La decisione modenese fa espresso riferimento alla sentenza del Tribunale di Reggio Emilia 27 agosto 2011[6] che, coperta da giudicato, ha fatto stato fra le parti, inducendo il Tribunale di Modena a trarre precise conclusioni a riguardo.
È opportuno un breve riassunto dei fatti accaduti al fine di comprendere la ratio di entrambe le decisioni.
Dopo l’istituzione del trust, la liquidazione di Beta avviene per il tramite di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis L. fall., omologato dal Tribunale di Modena. Nel mentre, il creditore di Beta, Alfa S.p.a, ottiene un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo nei confronti della Società e del socio accomandatario Tizio, iscrivendo ipoteca giudiziale sull’immobile in trust ed iniziando l’esecuzione forzata a Reggio Emilia; nel procedimento interviene una banca creditrice di Beta.
In questo momento storico, il trust è ancora nella fase statica, mantenendo la forma dell’autodichiarato, con Tizio nella doppia veste di disponente e trustee.
Tizio, in qualità di trustee, si oppone nel merito al decreto ingiuntivo e propone altresì opposizione ex art. 615 c.p.c., assumendo che il cespite colpito dal pignoramento sia stato assoggettato al vincolo del trust (segregato quindi in un patrimonio separato, rispetto a quello suo personale) con atto trascritto presso la Conservatoria dei Pubblici Registri Immobiliari avente data certa anteriore al pignoramento. Chiede pertanto la sospensione dell’esecuzione.
Per contro Alfa S.p.a. insiste per il rigetto dell’istanza di sospensione, assumendo l’invalidità del trust perché privo dell’ufficio di guardiano (a suo dire il trust sarebbe di scopo e non con beneficiari, sicché l’assenza di un guardiano sarebbe in contrasto con la legge regolatrice) e, soprattutto, perché finalizzato a realizzare interessi non meritevoli per l’ordinamento giuridico, contrari a norme imperative e rappresentati dall’intento abusivo e fraudolento di sottrarre i beni ai creditori.
Il giudice dell’esecuzione rigetta l’istanza di sospensione, con ordinanza ex art. 624, comma 1 c.p.c.[7], con alcune motivazioni che sebbene espresse in fase di sommaria cognizione, già anticipano alcuni aspetti sostanziali dell’intera vicenda, con effetti che si riverbereranno nella successiva sentenza qui commentata.
Precisa infatti il giudice che il trust debba ritenersi con beneficiari, non di scopo, e che sussista un vincolo sui beni opponibile al creditore, in quanto trascritto anteriormente al pignoramento.
Nell’ordinanza si legge: “l’istituzione del trust appare finalizzata ad un interesse meritevole di tutela: quello di proteggere il patrimonio per evitare che creditori free-riders, rimasti estranei all’accordo di ristrutturazione, che vantano crediti contestati (è incontroversa la pendenza di opposizione avverso il decreto ingiuntivo…) possano costituire diritti di prelazione (ipoteche) o agire in executivis sui cespiti, facendo naufragare il negozio concluso con la maggioranza…. Il programma negoziale del trust … appare mirato ad introdurre un temporaneo blocco delle azioni esecutive e cautelari individuali, effetto garantito dalla legislazione nazionale per il solo concordato preventivo, e, lungi dal voler essere strumento per frodare i creditori o per eludere la par condicio (tanto che sembra arduo ipotizzare l’esito favorevole di un’azione revocatoria), individua proprio questi ultimi quali beneficiari; peraltro, il conferimento in trust fornisce una suppletiva garanzia di non dispersione dei beni ed attribuisce ai creditori beneficiari un controllo sull’operato del trustee che difetta, invece, nell’accordo di ristrutturazione (laddove i creditori sono esposti anche ad operazioni di sottrazione/occultamento della garanzia patrimoniale che possono trovare rimedio, a volte, solo con l’esperimento di una lunga e costosa azione revocatoria)…. Non può escludersi, perciò, l’astratta meritevolezza degli interessi sottesi al trust in questione, che mira ad assicurare effetti che l’ordinamento già riconnette ad istituti similari e che già sono allo studio del legislatore anche per gli accordi di ristrutturazione”.
Segue la causa di merito ex art 616, comma 1 c.p.c., nella quale l’opposta Alfa S.p.a. chiede che sia dichiarata la nullità, simulazione assoluta o non riconoscibilità del trust perché esclusivamente finalizzato a frodare i creditori.
Per contro, il trustee opponente chiede l’accertamento dell’insussistenza del diritto dell’opposta di procedere all’esecuzione forzata e quindi la dichiarazione di invalidità del pignoramento e conseguente cancellazione dell’ipoteca giudiziale nel Pubblico Registro Immobiliare.
A latere il trustee promuove una causa autonoma per ottenere la cancellazione dell’iscrizione ipotecaria e Alfa S.p.a. si costituisce, proponendo un via riconvenzionale le stesse domande di nullità o simulazione proposte nell’altro procedimento; stante la parziale coincidenza di petitum e causa petendi, le cause vengono riunite.
Nel procedimento così riunitosi intervengono il notaio rogante l’atto istitutivo, che aderisce alle tesi difensive del trustee, e il creditore Gamma S.r.l. che, ponendosi in posizione del tutto contrapposta a quella di Alfa S.p.a, insiste per la cancellazione dell’ipoteca giudiziale iscritta sull’immobile in trust; questo intervento è contestato da Alfa S.p.a.
