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Le anticipazioni bancarie nelle procedure concorsuali, tra Cassazione e riforma

Giuseppe Rebecca, Dottore Commercialista in Vicenza

24 Giugno 2022

L’A. indaga il tema delle anticipazioni bancarie nelle procedure concorsuali, ponendosi sul crinale fra l’indirizzo nomofilattico della Corte di Cassazione e le previsioni imminenti del Codice della Crisi.
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1 . Premessa
Ritorniamo a trattare un tema che stiamo analizzando da tempo, al fine di proporne una aggiornata sintesi generale. Ci riferiamo alla sorte delle anticipazioni bancarie nelle procedure concorsuali, di cosa dica la Corte di Cassazione in merito ed anche di cosa preveda il Codice della Crisi. 
La questione è di una certa rilevanza, e riguarda la possibilità o meno per l'istituto di credito di incamerare le somme incassate alla scadenza, in presenza di anticipazioni fatte al correntista, allora in bonis, ed invece in procedura (concordato preventivo o fallimento) al momento dell'incasso della relativa ricevuta bancaria. 
Analizzeremo qualche recente sentenza di Cassazione, in presenza di un concordato preventivo o di un fallimento, ed infine le previsioni, a nostro avviso non consentite dalla legge delega, della riforma del Codice della Crisi. Riprenderemo in parte considerazioni già avanzate, soprattutto in un nostro recente blog (Le anticipazioni bancarie nelle procedure concorsuali: tra recenti sentenze della Cassazione e la riforma del 27 marzo 2022 in questa rivista); chi lo avesse già analizzato qui potrà trovare degli aggiornamenti.
Prima di addentrarci nella specifica analisi, potrebbe comunque risultare utile, per chi non opera nel mondo delle imprese, una breve digressione sulla natura stessa delle anticipazioni bancarie e sulle modalità pratiche seguite dal mondo bancario per la loro gestione.
2 . L’anticipo salvo buon fine
L’anticipo salvo buon fine è una comune forma di finanziamento bancario che consente lo smobilizzo dei crediti, di norma non accompagnato anche dalla cessione del credito sottostante.
Si tratta delle cosiddette anticipazioni bancarie o anche ri.ba. (ricevute bancarie), documenti di natura oramai prettamente elettronica, che consentono di agevolare i pagamenti tra imprese. La ricevuta bancaria comprende le indicazioni del soggetto creditore, di quello debitore, il riferimento alla fattura sottostante, l’importo, la banca di appoggio e la scadenza.
Possono essere utilizzate in diversi modi: 
- al dopo incasso, nel qual caso la banca funge solo da tramite operativo per effettuare il servizio di incasso. Il creditore emette la ricevuta che invia alla sua banca, la quale invierà una comunicazione un po’ prima della scadenza al debitore, il quale potrà provvedere al pagamento presso l’istituto bancario da lui prescelto, che a sua volta girerà la somma alla banca del creditore. La ricevuta consegnata al debitore fa fede dell’avvenuto pagamento. La banca del creditore accrediterà l’importo relativo con qualche giorno di valuta successivo al ricevimento dello stesso, in base agli accordi contrattuali. In caso di mancato pagamento, sarà data comunicazione al creditore, con addebito di spese ed oneri;
- al salvo buon fine, o SBF, nel qual caso la banca anticipa (nei limiti di un fido concesso ad hoc) al creditore alla presentazione una certa percentuale del credito (di norma l’80% del credito, ma può trattarsi di percentuali diverse, anche del 100%). Si tratta quindi di una forma di finanziamento bancario, e tenuto conto della sua tipologia, di norma è considerata di rischio inferiore alla pura cassa. Pertanto l’anticipazione degli importi fruisce normalmente di tassi di interesse più bassi, e determinati in base alla struttura finanziaria del creditore e anche della percentuale di insoluti che lo caratterizza (in definitiva, la qualità finanziaria dei suo clienti). Le modalità operative attuate dalla banca possono essere diverse (apertura o meno di un conto SBF, dove riportare tutte le anticipazioni fatte), ma la sostanza della operazione rimane esattamente la stessa. In caso di insoluto, quanto a suo tempo accreditato viene addebitato, con l’aggiunta delle spese. E le percentuali di insoluti vengono comunicate alla Banca d’Italia, che ne terrà conto nella redazione della Centrale Rischi mensile. 
Più dettagliatamente, esaminiamo le modalità di utilizzo del fido SBF riscontrate nella realtà pratica. Innanzitutto per poter operare mediante le anticipazioni bancarie, la banca concede, come già indicato, un fido al correntista comunemente definito "castelletto". Tale fido SBF (o castelletto SBF) indica l’importo massimo di ricevute bancarie che il correntista può presentare in banca ottenendone la "messa a disposizione" in via anticipata. 
Il relativo conto di appoggio può essere o lo stesso conto ordinario, oppure altro.
3 . Il conto SBF
In particolare sono state individuate 4 diverse modalità pratiche di comportamento, da parte del sistema bancario, per la gestione di questi rapporti. In definitiva la disponibilità delle somme può essere:
a) immediata con conto specifico SBF;
b) immediata con conto unico;
c) differita con contabilizzazione immediata (conto unico); 
d) differita con contabilizzazione alla scadenza.
Si riportano di seguito le diverse movimentazioni dei conti a seconda della impostazione seguita per la contabilizzazione.
a) Disponibilità immediata con conto specifico SBF 
L’impresa presenta una distinta delle ricevute alla banca che ne anticipa l’importo.
L’importo di tali ricevute viene riportato, a debito, nel conto SBF in Dare e registrato a credito nel conto ordinario, in Avere.
In questo caso la data valuta di accredito è immediata.
Alla scadenza la banca accredita l’importo sul conto SBF, chiudendo così l’operazione di anticipo. 
Gli interessi sono calcolati sul conto SBF dalla data di anticipazione fino alla data di scadenza più i cosiddetti giorni banca (da 4 a 10 giorni oltre la scadenza, generalmente 8, secondo la forza contrattuale del cliente), e poi sono addebitati sul c/c ordinario. 
In caso di insoluto la banca addebiterà l’importo sul c/c ordinario con data valuta solitamente coincidente con la scadenza del titolo.
b) Disponibilità immediata con conto unico, quindi senza conto di appoggio 
In tal caso, a fronte dell’accredito sempre immediato, degli effetti presentati al SBF, con conteggi interni, l’istituto di credito addebita gli interessi passivi sul conto ordinario.
È un po’ come se si trattasse di uno sconto.
c) La disponibilità differita con contabilizzazione immediata (conto unico) 
Manca anche qui il conto SBF.
L’accredito sul c/c ordinario è fatto al momento della presentazione degli effetti (o ricevute bancarie), ma con data valuta alla scadenza, posticipata per via dei giorni banca.
Per il calcolo del saldo disponibile in questi casi si dovrà far riferimento alla valuta dell’accredito, e non alla data contabile.
d) Disponibilità differita con contabilizzazione alla scadenza 
Qui data contabile e data valuta vengono praticamente a coincidere ovvero la valuta può essere successiva di qualche giorno per effetto dei cosiddetti giorni banca.
Il saldo disponibile in questo caso va calcolato con riferimento alla data valuta. 
Eventuali insoluti possono avere una data valuta leggermente diversa da quella dell’accredito, ancorché vicina a quella di scadenza. 
Si dovranno comunque compensare con l’accredito, anche se le date, come detto, possono essere leggermente diverse.
I conti possono essere uno solo o anche due. Gli utilizzi oltre il fido cassa, nei limiti del fido SBF, possono caratterizzare il cosiddetto fido mobile, sommatoria del fido cassa e del fido SBF, in base agli effetti presentati.
4 . Gli insoluti
Solo quanto effettivamente incassato dalla banca si rende concretamente disponibile; ne consegue pertanto che risulta necessario sottrarre al totale degli effetti anticipati l’importo dei relativi insoluti, che si dovessero manifestare successivamente all’accredito. Solo il netto effettivamente incassato potrà essere eventualmente richiesto in restituzione.
