’unico al quale possono aspirare i finanziamenti infragruppo cc.dd. “ascendenti”, in quanto ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art. 10, co. 1, d. l. n. 118/2021 (prededuzione); ma non ricompresi nell’ambito di applicazione dell’articolo 13, comma 5 (esenzione da postergazione), ragione per la quale l’eventuale condivisione dell’operazione da parte dell’esperto non potrebbe valere a giustificare la mancata applicazione del principio dettato dall’art. 2497-quinquies cod. civ.[38]. In tale prospettiva la sottrazione alla sorte della collocazione postergata potrebbe essere conseguita soltanto attraverso la autorizzazione giudiziale, che addirittura comporterebbe l’attribuzione ai crediti derivanti da tali finanziamenti di una collocazione (prededucibile, e quindi non soltanto in concorso con gli altri creditori, ma a costoro addirittura) antergata
Nulla è detto a proposito dell’azione di “ripetizione” proponibile ai sensi dell’art. 2467, co. 1, cod. civ., e dell’art. 2497-quinquies cod. civ., nell’ipotesi di sopravvenuto fallimento del solvens nell’anno successivo. 
A tale proposito il dubbio che le norme del Codice civile richiamate facciano riferimento ad un fenomeno revocatorio di uguale natura rispetto a quello disciplinato dagli artt. 64 ss. l. fall.[39] non sembra bastare a giustificare la “esenzione” del rimborso anche dall’obbligo di ripetizione in esame, essendo riferita tale “esenzione”, nel caso di specie, non già ad un istituto individuato in termini generali (come sarebbe se l’esenzione riguardasse “l’azione revocatoria”, che costituirebbe una espressione suscettibile di interpretazione flessibile), bensì alle azioni disciplinate dalle norme precisate (art. 66 e art. 67 l. fall.), oggettivamente insuscettibili di poter essere fatte coincidere con gli artt. 2467 e 2497-quinquies cod. civ., che quell’obbligo di restituzione impongono. Il risultato pare essere quello di dovere ammettere che i rimborsi dei finanziamenti de quibus sarebbero bensì suscettibili di essere sottratti all’applicabilità dell’azione revocatoria fallimentare; non tuttavia alla esperibilità dell’azione di ripetizione prevista dagli artt. 2467, co. 1 e 2497-quinquies, cod. civ., giacché la applicabilità di tali disposizioni non è comunque esclusa, ed esse possono essere invocate – pertanto – anche quando si ritenesse che condividano la natura revocatoria delle azioni disciplinate dagli artt. 66 e 67 l. fall. (invece esplicitamente escluse).
5.1 . Illustrazione dei requisiti di riconoscibilità del gruppo ai fini della composizione negoziata
L’art. 13, co. 1, d. l. n. 118/2021 disciplina la conduzione delle trattative, nell’ambito della “procedura” di Composizione negoziata della crisi d’impresa, “in caso di gruppo di imprese”. 
La considerazione di questo fenomeno è già stata oggetto dell’attenzione del legislatore nel contesto della riforma della legge fallimentare, nel momento della approvazione del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, che la sostituirà: ma dal momento che il “Codice” non è ancora entrato in vigore; e dal momento che le relative disposizioni, a differenza di altre, non sono state anticipate da corrispondenti norme inserite immediatamente nella vigente legge fallimentare; la introduzione della disciplina della “Composizione negoziata” rappresenta la prima occasione di emersione del fenomento dal punto di vista giuridico, nell’ambito del “diritto concorsuale comune” (giacchè nell’ambito del “diritto concorsuale speciale” gli effetti della sussistenza del fenomeno del gruppo societario ha già assunto rilievo – con definizioni propriamente non coincidenti con quella adottata dalla norma in commento – nella disciplina delle grandi imprese in crisi – d. lgs. n. 270/1939, c.d. “legge Prodi-bis” -; nella disciplina delle imprese di rilevanti dimentioni – d. l. n. 347/2003, c.d. “legge Parmalat” -; nella disciplina dei gruppi bancari – T.U.B. -, finanziari – T.U.F. -, e assicurativi – Cod. Ass. -)[40]. 
L’esordio è rappresentato dalla definizione di “gruppo di imprese”, per lo meno “ai fini del presente articolo”: definizione che fa riferimenato allo “insieme delle società, delle imprese e degli enti, esclusi lo Stato o gli enti territoriali, che, ai sensi degli articoli 2497 e 2549-septies del codice civile, esercitano o sono sottoposti alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica”. L’accertamento della sussistenza del presupposto della “direzione e coordinamento delle società del gruppo” tra imprese dell’ipotizzato gruppo, è agevolato dalla previsione di due fattori presuntivi (sino a prova contraria) rappresentati da: a) la sussistenza dell’obbligo del consolidamento dei rispettivi bilanci; e b) la sussistenza di un rapporto di “controllo”, anche congiunto. 
La nozione così dettata “ricalca in maniera pedissequa quella enunciata nell’art. 2, lett. h), d. lgs. n. 14/2019” [Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza]; “questa, a sua volta, si ispira molto da vicino alla nozione di gruppo implicitamente accolta dal Codice civile (artt. 2497 e seguenti) nel testo novellato dalla riforma organica del diritto societario (d. lgs. n. 6/2003)” [41]. 
Costituiscono elementi meritevoli di rilievo: (i) l’estensione della nozione di “gruppo” sia al modello del gruppo verticale fondato sul controllo, sia al modello del gruppo fondato su vincoli contrattuali[42], ivi incluso il modello del gruppo paritetico fra imprese cooperative[43]; (ii) il requisito della comune collocazione della sede legale nello Stato italiano[44]; e (iii) la estensione della definizione a ricomprendere l’impresa (o il soggetto) rappresentati da una “persona fisica” [45]. 
A tale ultimo proposito si deve ritenere che le fattispecie ricomprese nella nozione di “gruppo” dettata dalla norma in commento ricomprendano tanto le situazioni nelle quali la persona fisica posta al vertice del gruppo eserciti semplicemente il ruolo del detentore del controllo societario o imprenditoriale; quanto le situazioni corrispondenti alla holding persona fisica; al c.d. “socio tiranno”; al c.d. “socio di fatto” (occulto)[46]. 
Ciò detto, occorre peraltro considerare che l’applicabilità della disciplina della “procedura” di composizione negoziata postula la iscrizione del soggetto interessato nel Registro delle Imprese[47], dunque richiede: (i) la natura di “impresa” del soggetto; e (ii) la sua intervenuta iscrizione al Registro. Fuori di questa ipotesi, la disciplina della “Composizione negoziata” non potrà essere applicata alla persona fisica, pur posta al vertice del gruppo societario in crisi. Ciò che non significa la applicazione necessaria delle norme de quibus alla persona fisica che presenti contemporaneamente i requisiti della natura di impresa e della iscrizione al Registro delle Imprese: essendo rimessa alla valutazione discrezionale delle imprese interessate la decisione di partecipare o non partecipare alla Composizione negoziata c.d. “di gruppo”, trattandosi – come detto; e come si dirà – di istituto di natura prettamente volontaria. 
