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Le nuove procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento

Gianfranco Benvenuto e Rosanna Capasso, Avvocato nel foro di Milano e Avvocato Praticante nel foro di Milano

2 Agosto 2022

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza di cui al d.lgs. 12 gennaio 2019, n.14 (aggiornato con le modifiche apportate dal D.lgs. 17 giugno 2022 n. 83) è entrato in vigore lo scorso 15 luglio ed ha sostituito i “Procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio” che dal 2012, con l’entrata in vigore della l. 27 gennaio 2012 n. 3, abbiamo imparato a conoscere.
Il presente elaborato si propone di cogliere le novità e le differenze con la L. 3/12 con uno sguardo veloce ed un approccio pratico*.
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1 . Ambito applicativo
Nella parte quarta del CCII rubricata “Disposizioni finali e transitorie” è espressamente previsto che le disposizioni che vedremo infra non troveranno applicazioni per le domande di accesso alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento depositate prima dell’entrata in vigore del Codice che saranno definite ancora attraverso gli strumenti messi a disposizione dalla L. 3/12. 
Ai nuovi strumenti possono accedervi il consumatore, il professionista, l’imprenditore minore, l’imprenditore agricolo, le start up innovative, e ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza, che versano in stato di sovraindebitamento inteso quale stato di crisi o di insolvenza (art. 2 co.1 lett. c)) 
A tal proposito, l’art. 2 co.1 lett. a) e b) definisce: 
a) La Crisi, lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi;
b) L’Insolvenza, lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.
Le procedure di composizione della Crisi da Sovraindebitamento trovano disciplina dagli artt. 65 all’art. 83 mentre la procedura di Liquidazione Controllata e l’Esdebitazione sono disciplinati dagli artt. 268 a 283.
Dopo l’art. 65 che si occupa dell’Ambito di applicazione delle procedure di Sovraindebitamento, all’art. 66 ritroviamo immutate le procedure familiari che, come già disciplinate dall’art. 7bis L. 3/12, consentono ai membri della stessa famiglia di presentare un unico progetto di risoluzione della crisi da sovraindebitamento (che, anche questa volta, sembra non comprendere la liquidazione del patrimonio “controllata”), quando conviventi o allorchè il sovraindebitamento abbia un’origine comune. Si considerano membri della stessa famiglia oltre al coniuge, i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, nonché le parti dell’unione civile e i conviventi di fatto.
2.a) . Presupposti di ammissibilità e contenuto del piano di Ristrutturazione
I requisiti di ammissibilità per l’accesso alla procedura di ristrutturazione che ha sostituito il Piano del consumatore disciplinato dagli artt. 12bis a 14bis l. 3/12, sono rimasti invariati e consistono nella condizione di consumatore, nell’assenza di altra esdebitazione nei 5 anni precedenti, o di altre due volte in assoluto e nell’assenza di colpa grave, dolo o frode nella determinazione del sovraindebitamento.
Altresì invariata è la possibilità (solo per questa procedura) di falcidiare i debiti derivanti da finanziamento con cessione del quinto dello stipendio nonché di conservare inalterato il rapporto di mutuo garantito da ipoteca iscritta sull’abitazione principale alla condizione di essere in regola con i pagamenti o essere rimesso in termini dal giudice.
I creditori privilegiati possono essere falcidiati in misura pari a quanto ricavabile dalla vendita dei beni su cui sono collocati i diritti di prelazione e ciò sulla base di un’attestazione dell’OCC; non è più presente invece la moratoria sino ad un anno per il pagamento dei crediti privilegiati dettato dall’art 8 co L3/12 e già ritenuta derogabile dalla Cassazione che ha ritenuto una dilazione superiore possibile con il consenso del creditore (Cass. 17391/2020; Cass. 27544/2019; Cass. 17834/2019).
Infine, immutato è il corredo documentale da allegare alla domanda di piano, che può avere un contenuto libero ma deve indicare in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi, nonché il contenuto della Relazione dell’OCC. 
2.b) . Competenza e modalità di presentazione della domanda
Le prime novità riguardano le modalità per l’individuazione dell’Organismo territorialmente competente e per la presentazione della domanda (art. 68 co.1).