Sul punto si è espressa chiaramente la sentenza della Corte di Appello di Ancona n 112 del 14 febbraio 2009: “In tema di revocatoria fallimentare di accrediti relativi ad effetti s.b.f., una volta dimostrato l’accredito del titolo da parte della banca, con conseguente riduzione dello scoperto di conto, incombe sull’istituto di credito l’onere di provare l’esistenza di un insoluto riferibile all’anticipazione effettuata e tale da incidere negativamente sulla funzione solutoria della medesima. Nel caso di giroconto dal conto s.b.f. al conto corrente ordinario, il riaccredito della somma sul conto scoperto non ha natura meramente contabile, ma assume funzione satisfattoria, tale da integrare, a seconda dei casi, una rimessa ripristinatoria o solutoria”. 
Come vedremo, però, questo principio non può essere applicato sic et simpliciter nella nuova revocatoria.
5 . Il mandato in rem propriam
Nelle analisi delle anticipazioni bancarie, come pure nella copiosa giurisprudenza, viene spesso eccepita la questione dell'eventuale mandato in rem propriam alla banca.
In questo caso il correntista rilascia alla banca un mandato all’incasso in base al quale la banca è legittimata, nei rapporti interni, ad incassare determinati crediti, compensabili con eventuali suoi crediti (artt. 1241 - 1252 codice civile). Il mandato è "in rem propriam", cioè anche nell’interesse del mandatario, in quanto è evidente l’interesse che la banca ha nell’eseguire l’operazione.
Spesso gli istituti bancari, in presenza di foglio con scadenza successiva all’inizio della procedura, (che può essere anche una procedura concorsuale minore poi sfociata in fallimento), eccepiscono che si tratta di un mandato all’incasso, un mandato appunto "in rem propriam", che quindi legittimerebbe la banca a detenere quanto incassato.
Non è così, come pressoché uniformemente ha riconosciuto la giurisprudenza; l’istituto bancario è legittimato all’incasso, questo è vero, ma nel contempo è obbligato a restituire al mandante (ora in procedura) quanto incassato.
In questo senso, Cassazione 22 maggio 2003 n. 8042 (Il fallimento 6/2004): 
"la banca, creditrice del cliente per saldo passivo di conto corrente, la quale sia incaricata da quest’ultimo di riscuotere un credito verso terzi, non in forza di negozio solutorio implicante la cessione del credito stesso, né comunque in forza di accordo comportante il diritto incondizionato di incamerare le somme riscosse, ma in base ad un mandato in senso stretto, ancorchè irrevocabile (cosiddetto mandato in rem propriam), mantiene la legittimazione alla riscossione del credito anche dopo il fallimento del cliente, in considerazione di detta irrevocabilità (art. 1723 codice civile), ma è obbligata a rimettere al mandante e, quindi, alla curatela del suo fallimento, le somme riscosse (art. 1713 codice civile), senza potere invocare l’estinzione di tale obbligo per compensazione, tenuto conto dello scioglimento del rapporto di conto corrente per effetto della dichiarazione di fallimento, ai sensi dell’art. 78 legge fallimentare, e della non applicabilità della compensazione fallimentare, di cui all’art.56 del citato decreto, con riguardo a debiti sorti dopo detta dichiarazione".
 La discussione è stata particolarmente vivace per le procedure di concordato preventivo (ed anche per la da tempo abolita amministrazione controllata), mentre per i fallimenti la produzione giurisprudenziale è stata assai scarna.
La questione è stabilire se, in presenza di un patto di compensazione, dotato di data certa, l’istituto di credito abbia o meno il diritto di incassare legittimamente il credito anticipato alla scadenza, al momento del pagamento da parte del debitore della impresa che ha appunto goduto della anticipazione. Questo qualora l'evento avvenga con l’impresa a suo tempo finanziata in procedura concorsuale, concordato preventivo o fallimento.
L’istituto di credito compenserebbe così, in tutto o in parte, il suo credito.
In mancanza di una norma specifica che tratti questa particolare fattispecie, la giurisprudenza ha dovuto supplire, peraltro in modo ondivago, come si vedrà, e a nostro personale avviso con soluzioni non ancora del tutto definitive.
Vedasi anche in calce, un riepilogo delle sentenze ad oggi note.
6 . Concordato preventivo. Le sentenze della Cassazione ante 2020 in generale
Ricordiamo innanzitutto come la Cassazione si sia pronunciata su questa specifica situazione, prima del 2020, sia in un senso che nell’altro. Successivamente analizzeremo le due sentenze del 2020, le n.11523 e 11524 del 15 giugno 2020.
Per la non applicabilità del patto di compensazione, queste sono le sentenze, tutte peraltro riferite a casi sorti ante l’11 settembre 2012, della prima sezione (salvo quella del 1999, a Sezioni Unite): Cass., 25 settembre 2017, n. 22277; Cass., 7 maggio 2009, n. 10548; Cass., 12 gennaio 2007, n. 578; Cass., Sez. Un. n. 7751 del 1999; Cass., 28 agosto 1995, n. 9030; Cass., 18 dicembre 1990 n. 11988; Cass., 28 giugno 1985 n. 3879; Cass., 26 febbraio 1981 n. 1182.
Per l’applicabilità, invece, del patto di compensazione, queste sono le sentenze sempre relative a casi sorti anteriormente alla data dell’11 settembre 2012, della prima sezione: Cass., 10 aprile 2019, n. 10091; Cass., 19 febbraio 2016, n. 3336 (relativamente ad una amministrazione controllata); Cass., 1 settembre 2011, n. 17999 (relativamente ad una amministrazione controllata); Cass., 15 aprile 2011, n. 8752; Cass., 23 marzo 2001, n. 4205; Cass., 7 marzo 1998 n. 2539; Cass. 5 agosto 1997 n. 7194; Cass. 17 luglio 1997 n, 6558; Cass. 23 luglio 1994 n. 6870.
Il riferimento alla data dell’11 settembre 2012 è motivato dalla modifica normativa, con effetto appunto da tale data, dell’art. 169 bis l. fall. (art. 33 D.L. n. 83/2012, conv. con modificazioni dalla L. 134/2012), articolo che ha trattato ex novo i contratti pendenti nel concordato preventivo.
7 . Concordato preventivo. Tesi della non applicabilità della compensazione. Cassazione e corti di merito ante 2020
La sentenza della Cassazione n. 22277 del 25 settembre 2017, sempre riferita ad un caso sorto ante 2012, ha chiarito che il patto di compensazione non si applica invece post concordato: “A differenza della cessione di credito, infatti, il mandato all'incasso non determina il trasferimento del credito in favore del mandatario, bensì l'obbligo di quest'ultimo di restituire al mandante la somma riscossa, e tale obbligo non sorge al momento del conferimento del mandato, ma soltanto all'atto della riscossione del credito, con la conseguenza che, qualora quest'ultima abbia avuto luogo dopo la presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, non sussistono i presupposti per la compensazione”. Chiarissimo.
Come è stato osservato, se non fosse così, si arriverebbe anche ad un evidente paradosso.
Mentre in presenza di una cessione di credito, non è sufficiente che si sia perfezionato il contratto per renderlo opponibile alla massa, risultando necessaria anche la notifica o l’accettazione del debitore ceduto, nel caso di mandato all’incasso con il patto di compensazione risulterebbe sufficiente a far valere il patto la semplice sottoscrizione del contratto. È evidente che così non può essere. Non si può compensare un credito con un debito sorto post presentazione della domanda di concordato preventivo. Si tratta di norme imperative, di carattere cogente, non derogabili con un semplice patto contrattuale.
Nello stesso senso, si ha anche la già citata Cassazione precedente (n. 10548/09, n. 578/07, n. 7751/99, n. 9030/95) oltre a numerose corti di merito.