La conclusione alla quale si è pervenuti non dovrebbe essere messa in discussione dalla considerazione che nel momento di individuare la competenza della Camera di Commercio alla quale rivolgere l’istanza di nomina dell’esperto comune, la legge (art. 13, co. 3) faccia riferimento a quella “ove è iscritta la società o l’ente... che... esercita l’attività di direzione e coordinamento”. Ove la persona fisica–capogruppo abbia natura giuridica di impresa e sia iscritta al Registro delle Imprese, non si vede difficoltà ad estendere anche a lei (la legittimazione a presentare l’istanza de qua, nonchè) la indicazione della Camera di Commercio ove la stessa è iscritta. In caso contrario, la legittimazione a presentare l’istanza permane, ma la individuazione della Camera di Commercio competente deve essere effettuata ricorrendo al criterio suppletivo rappresentato dalla Camera di Commercio ove è iscritta “l’impresa...che presenta la maggiore esposizione debitoria” [48].       
Sempre a proposito della individuazione della competenza ad adottare decisioni inerenti la “procedura” di Composizione negoziata della crisi d’impresa, allorchè la stessa investa un gruppo societario, l’art. 13, co. 5, d. l. n. 118/2021 afferma che “le misure protettive e cautelari di cui agli articoli 6 e 7 sono adottate dal tribunale competente ai sensi dell'articolo 9 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, rispetto alla societa' o all'ente che, in base alla pubblicita' prevista dall'articolo 2497-bis del codice civile, esercita l'attivita' di direzione e coordinamento oppure, in mancanza, all'impresa che presenta la maggiore esposizione debitoria come definita nel comma 3”.
La nozione di “gruppo” di imprese al quale fa riferimento la norma in commento per disciplinare le modalità di accesso alla “procedura” di Composizione negoziata non soffre limitazioni nè sotto il profilo dimensionale nè sotto il profilo giuridico. 
Per un verso, la disciplina sarebbe applicabile tanto al “gruppo” che fosse costituito da imprese cc.dd. “sotto soglia” – o comunque non fallibili, come le imprese agricole -; quanto al “gruppo” che fosse costituito da grandi imprese; da imprese di rilevanti dimensioni; o da imprese operanti in servizi pubblici essenziali, come tali soggette – ricorrendone i presupposti – alla procedura della Amministrazione Straordinaria[49]. 
Per un altro verso, la esclusione della natura di “procedura concorsuale” per l’istituto della “Composizione negoziata” [50], ne consente l’applicabilità – a parere di chi scrive – anche ai gruppo di imprese cc.dd. “di diritto speciale”, quali banche; intermediari finanziari; imprese assicurative[51]. 
5.2 . Incarico unitario
L’art. 13, co. 2, d. l. n. 118/2021 afferma che più imprese (appartenenti al gruppo societario, individuato come indicato dal comma precedente) che si trovino “nelle condizioni indicate dall’articolo 2” (vale a dire: nelle condizioni soggettive ed oggettive che consentirebbero a ciascuna di esse di accedere alla “procedura” di Composizione negoziata della crisi d’impresa) possono chiedere “la nomina dell’esperto indipendente...”: con ciò intendendosi la nomina di un unico esperto[52].     
L’istanza “unitaria” deve essere presentata, come detto, alla CCIAA dove è iscritta l’impresa che esercita la attività di direzione e coordinamento. Ove tale criterio non sia utilizzabile – per esempio per non appartenenza della “capogruppo” allo Stato italiano – sarà applicabile il criterio suppletivo rappresentato dalla CCIAA presso la quale è iscritta l’impresa “che presenta la maggiore esposizione debitoria”. A tale proposito l’art. 13, co. 3, d. l. n. 118/2021 onera l’imprenditore dell’adempimento rappresentato dall’ inserimento nella piattaforma telematica di cui all'articolo 3, oltre alla documentazione indicata nell'articolo 5, comma 3, di una relazione contenente informazioni analitiche sulla struttura del gruppo e sui vincoli partecipativi o contrattuali, l'indicazione del Registro delle Imprese o dei Registri delle Imprese in cui e' stata effettuata la pubblicita' ai sensi dell'articolo 2497-bis del codice civile e il bilancio consolidato di gruppo, ove redatto.
Si deve ritenere che l’incarico “unitario” debba intendersi (anche) come incarico “unico” (e non “plurimo”) agli effetti di quanto disposto dall’art. 5, co. 4, d. l. n. 118/2021 (come integrato, sul punto, dalla legge di conversione n. 147/2021), secondo il quale “l’esperto non può assumere più di due incarichi contemporaneamente”.           
Secondo l’art. 13, co. 6, d. l. n. 118/2021, “l'esperto assolve ai compiti di cui all'articolo 2, comma 2, in modo unitario per tutte le imprese che hanno presentato l'istanza, salvo che lo svolgimento congiunto non renda eccessivamente gravose le trattative. In tal caso puo' decidere che le trattative si svolgano per singole imprese”.
L’autonomia decisionale così attribuita allo “esperto comune” può fare discutere: si potrebbe infatti osservare che se le imprese interessate avessero voluto condurre trattative separate (o meglio: se la capogruppo avesse ritenuto di consentire alle imprese del gruppo di coltivare trattative indipendenti le une dalle altre), non sarebbe stata chiesta la nomina di un “esperto unitario” – potendosi spiegare tale iniziativa anche con la volontà di condizionare gli esiti delle trattative delle singole imprese appartenenti al “gruppo” in funzione del perseguimento di un risultato di risanamento complessivo - [53] [54]. 
Sempre in argomento, non appare precisato se a seguito della adozione di tale iniziativa le imprese del gruppo destinate ad essere escluse dalla prosecuzione della procedura “unitaria” debbano rivolgersi alla CCIAA competente per ciascuna di esse – come parrebbe necessario -, al fine di ottenere la nomina di un esperto “individuale” destinato a facilitare la prosecuzione delle trattative concernenti ciascuna impresa[55].
5.3 . La pluralità di esperti e la decisione di prosecuzione con incarico unitario ovvero con conduzione congiunta della composizione negoziata nelle diverse imprese
L’art. 13, co. 8, d. l. n. 118/2021 prende in considerazione l’ipotesi nella quale le imprese appartenenti ad un gruppo (individuato come tale in base ai criteri dettati dal comma 1) abbiano richiesto separatamente, in quanto presentanti ciascuna i necessari presupposti, la designazione di un esperto funzionale ad agevolare le trattative con i rispettivi creditori; e che tali esperti – ovvero, presumibilmente, taluno di essi -, “sentiti i richiedenti ed i creditori”, propongano che la composizione unitaria si svolga in modo unitario, ovvero, per lo meno, per più imprese appositamente individuate. 