La domanda deve essere presentata al Tribunale tramite un OCC costituito nel circondario del Tribunale competente, ovvero in quello in cui il debitore ha il centro dei propri interessi principali c.d. C.O.M.I. che, dunque, non è più il luogo di residenza e non necessariamente coincide con lo stesso.
Qualora nel circondario del Tribunale competente non vi sia un OCC, i compiti e le funzioni dello stesso potranno essere svolti da un professionista o da una società di professionisti nominati dal Presidente del Tribunale competente o da un giudice da lui delegato.
Quanto, invece, alle modalità di presentazione della domanda, questa deve avvenire “tramite un OCC” mentre l’assistenza di un difensore “non è necessaria” (art. 68 co.1): questa norma è unicamente tesa ad operare una scelta di facoltatività dell’assistenza tecnica ex art. 82 c.p.c. al momento del deposito della domanda che è ammissibile anche se riporta la sola firma del debitore.
Non è, invece, volta a sostituire l’OCC il consulente del debitore sia in quanto l’OCC ha solo il compito di depositare la domanda ma non già quello di predisporla, sia in quanto dubitativamente il debitore sarà in grado di elaborarla in autonomia senza l’ausilio di un consulente che lo orienti sulla ricerca dei dati e nella loro esposizione attraverso una narrativa coerente che metta in luce le cause del sovraindebitamento, la diligenza prestata nell’assumere le obbligazioni e le ragioni che ne hanno impedito l’adempimento.
Né, peraltro, sarebbe opportuno affidare all’OCC il compito, da un lato di predisporre la domanda, e dall’altra di elaborare la relazione sulla diligenza del debitore, esponendo così l’organo a scongiurabili pressioni volte a favorire l’edulcorazione, ove presenti, di aree di colpa nella determinazione del sovraindebitamento o, comunque, a sottrarre all’OCC la sua posizione di equilibrio indispensabile per conservare autorevolezza e affidabilità nella sua attività informativa al giudice.
2.c) . Fase istruttoria
Anche la fase istruttoria subisce alcune variazioni che meritano di essere evidenziate.
Nel piano ex L. 3/12 la verifica dell’ammissibilità era svolta direttamente all’udienza fissata per risolvere ogni contestazione sollevata dai creditori e, in quella circostanza, un impedimento ostativo all’ammissione era costituita dalla sua inidoneità ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili. Nella Ristrutturazione dei debiti del consumatore questo limite non esiste più e il giudice sottopone subito la domanda al vaglio dell’ammissibilità disponendo, in caso positivo, le pubblicità (che con la L. 3/12 erano rinviate all’omologa) in apposita area del sito web del Tribunale o del Ministero di giustizia, oltre alla comunicazione ai creditori ai quali deve indicare la PEC della procedura. Tale circostanza è utile in quanto dal momento della pubblicità si separano i creditori successivi e quelli anteriori, rispetto ai quali ultimi sono privi di effetto i pagamenti e gli atti dispositivi (art. 71 co.3). 
La procedura conserva la fase di contraddittorio eventuale declinata però in modo diverso: innanzitutto, il creditore deve comunicare all’OCC un indirizzo PEC pena la mancata ricezione delle successive comunicazioni che verranno effettuate in cancelleria.
Viene poi assegnato un termine di 20 giorni dalle comunicazioni entro il quale il creditore deve svolgere le eventuali osservazioni indirizzandole via PEC all’OCC: il mancato rispetto di questo nuovo formalismo rischia di minare il procedimento anche se i termini non vengono dichiarati essenziali (ma la circostanza può essere ovviata con la precisazione fatta dal giudice nell’ordine di comunicazione ai creditori).
Ricevute le osservazioni nei 10 giorni successivi, l’OCC, sentito il debitore, riferisce al giudice proponendo eventuali modifiche al piano: dunque, le osservazioni dei creditori giungono al giudice filtrate dall’OCC senza che di esse sia necessariamente prevista una discussione in udienza. Il giudice, infatti, in caso di contestazione della convenienza, omologa con sentenza qualora ritenga la domanda ammissibile giuridicamente e il piano fattibile, nonché idoneo a soddisfare il credito dell’opponente in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria, dal che si ricava che la funzione delle osservazioni è quello di stimolare il c.d. giudizio di resistenza sulla proposta, oltre che sollevare eccezioni sull’ammissibilità giuridica.