La principale problematica che si pone nei contratti di anticipazione bancaria con annesso “patto di compensazione”, è se rientrino o meno nel perimetro normativo dell’art. 169 bis L.F.. In caso di risposta negativa, tali contratti non potrebbero evidentemente essere oggetto di scioglimento/sospensione e di conseguenza il c.d. “patto di compensazione” proseguirebbe normalmente (viceversa, qualora tali contratti risultassero essere oggetto di possibile scioglimento/sospensione, si aprirebbe il dibattito circa la validità di tale patto).
Giurisprudenza di merito, che ci pare maggioritaria, ritiene che a seguito dello scioglimento/sospensione del contratto debba venir meno anche la validità del “patto di compensazione”; in particolare, è stato affermato che “solo attraverso il ricorso allo strumento autorizzativo allo scioglimento od alla sospensione del rapporto contrattuale è possibile neutralizzare gli effetti dei contratti in essere ritenuti pregiudizievoli, con conseguente effetto caducatorio dei patti (principali ed accessori) assunti precedentemente” (Tribunale di Monza, 27 novembre 2013, n. 12609/13, www.ilcaso.it), come ad esempio il “patto di compensazione” previsto contrattualmente. 
Tribunale di Ferrara (19 marzo 2020, www.unijuris.it) ritiene che “la questione non vada affrontata con riguardo alla eventuale pendenza o meno dei contratti, ma alla possibilità che vengano effettuati pagamenti non efficaci ai sensi della legge fallimentare. “il Tribunale ritiene di aderire al più recente orientamento della S.C. (sent. 22277/17) secondo cui il patto di compensazione non è opponibile alla procedura e la eventuale operata compensazione è inammissibile per violazione del principio della par conditio creditorum, difettando il requisito di cui all'art. 56 L.F. della preesistenza dei crediti alla procedura: la Banca non può tenere le somme incassate in forza di mandati, all'incasso al fine di ripianare lo scoperto del conto corrente anche qualora fosse stato convenuto tra le parti un patto di compensazione; che quindi non trovano applicazione le norme sulla prosecuzione dei contratti in pendenza di domanda di concordato ma le regole sulla inefficacia dei pagamenti dei crediti concorsuali”.
Secondo il Tribunale di Pisa (8 maggio 2019, www.unijuris.it) il patto di compensazione non può operare, post presentazione di una domanda di ammissione al concordato preventivo. E ciò in quanto non c’è coincidenza di momenti genetrici in cui sono sorti entrambi i crediti; momenti che dovrebbero essere anteriori all’inizio della procedura. Ne consegue che la banca è tenuta al pagamento alla procedura di quanto incassato su mandato del convenuto.
Abbiamo anche Tribunale di Perugia, 18 luglio 2018 (www.ilcaso.it), così massimato: “è ammissibile la sospensione dei contratti bancari c.d. autoliquidanti ex art. 169-bis l.fall. nella fase del concordato in bianco, laddove il credito anticipato non sia stato ceduto, se l’istituto esercita il mandato all’incasso e riceve il pagamento successivamente all’apertura del concorso. In tale evenienza, infatti, il credito dell’istituto bancario sorge successivamente alla pubblicazione del ricorso ex art. 161 l.fall. nel registro delle imprese e non può essere compensato ex artt. 169 – 56 l. fall., e la prestazione dell’istituto di credito non si esaurisce con l’erogazione dell’anticipazione: residua infatti per la banca, dopo l’apertura del concorso, l’adempimento del mandato all’incasso, prestazione che non può considerarsi interamente esaurita e qualifica il rapporto come non compiutamente eseguito da entrambe le parti e perfettamente sussumibile entro la fattispecie dell’art. 169-bis l.fall.”.
Secondo il Tribunale di Massa (5 giugno 2018, www.ilcaso.it) il mandato all’incasso di fatture conferito dal proponente un concordato ad una banca anteriormente alla domanda non consente la compensabilità del successivo incasso. 
Il Tribunale di Udine (est. Fabbro, 12 gennaio 2018, www.licaso.it) ha così sentenziato: “L’eventuale cessione del credito eccepita dalla banca per contrastare gli effetti derivanti dallo scioglimento dei rapporti di mandato all’incasso relativi alle linee autoliquidanti è opponibile al debitore ammesso alla procedura di concordato preventivo solo se notificata in data anteriore alla domanda di concordato e ciò per effetto del richiamo all’art. 45 l.fall. operato dall’art. 169 l.fall., il quale rende prive di effetto rispetto ai creditori le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi se compiute dopo la presentazione della domanda concordataria. Lo scioglimento del contratto pronunciato ai sensi dell’art. 169 - bis l.fall. comporta il venir meno dell’eventuale patto accessorio di compensazione stipulato con la banca” (cfr. Trib. Monza, 27 novembre 2013; Trib. Rovigo 7 ottobre 2014; Trib. Como 3 ottobre 2016; App. Brescia 1 giugno 2016).
Il Tribunale di Bolzano, 5 aprile 2016 (www.ilcaso.it) così ha sentenziato: “l’anticipazione bancaria accompagnata da cessione di crediti in favore della banca che sia stata notificata al debitore prima della pubblicazione della domanda di concordato preventivo nel registro delle imprese è opponibile alla procedura e gli effetti traslativi della cessione impediscono che alla fattispecie possa essere applicata la disciplina dei contratti pendenti di cui all’art. 169 - bis l.fall..
 I contratti bancari autoliquidanti che prevedano il patto di compensazione o il mandato all’incasso sono il frutto di un complesso di negozi tra loro strettamente connessi e collegati durante lo svolgimento dei quali permane a carico della banca l’obbligo di provvedere all’incasso dei crediti oggetto di anticipazione e di dare esecuzione alla compensazione, garantendo un comportamento diligente nella gestione dei rapporti ed il perdurare di un servizio di cassa nel limite dell’importo pattuito; detti contratti rientrato, pertanto, nel perimetro di applicazione dell’art. 169 – bis l.fall., con la precisazione che l’autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento dei medesimi coinvolgerà anche i rapporti giuridici ad essi strettamente connessi, quali il mandato in rem propriam o il patto di compensazione che siano opponibili alla massa dei creditori in quanto notificati al debitore in data anteriore alla pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese. Per evitare che i crediti incassati successivamente alla domanda di concordato vadano a ridurre il credito bancario a discapito degli altri creditori, è necessario che sia ottenuta l’autorizzazione del tribunale fallimentare a sospendere l’efficacia dei contratti bancari: solo con la sospensione delle linee di credito e dei rapporti negoziali ad esse connessi, quali il mandato all’incasso e il patto di compensazione, è infatti possibile cristallizzare il saldo debitorio nei confronti della banca e impedire che esso venga progressivamente ridotto dalle rimesse relative ai crediti oggetto di anticipazione”.
Nello stesso senso Tribunale di Como (3 ottobre 2016, www.ilcaso.it) secondo il quale “in relazione all’applicabilità della compensazione ex artt. 169 e 56 l.fall., in caso di operazioni commerciali riferibili ad un unico rapporto di conto corrente, non potrebbe in realtà, già a monte, operare il meccanismo compensativo – che presuppone l’alterità dei rapporti giuridici – ma si verificherebbe un mero effetto contabile di elisione delle poste attive e passive, poiché il rapporto contrattuale è unitario”.
8 . Concordato preventivo. Tesi della applicabilità del patto di compensazione. Cassazione e corti di merito ante 2020
Per contro, abbiamo anche numerose sentenze contrarie, che si sono quindi pronunciate per l’applicabilità del patto di compensazione post ingresso alla procedura, oltre alle due di Cassazione del 2020 già citate. 