Allorchè tale proposta venga formulata, la composizione prosegue con l’esperto designato di comune accordo tra quelli nominati”, ovvero, in difetto di designazione, “con l’esperto nominato a seguito della prima istanza presentata”. 
Anche in questa ipotesi non è chiara la intensità dell’autonomia riconoscibile agli esperti (od a taluni tra essi?) nel “disporre” che la Composizione negoziata prosegua con l’ausilio di un unico esperto. Si pongono infatti – in prima battuta – i seguenti dubbi: 
a) se la valutazione della opportunità della prosecuzione delle diverse “procedure” di Composizione negoziata “in modo unitario” (ovvero “per più imprese appositamente individuate”) postuli l’assenso di tutti gli esperti coinvolti dalla proposta di concentrazione; 
b) se analoga unanimità debba essere accertata in capo alle imprese interessate dalla proposta di “coordinamento”; 
c) se e quale ruolo debba essere riservato all’Organo che ebbe a designare i diversi esperti. 
5.4 . L’estensione delle trattative ad altre imprese del gruppo in difficoltà
L’art. 13, co. 2, d. l. n. 118/2021 ipotizza la presentazione di una “istanza unitaria” per la nomina di un unico esperto, funzionale ad agevolare le trattative volte a superare le situazioni di crisi di una pluralità di imprese appartenenti ad uno stesso gruppo (identificato in base ai criteri di cui al comma 1): salvo poi prevedere le ipotesi di possibile separazione di procedure riguardanti singole imprese rispetto alla procedura “di gruppo”. 
L’art. 13, co. 8, d. l. n. 118/2021, a sua volta, pare prendere in considerazione l’ipotesi che più imprese del “gruppo”, nel momento della assunzione della decisione di accedere alla “procedura” di Composizione negoziata, lo facciano separatamente, richiedendo la nomina di altrettanti esperti: salvo però prendere in considerazione, e disciplinare, l’ipotesi di un coordinamento tra le diverse “procedure”, tramite il mantenimento di un solo esperto. 
È evidentemente possibile che si produca anche un fenomeno per c.d. intermedio, in forza del quale per una (o più) “procedure”, originariamente avviate, emerga la esigenza di “estensione” ad altre imprese del “gruppo”, originariamente non coinvolte (quale che ne sia stata la ragione). 
In tale ipotesi pare irrinunciabile la presentazione della istanza di nomina dell’esperto da parte delle singole imprese del gruppo per le quali l’esigenza si sia posta in un secondo momento; e pare possibile ipotizzare che, su istanza delle stesse, la speciale Commissione legittimata a designare l’esperto valuti l’opportunità di indicare lo stesso professionista già designato a favorire le trattative dell’impresa (o delle imprese) del gruppo che per prima abbia avviato la procedura di Composizione negoziata. 
Anche in tal caso il limite posto dall’art. 5, co. 4, d. l. n. 118/2021 non si pone.
5.5 . Il coinvolgimento come parti interessate di altre imprese del gruppo non in difficoltà
L’art. 13, co. 7, d. l. n. 118/2021, afferma che “le imprese partecipanti al gruppo che non si trovino nelle condizioni indicate nell’articolo 2” [vale a dire le condizioni per essere legittimate ad accedere alla procedura di Composizione negoziata della crisi d’impresa] “possono, anche su invito dell’esperto, partecipare alle trattative”. 
La discrezionalità della decisione di “partecipare alle trattative” (ovvero di rimanerne estranee) deve essere affermata tanto nell’ipotesi di invito dell’esperto (che le imprese “in bonispossono accettare, ma non “devono”); quanto nell’ipotesi di mancato invito (perchè la partecipazione può avvenire “anche” su invito dell’esperto, ma non “solo”)[56]. 
Ciò precisato, la norma non indica quali effetti siano prodotti dalla eventuale “partecipazione alle trattative” delle imprese del gruppo le quali non abbiano avviato (ovvero non siano coinvolte in) una “procedura” di Composizione negoziata (nè individuale; nè “di gruppo”). 
Del resto, nessun particolare effetto si può ipotizzare con riguardo agli atti posti in essere dalle imprese de quibus, rimanendo il supporto, eventualmente prestato alle imprese del gruppo impegnate in una “procedura” di Composizione negoziata, disciplinato alla stregua degli effetti di un accordo puramente stragiudiziale tradizionale. [57]
5.6 . L’esito delle trattative
Secondo quanto previsto dall’art. 13, co. 10, d. l. n. 118/2021, al termine delle trattative, le imprese del gruppo possono stipulare, in via unitaria, uno dei contratti di cui all'articolo 11, comma 1, ovvero accedere separatamente alle soluzioni di cui all'articolo 11.
È espressamente prevista, pertanto, l’ipotesi che ciascuna impresa già impegnata in una Composizione negoziata “di gruppo” scelga poi, in via individuale, una delle possibili soluzioni declinate “all’articolo 11” [58]. 
È peraltro anche previsto che le imprese “del gruppo” (ovveso, si deve ritenere, alcune tra di esse) possano stipulare, “in via unitaria”, uno dei contratti di cui all’articolo 11, comma 1, d. l. n. 118/2021 – vale a dire: (i) un contratto “con uno o più creditori”, idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo inferiore a due anni[59]; (ii) una Convenzione di Moratoria[60]; un Piano Attestato di Risanamento c.d. “avallato”, in quanto sottoscritto anche dall’esperto, e per tale ragione dispensato dal dovere essere integrato dalla Relazione Attestativa di cui all’art. 67, co. 3, lett. d) l. fall.
La norma non fa parola, quanto alle soluzioni “di gruppo”, del possibile accesso “unitario” alle “procedure” dell’Accordo di Ristrutturazione (ex art. 182-bis ss. l. fall.) – anche nella forma dell’Accordo c.d. “avallato”, perchè anch’esso risultante nella Relazione finale dell’esperto, con l’effetto di ridurre dal 75% al 60% delle passività la percentuale di adesioni richieste perchè si produca un effetto vincolante nei confronti dei creditori omogenei non aderenti -; o del Concordato preventivo (“normale” ovvero “semplificato”). Ciò non impedisce peraltro che (i) già ora, le imprese del “gruppo” possano predisporre soluzioni dell’uno o dell’altro genere, caratterizzate da un coordinamento che valorizzi i possibili effetti delle relazioni infragruppo[61]; e (ii) che successivamente all’entrata in vigore del C.C.I.I. un altro dei possibili sbocchi della composizione negoziata “di gruppo” sia rappresentato dall’apertura di una procedura di ADR ovvero di Concordato preventivo “di gruppo” [62]. 
Se mai occorrerà prestare particolare attenzione, specie nell’ipotesi di una pluralità di “sbocchi” a seguito delle trattative condotte con riguardo alle singole imprese, agli effetti prodotti dalla esecuzione della “procedura” di Composizione negoziata della crisi, potendo venire meno le “misure protettive”; ovvero le “misure impeditive”; o ancora le “misure sospensive” (per es. degli obblighi di ricapitalizzazione) che avevano contribuito a sostenere la continuità aziendale in pendenza delle trattative[63].

