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Saggio

La circolazione giuslavoristica nella composizione negoziata*

Riccardo Girotto, Consulente del lavoro in Treviso

12 Maggio 2025

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Le influenze giuslavoristiche nella composizione negoziata hanno origini datate, non si possono infatti ignorare gli stimoli precedenti alla nascita della procedura disegnata dal D.L. n. 118/2021, che inevitabilmente hanno condizionato la realizzazione di questa fase di raffreddamento della crisi. 
La soluzione negoziata è stata introdotta come strumento di decompressione tra il completamento del codice della crisi e la sua entrata in vigore, con l’obiettivo di temporeggiare e distogliere l’attenzione dall’eterna vacatio, oltre che di introdurre uno strumento operativo snello e strutturalmente liquido, che, superato il timido avvio grazie a: un’impennata di ricorsi, uno sviluppo normativo incentivante veicolato dal correttivo ter, infine alle prime espressioni giurisprudenziali, agevola l’analisi dei riflessi in tema di diritto del lavoro. 
Assorbito un congruo periodo di applicazione scontatamente sperimentale, vale la pena analizzare i riflessi che la disciplina giuslavoristica ha prodotto con specifico riferimento all’ipotesi della continuità indiretta dell’azienda coinvolta dalla composizione negoziata, così da comprendere le reali potenzialità che uno strumento dichiaratamente non concorsuale può offrire per il superamento della crisi.
Riproduzione riservata
1 . L’impatto della composizione negoziata nel diritto del lavoro
La prima reazione dottrinale alla composizione negoziata è stata quella di cercare di comprenderne il vero ruolo, capire quindi se la sua esistenza fosse segnata come strumento temporaneo, ipotesi avvalorata dalla rapidissima gestazione, oppure se si trattasse di preludio all’aborto degli strumenti di allerta. La seconda ipotesi si è plastificata con l’effettiva entrata in vigore del CCII, che ha incorporato l’intero D.L. n. 118/2021 e le successive modifiche. 
Non più OCRI, bensì esperto unico, snellimento delle procedure e inserimento del dialogo informatico con strumenti di rapido controllo della salute aziendale, proprio come richiesto dalla direttiva Insolvency. Dal punto di vista lavoristico, quindi, meno competenza specifica al gestore della crisi, e maggiore coinvolgimento sindacale, ipotesi totalmente ignorata dalla versione dell’allerta prevista dal D.Lgs. n. 14/2019 fino al correttivo del 2021. 
La spinta delle segnalazioni, graticola sulla quale l’art. 2086 c.c. accomoda l’imprenditore, e il rischio di avvio a vuoto di una composizione negoziata priva dei requisiti di innesco, impongono il massimo scrupolo nell’affrontare i temi inerenti il personale, in modo particolare con riferimento alla circolazione dell’azienda in crisi.
Proprio per questo alle organizzazioni sindacali viene richiesta una competenza ulteriore rispetto alla gestione delle situazioni di crisi (occupazionali) o di composizione delle controversie insorte, tale da garantire presidio degli strumenti a disposizione per la rilevazione dell’allerta precoce. 
La specifica procedura sindacale prevista per la composizione negoziata dall’art. 4, comma 3 del CCII, richiama l’interesse del CCII all’aspetto lavoristico, evidenziandone però i limiti di custodia all’interno dell’ambito concorsuale. Viene infatti richiamato espressamente l’obbligo di riservatezza nella gestione delle trattative, soprassedendo sul fatto che le parti sociali da sempre utilizzano come arma d’ingaggio l’emersione pubblica delle vertenze. Parlare di riservatezza di fronte al confronto sindacale che, a contrario, dovrebbe poggiare su principi di trasparenza e informazione, sembra davvero un ossimoro oltre che nella sostanza un obiettivo oltremodo utopistico. L’assenza di apparato sanzionatorio verso la parte irrispettosa, inoltre, non può che confermare la debolezza della previsione.
Si osservi come, calandoci nel tema di questo contributo, in caso di trasferimento d’azienda, laddove l’azienda soddisfi il requisito occupazionale richiesto dall’art. 47, comma 1, della L. n. 428/1990, la procedura da adottarsi sarà quella comune, risultano quella specifica sempre cedevole, per tal motivo deve ritenersi superabile la questione riservatezza non essendo richiesta dalla procedura tipica, pur comprendendone il concreto valore protettivo rispetto ai rischi infestanti l’operazione. 