Un breve commento alla sentenza di Cassazione relativa a casi precedenti al 2012, sentenza n. 10091 del 10 aprile 2019 (rel. Paola Vella) che ha sostenuto che il patto di compensazione per l’anticipo erogato dalla banca sulle ricevute bancarie può essere operato anche dopo la presentazione della domanda di concordato dell’impresa. Decisione molto netta, ma riferita ad una fattispecie che a noi pare non completamente assimilabile ad un caso delle anticipazioni bancarie. Infatti si trattava di un incasso di titoli trattenuti in funzione di un mandato all’incasso. Nella sentenza la Cassazione, come precedentemente aveva fatto il Tribunale di Varese, cerca un riferimento, e lo trova nel patto di compensazione per le ricevute bancarie; ritenendo il caso assimilabile, ne è conseguita la sorte.
In merito, tre osservazioni.
La prima è che comunque si tratta di un OBITER DICTUM, di un caso del tutto differente, e non assimilabile. Tra l’altro, i titoli non sono certamente equiparabili a versamenti da parte di terzi. I titoli erano di proprietà dell’impresa.
La seconda è che non si fa riferimento alla nuova formulazione dell’art. 169 bis, ma ad un caso sorto prima dell’11 settembre 2012.
La terza è che nella sentenza si fa riferimento ad un orientamento costante della Cassazione, che invero non c’è. Abbiamo sì le richiamate sentenze n. 7194/97, 2539/98, 17999/11 e 8752/11, ma abbiamo altresì sentenze contrarie, la n. 22277/17, 10548/09, 578/07, a S.U. n. 7751/99, 9030/95, 11988/90, 3879/85 e 1182/81. Queste ultime non richiamate.
Quindi un bel parterre di sentenze contrarie alla tesi qui sostenuta.
In ogni caso, lo ripetiamo, tutte le sentenze, sia a favore che contro, sono riferite a casi antecedenti la variazione normativa dell’art. 169 bis L.F.
Cassazione n. 3336 del 19 febbraio 2016 (rel. Antonio Didone): il riferimento era ad una amministrazione controllata poi sfociata in fallimento. Il patto di compensazione è stato ritenuto valido ed efficace: “la banca ha diritto a “compensare” il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito, verso lo stesso cliente, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore alla ammissione alla procedura concorsuale ed il correlativo debito, invece, posteriore, poiché in siffatta ipotesi non può ritenersi operante il principio della “cristallizzazione dei crediti”, con la conseguenza che né l’imprenditore durante l’amministrazione controllata, né il curatore fallimentare – ove alla prima procedura sia conseguito il fallimento – hanno diritto a che la banca riversi in loro favore le somme riscosse (anziché porle in compensazione con il proprio credito)”. 
Cassazione n. 17999 dell’1 settembre 2011 (rel. Rosa Maria De Virgili): relativamente ad una amministrazione controllata. La Suprema Corte ha ritenuto che non potesse invocarsi il principio di c.d. “cristallizzazione dei crediti” nell’ipotesi in cui il contratto di anticipazione bancaria assistito da mandato all’incasso contemplasse altresì un pactum de compensando, ovvero una specifica clausola contrattuale di c.d. “annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto”. In caso di sussistenza di una simile clausola, infatti, la Cassazione ha ritenuto compensabili le posizioni creditorie e debitorie della banca in presenza di un mandato all’incasso. Si trattava di una amministrazione controllata. Si è trattato di una sentenza non molto argomentata, ma che comunque ha riscontrato un significativo seguito nella giurisprudenza di merito. 
Il Tribunale di Milano (2 marzo 2017, Pres. Est. Paluchowski, www.ilcaso.it) ha così sentenziato: “in tema di anticipazione su ricevute bancarie regolate in conto corrente, qualora le operazioni siano compiute anteriormente all’ammissione del correntista alla procedura di concordato preventivo è necessario accertare, nel caso in cui questo agisca per la restituzione delle somme successivamente incassate dalla banca, se la convenzione relativa alla specifica anticipazione contenga una clausola attributiva del diritto di “incamerare” le somme riscosse in favore della banca stessa (cd. patto di compensazione o di annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto), atteso che in tale ipotesi, come avviene al venir meno di un qualsiasi rapporto di conto corrente bancario, quest’ultima ha diritto di compensare il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito verso lo stesso, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, senza che rilevi l’anteriorità del credito e la posteriorità del debito, in quanto in tale ipotesi non opera il principio della “cristallizzazione dei crediti” che la proposizione della domanda di concordato di regola comporta” (cfr. Corte di Cassazione 1/09/2011 n. 17999).
Il Tribunale di Vicenza (12 giugno 2015, www.expartecreditoris.it) si è così pronunciato: “quanto invece all’anticipazione di crediti dietro mandato all’incasso e patto di compensazione, sempre escludendo che possa operarsi lo scioglimento del solo rapporto di mandato o del solo patto di compensazione, in quanto concepiti come strumentali all’autoliquidazione della provvista e al rientro dall’anticipazione e dunque ad essa inscindibilmente collegati, lo scioglimento/recesso dovrebbe innanzitutto misurarsi con l’irrevocabilità del mandato in rem propriam, quale quello conferito alla banca appunto, ma, soprattutto, con il fatto che lo scopo pratico dell’operazione dovrebbe comunque rinvenirsi nella cessione del credito, con la conseguenza che lo scioglimento non potrebbe comunque impedire alla banca di continuare ad incassare i crediti per i quali abbia effettuato l’anticipazione e conseguentemente ricevuto mandato di incasso, come anche riconosciuto dalla Cassazione, che, in tema di fallimento, ha avuto modo di affermare che “In caso di mandato in rem propriam che integri una cessione di credito con funzione solutoria, seguito dal fallimento del creditore cedente, l’effetto sostanziale dell’avvenuta cessione, che fa uscire il credito dal patrimonio del fallito, prima della dichiarazione di fallimento (salva l’esperibilità della revocatoria fallimentare), non solo preclude l’applicazione dell’art. 78 l.fall., ma neppure legittima gli organi della curatela alla revoca del mandato per giusta causa, ex art. 1723 c.c.” (cfr. Cass. 18316/2014).
Sul punto, si veda anche la pronuncia del Tribunale di Milano del 28 maggio 2014 (Pres. Lamanna, Est. D’Aquino, www.ilcaso.it) per certi versi innovativa, che affronta contemporaneamente tutte le tre questioni sopra riportate. In breve, i Giudici milanesi, pur negando la possibilità per i contratti di anticipazione bancaria di rientrare nella disposizione di cui all’art. 169 bis L.F., in quanto prestazioni unilaterali (aderendo quindi all’ipotesi 2.a1) sopra riportata), concedono la possibilità di richiedere lo scioglimento/sospensione del solo mandato all’incasso, ovviando in tal modo la questione circa l’ammissibilità di tali contratti nel perimetro di cui all’art. 169 bis L.F.. E in effetti molte sentenze successive si sono pronunciate soltanto sulla validità del patto di compensazione, al di là della situazione contingente (quindi senza considerare se ed in quanto i contratti fossero stati sospesi o sciolti o fossero in corso).
Corte di Appello di Brescia, 19 giugno 2013(www.ilcaso.it, 9155) riprende una pronuncia della Cassazione (n. 17999 del 1 settembre 2011, comunque anteriore all’introduzione dell’art. 169 bis), secondo cui sarebbe sufficiente la presenza del c.d. “patto di compensazione” affinché la banca abbia il diritto a compensare il proprio credito con le somme riscosse successivamente all’ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo, a nulla rilevando il principio di cristallizzazione dei crediti e lo sfasamento temporale tra crediti e debiti della banca (i primi anteriori alla procedura ed i secondi posteriori).
9 . Concordato preventivo. Le sentenze della Corte di Cassazione n. 11524/2020 e 11523/2020
Con la sentenza n. 11524 del 15 giugno 2020, Pres. Didone, Rel. Fidanzia, la Cassazione si è pronunciata per la compensabilità tra anticipazione e successivo incasso.
 Si tratta di una sentenza che ha ritenuto di pronunciare un principio di diritto, ex art. 363 c.p.c., ancorchè il caso sottopostole fosse stato dichiarato inammissibile.