Note:

[1] 
I. PAGNI e M. FABIANI, La transizione dal Codice della Crisi alla Composizione negoziata (e viceversa), in Dir. crisi, 2 novembre 2021, p. 4, parlano di “istituzionalizzazione della fase delle trattative”.
[2] 
In argomento v. Composizione negoziata della crisi: quali sono esperti e compensi, in https://www.professionista-digitale.it – Studio 4.0; P. LANNI, I compensi dell’esperto negoziatore, in www.dirittodellacrisi.it, 20 dicembre 2021.
[3] 
A. GHEDINI e M.L. RUSSOTTO, L’istituto della composizione negoziata della crisi, in www.dirittodellacrisi.it,19 ottobre 2021, p. 10. Come si dirà – infra -, si tratta di misure protettive “unidirezionali” (parlano di “moratoria unilaterale” I. PAGNI e M. FABIANI, La transizione ecc., cit., p. 10).
[4] 
In argomento v. anche infra, n. 1.2. Non è pertanto condivisibile, per lo meno per ciò che concerne l’espressione letterale, la affermazione secondo la quale “l’imprenditore… conserva il potere di gestione esteso agli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione… salvo prevedere per questi ultimi e per i pagamenti una particolare procedura…(A. DENTAMARO, La nuova finanza nella composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa ex D.L. 118/2021, in www.didittodellacrisi.it, 12 ottobre 2021, p. 2): la osservanza della “particolare procedura” non impedisce il compimento dell’atto, bensì – soltanto – il conseguimento dello “effetto speciale” della esenzione da revocatoria (infra, n. 1.2.).
[5] 
Non è priva di significato la modifica apportata alla disposizione in commento ad opera della legge di conversione n. 147/2021. La norma, in origine, condizionava la possibilità di avvalersi dello “effetto sospensivo” della disciplina sulla salvaguardia della integrità del capitale sociale, al deposito (e pubblicazione) della “istanza prevista dall’articolo 6, comma 1”, che era (ed è) quella rivolta a produrre “misure protettive” per il patrimonio dell’imprenditore, ed è soggetta a pubblicazione nel Registro delle Imprese (nel senso della equiparazione dei presupposti di produzione degli effetti “protettivi” di cui all’art. 6 d. l. n. 118/2021 e di quelli concernenti la produzione degli effetti “sospensivi” di cui all’ articolo 8 (ante conversione) v. M. MONTANARI, I rapporti della composizione negoziata della crisi con i procedimenti concorsuali, in www.dirittodellacrisi.it, 24 novembre 2021, p. 7 (testo e nota 9). Ciò peraltro avrebbe comportato l’obbligo di “pubblicazione” della situazione di “crisi” attraversata dall’impresa, dato che l’istanza prevista dal citato art. 6, co. 1, d. l. n. 118/2021 è soggetta ad iscrizione nel Registro delle Imprese. A seguito della modificazione intervenuta con la conversione in legge dell’originario d. l., ora l’imprenditore può conseguire l’effetto “sospensivo” degli obblighi di capitalizzazione “con l’istanza di nomina dell’esperto” (ovvero con dichiarazione successiva), la quale di per sé non è soggetta all’obbligo di iscrizione nel Registro delle Imprese, e quindi non lede l’esigenza di riservatezza connaturata all’avvio di trattative che postulano la sussistenza di uno stato di crisi. 
[6] 
A tale proposito si deve peraltro segnalare l’opinione di A. PEZZANO e M. RATTI, La conservazione degli effetti in caso di insuccesso della Composizione negoziata, in www.dirittodellacrisi.it, 16 novembre 2021, p. 10, secondo i quali in mancanza di una regolamentazione pattizia, negli accordi che concludessero le trattative de quibus, concernente la responsabilità degli Amministratori della società impegnata nella Composizione negoziata verso i creditori, tale responsabilità non potrebbe essere esclusa per il solo effetto dell’esercizio della facoltà di provocare la sospensione dell’applicabilità delle disposizione sulla integrità del capitale sociale. Non si produrrebbe, cioè, l’effetto “protettivo” connesso, in sede concordataria, all’applicabilità dell’art. 184-sexies, co. 2, l. fall. In dottrina, con particolare riguardo alle analoghe – rispetto all’art. 8 d. l. n. 118/2021 – disposizioni di cui all’art. 6 l. n. 40/2020, v. M. SPADARO e F. FRASCA, La sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione nel diritto emergenziale “anti-covid”, in www.dirittodellacrisi.it, 28 aprile 2021. 
[7] 
Sull’argomento della riservatezza della composizione negoziata v. I. PAGNI – M. FABIANI, op. cit., p. 10 e p. 30 (con riguardo alla caratteristica della riservatezza nelle misure di allerta v. M. HOUBEN, I doveri di riservatezza nelle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, in Nuove leggi civ., 2020, p. 740).
[10] 
A PEZZANO e M. RATTI, op. cit., p. 10. 
[11] 
A. PEZZANO e M. RATTI, op. loc. ultt. citt. 
[12] 
L. DE SIMONE, Le autorizzazioni giudiziali, in www diritto della crisi.it, 9 dicembre 2021, definisce il fenomeno come " limite alla prosecuzione della normale operatività ".
[13] 
In argomento si rinvia anche al contributo “Profili della Composizione negoziata della crisi d’impresa. Natura giuridica, presupposti e valutazioni comparative, in questa Rivista, n. 2.1. In argomento Trib. Brescia, 2 dicembre 2021, in www.dirittodellacrisi.it, (commentata da F. DE SANTIS, Istanza di conferma delle misure protettive e coeva pendenza delle procedure giudiziali pattizie: primi rompicapi interpretativi (osservazioni a margine di Trib. Brescia, 2 dicembre 2012), ivi, 17 dicembre 2021 -, afferma che perché si abbia la produzione delle “misure protettive” poi bisognevoli di conferma (o modifica) giudiziale “è necessario che l’istanza di applicazione delle misure, unitamente all’accettazione dell’esperto, sia pubblicata nel registro delle imprese. D’altro canto, ritenere che per l’apertura dell’ombrello protettivo previsto dal D. L. n. 118/2021 sia indispensabile la pubblicazione tanto dell’istanza applicativa quanto dell’accettazione dell’esperto appare in linea sia con il dato letterale degli artt. 6 e 7 dello stesso D. L. n. 118/2021 che con la ratio complessiva del sistema della composizione negoziata della crisi”. 
[14] 
In argomento v. S. BONFATTI, La nuova finanza bancaria, in Dir. crisi, Numero speciale, Le nuove misure di regolazione dell'impresa, Novembre 2021, p. 73 e 76. 
[15] 
S. BONFATTI, op. ult. cit., p. 77.
[16] 
Da notare che l’autorizzazione alla erogazione del finanziamento, comportante la collocabilità in prededuzione dei conseguenti crediti, può essere concessa anche prima della nomina dell’esperto richiesta dall’imprenditore: in questi termini Trib. Treviso, 22 dicembre 2021, in www.dirittodellacrisi.it, 23 dicembre 2021. 
[17] 
Infra, n. 3. 
[18] 
I. PAGNI – M. FABIANI, La transizione ecc., cit., p. 23: “la previsione dell’esenzione dai debiti pregressi altro non è che un incentivo ad ottenere migliori condizioni di vendita…”.
[19] 
Infra, n. 2.
[20] 
In argomento v. G. LENER, Appunti sull’autonomia privata e sulla rinegoziazione nel D.L. 118/2021, in Dir. crisi, Numero Speciale, Novembre 2021, cit., p. 173 ss. Secondo questo A. “per quanto la formulazione linguistica sia al plurale (e, quindi, la non coerenza possa riferirsi anche agli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione) l’obbligo di informare l’esperto parrebbe concernere qualunque atto di straordinaria amministrazione e, quanto ai pagamenti, sussistere solo qualora l’imprenditore li ritenga non coerenti (ipotesi, per il vero, di improbabile verificarsi, perché, se egli stesso dovesse dubitare della relativa coerenza, si asterrebbe dal compierli). L’obbligo di segnalazione in ipotesi di ravvisata incoerenza, poi, opera con riguardo ad entrambe le fattispecie, mentre discrezionale è l’iscrizione del dissenso nel registro delle imprese (sì che la segnalazione potrebbe permanere ad uno stadio di confidenzialità); segnalazione che è, viceversa, obbligatoria, qualora, ad avviso dell’esperto, l’atto possa arrecare pregiudizio ai creditori”.