2 . Trasferimento d’azienda nella composizione negoziata
Il Codice della crisi vede nella continuità aziendale un valore assoluto, ancor più a seguito del correttivo ter[1] che proprio alla composizione negoziata offre il massimo endorsement, il trasferimento d’azienda, dal canto suo, appare strumento idoneo a perseguire tale obiettivo. La piattaforma telematica nazionale, utile a verificare in via prognostica il possibile risanamento, offre un test pratico all’esito del quale si possono verificare risultati numerici derivanti dal rapporto tra l’entità del debito totale da ristrutturare e i flussi finanziari liberi e disponibili per sanare tale debito. Nel caso in cui questo rapporto superi il valore numerico 5, connesso a marginalità operativa lorda positiva, l’ipotesi di trasferimento d’azienda risulta essere palesemente la soluzione più indicata per raggiungere l’agognato risanamento. E’ proprio l’input maggiormente atteso, il risultato del test appunto, a suggerire la soluzione circolatoria, smentendo nel testo definitivo del correttivo l’ipotizzata agevolazione alla stessa, quantomeno dal punto di vista giuslavoristico. 
L’impianto della composizione negoziata sembra creare un corto circuito tra la celerità di intervento e la proceduralizzazione del confronto sindacale da esplicarsi in ogni singolo atto. Due gli aspetti chiave a sostenere tale effetto: il primo riguarda il sentiment sindacale in sede di confronto, sapere di detenere un potere che non si limita a concedere o meno un accordo, bensì si spinge fino ad influire sul superamento di una crisi anche solo presunta, eleva le parti sociali ad attori determinanti. Questa posizione nell’originaria gestione dell’allerta tramite OCRI era sicuramente scongiurata. Il secondo, più oggettivo, riguarda la valutazione dei requisiti tecnico-economici d’accesso al trasferimento d’azienda. 
L’azienda estranea alla composizione negoziata è sicuramente libera di programmare la migliore operazione possibile per l’uscita dalla crisi, non così in sede di composizione quando, stante il disposto dell’art. 22 lettera d), del CCII, l’autorizzazione del tribunale risulta necessaria (nonostante si tratti di strumento non concorsuale)[2]. 
Tale complicazione potrebbe essere superabile in fase preventiva rispetto all’avvio della procedura, optando per la programmazione dell’operazione in via esogena rispetto alla composizione. Per contro a composizione avviata l’intervento del tribunale in aggiunta al confronto sindacale potrebbe sicuramente rallentare le operazioni di salvataggio, fino a dissuadere definitivamente l’imprenditore dal trasferimento o obbligarlo addirittura a virare verso le procedure più invasive di regolazione. In merito a questo specifico aspetto, la composizione non può certo rappresentare una fluidificazione dell’ipotizzata procedura di allerta.
3 . L’autorizzazione
Elemento caratteristico della composizione è il mantenimento del possesso aziendale in capo all’imprenditore, presupposto per una lineare continuità d’impresa, eppure in relazione a determinate scelte strategiche il codice impone l’obbligo di autorizzazione preventiva da parte del Tribunale.
Tra le attività vincolate dall’autorizzazione, per quanto di nostro interesse, emerge con prepotenza proprio il trasferimento d’azienda. Combinando i diversi passaggi connessi alla circolazione in composizione negoziata, pare potersi dedurre che, scontata la piena applicazione dell’art. 2112 c.c. nella sua interezza, ca va sans dire, l’identificazione nella composizione offre la possibilità di derogare ai vincoli ex art. 2560 c.c. 
La deroga de qua rappresenta, per parte della dottrina prevalente, la giustificazione al veto del tribunale, dovendo riconoscere quasi unanime l’interpretazione che ritiene comunque possibile il trasferimento in assenza di passaggio autorizzativo, qualora non interessi la disapplicazione dell’art. 2560 c.c.
Non vi è di fatto motivo per considerare illegittimo il trasferimento d’azienda in assenza di autorizzazione, posto che l’assolutezza dell’art. 2112 c.c. ignora la forma al cospetto della sostanza e non il contrario, ma rimane fermo che non potrà fornire all’acquirente il beneficio dell’esenzione dalla responsabilità per i debiti previdenziali[3].