Questi i principi di diritto pronunciati:
L’art. 169 bis L. fall., che consente al debitore proponente un concordato di chiedere al giudice delegato lo scioglimento dei contratti pendenti, è applicabile al contratto-quadro di anticipazione bancaria contro cessione di credito o mandato all’incasso ed annesso patto di compensazione, fino quando la banca, nell’anticipare al cliente l’importo dei crediti non ancora scaduti vantati da quest’ultimo nei confronti dei terzi, non abbia ancora raggiunto il tetto massimo convenuto tra le parti.
 L’art. 169 bis L. fall. è inapplicabile alla singola operazione di anticipazione bancaria in conto corrente contro cessione di credito o mandato all’incasso con annesso patto di compensazione, ancora in corso al momento dell’apertura del concordato, avendo la banca, con l’erogazione della anticipazione, già compiutamente eseguito la propria prestazione.
Il collegamento negoziale e funzionale esistente tra il contratto di anticipazione bancaria ed il mandato all’incasso con patto di compensazione, che consente alla banca di incamerare e riversare in conto corrente le somme derivanti dall’incasso dei singoli crediti del proprio cliente nei confronti di terzi, dando luogo ad un unico rapporto negoziale, determina l’applicazione dell’istituto della c.d. compensazione impropria tra i reciproci debiti e crediti della banca con il cliente e la conseguente ínoperatività del principio di “cristallizzazione” dei crediti, rendendo, pertanto, del tutto irrilevante che l’attività di incasso della banca sia svolta in epoca successiva all’apertura della procedura di concordato preventivo”.
Merita comunque osservare come la motivazione, a supporto della tesi avanzata, probabilmente non avvertita così sicura, abbia ritenuto di intrattenersi anche su quella che al momento era solo una bozza di un provvedimento futuro, la bozza del decreto correttivo della Crisi di Impresa. Riferimento quindi doppiamente non adeguato, sia in quanto solo futuro, ovviamente, sia in quanto a semplice livello di bozza. In pratica, si è aggrappata sul nulla. 
Per una analisi approfondita di tale sentenza, con molti richiami, vedasi Eleonora Pagani, Le linee di credito autoliquidanti nel concordato preventivo tra Legge Fallimentare e Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. Nota a Cass, Sez. I, 15 giugno 2020, n. 11524, ne Rivista di Diritto Bancario, APRILE/GIUGNO 2021.
L’altra sentenza dello stesso giorno, la n. 11523 (ma con un relatore diverso, il dr Guido Mercolino) si è pronunciata nello stesso senso, senza comunque pronunciare principi di diritto; questa la massima: ”In tema di anticipazione di credito in conto corrente, nel regime precedente all'entrata in vigore dell'art. 169 bis l.fall., è ammissibile la compensazione tra il credito vantato dalla banca per il rimborso dell'anticipazione concessa alla società ammessa al concordato preventivo ed il debito nei confronti di quest'ultima per la restituzione degli importi riscossi in esecuzione dell'incarico conferitole, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore all'ammissione alla procedura concorsuale ed il correlativo debito invece posteriore, in quanto, non operando il principio della "cristallizzazione dei crediti", né l'imprenditore in costanza di procedura, né gli organi concorsuali vantano il diritto a che la banca riversi loro le somme riscosse anziché compensarle”.
Certo che, con la affermazione dei principi di diritto di cui alla sentenza n. 11524 del 15 giugno 2020, l’orientamento per i concordati preventivi sembrerebbe oramai segnato, anche se una pronuncia a Sezioni Unite non stonerebbe di certo.
10 . Fallimento. La sentenza della Cassazione n. 42008 del 2021
La Cassazione si è pronunciata anche sulla questione delle anticipazioni bancarie nel fallimento, e ha sposato la tesi da poco fatta propria nell’ambito del concordato preventivo, come sopra riportato.
Questa la massima della sentenza n. 42008 del 30 dicembre 2021, estensore Marco Vannucci (che cassa Corte di Appello di Milano del 20 settembre 2018): “ In tema di conto corrente bancario, ove il correntista e la banca abbiano pattuito l’anticipazione su crediti per ricevute con clausola di compensazione, l’incasso da parte della banca, anche nell’interesse del cliente, del danaro incorporato nelle ricevute bancarie consegnatele costituisce adempimento di un’obbligazione già sorta e determina la sola esigibilità del relativo credito verso la banca da parte del cliente."
 Pertanto, in caso di successivo fallimento di quest’ultimo, tra le operazioni di anticipazione di danaro avvenute prima della dichiarazione di fallimento e la riscossione dei crediti portati dalle suddette ricevute bancarie avvenute in epoca successiva sussistono i presupposti richiesti dall’art. 56 l. fall., per effetto della perdurante efficacia della clausola di compensazione fra i reciproci debiti restitutori, giacché il debito della banca è solo divenuto esigibile (da parte della curatela fallimentare) dopo la stessa dichiarazione di fallimento del correntista.”
Come risulta evidente, si è seguita la stessa tesi evidenziata dalle due sentenze del 2020, peraltro riferite ad un caso di concordato preventivo, e non ad un fallimento. E’ esplicitamente richiesta in ogni caso la prova della data certa al patto di compensazione.
A supporto della tesi evidenziata in questa sentenza si citano anche molte altre sentenze conformi di Cassazione. 
In merito, tre osservazioni che ci paiono dirompenti: la prima è che sono sentenze che si riferiscono alle procedure di concordato preventivo ed anche alla amministrazione controllata. Qui siamo invece in presenza di un fallimento. 
La seconda osservazione è che in ogni caso sono tutte riferite a casi anteriori al 2012, data di variazione dell’articolo 169 bis l. fall. relativo ai contratti pendenti nel concordato preventivo.
Infine la terza è che stranamente vengono invece omesse, nell’elencazione, le numerose sentenze contrarie, anche a Sezioni Unite, più sopra citate.
Si citano solo quelle nello stesso senso, anche se riferite a procedure concorsuali minori.
11 . La revocatoria in presenza di anticipazioni bancarie
La riforma del 2005 ha di fatto escluso ogni riferimento agli affidamenti.
Oggigiorno sono revocabili le rimesse consistenti e durevoli (art. 67 L. fall.) effettuate sul conto, nel limite del rientro (art. 70 L. fall.) realizzato dalla banca, nei sei mesi che precedono il fallimento.
In caso di consecuzione di procedure, il riferimento è alla data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo.
In ogni caso è sempre richiesta la conoscenza dello stato di insolvenza da parte della banca.
Non riportiamo in questa sede l’ampio dibattito che ha interessato i concetti di consistenza e durevolezza, come pure la prevalenza dell’art. 70 rispetto al 67 L. fall., ma intendiamo trattare l’impatto che gli accrediti di effetti al SBF hanno sulla quantificazione del c.d. rientro.
L’art. 70 L. fall. non fa alcun riferimento ad accrediti e/o rimesse, utilizzando invece il termine “pretese”: “Qualora la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di posizioni passive derivanti da rapporti di conto corrente bancario o comunque rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituire una somma pari alla differenza tra l'ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato d'insolvenza, e l'ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si è aperto il concorso”. 
A nostro avviso le “pretese” corrispondono all’esposizione del soggetto in procedura verso la banca, e questa esposizione è data dalla posizione complessiva del correntista, che può avere più conti e più rapporti di finanziamento con la stessa banca.
Si pensi allo schema tipico di un rapporto di conto corrente a cui si affianchi un conto SBF per gestire gli anticipi che la banca concede al correntista (disponibilità immediata con conto specifico SBF):
- sul c/c ordinario vengono accreditati gli anticipi concessi dalla banca (ad es. su crediti per fatture), e quando alla scadenza il terzo debitore effettua il pagamento (normalmente con bonifico a favore del correntista) la banca procede a riaddebitare la somma in precedenza anticipata;
- sul c/SBF viene registrato l’addebito dell’anticipazione, che alla scadenza viene chiusa con l’accredito della somma addebitata sul c/c ordinario;
- in caso di insoluto, sul c/c mancherà l’accredito dal terzo ma si avrà comunque l’addebito per chiudere l’anticipazione sul c/SBF.