Come chiarito dal Decreto dirigenziale ex art. 3, co. 2, d. l. 118, sono ragionevolmente coerenti con l’andamento delle trattative, tra gli altri, i pagamenti delle retribuzioni ai lavoratori subordinati; dei debiti fiscali e previdenziali; dei ratei di mutuo o di leasing; dei debiti commerciali funzionali al ciclo degli approvvigionamenti di beni o servizi; possono essere coerenti – va aggiunto, se il “sottostante” è funzionale alla continuità – anche i pagamenti di debiti rateizzati, ove l’inadempimento fosse sanzionato con la decadenza dal beneficio del termine. Peraltro, adempiendo all’obbligazione di informazione preventiva (la cui violazione riterrei esponga a responsabilità risarcitoria), l’imprenditore può conseguire un significativo beneficio, sempre che non vi sia l’espressione del dissenso da parte dell’esperto, vale a dire l’esenzione da revocatoria, ai sensi del co. 2 dell’art. 12. Ma, al riguardo, lo scrutinio del peculiare atteggiarsi dell’autonomia privata deve interrompersi qui, perché il ragionamento che andrebbe svolto allontanerebbe significativamente dal tema di queste considerazioni, vale a dire l’obbligo di rinegoziare, espressione dell’esercizio dell’autonomia privata “guidata”. 
[21] 
In argomento si rinvia anche al contributo “Profili della composizione negoziata della crisi d’impresa. Natura giuridica ecc., cit., n. 2.1.
[22] 
In questi termini M. SPIOTTA, (Imprenditori) inademplenti (ma ancora viable) est adimplendum?, in Dir. crisi, 12 novembre 2021, p. 7. 
[23] 
P.G. CECCHINI, I contratti asimmetrici nella composizione negoziata, in Dir. crisi, 25 novembre 2021, p. 11.
[24] 
M. SPIOTTA, op. loc. ultt. citt., afferma che “la rinegoziazione giudiziale forzosa può avvenire solo in caso di esito infausto di quella volontaria tentata nel contesto, più ampio, di una composizione negoziata della crisi (e non a prescindere dall’apertura di questo nuovo percorso introdotto dal d. l. n. 118)”. Nello stesso senso P.G. CECCHINI, op. cit. p. 9; nonché – pare di potere affermare – A. GUIOTTO, Il ruolo dell’esperto nelle trattative con i soggetti rilevanti, in Dir. crisi, Numero Speciale, Novembre 2021, cit., p. 55. In argomento v. anche I. PAGNI e M. FABIANI, La transizione ecc., cit. p. 26; L. PANZANI, Il D.L. “Pagni” ecc., cit. p. 32. Ma in senso contrario a ritenere il tentativo di negoziazione dell’esperto come “condizione di procedibilità dell’azione” davanti al Tribunale, G. LENER, Appunti ecc., cit., p. 175. 
[25] 
In argomento P.G. CECCHINI, op. cit., p. 13.
[26] 
In argomento G. LENER, op. cit., p. 176.
[27] 
Oltre che sulle conseguenze nei confronti del contraente in bonis e sui soggetti che intrattengono relazioni con lo stesso. 
[28] 
P.G. CECCHINI, op. cit., p. 14. 
[29] 
P.G. CECCHINI, op. cit., p. 15 ss.
[30] 
In questi termini I. PAGNI e M. FABIANI, op. cit., p. 22; L. PANZANI, op. cit., p. 31; L. DE SIMONE, Le autorizzazioni giudiziali, in Dir. crisi, 9 dicembre 2021, p. 8. 
[31] 
Supra, n. 3.2.
[32] 
L. DE SIMONE, op. cit., p. 9.
[33] 
L. PANZANI, op. cit., p. 31: “Anche se l’art. 10 del D.L. non lo dice espressamente, pare evidente che il tribunale sentirà l’esperto negoziatore, il quale comunque dovrà essere informato preventivamente dall’imprenditore trattandosi sia nel caso di cessione d’azienda che di finanziamenti (per questi nella maggior parte dei casi) di atti di straordinaria amministrazione” ; L. DE SIMONE, op. cit., p. 12: “Nel procedimento avanti al tribunale l’esperto non assume la veste di ausiliario del giudice, ma in quanto professionista indipendente, a conoscenza dell’esatta situazione dell’imprenditore, egli garantirà al magistrato, che potrà acquisire per suo tramite qualsiasi informativa ritenuta utile, anche in ragione degli obblighi cui è vincolato ex art. 4 D. L. n. 118 del 2021, un metro oggettivo sulle vicende ristrutturatorie in corso. Verrà assicurato, pertanto, all’autorità giudiziaria coinvolta nel percorso un punto di vista neutrale idoneo a far luce sull’effettiva funzionalità dell’autorizzazione richiesta. La circostanza stessa che il tribunale possa assumere informazioni dà supporto alla possibilità di una interlocuzione ad ampio spettro con l’esperto, al fine di ricavarne tutte le informazioni utili sull’ipotesi traslativa, sull’attualità del mercato, sulla natura e finalità del finanziamento richiesto e quant’altro possa interferire con le valutazioni da assumere”. 
[34] 
I. PAGNI – M. FABIANI, op. cit., p. 23. 
[35] 
In argomento S. BONFATTI, La liquidazione coatta amministrativa della banca, in F. Vassalli – F.P. Luiso – E. Gabrielli (a cura di), Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, Vol. V, Giappichelli, Torino, 2014, p. 910 ss. In tale occasione si è sottolineato: “Il problema di maggior rilievo proposto dalla precisazione, da parte dell’art. 90, comma 2, t.u.b., dell’adozione di modalità di liquidazione dell’attivo costituite dal compimento di operazioni di “cessione aggregata”, è certamente rappresentato dalla compatibilità dei loro effetti con il rispetto del principio generale della par condicio creditorum. A taluni Autori va riconosciuto il merito di ammettere schiettamente – salvo esprimere una valutazione critica – che la previsione dell’art. 90, comma 2, t.u.b., comporta l’ammissibilità di ipotesi di violazione del principio di trattamento paritario di tutti i creditori: mentre altri assumono posizioni sfumate, generiche, contraddittorie. Ora bisogna riconoscere che la legge consente positivamente l’adozione di modalità di liquidazione dell’attivo bancario dalle quali possano scaturire operazioni di “cessione aggregata” parziali, compiute con un unico cessionario o con più cessionari. Anche tra categorie di creditori titolari di pretese ugualmente “inerenti”, una diversità di trattamento potrà derivare dalla differente composizione degli “aggregati” oggetto delle operazioni di cessione parziale: giacché vi saranno – ad esempio – “rami” d’azienda, presentanti un attivo pari o superiore al passivo, di tal ché l’accollo delle passività al cessionario potrà avvenire in misura integrale per tutte le passività (“inerenti”) traferite; mentre vi potranno essere altri “rami”, per i quali il passivo sopravanza largamente l’attivo, onde il cessionario non potrà accollarsi integralmente le passività “inerenti”, ed una percentuale dei crediti relativi dovrà vedere affidato il suo soddisfacimento all’eventualità di ripartizioni disposte dalla procedura di liquidazione coatta amministrativa. Secondo la giurisprudenza, “la regola della par condicio creditorum (sicuramente applicabile, in linea di principio, anche ai dissesti bancari e creditizi) non ha carattere assoluto e non può pertanto ergersi sempre e comunque a criterio interpretativo dirimente… quand’anche si volesse nella specie (della clausola limitativa della responsabilità del cessionario) ravvisare una menomazione della par condicio (che costituisce principio di natura meramente codicistica), si tratterebbe pur sempre di una menomazione tollerata dal legislatore in nome dei più rilevanti obiettivi (di emergenza fondamentale: cfr. l’art. 47 Cost.) insiti nella conservazione e nella funzionalità del sistema creditizio, nonché nella continuità dei servizi bancari resi alla collettività. Il ché dà ragione del necessario coinvolgimento autorizzativo e di vigilanza demandato… alla Banca d’Italia”. La conclusione della sentenza in discussione va certamente valutata con prudenza: ma sembra confermare l’idea che la constatazione di un trattamento disuguale dei creditori della banca in l.c.a. non sia sufficiente a fare ritenere inammissibili delle operazioni di “cessione aggregata”, per come previste dall’art. 90, comma 2, t.u.b.”.