Eppure, dovesse limitarsi alla questione giuslavoristica, l’azione dell’art. 2560 c.c. risulterebbe irrilevante, il presidio configura infatti una solidarietà previdenziale dalla portata realisticamente innocua. Ne deriva che l’interesse alla disapplicazione potrebbe non manifestarsi, la valutazione circa l’obbligo in assenza di deroga assume quindi valore dirimente. 
Tornando al tema del passaggio autorizzativo, non vi è chi colga anomalie nell’esclusione della composizione negoziata dall’ambito concorsuale, alla luce di un vincolo procedurale che vuole vagliare proprio il trasferimento, di fatto lo sfogo necessario a soddisfare il più robusto obiettivo possibile, la continuità oltre la crisi. Quale ambizione può corroborare la continuità diretta di una situazione di crisi? La nuova finanza e la continuità indiretta, riassumono, de plano, i driver più ovvi (e forse gli unici) per la ripartenza.
L’effetto temporale dell’autorizzazione rappresenta un aspetto non certo marginale, infatti più di un tribunale[4] ha concesso la vendita solo a conclusione della procedura di composizione, non quale passaggio interno alla stessa[5]. Tale aspetto non assume certo valore modesto nell’economia della composizione posto che, così fosse definitivamente, la cessione da soluzione alla crisi si trasformerebbe in conseguenza dell’emersione dalla crisi, alla quale però non concorrerebbe proprio. 
Evidente che, laddove la cessione rappresenti una soluzione alla continuità, dovrebbe ben considerarsi parte integrante del progetto di composizione, veicolata dall’autorizzazione che, come qui commentato, potrebbe rallentarne la scorrevolezza a causa del traffico procedurale. Dovesse, per contro, rappresentare una mera conseguenza di una composizione già conclusa, assumerebbe un ruolo esterno alla stessa, giustificando ancor meno il passaggio autorizzativo.
Viene quindi spontaneo penetrare nelle pieghe del percorso autorizzativo attraverso i passi che il Tribunale dovrà compiere.
4 . L’indagine
A più riprese il Codice della crisi offre spunti di connessione tra la fase circolatoria e l’assunzione di informazioni da parte del Tribunale e dell’esperto nominato. Quest’ultimo, tra gli altri, è tenuto a riferire al primo gli eventuali punti di contatto tra cedente e cessionario, ad esempio perché riconducibili al medesimo assetto proprietario, oppure meramente legati da fattori esterni e potenzialmente influenzanti la rivitalizzazione del plesso da cedersi. 
Gli eventuali punti di contatto non ostano l’operazione, ma certamente puntano i riflettori sui rischi di continuità gestionale, qualora proprio la guida pregressa abbia concorso (come ovvio) allo status da ristrutturare. 
La sessione informativa dovrebbe concentrare il proprio target su aspetti chiave dello strumento negoziale, quali ad esempio la funzionalità utile a garantire continuità. 
Una tracciatura favorevole a valutare i requisiti di funzionalità è stata fornita dalla giurisprudenza di merito che ha sintetizzato i punti di indagine in: funzionalità rispetto alla continuità (ispirazione del CCII), da premiarsi quando non disgrega i valori aziendali, e rispetto alla migliore soddisfazione dei creditori, quando non pregiudica i loro interessi (retaggio concorsuale). Ovviamente i due requisiti dovranno valutarsi in visione prospettica, congiunta e paritaria[6]. Importante sarà quindi il corredo, di libera determinazione dell’istante, che supporterà la richiesta di autorizzazione. 
Ancor più importante dovrà assumersi l’individuazione dei soggetti che il tribunale sentirà come parti interessate. Tra questi a mio avviso non possono escludersi i lavoratori dipendenti, ovviamente individuati per mezzo delle loro rappresentanze, tanto in veste di creditori quanto di parte vitale del plesso aziendale. Non vi è dubbio alcuno che proprio i dipendenti, tanto più quelli che conservano concreta memoria storica, o che coprono posizioni strategiche, potranno offrire i migliori spunti circa i temi dell’indagine sopra citati. 