La questione è se il primo accredito (anticipazione) possa essere considerato rimessa revocabile, se ciò sia influenzato dall’eventuale insoluto, e se sia revocabile l’accredito del pagamento effettuato dal terzo, il tutto nel limite del rientro.
12 . Qualche sentenza
Riportiamo una sentenza abbastanza recente che tratta esplicitamente del tema, ed è nella falsariga della nostra interpretazione. 
Tribunale di Cuneo, 6 novembre 2020, est. Paola Elefante (dal sito ilcaso.it):
“Le rimesse suscettibili di revocatoria sono pertanto tutte le operazioni in accredito sul conto corrente, sia che si tratti di versamenti diretti o di accrediti di disponibilità anticipata SBF, che abbiano veste di pagamento e quindi valenza solutoria, vale a dire che consentano una riduzione consistente e durevole della esposizione debitoria del correntista fallito. In sostanza è la riduzione consistente e durevole dell’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca a conferire natura solutoria alle rimesse, che saranno pertanto revocabili.”
Questa decisione afferma con chiarezza che nella fattispecie sono revocabili tutti gli accrediti SBF, e la loro consistenza e durevolezza è messa in relazione alla riduzione dell’esposizione debitoria, ovvero al rientro. Inoltre, viene chiarito che il rientro va calcolato anche sui conti SBF.
Infine, viene precisato che non può essere eccepita la compensazione per assenza di data certa opponibile. 
Altre sentenze.
Tribunale di Udine, 22 dicembre 2017, est. Annamaria Antonini Drigani: la G.I. ha ritenuto di considerare unitariamente gli importi revocabili sul c/ordinario e sul c/anticipi, “come se la banca avesse addebitato sul conto corrente ordinario l’importo degli effetti insoluti indicato nell’insinuazione al passivo fallimentare”, nonostante tali addebiti in realtà non si siano verificati. L’unica motivazione in sentenza è che si tratterebbe di un’ipotesi “maggiormente coerente con i dati acquisiti in sede fallimentare e più corretta anche da un punto di vista di equità sostanziale”.
In particolare, secondo la sentenza è revocabile il rientro ex art.70 L.F. (inferiore rispetto alla sommatoria delle rimesse consistenti e durevoli), rettificato per tener conto di un “ipotetico” addebito sul c/ordinario di insoluti, che come anticipato non è mai stato effettuato.
Tale aspetto è assolutamente condivisibile, in quanto ipotizza lo spostamento di un debito, dal c/anticipi al c/ordinario, a parità di esposizione complessiva alla dichiarazione di fallimento; non incide quindi sulla determinazione del rientro complessivo e delle rimesse consistenti e durevoli.
Tribunale di Bergamo, 28 aprile 2014, est. Mauro Vitiello: in questa sentenza il giudice Mauro Vitiello sembra cambiare parere, relativamente alle anticipazioni SBF, rispetto alla precedente sentenza di Milano del 2009.
Per quanto concerne i versamenti effettuati sul c/c per anticipazioni SBF o fatture, gli stessi non costituiscono atto solutorio anomalo, come invece sostiene il fallimento. E si tratta di un concetto ormai consolidato: “L’anticipo dietro presentazione di ricevuta bancaria o fattura, accompagnato dalla cessione del credito, come nel caso in esame, o da un mandato all’incasso in rem propriam con patto di compensazione, non può rappresentare un mezzo di pagamento anormale perché interviene quale atto esecutivo di un contratto tra le parti, banca e cliente”.
Ma la sentenza dice anche qualcosa di più, e cioè che “gli accrediti possono essere considerati revocabili soltanto ove risultanti a copertura (e quindi solutori) di precedenti anticipazioni rimaste insolute. Ma anche in tale ipotesi che, tra l’altro, nella fattispecie in esame non è provata [...], dalla natura solutoria del versamento sul conto corrente discende al più una potenziale revocabilità ex art. 67, comma 2 L.F., non già la qualificazione del versamento quale atto anomalo di pagamento (conforme Trib. Milano, 19 giugno 2004)”.
Tribunale di Milano, 21 luglio 2009, est. Mauro Vitiello: con questa sentenza il Tribunale si è pronunciato per la revocabilità di un accredito sul conto anticipi.
Nel caso specifico, il conto anticipi funzionava con accredito del conto ordinario e addebito del conto anticipi, alla presentazione delle fatture. Al momento del successivo pagamento da parte del terzo debitore, pagamento effettuato sul conto ordinario, viene effettuato lo storno, con giroconto dal conto ordinario (addebito) e accredito al conto anticipi.
13 . Una esemplificazione
si è costruito un caso pratico tratto dalla realtà operativa. Si ipotizzi un rapporto così regolato:
- rapporto di c/c ordinario affidato, abbinato a c/SBF gestito a parte, con accredito immediato dell’anticipo e chiusura dell’operazione alla scadenza;
- alla presentazione, la Banca anticipa l’80% delle fatture presentate; l’importo anticipato viene addebitato sul c/SBF e accreditato sul c/c, con descrizione “Accredito Anticipo”; l’accredito sul c/c avviene con data valuta pari alla data contabile (e corrispondente alla data di presentazione della fattura);
- alla scadenza, in caso di buon fine, il pagamento del cliente arriva con bonifico sul c/c; l’importo a suo tempo anticipato viene addebitato sul c/c con descrizione “Rimborso Anticipo” e accreditato sul c/SBF, a chiusura dell’operazione; 
- in caso di insoluto, viene semplicemente contabilizzata la chiusura dell’anticipo, e l’importo a suo tempo anticipato viene addebitato sul c/c con descrizione “Rimborso Anticipo” e accreditato sul c/SBF, a chiusura dell’operazione.
La presenza di un conto corrente ordinario e di una linea per anticipi SBF rende necessario tener conto dei collegamenti tra i diversi rapporti e dell’andamento dell’esposizione complessiva verso la Banca, anziché limitare l’analisi al solo c/ordinario. 
In pratica:
- un addebito sul c/c ordinario, se destinato a chiusura di un anticipo SBF, non incrementa l’esposizione complessiva della Banca;
- un accredito sul c/c ordinario che deriva dalla concessione di un anticipo SBF non realizza un effettivo rientro, in quanto il miglioramento del saldo del c/c comporta una maggiore esposizione sulla linea per anticipi SBF;
- l’accredito del pagamento effettuato dal terzo sul c/c non va ridotto dall’addebito che giroconta la cifra anticipata sul c/SBF, nella verifica sulla consistenza e durevolezza degli accrediti.
Queste considerazioni sono fondamentali per comprendere l’effettivo “rientro” che viene realizzato dalla Banca, che costituisce il limite della revocabilità ex art. 70 L. fall.
Il rientro si realizza solo con risorse che affluiscono dall’esterno, ovvero da terzi o da altre banche, così limitando la revocatoria alle somme effettivamente “rientrate” nella disponibilità della Banca riducendo il debito del correntista.
Parimenti, il rientro non può essere individuato nella sola riduzione del saldo disponibile del conto corrente ordinario, ma deve riguardare l’intero ammontare del credito della Banca, ovvero delle sue “pretese”, e quindi la riduzione dell’esposizione debitoria complessiva nel semestre in esame.
Per quanto riguarda gli insoluti, l’addebito degli stessi va ad aumentare l’esposizione debitoria del correntista, e quindi a ridurre il rientro, così di fatto riducendo la cifra revocabile.
Analoghe considerazioni vanno effettuate nell’individuazione delle rimesse revocabili ex art. 67 L.F., quando si verifica la durevolezza degli accrediti quantificando gli addebiti verso terzi che li hanno effettivamente ridotti, senza considerare gli addebiti che la Banca ha effettuato per chiudere le anticipazioni SBF concesse al correntista.