[36] 
In argomento v. L. PANZANI, Il D.L. “Pagni” ecc., cit., p. 49 ss.; A. DENTAMANO, La nuova finanza nella composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa ex D.L. 118/2021, in Dir. crisi, 12 ottobre 2021, p. 6 ss.; M. ARATO, Il gruppo di imprese nella composizione negoziata della crisi, in Dir. crisi, 23 novembre 2021, p. 8. 
Secondo N. ABRIANI e G. SCOGNAMIGLIO, Crisi dei gruppi e composizione negoziata, in www.dirittodellacrisi.it, 23 dicembre 2021, p. 16 “si deve dunque innanzi tutto constatare che, nel corso della composizione negoziata, ogni nuovo contratto di finanziamento infragruppo, al pari del rimborso di finanziamenti preesistenti (come ha cura di precisare, per i finanziamenti soci, il decreto dirigenziale del 28 settembre 2021, ricomprendendoli tra gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione), presuppone l’adempimento degli obblighi informativi da parte della società che intenda acquisire il finanziamento o procedere al rimborso, così da permettere il doveroso preventivo scrutinio da parte dell’esperto e le eventuali segnalazioni ed iscrizioni del dissenso ad opera di quest’ultimo
La conclusione è corretta: alla condizione però di precisare che gli adempimenti menzionati sono funzionali a conseguire l’esenzione dalla postergazione dei crediti derivanti dai finanziamenti – non già la loro validità, che non è in discussione -. 
[37] 
In argomento si rinvia anche al contributo “Profili della Composizione negoziata della crisi d’impresa. Natura giuridica, ecc., cit., n. 2.1. 
[38] 
Osservano in argomento N. ABRIANI e G. SCOGNAMIGLIO, Crisi dei gruppi e composizione negoziata, cit., p. 18, che nella diversa formulazione dell'articolo 13, comma 9, d. l. n. 118/2021, rispetto a quanto previsto dall'articolo 10, comma 1, "si potrebbe annidare il rischio di un'interpretazione a contrario che, anche in assenza dell'iscrizione del dissenso da parte dell'esperto, induca ad applicare comunque la regola della postergazione legale ex art. 2497-quinquies c.c. al credito derivante dal finanziamento ascendente erogato alla capogruppo dalle controllate e al credito di rivalsa che maturerebbe in capo a queste ultime in ipotesi di escussione di garanzie accordate a favore della prima ". Gli Autori aggiungono che "il rischio di un simile approdo interpretativo è tanto maggiore in considerazione dei sempre più diffusi dubbi sull'esattezza della tesi maggioritaria secondo la quale i finanziamenti ascendenti non sarebbero ricompresi nell'ambito di applicazione dell'articolo 2497-quinquies ".
[39] 
In argomento v. S. BONFATTI, La disciplina delle situazioni di “crisi” degli intermediari finanziari, Giuffrè, Milano, 2021, p. 83 ss. 
[40] 
Secondo N. ABRIANI e G. SCOGNAMIGLIO, Crisi dei gruppi e composizione negoziata, in www.dirittodellacrisi.it, 23 dicembre 2021, “L’attenzionespecifica nei riguardi della fattispecie del gruppo di imprese, nel contesto delle varie ipotesi di regolazione della crisi, non costituisce una novità nel nostro ordinamento. Il precedente più recente è dato dalla legge delega per la riforma organica della disciplina della crisi d’impresa, n. 155/2017 che all’art. 3 dettava i criteri per la disciplina del concordato preventivo e della liquidazione giudiziale coinvolgenti più imprese di uno stesso gruppo; ad essa ha fatto seguito il decreto legislativo delegato n. 14/2019, recante il codice della crisi e dell’insolvenza dell’impresa (nel prosieguo c.c.i.i.), che in attuazione dei suddetti criteri disciplina analiticamente (agli artt. 284 e seguenti) l’applicazione ai gruppi delle due ricordate procedure concorsuali e che tuttavia, pur se pubblicato in Gazzetta ufficiale all’inizio del 2019, non è ancora entrato effettivamente in vigore. Sipuò quindi affermare che la disciplina dettata nell’art. 13 del d .l. n. 118/2021
costituisce la prima disciplina della crisi del gruppo ad avere effettiva vigenza nel nostro Paese, se si eccettua la normativa sull’amministrazione straordinaria, nelle due varianti disciplinate rispettivamente dal d.lgs. n. 270/1999 e dal d. l. n. 347/2003, conv. in l. n. 39/2004, che è però tarata su un segmento particolare, quello delle imprese in stato di insolvenza qualificabili come “grandi” sulla base di determinati indici dimensionali.”-
[41] 
N. ABRIANI e G. SCOGNAMIGLIO, op. cit. p. 9. In argomento v. anche L. PANZANI, Il D. L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del Covid, in www.dirittodellacrisi.it, 25 agosto 2021, p. 44 ss.; M. ARATO, Il gruppo di imprese nella composizione negoziata della crisi, in www.dirittodellacrisi.it, 23 novembre 2021, p. 1 ss. 
[42] 
In argomento M. ARATO, op. cit., pp. 2-3.
[43] 
In argomento N. ABRIANI e G. SCOGNAMIGLIO, op. cit., p. 10. 
[44] 
Secondo N. ABRIANI e G. SCOGNAMIGLIO, op. loc. ultt. citt., la scelta in questione è “discutibile”, in quanto “andrebbe al riguardo quanto meno ammesso che imprese del gruppo aventi la propria sede legale all’estero possano associarsi alle consorelle aventi la sede legale nel territorio italiano nell’istanza per la nomina di un unico esperto, sì da favorire l’avvio di un negoziato unitario di gruppo con le controparti rilevanti”.
[45] 
In argomento, in particolare, M. ARATO, op. loc. ultt. citt. 
[46] 
M. ARATO, op. loc. ultt. citt.
[47] 
In argomento si rinvia anche al contributo “Profili della Composizione negoziata della crisi d’impresa. Natura giuridica ecc., cit., n. 2.3. 
[48] 
In argomento M. ARATO, op. cit., p. 9.
[49] 
In argomento si rinvia anche al contributo Profili della Composizione negoziata ecc., cit., n. 2.3; N. ABRIANI e G. SCOGNAMIGLIO, op. cit., p. 12; M. ARATO, op. cit., p. 3. 
[50] 
Profili della Composizione negoziata ecc., cit., n. 2.3. 
[51] 
Profili della Composizione negoziata ecc., cit., n. 2.3. 
[52] 
Parlano di “istanza unitaria” M. ABRIANI e G. SCOGNAMIGLIO, op. cit., p. 11. 
[53] 
Secondo M. ABRIANI e G. SCOGNAMIGLIO, op. cit., p. 4, “il potere della Camera di commercio di opporre un diniego alla nomina dell’unico esperto sembra circoscritto alle ipotesi di carenza dei presupposti indicati rispettivamente nel comma 2 dell’art. 2 [e] nel comma 1 dell’art. 13: in presenza di detti presupposti, sembra che la Camera di commercio non possa svolgere valutazioni discrezionali riguardo all’opportunità e alla convenienza della scelta del percorso unitario ovvero riguardo al perimetro delle imprese coinvolte, né nel senso di escluderne una o talune, né nel senso di coinvolgere ex officio nella composizione negoziata di gruppo imprese che non avevano sottoscritto l’istanza congiunta. Quindi, a seguito della richiesta congiunta pervenuta alla Camera di commercio competente (sulla base dei criteri indicati nel comma 3 dell’art. 13, su cui si veda più avanti il par. 5), l’esperto facilitatore, unico per l’insieme delle imprese richiedenti, verrà nominato e comincerà a svolgere il suo compito – così come descritto nel comma 2 dell’art. 2 - in maniera unitaria per tutte le imprese del gruppo partecipanti all’iniziativa”. 