Modifiche sostanziali sono state introdotte alle limitazioni dei creditori a sollevare osservazioni al piano: nella L. 3/12 i creditori colpevoli di aver determinato o aggravato l’indebitamento del consumatore o violato i principi di cui all’art. 124 bis T.U.B. venivano esclusi dalle opposizioni o dai reclami aventi ad oggetto cause di inammissibilità, mentre l’art. 69 CCII li esclude dalla contestazione di convenienza.
Un’altra modifica rilevante attiene alle misure protettive che nella L. 3/12 non richiedevano un espressa istanza del debitore ed erano limitate al provvedimento di sospensione delle esecuzioni in corso che ostacolassero la fattibilità del piano.
L’art. 70 co.4 stabilisce ora che il giudice, su istanza espressa del debitore da formulare con la domanda introduttiva, oltre ai provvedimenti sospensivi già noti, può disporre, fino alla conclusione del procedimento, il divieto delle azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del consumatore nonché le altre misure idonee a conservare l’integrità del patrimonio, compreso il divieto di compiere atti di straordinaria amministrazione se non preventivamente autorizzati; a tale ultimo riguardo si richiama l’attenzione circa l’assenza di un ordine di trascrizione nei Registri immobiliari (nella L. 3/12 presente all’art. 12 bis co.3) che, però, può essere validamente sostituito dal divieto di compiere atti di straordinaria amministrazione.
Il provvedimento protettivo può essere revocato in caso di atti di frode rilevati d’ufficio (per il tramite dell’OCC) o denunciati dai creditori, con i quali sul punto viene aperto un contraddittorio non necessariamente in presenza.  
2.d) . Omologa ed esecuzione
Il dato più appariscente è legato alla forma della pronuncia che avviene ora con sentenza e non più con decreto, circostanza che rende superflua l’equiparazione all’atto di pignoramento.
In caso di diniego, il giudice, su istanza del debitore, dichiara aperta la liquidazione controllata: una disposizione analoga era assente nella L. 3/12, che permetteva la stessa soluzione solo attraverso una espressa e subordinata domanda nel ricorso volta ad ottenere la liquidazione, in difetto della quale la procedura si chiudeva con il semplice rigetto.
Elemento nuovo è la presenza del P.M. che può chiedere, in caso di frode, la liquidazione anche se concretamente non è dato sapere da chi possa essere informato.
L’esecuzione è ricca di novità in quanto il nuovo istituto assegna direttamente al debitore il compito di dare esecuzione alla sentenza di omologa dietro vigilanza e controllo del gestore che ha il compito di riferire ogni sei mesi al giudice; al contrario l’art. 13 L. 3/12 prevedeva la nomina di un soggetto ad hoc che desse esecuzione al piano.
A conclusione dell’esecuzione (art. 71) l’OCC presenta una relazione finale volta a dare dimostrazione che il piano è stato eseguito integralmente e correttamente, circostanza che, oltre a condizionare la liquidazione del compenso (secondo quanto pattuito con il debitore), riempie una lacuna della L. 3/12 che permette al debitore di ottenere un provvedimento di certificazione dell’adempimento del piano da cui dipende il riconoscimento dell’esdebitazione verso i creditori concorsuali; viceversa, se il giudice non riconosce l’esatto adempimento e rimane inascoltato il suo invito a darvi esecuzione in un termine testé assegnato, procede con la revoca dell’omologa, sciogliendo ogni incertezza  sulla mancata esdebitazione.
Effetti: la nuova normativa si limita a stabilire l’inefficacia rispetto ai creditori concorsuali dei pagamenti e degli atti dispositivi operati dal debitore, ritenendo correttamente ogni altra indicazione superflua: infatti, dopo aver dichiarato inefficaci gli atti di straordinaria amministrazione e controllato l’adempimento, ogni eventuale violazione del piano si rifletterà sulla revoca; altrettanto superflua è la dichiarazione di conservazione dei diritti verso il coobligato che trova già espressione nell’art. 278 co. 6 CCII in tema di effetti dell’esdebitazione.  