Non ci addentriamo in discussioni circa l’orizzonte temporale della durevolezza degli accrediti, o la consistenza dei medesimi, dato che sul tema esiste copiosa dottrina e giurisprudenza.
Esemplificando quanto sopra, e supponendo per semplicità che tutti gli accrediti per anticipi su c/c ordinario siano avvenuti prima del semestre sospetto (quindi esclusi dalle verifiche e non revocabili), vediamo la revocabilità di un’operazione di pagamento da parte del terzo debitore e l’effetto della chiusura dell’anticipazione (anticipo di 80, a fronte di una fattura presentata al SBF di 100):

Figura

Ai fini di consistenza e durevolezza, l’accredito di 100 va considerato per intero, e non ridotto dall’addebito di 80, visto che tale addebito è un giroconto che resta nella disponibilità della banca.
Ragionando in termini di (riduzione delle) pretese, ossia di esposizione complessiva, si ha che:
- sul c/c ordinario il rientro è pari a 20 (920 – 900);
- la banca è inoltre rientrata del proprio credito di 80, a seguito dell’addebito sul c/ordinario e della chiusura dell’anticipo (il saldo del c/SBF è passato da -80 a zero);
- il rientro totale (20 + 80) di 100 è pari alla riduzione dell’esposizione complessiva (1.000 – 900).
In pratica, sarà revocabile l’intero accredito di 100, che coincide con il rientro.
Si può inoltre notare che anche l’accredito dell’anticipo iniziale, sommando i due conti, non riduce l’esposizione complessiva, e quindi anche nel semestre non sarebbe stato revocabile.
14 . Le anticipazioni bancarie nel quadro della riforma concorsuale
Il Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza non tratta specificatamente delle anticipazioni bancarie.
Invero l’articolo 155 di tale codice non consente la compensazione fra un credito della massa (ed è quello verso il mandatario per la restituzione delle somme pagate al terzo, appunto) ed un credito concorsuale (che è quello del mandatario per precedenti finanziamenti o anticipazioni al mandante anteriormente alla dichiarazione di fallimento).
Ne tratta invece specificatamente il decreto correttivo (D. Lgs. 147/2020) il quale interviene, con l’articolo 15, sulla questione incassi da parte della banca su anticipazioni fatte ante la presentazione di una procedura di concordato preventivo, variando in modo particolarmente significativo l’art. 97 del D. Lgs. n. 14/2019.
Innanzitutto sono dichiarati inefficaci eventuali patti contrari alla prosecuzione di contratti ancora ineseguiti o non completamente eseguiti, con l’aggiunta del comma 14 che così recita: “Nel contratto di finanziamento bancario costituisce prestazione principale ai sensi del comma 1 anche la riscossione diretta da parte del finanziatore nei confronti dei terzi debitori della parte finanziata. In caso di scioglimento, il finanziatore ha diritto di riscuotere e trattenere le somme corrisposte dai terzi debitori fino al rimborso integrale delle anticipazioni effettuate nel periodo compreso tra i centoventi giorni antecedenti il deposito della domanda di accesso di cui all’articolo 40 e la notificazione di cui al comma 6”.
La relazione illustrativa, poi, meglio specifica: “Infine, viene introdotto il comma 14 al fine di tener conto delle peculiarità dei contratti di finanziamento bancario c.d. “autoliquidanti”. Si tratta dei rapporti nei quali una parte, il cui interesse è quello di fruire dell’immediata disponibilità di crediti non ancora scaduti vantati verso soggetti terzi, cede in varie forme tali crediti ad un intermediario a fronte del finanziamento erogato. Tra le operazioni autoliquidanti rientrano, ad esempio (e senza pretesa di esaustività), le operazioni di anticipo su fatture, le anticipazioni al salvo buon fine, i finanziamenti a fronte di cessioni di credito, altri anticipi su crediti commerciali e lo sconto di portafoglio commerciale. In tutte tali ipotesi la restituzione di quanto anticipato richiede un ruolo attivo da parte dell’istituto di credito che ha erogato il finanziamento. L’attività di riscossione, in questo ambito, è certamente ancillare alla prestazione principale, ma, al tempo stesso, ne costituisce una modalità essenziale. In materia esiste un vivace contrasto giurisprudenziale e dunque esistono incertezze sul piano interpretativo che incidono negativamente sulla propensione degli istituti di credito a sostenere l’attività delle imprese che abbiano presentato domanda di concordato preventivo, anche in considerazione di condotte opportunistiche che nella prassi si sono a volte riscontrate da parte dei debitori beneficiari del finanziamento. La nuova disposizione, al fine di sanare i contrasti interpretativi, prevede in modo espresso che anche la riscossione diretta da parte del finanziatore nei confronti dei terzi debitori della parte finanziata costituisce prestazione principale ai sensi dell'art 97, comma 1. Ciò vuol dire che l’erogazione dell’anticipazione da parte del finanziatore non esaurisce le obbligazioni a suo carico e che, tra queste, vi è quella di procedere alla riscossione dei crediti del finanziato, sicché, fino a quando l’attività di riscossione non sia stata ultimata, il contratto deve considerarsi pendente. Diviene conseguentemente superflua la regola posta dall’(originario) art. 99, comma 2, secondo la quale anche il mantenimento di linee di credito autoliquidanti costituisce, se autorizzato, finanziamento prededucibile. I contratti pendenti, infatti, proseguono durante il concordato preventivo senza necessità di autorizzazione alcuna e la prosecuzione genera debiti che devono essere soddisfatti in prededuzione. In questa prospettiva, è apparso invece necessario disciplinare gli effetti dello scioglimento del contratto, ove autorizzato dal tribunale. Si è previsto che, in tal caso, il finanziatore abbia diritto di riscuotere e trattenere le somme corrisposte dai terzi debitori”.
Questa nuova norma pone una specifica limitazione temporale alle operazioni di anticipazione compiute nel periodo compreso tra i 120 giorni prima del deposito della domanda di concordato preventivo e la notificazione della sospensione o dello scioglimento del contratto. Solo queste anticipazioni, infatti, potranno essere compensate.
Si tratta, a nostro avviso, di una impostazione eccedente la legge delega, che non aveva assolutamente previsto soluzioni di questo tipo.
La relazione Illustrativa dà atto delle diverse tesi fino ad ora sostenute e segnala come la norma disponga, al fine di sanare i contrasti, di sposare la tesi delle prestazioni non ancora del tutto eseguite. Si tratta in ogni caso di disposizioni nuove, tra l’altro applicabili solo con riferimento ad un preciso e limitato lasso temporale, e conseguentemente, come si è già anticipato, si è per la tesi della novità, non certamente della interpretazione autentica. La norma varrà solo per il futuro, non certamente per il passato. Aver considerato compensabili gli incassi successivi solo se ed in quanto derivanti da operazioni di anticipazione effettuate in un determinato lasso temporale, aver posto questa condizione specifica, sta a significare che si tratta di una norma del tutto nuova, e pertanto inapplicabile al pregresso. E a maggior ragione nemmeno applicabile in via analogica, trattandosi appunto di norma del tutto nuova e con certi specifici requisiti. La compensazione sarà possibile solo per determinate anticipazioni, e questo sta a significare. a nostro avviso, che oggi, in mancanza di una norma specifica, tale compensazione non pare poter essere effettuata.
La relazione si allarga, e specifica anche che le attuali incertezze incidono negativamente sulla propensione degli istituti di credito a sostenere le imprese in concordato. Non ne condividiamo l’incipit. Di norma si hanno operazioni a cavallo, rispetto alla domanda di concordato preventivo; anticipazioni avute ante procedura e riscossioni effettuate post, per le quali non vale certamente quanto affermato. Altra cosa sarebbero operazioni successive alla presentazione della domanda di concordato preventivo, operazioni che però non sono frequenti, nella realtà operativa.