Non può omettersi di rappresentare, però, come anche il passaggio delle consultazioni rivendichi il suo spazio temporale, pretesa che, come sappiamo, risulta nemica della frenetica rincorsa alla continuità. 
5 . La selezione competitiva
La necessaria vendita competitiva assume pregnanza ulteriore grazie al correttivo ter, dimostrando ancora una volta come la composizione non può dirsi meramente negoziata, alla luce del vincolo pubblicistico imposto da questa previsione. Ancora una volta uno strumento che parrebbe introdotto per facilitare l’emersione e soprattutto il superamento della crisi, deve inchinarsi ad un ostacolo di natura procedurale. 
Assunto che per garantire il crisma della competitività è necessario partire da un’adeguata pubblicità, ove risultino chiari i requisiti oggettivi di valutazione delle offerte che allontanino ogni potenziale barlume di influenza discrezionale, la composizione negoziata non prevede proprie specifiche procedure. Tale anarchia potrebbe far pensare a una confortevole assistenza alla continuità aziendale, non fosse che comunque la competitività rappresenta un vincolo cogente. 
Resta da comprendere come questi passaggi incidano sul tema a noi caro del personale in forza presso l’azienda indiziata alla cessione. Eterna la disputa circa il peso occupazionale nelle valutazioni legate alle offerte incrementali, ancor più nel rapporto di forza tra soddisfazione dei creditori e mantenimento dei dipendenti. 
Su quest’ultimo aspetto si insedia la più complessa considerazione oggettiva connessa alla popolazione aziendale, quella legata all’incidenza del personale nella continuità dell’impresa. Gli stimoli possono essere molteplici tra gli estremi del personale necessario per la continuità, nei casi di ruoli di know how dalla portata irrinunciabile, fino al personale come limite alla continuità laddove l’esubero di figure non(più) strategiche rappresenti un ostacolo da gestire nell’immediato. Eppure tutte queste considerazioni, pur meritevoli di massima attenzione, in relazione alla procedura competitiva rischiano di risultare eteree e poco incidenti. 
Resiste infatti il dubbio circa la conservazione dei posti di lavoro come requisito meritocratico della proposta. L’obbligo di adottare un sistema valutazione delle offerte che premia il rapporto incrementale, non può infatti prevedere rilanci diversi da quelli sul prezzo[7], mentre certamente il numero di lavoratori mantenuti in forza, posto che non insiste nella disponibilità dell’offerente vincolato com’è dall’art. 2112 c.c., non può certo aumentare o diminuire prima del passaggio. 
Una precoce giurisprudenza[8] ha precisato come l’art. 22, comma 1, lett. d) non detti specifica liturgia competitiva, tanto più che celerità e urgenza rappresentano crismi sempre trainanti in queste situazioni. Detto assunto non può che attenuare la parallela proceduralizzazione lavoristica, eppure la medesima pronuncia precisa come “…il tribunale possa verificare l’esistenza di eventuali soluzioni migliori di mercato anche mediante modalità che possano essere conformate e flessibili rispetti alle diverse circostanze del caso concreto…”. Ne deriva che la prova di aver espedito un tentativo di divulgazione ed eventuale comparazione preventiva, solleva da successive contestazioni nel merito di eventuali possibili (e quindi noti) acquirenti. 
Vale la pena inoltre connettere gli effetti della procedura competitiva attenuata prevista dalla composizione negoziata, con il comma 1 bis dell’art. 47, L. n. 428/1990 introdotto proprio dal CCII che estende la procedura di consultazione sindacale obbligatoria, verso la quale l’alternativa procedura tipica ex art. 22 CCII risulta cedevole, al fine di comprendere se tale confronto debba ritenersi estendibile ai possibili acquirenti anche in questo caso. Tale effetto estensivo, a parere di chi scrive, deve negarsi alla luce del testo letterale del nuovo comma, laddove lo stesso dedica attenzione espressamente ai trasferimenti “nell’ambito delle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza”, risultando incontestabile l’estraneità della composizione negoziata dalle stesse. 