2.e) . Revoca e conversione
L’istituto della revoca dell’omologazione diverge di poco dalla disciplina già presente nell’art. 14 bis della L. 3/12 che la prevedeva come effetto di frode, inadempimento od inattuabilità del piano; ora viene introdotta la figura del P.M. come soggetto che può stimolarla (pur con le perplessità legate all’acquisizione della notizia); rimane invariata, invece, la revoca d’ufficio o su istanza dei creditori.
È stato, invece, fortemente contratto il termine decadenziale entro cui richiederne l’applicazione fissato in 6 mesi dalla relazione finale anziché due anni, frutto anche questo dell’introduzione del controllo finale dell’adempimento che favorisce l’emersione spontanea delle anomalie rispetto al piano.
Infine, è fortemente semplificata la conversione in procedura liquidatoria (ora art. 73) rimesso sempre, in qualunque caso di revoca, all’istanza del debitore o, in caso di frode o inadempimento, alla domanda dei creditori o del P.M., eliminando le poco utili distinzioni tra annullamento e risoluzione di cui era portatrice l’art. 14 quater L. 3/12.
3.a) . Presupposti di ammissibilità e contenuto della proposta
Per la presentazione della domanda di concordato minore, che oggi sostituisce l’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento disciplinato dagli artt. 10 a 12 L. 3/12, invariate sono le condizioni di ammissibilità consistenti nell’assenza dei requisiti dimensionali che ne consentono il fallimento, nell’assenza di altra esdebitazione nei cinque anni precedenti la domanda ovvero per altre due volte e nell’assenza di atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.
La proposta può avere una forma “in continuità”, garantendo la prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale ovvero “liquidatoria”, garantendo un apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori.
In coerenza con questa impostazione, la procedura non può più essere approcciata dal consumatore ma unicamente dal professionista, dall’imprenditore minore e agricolo, e dalle start up innovative; l’esclusione, tuttavia, impone un ripensamento sul profilo del consumatore dal cui ambito, secondo la giurisprudenza attuale, sono esclusi coloro che, pur estranei all’attività imprenditoriale, ne avessero nel passato garantito le obbligazioni, con la conseguenza di non poter accedere alla Ristrutturazione dei debiti ma neppure al Concordato minore se non apportando un contributo significativo ai fini del soddisfacimento dei creditori.
Nell’ipotesi di continuazione dell’attività aziendale, è ancora presente la possibilità di prevedere il rimborso secondo il piano di ammortamento in corso delle rate del mutuo con garanzia reale gravante però solo su beni strumentali all’esercizio dell’impresa. In tale ipotesi l’OCC dovrà attestare che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori.
Invariato è il contenuto della proposta che può essere libero, salvo indicare in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi, potendo prevedere altresì il soddisfacimento parziale dei crediti attraverso qualsiasi forma, nonché l’eventuale suddivisione dei creditori in classi che diventa obbligatoria per i creditori titolari di garanzia prestate da terzi.
Più ricco è il corredo documentale da allegare alla domanda, che necessariamente deve comprendere:
-  Il piano con i bilanci, le scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi, le dichiarazioni IRAP e le dichiarazioni annuali IVA concernenti i tre anni anteriori o gli ultimi esercizi precedenti, se l’attività ha avuto minor durata;
- Una relazione aggiornata sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria;
- L’elenco di tutti i creditori, con le rispettive cause di prelazione e l’indicazione delle somme dovute, nonché l’indicazione del domicilio digitale;
- Gli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi 5 anni;
- La documentazione relativa a stipendi, pensioni, salari e altre entrare proprie e della famiglia, con l’indicazione di quanto occorra al mantenimento della stessa.
Invariata è la possibilità di prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano essere soddisfatti in termini non integrale purché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione. Non è più presente però la moratoria sino ad un anno entro cui i creditori privilegiati dovevano essere pagati secondo quanto previsto dall’art 8 co4 L 3/12.
3.b) . Competenza e modalità di presentazione della domanda
La domanda per l’accesso al Concordato minore deve essere formulata tramite un OCC costituito nel circondario del Tribunale in cui il debitore ha il centro dei propri interessi principali c.d. C.O.M.I. che, dunque, non necessariamente coincide con il luogo in cui è ubicata la sede legale dell’impresa o la residenza del debitore.