[54] 
M. ABRIANI e G. SCOGNAMIGLIO, op. cit., p. 5: “la scelta legislativa di attribuire ad un professionista, designato – sia pure da una pubblica autorità – su istanza di soggetti privati con il compito di facilitare un certo percorso negoziale diretto alla composizione della crisi il potere di modificare la composizione soggettiva di una delle parti del negoziato, in tal modo forzando o comunque alterando quella che era stata la scelta delle imprese interessate, effettuata nell’esercizio della loro autonomia d’impresa nonché, possibilmente, su indirizzo ed impulso della loro impresa capogruppo, presta il fianco a non pochi dubbi e rilievi: rilievi che possono investire altresì, a ben vedere, il potere di segno opposto, ma di contenuto strutturalmente non dissimile, attribuito agli esperti plurimi, nominati disgiuntamente, di optare per la gestione unitaria della composizione negoziata ex art. 13, comma 8. Si può anzitutto osservare, sia pure con la cautela imposta dalla circostanza che si tratta della primissima interpretazione di un testo normativo molto recente, che i poteri in tal modo assegnati all’esperto facilitatore sembrano avere un’estensione molto ampia (e contenuti non sempre chiaramente delineati), senza che ad essi sia, in termini espliciti, correlata alcuna responsabilità. In vero:
(i) per l’esercizio di detti poteri non sono previsti espressamente limiti di tempo;
(ii) l’esistenza di un obbligo di motivazione sembra potersi affermare, alla stregua del tenore testuale delle norme, soltanto nei casi disciplinati dal comma 6 (qui l’esperto dovrà allegare circostanze idonee a comprovare la gravosità eccessiva, dunque non proporzionata e disfunzionale rispetto all’obiettivo perseguito, della conduzione unitaria del negoziato per giustificare la propria decisione di passare, almeno per alcune imprese, ad una gestione atomistica del negoziato medesimo) e dal comma 8…;
(iii) sembra che il potere previsto dal comma 6 dell’art. 13 (così come quello previsto
dal comma 8) non generi alcuna possibilità di contestazione da parte delle imprese investite dalle scelte discrezionali dell’esperto: il ché appare singolare, tanto più se si considera che dette imprese potrebbero essere (art. 13, comma 1) sottoposte al potere di direzione e coordinamento di un’altra impresa o ente e che non sembra esservi ragione di ritenere che il potere di direzione e coordinamento del soggetto posto al vertice del gruppo ceda e venga meno a fronte del potere dell’esperto, quasi che il suo compito di facilitatore nella gestione della composizione negoziata della crisi giustificasse altresì il suo subentro nel ruolo che fisiologicamente spetta all’impresa o all’ente capogruppo.
[55] 
Secondo N. ABRIANI – G. SCOGNAMIGLIO, op. cit., p. 7, “non viene chiarito se, nel caso disciplinato dal comma 6 dell’art. 13 (decisione dell’esperto di convertire, totalmente o parzialmente, la gestione unitaria in gestione atomistica delle trattative), l’esperto debba rimandare le imprese alla Camera di commercio, affinché presentino istanza per la nomina di ulteriori esperti, oppure possa mantenere comunque il ruolo in capo a sé stesso, anche con riferimento alle imprese che, sulla base della sua decisione, vengono poste al di fuori della composizione negoziata unitaria. Nel silenzio della norma positiva, il dubbio ha una sua ragion d’essere, anche perché la prima soluzione (rinvio delle imprese alla Camera di commercio per la designazione di ulteriori esperti) comporterebbe probabilmente l’inconveniente di un aggravio di tempo aggiuntivo a carico delle imprese interessate; tuttavia, dalla disciplina complessiva della composizione negoziata della crisi dei gruppi (ed in particolare dal comma 8 dell’art. 13) sembra potersi inferire che la previsione di un esperto facilitatore unico per più imprese dello stesso gruppo viene considerata coerente con, e perciò si giustifica in ragione dell’opzione per, la conduzione unitaria delle trattative; il ché lascia pensare che si debba procedere in senso opposto (i.e., alla nomina di più esperti) nel caso in cui si intenda realizzare il percorso opposto.
[56] 
In questi termini v. anche N. ABRIANI e G. SCOGNAMIGLIO, op. cit., p. 6. 
[57] 
Sul punto si ritiene necessario prendere posizione in modo molto netto. Secondo M. ARATO, op. cit., p. 6, “la circostanza che si tratti di imprese soggettivamente in bonis non impedisce la loro adesione a uno strumento di ristrutturazione (la composizione negoziata) che non è riservato alle sole imprese in crisi o insolventi ma anche (e probabilmente prioritariamente) alle imprese che si trovino in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico finanziario che rendano probabile la crisi o l’insolvenza. Ed infatti, l’art. 13 fa riferimento al gruppo in crisi/insolvente attualmente o prospetticamente, gruppo che può essere composto anche da imprese in bonis che ben possono partecipare all’avaria [così] comune per il perseguimento di un interesse di gruppo”. Trattasi di considerazioni di per sé senz’altro condivisibili, ma che – a parere di chi scrive – vanno accompagnate dalla precisazione che nessun effetto proprio della “procedura” di composizione negoziata si produce quanto agli atti posti in essere dalla impresa del gruppo, per il fatto di avere acconsentito alla “partecipazione” alle trattative della “composizione di gruppo”, sino a quando essa stessa non acceda formalmente – in via individuale oppure nel contesto della procedura collettiva – alla Composizione negoziata stessa. 
[58] 
In argomento si rinvia anche al contributo “Profili della Composizione negoziata della crisi d’impresa. Esito della procedura: “contratto biennale” e la Convenzione di moratoria”, in questa Rivista.
[59] 
In argomento si rinvia anche al contributo “Profili della Composizione ecc. Esito della procedura ecc., cit., n. 1.1. 
[60] 
Su cui Profili ecc. Esito della procedura ecc., cit., n. 1.2. 
[61] 
In argomento v. N. ABRIANI e G. SCOGNAMIGLIO, op. cit. p. 19. 
[62] 
In argomento v. L. PANZANI, op. cit., p. 49. 
[63] 
V. in argomento N. ABRIANI e G. SCOGNAMIGLIO, op. cit., p. 21: “tanto nello scenario liquidatorio, quanto nella diversa (e auspicabile) prospettiva della continuità aziendale andrà comunque gestita con grande attenzione la fase intermedia che consegue alla chiusura della composizione negoziata. Va infatti considerato il venir meno delle eventuali misure protettive di cui le società del gruppo avevano beneficiato in pendenza della composizione negoziata e la riespansione degli obblighi di ricapitalizzazione, automaticamente sospesi a seguito della dichiarazione di cui all’art. 8 del decreto, con i connessi obblighi di gestione conservativa e la responsabilità aggravata di cui all’art. 2486 c.c. Di qui l’importanza della tempistica con la quale saranno presentate – oggi, per ciascuna società del gruppo interessata, un domani con l’istanza unitaria di cui agli artt. 284 ss. c.c. – le eventuali domande di concessione dei termini per il deposito della domanda di ammissione al concordato preventivo o di omologazione dell’accordo di ristrutturazione, entrambe idonee a ripristinare l’ombrello protettivo necessario per perfezionare il percorso di risanamento. E parimenti tempestiva dovrà essere l’eventuale predisposizione della proposta di concordato liquidatorio semplificato, che il decreto consente di presentare nel breve termine di sessanta giorni dalla comunicazione della relazione finale dell’esperto”.