Altresì interviene ex art. 111, comma 3 c.p.c. la Delta S.r.l. in qualità di nuovo trustee, medio tempore subentrata nell’ufficio.
La causa giunge a termine con la sentenza del 27 agosto 2011, poi passata in giudicato, che si dimostra di estrema importanza, non solo per gli effetti che produce nelle vicende successive ma anche per la sua generale rilevanza in relazione ai principi che riguardano il trust interno.
Non potendo in questa sede ripercorrere le motivazioni in diritto che hanno determinato il giudice reggiano a riconoscere piena validità al trust, respingendo le domande di nullità, invalidità e simulazione avanzate dai creditori (questioni che, come poi vedremo, vengono richiamate dal Tribunale di Modena) risulta comunque di interesse, per il contesto dei trust che accedano a situazioni di crisi di impresa, riassumere il contenuto di alcuni passaggi della motivazione.
Un primo aspetto di particolare rilievo attiene alle argomentazioni che hanno ad oggetto la forma del trust autodichiarato, della quale il giudice non solo ne conferma la validità, ma precisa che nel caso di specie, la segregazione patrimoniale attuata dal disponente, nominandosi trustee su beni propri, gli ha fatto perdere le prerogative del proprietario, assumendo per contro poteri fiduciari, non verso sé stesso, ma in quanto soggetto passivo di un’obbligazione fiduciaria verso di creditori.
Si tratta di uno dei tanti aspetti che se fossero stati colti dalla curatela attrice, l’avrebbero indotta a sostenere argomentazioni difensive diverse.
Con riferimento alle domande di Alfa, volte all’accertamento di fini ripugnanti e immeritevoli di tutela del trust, con conseguente sua non riconoscibilità in quanto contrastanti con le norme inderogabili della lex fori sulla protezione dei creditori in caso di insolvenza (art. 15, comma 1, lett. e della Convenzione) il giudice si addentra in un articolato e minuzioso ragionamento.
Per quanto qui di interesse, il Tribunale evidenzia la necessità di valutare nel concreto la causa perseguita dal trust istituito da Tizio, esaminando il programma negoziale[8] esplicitato nell’atto istitutivo.
Nello specifico il giudice osserva come il disponente avesse dichiarato di voler: “favorire la liquidazione armonica della società, prevenendo azioni giudiziarie e procedure concorsuali” e come, per raggiungere tale finalità, avesse: “segregato i propri beni personali nominandosi trustee nell’interesse dei creditori della [•] ; nel caso in cui la società non fosse in grado, col proprio patrimonio, di soddisfare interamente le ragioni creditorie al momento della ‘data di liquidazione’ (31/12/2008), al trustee era attribuito il compito di alienare i beni in trust per pagare il debito residuo e sino a tale data al trustee era precluso qualsivoglia atto di trasferimento dei beni in trust se non previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria (e ciò al fine ‘di rassicurare i beneficiari potenziali che vi sono beni destinati alla soddisfazione dei loro crediti nei confronti della società’)”.
In altri termini il Tribunale valorizza l’intento segregativo perseguito dal disponente, finalizzato a proteggere le trattative in corso negli accordi di ristrutturazione, per il tramite di “una specie di auto-pignoramento” liberamente posto in essere dal debitore “pur non essendo tenuto verso i creditori sociali se non dopo l’escussione del patrimonio della società, artt. 2304 e 2318 c.c.,”, tale da rendere i suoi beni personali inalienabili e definitivamente destinati al soddisfacimento dei creditori.
Le fasi operative nelle quali il trust è suddiviso, la prima statica che esprime una causa di garanzia, la seconda dinamica che persegue una causa solutoria, risultano concretamente possibili, a parere del giudice, grazie all’ “autopignoramento” dei propri beni effettuato dal disponente, con una soluzione del tutto protesa verso i creditori e per nulla in danno degli stessi.
A parere del giudice, anche l’omologa degli accordi di ristrutturazione ex art. 182 bis L. fall. proposti da Beta, allorquando il trust era già esistente, costituisce un ulteriore indizio di conferma, anche da parte del tribunale omologante, che il trust non sia né fraudolento, né immeritevole di tutela[9].
Sono poi rigettate le contestazioni di Alfa nei confronti dell’intervento ad audiuvandum della Gamma S.r.l., ritenendo il Tribunale che la medesima avesse piena legittimazione, in quanto beneficiaria del trust, a sostenere le domande del trustee.
Pregevole il passaggio in diritto che riguarda questo aspetto, avendo motivato la legittimazione sulla base dell’evidente interesse di Gamma, quale creditore- beneficiario, alla vendita dei beni in trust sul libero mercato, al di fuori dell’asta pubblica e senza l’aggravio di ipoteche.
Da ultimo il Tribunale, nel passaggio della motivazione in cui rigetta la tesi del trust di scopo, qualificandolo correttamente per il diritto dei trust come trust con beneficiari, si sofferma lungamente sulla natura e qualificazione delle posizioni beneficiarie risultanti dal trust, affermando che: “l’atto istitutivo individua dei soggetti agevolmente identificabili come appartenenti alla categoria, per altro chiusa, dei creditori della...”.
Per effetto di questa sentenza, il trust rimane in piedi, l’ipoteca giudiziale viene cancellata, si succedono alcune persone nell’ufficio di trustee e, nel tempo a seguire, Beta, dopo aver infruttuosamente tentato la via dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis L. fall., fallisce nel 2014 avanti il Tribunale di Modena, con estensione del fallimento all’accomandatario Tizio, disponente del trust.