Qualora, poi, nel circondario del Tribunale competente non vi sia un OCC, i compiti e le funzioni dello stesso potranno essere svolti da un professionista o da una società di professionisti nominati dal Presidente del Tribunale competente o da un giudice da lui delegato.
Alla domanda deve essere allegata la relazione particolareggiata dell’OCC le cui valutazioni sono rimaste invariate con quanto previsto dall’art. 9 co. 3bis, L. 3/12.
L’unica barriera d’ingresso (art. 77) è rimasta la presenza di atti diretti a frodare le ragioni dei creditori come già previsto dall’art. 7 co. 2 d) quater L.3/12, oltre alla completezza dei documenti e all’aver già conseguito l’esdebitazione negli ultimi 5 anni o due volte nella vita. 
Gli effetti prodotti dalla domanda sono la sospensione, ai soli effetti del concorso, del corso degli interessi convenzionali o legali fino alla chiusura della liquidazione, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, pegno o privilegio.
3.c) . Fase istruttoria
Se la domanda è ammissibile, il giudice dichiara aperta la procedura con decreto non soggetto a reclamo e dispone le pubblicità e le comunicazioni di rito a tutti i creditori a cura dell’OCC. 
La fase istruttoria è molto più snella: il decreto di ammissione non produce più l’effetto dell’automatic stay che deve essere espressamente invocata dal debitore, né viene più fissata l’udienza; il contraddittorio è puramente eventuale e rimesso alle contestazioni da svolgere nel termine di 30 giorni dalla comunicazione e nello stesso termine i creditori sono chiamati ad esercitare il diritto di voto nella forma del silenzio assenso. 
Alla richiesta delle misure protettive (o su espressa richiesta del debitore) è abbinata la nomina di un commissario giudiziale che svolge le funzioni dell’OCC.
Gli effetti automatici derivanti dall’ammissione sono l’inefficacia degli atti di straordinaria amministrazione compiuti senza l’autorizzazione del giudice mentre non è stata, invece, riproposta la sospensione delle prescrizioni e delle decadenze presente nell’art. 10 co.4, L. 3/12.
3.d) . Maggioranze per approvazione della proposta
Nuove anche le maggioranze per l’approvazione del concordato minore: è sufficiente il 50% degli aventi diritto (e non più il 60%); tuttavia, se un solo creditore detiene la maggioranza, questa deve essere ricavata anche per teste. Infine in caso di classi, la maggioranza deve essere raggiunta nella maggioranza delle classi.
Il diritto di voto è negato a chi è portatore di conflitto d’interessi compreso i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno e a chi (per privilegio o per proposta) viene pagato integralmente.
Un cambiamento potenzialmente interessante (art 79 co5) è la possibilità di inserire nel piano limitazioni dei diritti dei creditori nei confronti dei coobligati e fideiussori, non presente nell’art 11 co3 L3/12. 
3.e) . Omologa e esecuzione
Totalmente mutata è la fase dell’omologazione del concordato che ora sarà dichiarata con sentenza con cui il giudice dichiara altresì chiusa la procedura.
Il giudice omologa verificata l’ammissibilità giuridica, la fattibilità del piano, il raggiungimento delle maggioranze e in mancanza di contestazioni.
Quando uno dei creditori contesta la convenienza l’omologa interviene lo stesso se il credito è soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria;
infine il giudice omologa anche in caso di adesione negata dall’amministrazione finanziaria o degli enti di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento della maggioranza se la proposta di soddisfacimento degli stessi è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria (c.d. Cram down). 
Si è inasprita la reazione verso i creditori che hanno concesso finanza senza considerare il merito creditizio del debitore ai quali la legge ora (art. 80 co. 4) inibisce di sollevare opposizione all’omologa per ragioni di convenienza (cfr art. 12 co.3ter L. 3/12).
In caso di diniego all’omologa, il giudice provvede con decreto motivato reclamabile, dichiarando inefficaci le misure protettive accordate e, su istanza del debitore, dichiara aperta la procedura di liquidazione controllata. In caso di frode, l’istanza di accesso alla procedura di liquidazione controllata può essere proposta anche da un creditore o dal P.M.