informativa sul trattamento dei dati personali

Articoli 12 e ss. del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR)

Premessa - In questa pagina vengono descritte le modalità di gestione del sito con riferimento al trattamento dei dati personali degli utenti che lo consultano.

Finalità del trattamento cui sono destinati i dati personali - Per tutti gli utenti del sito web i dati personali potranno essere utilizzati per:

  • - permettere la navigazione attraverso le pagine web pubbliche del sito web;
  • - controllare il corretto funzionamento del sito web.

COOKIES

Che cosa sono i cookies - I cookie sono piccoli file di testo che possono essere utilizzati dai siti web per rendere più efficiente l'esperienza per l'utente.

Tipologie di cookies - Si informa che navigando nel sito saranno scaricati cookie definiti tecnici, ossia:

- cookie di autenticazione utilizzati nella misura strettamente necessaria al fornitore a erogare un servizio esplicitamente richiesto dall'utente;

- cookie di terze parti, funzionali a:

PROTEZIONE SPAM

Google reCAPTCHA (Google Inc.)

Google reCAPTCHA è un servizio di protezione dallo SPAM fornito da Google Inc. Questo tipo di servizio analizza il traffico di questa Applicazione, potenzialmente contenente Dati Personali degli Utenti, al fine di filtrarlo da parti di traffico, messaggi e contenuti riconosciuti come SPAM.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

VISUALIZZAZIONE DI CONTENUTI DA PIATTAFORME ESTERNE

Questo tipo di servizi permette di visualizzare contenuti ospitati su piattaforme esterne direttamente dalle pagine di questa Applicazione e di interagire con essi.

Nel caso in cui sia installato un servizio di questo tipo, è possibile che, anche nel caso gli Utenti non utilizzino il servizio, lo stesso raccolga dati di traffico relativi alle pagine in cui è installato.

Widget Google Maps (Google Inc.)

Google Maps è un servizio di visualizzazione di mappe gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo.

Privacy Policy

Google Fonts (Google Inc.)

Google Fonts è un servizio di visualizzazione di stili di carattere gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Dati di Utilizzo e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

Come disabilitare i cookies - Gli utenti hanno la possibilità di rimuovere i cookie in qualsiasi momento attraverso le impostazioni del browser.
I cookies memorizzati sul disco fisso del tuo dispositivo possono comunque essere cancellati ed è inoltre possibile disabilitare i cookies seguendo le indicazioni fornite dai principali browser, ai link seguenti:

Base giuridica del trattamento - Il presente sito internet tratta i dati in base al consenso. Con l'uso o la consultazione del presente sito internet l’interessato acconsente implicitamente alla possibilità di memorizzare solo i cookie strettamente necessari (di seguito “cookie tecnici”) per il funzionamento di questo sito.

Dati personali raccolti e natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati e conseguenze di un eventuale rifiuto - Come tutti i siti web anche il presente sito fa uso di log file, nei quali vengono conservate informazioni raccolte in maniera automatizzata durante le visite degli utenti. Le informazioni raccolte potrebbero essere le seguenti:

  • - indirizzo internet protocollo (IP);
  • - tipo di browser e parametri del dispositivo usato per connettersi al sito;
  • - nome dell'internet service provider (ISP);
  • - data e orario di visita;
  • - pagina web di provenienza del visitatore (referral) e di uscita;

Le suddette informazioni sono trattate in forma automatizzata e raccolte al fine di verificare il corretto funzionamento del sito e per motivi di sicurezza.

Ai fini di sicurezza (filtri antispam, firewall, rilevazione virus), i dati registrati automaticamente possono eventualmente comprendere anche dati personali come l'indirizzo IP, che potrebbe essere utilizzato, conformemente alle leggi vigenti in materia, al fine di bloccare tentativi di danneggiamento al sito medesimo o di recare danno ad altri utenti, o comunque attività dannose o costituenti reato. Tali dati non sono mai utilizzati per l'identificazione o la profilazione dell'utente, ma solo a fini di tutela del sito e dei suoi utenti.

I sistemi informatici e le procedure software preposte al funzionamento di questo sito web acquisiscono, nel corso del loro normale esercizio, alcuni dati personali la cui trasmissione è implicita nell'uso dei protocolli di comunicazione di Internet. In questa categoria di dati rientrano gli indirizzi IP, gli indirizzi in notazione URI (Uniform Resource Identifier) delle risorse richieste, l'orario della richiesta, il metodo utilizzato nel sottoporre la richiesta al server, la dimensione del file ottenuto in risposta, il codice numerico indicante lo stato della risposta data dal server (buon fine, errore, ecc.) ed altri parametri relativi al sistema operativo dell'utente.

Tempi di conservazione dei Suoi dati - I dati personali raccolti durante la navigazione saranno conservati per il tempo necessario a svolgere le attività precisate e non oltre 24 mesi.

Modalità del trattamento - Ai sensi e per gli effetti degli artt. 12 e ss. del GDPR, i dati personali degli interessati saranno registrati, trattati e conservati presso gli archivi elettronici delle Società, adottando misure tecniche e organizzative volte alla tutela dei dati stessi. Il trattamento dei dati personali degli interessati può consistere in qualunque operazione o complesso di operazioni tra quelle indicate all' art. 4, comma 1, punto 2 del GDPR.

Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

  • - a soggetti che possono accedere ai dati in forza di disposizione di legge, di regolamento o di normativa comunitaria, nei limiti previsti da tali norme;
  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

Il TITOLARE

del trattamento dei dati personali

Società per lo studio del diritto della crisi

REV 02