Si rende dovuta una precisazione: le somme delle quali si discute sono esattamente quelle anticipate; qualora la banca avesse anticipato solo una parte del credito, come di norma accade, (l’80%, o altra percentuale) solo per la parte anticipata la banca avrà diritto a trattenere l’importo, non per l’eventuale differenza, che dovrà essere resa all’impresa in concordato.
15 . Conclusioni
Prima che il codice della crisi possa entrare in vigore, al di là della problematica dell’eccesso di delega, per noi del tutto evidente, ci si augura che la Cassazione si pronunci a Sezioni Unite circa la eventuale compensabilità degli importi che derivano tra anticipazione ante procedura ed incasso post procedura. Ovviamente questo in presenza di un patto di compensazione esplicito e, almeno per il fallimento, dotato di data certa. Con ciò chiarendo una volta per tutte se la banca possa trattenere o meno quanto successivamente incassato da parte di terzi su anticipazioni a suo tempo effettuate al cliente. 
Le sentenze n. 11524 e 11523 del 2020, da taluno ritenute risolutive, relative ad un concordato preventivo, purtroppo non aiutano, ed anzi a nostro avviso creano ancora maggior confusione, su un argomento che meriterebbe una chiara presa di posizione. Specificatamente per la sentenza n. 11524, poi, la dottrina inserita in una sentenza non fa testo, come è ovvio, anzi depotenzia la sentenza stessa.
La sentenza n. 42008 del 2021, relativa ad un fallimento, non appare anch’essa convincente, richiamando solo sentenze nello stesso senso riferite a procedure concorsuali minori, ed omettendo di richiamare le numerose sentenze contrarie, sempre per concordati preventivi, di cui una anche a Sezioni Unite, ancorché datata.
Quanto alla riforma, si auspica che si espunga quanto previsto in evidente contrasto con la legge delega.
16 . Elenco sentenze varie
Dettaglio delle sentenze che si sono pronunciate per la NON applicabilità del patto di compensazione, sentenze della Cassazione Civile tutte riferite a casi sorti ante l’11 settembre 2012:
Cassazione 25 settembre 2017 n. 22277;
Cassazione 7 maggio 2009 n. 10548;
Cassazione 12 gennaio 2007 n. 578;
Cassazione S.U. n. 7751 del 1999;
Cassazione 28 agosto 1995 n. 9030;
Cassazione 18 dicembre 1990 n. 11988;
Cassazione 28 giugno 1985 n. 3879;
Cassazione 26 febbraio 1981 n. 1182.

Corti di merito:
Tribunale di Pavia, 4 febbraio 2020 (www.ilcaso.it)
Tribunale di Cuneo, 6 novembre 2020 (www.ilcaso.it)
Tribunale di Ferrara, 19 marzo 2020 (www.unijuris.it),
Tribunale di Treviso, 20 giugno 2019 (www.ilfallimentarista.it);
Tribunale di Bologna, 22 maggio 2019 (www.ilfallimentarista.it);
Tribunale di Pisa, 8 maggio 2019 (www.ilfallimentarista.it);
Tribunale di Bergamo, 3 aprile 2019 (www.ilfallimentarista.it);
Tribunale di Perugia, 18 luglio 2018 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Massa, 5 giugno 2018 (www.unijuris.it);
Tribunale di Udine, 12 gennaio 2018 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Como, 3 ottobre 2016 (www.ilcaso.it);
Corte di Appello di Brescia, 1 giugno 2016 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Bolzano, 5 aprile 2016 (www.ilcaso.it);
Corte di Appello di Milano, 23 febbraio 2016 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Bergamo, 28 gennaio 2016 (relativamente allo scioglimento, www.ilcaso.it);
Tribunale di Rovigo, 20 ottobre 2015 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Prato, 23 settembre 2015 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Verona, 31 agosto 2015 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Reggio Emilia, 11 marzo 2015 (www.ilfallimentarista.it);
Tribunale di Venezia, 20 gennaio 2015 (www.ilfallimento.it);
Tribunale di Pavia, 24 novembre 2014 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Ravenna, 22 ottobre 2014 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Rovigo, 7 ottobre 2014 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Treviso, 18 luglio 2014 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Milano, 28 maggio 2014 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Pordenone, 12 febbraio 2014 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Padova, 7 gennaio 2014 (www.ilfallimentarista.it);
Tribunale di Pordenone, 10 dicembre 2013 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Monza, 27 novembre 2013 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Cuneo, 14 novembre 2013 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Piacenza, 1 marzo 2013 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Busto Arsizio, 11 febbraio 2013 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Milano, 11 dicembre 2012 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Como, 5 novembre 2012 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Terni, 12 ottobre 2012 (www.ilcaso.it);
Corte di Appello di Torino, 20 gennaio 2010 (www.ilcaso.it);
Corte di Appello di Milano, 2 marzo 2001 (www.ilcaso.it).
 
Dettaglio sentenze per l’applicabilità del patto di compensazione, sentenze della Cassazione Civile tutte riferite, eccetto le prime tre, a casi ante l’11 settembre 2012:
Cassazione 30 dicembre 2021 n. 42008, per un fallimento;
Cassazione 15 giugno 2020 n. 11524 e n. 11523;
Cassazione 10 aprile 2019 n. 10091;
Cassazione 19 febbraio 2016 n. 3336 (relativamente ad una amministrazione controllata);
Cassazione 1 settembre 2011 n. 17999 (relativamente ad una amministrazione controllata);
Cassazione 15 aprile 2011 n. 8752;
Cassazione 23 marzo 2001 n. 4205;
Cassazione 7 marzo 1998 n. 2539;
Cassazione 5 agosto 1997 n. 7194;
Cassazione 17 luglio 1997 n. 6558;
Cassazione 23 luglio 1994 n. 6870.
 
Corti di merito:
Tribunale di Firenze, 5 novembre 2019 (www.ilcaso.it)
Tribunale di Modena, 1 marzo 2018 (www.expartecreditoris.it);
Tribunale di Trento, 6 luglio 2017 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Milano, 2 marzo 2017 (www.ilcaso.it)
Tribunale di Como, 3 ottobre 2016 (www.ilcaso.it);
Corte di Appello di Venezia, 23 dicembre 2015 (www.ilfallimento2015.it);
Tribunale di Reggio Emilia, 8 luglio 2015 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Vicenza, 12 giugno 2015 (www.expartecreditoris.it);
Tribunale di Ancona, 3 giugno 2015 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Livorno, 19 maggio 2015 (www.ilcaso.it);
Corte di Appello di Venezia, 11 marzo 2015 (www.ilcaso.it);
Tribunale di Milano, 9 gennaio 2015 (www.ilcaso.it);
Corte di Appello di Venezia, 23 dicembre 2014 (www.ilcaso.it)
Tribunale di Reggio Emilia, 18 dicembre 2014 (www.ilcaso.it);
Corte di Appello di Venezia, 26 novembre 2014 (www.ilcaso.it);
Corte di Appello di Udine, 22 agosto 2014 (www.ilcaso.it);
Corte di Appello di Genova, 10 febbraio 2014 (www.ilcaso.it);
Corte di Appello di Monza, 27 novembre 2013 (www.ilcaso.it);
Corte di Appello di Cuneo, 14 novembre 2013 (www.ilcaso.it);
Corte di Appello di Brescia, 19 giugno 2013 (www.ilcaso.it);
Corte di Appello di Padova, 23 maggio 2013 (www.ilcaso.it);
Corte di Appello di Lucca, 21 maggio 2013 (www.ilcaso.it);
Corte di Appello di Treviso, 12 ottobre 2012 (www.ilcaso.it);
Corte di Appello di Bergamo, 19 ottobre 2011 (www.unijuris.it);
Tribunale di Roma, 21 aprile 2010 (www.tidona.com).
 
Con riferimento a periodi successivi al 2012
Tribunale di Reggio Emilia, 20 gennaio 2021 (www.ilcaso.it) 
(No compensazione, se non prevista da patto specifico) 

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Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

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REV 02