Infine l’esecuzione del piano omologato è assegnata direttamente al debitore sotto la vigilanza dell’OCC che risolve le eventuali difficoltà e, se necessario, le sottopone al giudice e collabora con il debitore alle eventuali vendite da effettuarsi tramite procedure competitive.
L’OCC relaziona al giudice ogni 6 mesi sullo stato dell’esecuzione e, al termine, con una relazione finale; se il piano è stato integralmente e correttamente eseguito, il giudice procede alla liquidazione del compenso tenuto conto della sua diligenza e di quanto eventualmente convenuto con il debitore; se, al contrario, il piano non è stato integralmente e correttamente eseguito, il giudice indica gli atti necessari ed un termine per il loro compimento che, se non osservato, comporta la revoca dell’omologazione.   
3.f) . Revoca e conversione
L’omologazione può essere revocata dal giudice - d’ufficio, su istanza di un creditore, del P.M. o di qualsiasi altro interessato – entro 6 mesi dalla presentazione della relazione finale da parte dell’OCC, nei casi di frode, inadempimento grave (i.e. inesecuzione integrale) o in caso di inattuabilità, e dispone la conversione in liquidazione controllata; in caso di inattuabilità solo su domanda del debitore.
4.a) . Presupposti di ammissibilità e presentazione della domanda
Le maggiori novità sono state apportate alla procedura di liquidazione del patrimonio ex artt. 14 ter e ss. L. 3/12 che oggi ritroviamo nella forma di liquidazione controllata agli artt. 268 e ss. CCII.
Legittimati al deposito della domanda di liquidazione sono tanto il debitore in stato di sovraindebitamento (che abbraccia sia lo stato di crisi che di insolvenza), quanto i creditori solo in caso di insolvenza del debitore ed in caso in cui l’ammontare complessivo dei debiti scaduti risultanti dall’istruttoria sia superiore a € 50.000.
In fase di recepimento della direttiva insolvency, il decreto approvato dal Consiglio dei Ministri del 15 giugno 2022 ha abrogato il disposto contenuto nell’art. 268 CCII che prevedeva la possibilità per il P.M. di presentare domanda di liquidazione controllata per l’imprenditore in stato di insolvenza.
Quando l’accesso alla procedura è richiesto dai creditori, il debitore può respingerlo se l’OCC attesta, su richiesta del debitore, che non è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori neppure mediante l’esercizio di azioni giudiziarie, o può chiedere di accedere ad un’altra procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui al capo II del titolo IV (ristrutturazione dei debiti o concordato minore).
La domanda va depositata con ricorso al tribunale competente costituito nel circondario del Tribunale in cui il debitore ha il centro dei propri interessi principali c.d. C.O.M.I.. 
Il debitore può depositare personalmente la domanda (senza necessità di assistenza legale), con “assistenza” dell’OCC che, dunque, in questo caso non è solo il tramite del deposito ma una figura più vicina al debitore.
Al ricorso deve essere allegata la Relazione redatta dall’OCC sulla sola completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda – che, però, non è più analiticamente indicata dalla legge come nell’art. 14 ter co.3 L. 3/12 e che, pertanto, non si capisce quale sia né come possa essere ritenuta “completa” – oltre ad illustrare la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore; sparisce invece l’esigenza di illustrare le cause del sovraindebitamento, la diligenza nell’assumere le obbligazioni e le ragioni che hanno impedito l’adempimento così come ogni riferimento agli atti di frode compiuti nel passato.
4.b) . Apertura della liquidazione
Il Tribunale, verificata la sussistenza dello stato di sovraindebitamento e verificata la relazione dell’OCC dichiara con sentenza l’apertura della liquidazione controllata, che produce i suoi effetti anche nei confronti degli eventuali soci illimitatamente responsabili e, come una qualsiasi sentenza di liquidazione giudiziale:
a) Nomina il giudice delegato;
b) Nomina il liquidatore confermando l’OCC o, per giustificati motivi, scegliendo nell’elenco dei gestori della crisi;
c) Ordina al debitore il deposito, entro sette giorni, dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell’elenco dei creditori;
d) Assegna ai terzi che vantano diritti sui beni del debitore e ai creditori risultanti dall’elenco, un termine non superiore a 60 giorni entro il quale, a pena di inammissibilità, devono trasmettere al liquidatore la domanda di restituzione, rivendicazione o di ammissione al passivo;
e) Ordina al debitore la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione salvo che non ritenga, in presenza di gravi e specifiche ragioni, di autorizzarne l’utilizzo;
f) Dispone l’inserimento della sentenza nel sito internet del Tribunale o del Ministero della giustizia e, se il debitore svolge attività d’impresa, anche la pubblicazione presso il registro delle imprese;
g) Ordina la trascrizione della sentenza presso gli uffici competenti se vi sono beni immobili o mobili registrati.
Aumentando le assonanze con la procedura di liquidazione “maggiore”, quella controllata detta una disciplina dei rapporti pendenti che ne determina la loro sospensione fin a quando il liquidatore non dichiari di volervi subentrare ovvero di sciogliersi; come già nella liquidazione giudiziale, il creditore può far assegnare dal giudice un termine al liquidatore perché sciolga lo stato di incertezza.
Elemento di assoluta novità è la produzione degli effetti naturali della sentenza attraverso il richiamo delle disposizioni di cui agli artt. 143, 150 e 151 CCII in virtù dei quali i rapporti processuali si interrompono, le procedure esecutive e cautelari sono vietate e si apre il concorso dei creditori, circostanze che fanno chiaramente intendere come operi uno spossessamento completo dei beni del debitore al netto di quelli già indicati dall'art. 14 ter L. 3/12 sottratti alla liquidazione e che si concentrano nei beni impignorabili e in quanto stabilito dal giudice a garanzia del mantenimento proprio e della propria famiglia. 
4.c) . Esecuzione
Totalmente nuova è l’attività del liquidatore che è ora scandita analiticamente dalla legge:
1. Entro 30 giorni dalla comunicazione della sentenza, aggiorna l’elenco dei creditori;
2. Entro 90 giorni dall’apertura della liquidazione, completa l’inventario dei beni del debitore e redige un programma, in ordine a tempi e modalità della liquidazione, che deve assicurare la ragionevole durata della procedura. Il programma è depositato in cancelleria e approvato dal giudice delegato;
3. Scaduti i termini per la proposizione delle domande (fissati dal giudice nella misura massima di 60 giorni dalla sentenza), predispone un progetto di stato passivo e lo comunica ai creditori che, nel termine di 15 giorni, possono proporre osservazioni:
- In assenza di osservazioni al progetto, forma lo stato passivo, lo deposita in cancelleria e ne dispone l’inserimento nel sito web del Tribunale o del Ministero della giustizia;
- In caso di osservazioni che ritiene fondate, predispone entro 15 giorni un nuovo progetto di stato passivo che comunica nuovamente;
- In presenza di contestazioni non superabili, rimette gli atti al giudice il quale provvede alla definitiva formazione del passivo con decreto motivato.
4. Provvede alla formazione di un progetto di riparto da sottoporre all’autorizzazione del giudice, per la distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione secondo l’ordine di prelazione risultante dallo stato passivo, previa comunicazione al debitore e ai creditori, con termine non superiore a 15 giorni per eventuali osservazioni. 
Una delle questione che ha fatto a lungo dibattere i tribunali e che merita una piccola parentesi oggi risolta dal Codice, riguarda la possibilità di ammettere o meno le domande di precisazione del credito tardive (ovvero, oltre il termine fissato dal giudice a pena di inammissibilità, non superiore a 60 giorni dalla sentenza, per la presentazione di domande di restituzione, rivendicazione o di ammissione al passivo): il CCII lo consente previa prova da parte dell’istante che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile e entro 60 giorni dal momento in cui è cessata la causa che ne ha impedito il deposito tempestivo. 
Peraltro, invariate sono le azioni che può esercitare o proseguire il liquidatore, autorizzato dal giudice delegato, per il recupero dei beni compresi nel patrimonio del debitore e per la dichiarazione di inefficacia degli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori secondo le norme del cod. civ. 
Il programma di liquidazione è eseguito dal Liquidatore che ogni 6 mesi riferisce al giudice delegato e, al termine, deposita il rendiconto. Il mancato deposito delle relazioni semestrali costituisce causa di revoca dell’incarico del liquidatore ed è negativamente valutato ai fini della liquidazione del suo compenso.  
Il Giudice, se approva il rendiconto, provvede alla liquidazione del compenso del liquidatore, ovvero indica le opportune rettifiche ed integrazioni da apportare e fissa un termine per il loro completamento, decorso il quale, se non adempiute, provvede alla sostituzione del liquidatore e ne tiene conto nella liquidazione del suo compenso.
4.d) . Chiusura ed esdebitazione
La liquidazione controllata si chiude con decreto con cui il giudice, su istanza del liquidatore, autorizza il pagamento del suo compenso e lo svincolo delle somme eventualmente accantonate. 
Nulla cambia per i creditori con causa o titolo posteriore all’esecuzione della pubblicità della sentenza di apertura della procedura, che non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto di liquidazione, né per i crediti sorti in occasione e in funzione della liquidazione, che saranno soddisfatti in prededuzione con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno e ipoteca. 
Infine, novità importanti riguardano l’esdebitazione del soggetto sovraindebitato in quanto, nella liquidazione controllata, opera di diritto a seguito del decreto di chiusura della procedura o comunque decorsi tre anni dalla sua apertura, con decreto motivato del Tribunale e reclamabile dal P.M. o dai creditori nel termine di trenta giorni dalla comunicazione.
L’esdebitazione ex art. 280 CCII è, pero, esclusa se il debitore ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode o se ha riportato condanna per bancarotta o per delitti connessi con l’attività d’impresa, se ha ostacolato o rallentato lo svolgimento della procedura, se ha beneficiato nei 5 anni precedenti di altra esdebitazione o comunque se ne ha già beneficiato per 2 volte.
Restano esclusi dall’esdebitazione (art 278) a) gli obblighi di mantenimento ed alimentari e b) i debiti per il risarcimento del danno da fatto illecito nonché le sanzioni pecuniarie penali ed amministrative che non siano accessorie a debiti estinti.
5 . L’esdebitazione del sovraindebitato incapiente
Quanto, infine, all’esdebitazione del debitore incapiente, l’art. 283 CCII richiama integralmente la disciplina di cui all’art. 14 quaterdecies L. 3/12 aggiunto dalla L. 176/2020 in sede di conversione del d.l. 137/2020. 
Può accedervi il debitore a) persona fisica; b) meritevole; c) che non ha compiuto atti in frode; d) che non ha concorso con dolo o colpa grave alla formazione del suo indebitamento; e) che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura. 
L’accesso all’esdebitazione è consentito una sola volta, fatto salvo l’obbligo di pagamento del debito entro quattro anni dal decreto del giudice, laddove sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore complessivamente al 10%. Tale valutazione deve essere condotta su base annua, dedotte le spese di produzione del reddito e quanto occorrente al mantenimento del debitore e della sua famiglia in misura pari all’assegno sociale aumentato della metà e moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti il nucleo familiare della scada di equivalenza dell’ISEE.  
La domanda è presentata tramite l’OCC unitamente alla documentazione individuata dalla legge e della Relazione particolareggiata dello stesso Gestore.  
Il giudice concede l’esdebitazione con decreto reclamabile che è comunicato al debitore e ai creditori che possono proporre opposizione nel termine di 30 giorni decorsi i quali, instaurato se necessario il contraddittorio, il giudice conferma o revoca il beneficio. 
Nuovi, invece, i doveri dell’OCC che, nei quattro anni successivi al deposito del decreto che concede l’esdebitazione, vigila sul tempestivo deposito da parte del debitore della dichiarazione annuale relativa alle sopravvenienze rilevanti e, se il giudice ne fa richiesta, compie le verifiche necessarie per accertare l’esistenza di eventuali sopravvenienze. 


*Come approccio metodologico si avverte che gli articoli citati se non seguiti dall’indicazione della Legge sono riferiti al Codice della Crisi e dell’Insolvenza.

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