L’esonero dalla procedura da parte degli acquirenti anche solo ipotetici, se da un lato evita il proliferare di trattative che potrebbero poi risultare sterili a fronte di spendita di tempo prezioso, dall’altro obbliga necessariamente a posticipare l’avvio della procedura ex art. 47, comma 1, L. n. 428/1990 al momento successivo all’aggiudicazione, con la realizzazione di due ipotesi tra loro alternative: la prima vede il necessario posticipo degli effetti tra l’individuazione dell’acquirente designato dalla procedura competitiva, così da poter esaurire i 25 giorni previsti, la seconda vede invece la conferma del trasferimento immediato, rendendo di fatto inevitabile il ritardo nell’esecuzione del passaggio sindacale che diventerà pertanto postumo. 
6 . L’ipotesi dell’affitto
Tutto quanto sopra esposto per la cessione, può pedissequamente riflettersi nel caso di affitto d’azienda? La dottrina, al momento, sul tema si divide. 
Se dal punto di vista giuslavoristico gli effetti della cessione e quelli dell’affitto si sovrappongono in virtù del principio che estende le garanzie di continuità e solidarietà ex quinto comma dell’art. 2112 c.c.[9], non altrettanto si può dire in ambito concorsuale, così da scongiurare la necessaria autorizzazione preventiva ex art. 22 CCII in virtù dell’estraneità all’affitto dell’art. 2560 c.c. Ancora una volta, quindi, gli autorevoli sostenitori di questa tesi[10] assegnano all’autorizzazione il solo compito di neutralizzare gli effetti del citato disposto civilistico, abilitando, a contrario, ogni opzione circolatoria disinteressata a tale “vantaggio”. 
Facile pensare che, alla luce della statistica che nella continuità indiretta di aziende in crisi vede vincere facile lo strumento dell’affitto nella competizione con la cessione immediata, semmai qualificandosi come propedeutico alla stessa, la lettura circa la non necessaria autorizzazione preventiva dal punto di vista giuslavoristico risolverebbe alla radice il problema del limite temporalprocedurale, svilendo definitivamente gran parte delle considerazioni presenti in questo testo. 
Indubbio che l’assenza di spossessamento, caratterizzante uno strumento che prende le distanze dalle soluzioni di regolazione della crisi, agevoli trasferimenti privi di vincoli procedurali, eppure deve ritenersi che, proprio con riferimento al personale dipendente, la libera gestione anche straordinaria dell’impresa in composizione necessiti di maggiore cautela. 
Un’azienda trasferita ai fini lavoristici è tale comunque, autorizzazione o meno, in forza della valenza sostanziale dell’art. 2112 c.c. rispetto ai passaggi formali pur necessari, ma è proprio con i profili di responsabilità incrementali a livello concorsuale che dovrà fare i conti l’imprenditore che, volontariamente, si affaccia alla composizione negoziata. Ecco che il passaggio autorizzativo rischia di diventare un passaggio di cautela più che d’obbligo. 
Resi noti i punti di valutazione, si può apprezzare con sufficiente cognizione di causa il grado di interesse verso lo strumento di composizione, da parte di un’azienda votata alla continuità indiretta. 
La disapplicazione dell’art. 2560 c.c., di fatto poco stimola l’interprete del giuslavoro, posto che residuerebbe unicamente la solidarietà inerente i debiti previdenziali, ma quest’ultima, anche in piena applicazione del dettato civilistico, rischierebbe l’oblio posto che i debiti previdenziali, soprattutto se non ancora contestati, risultano estranei alle scritture contabili.
7 . La gestione del caso pratico
Alcuni dubbi sorgono quando la continuità indiretta viene garantita da un’acquisizione atta a riattivare un plesso precedentemente defunto. Posto che tale caso risulta sicuramente percorribile nel concordato preventivo, deve negarsi l’assimilazione di una soluzione concorsuale alla composizione negoziata, che per definizione non lo è. Quest’ultima risulta estremamente sensibile alla continuità, che in caso di azienda defunta, pur in bonis, non può più manifestarsi[11]. 
Diversa la situazione ove il trasferimento avvenga nel momento immediatamente precedente ad una successiva, anche programmata, fine attività, privilegiando l’aspetto circolatorio rispetto al destino della bad company
Anche l’estremo caso della liquidazione giudiziale dichiarata verso ciò che rimane estraneo al trasferimento rigeneratore del plesso ceduto, non inficia affatto l’operazione straordinaria, posto che è proprio il correttivo ter a fissare l’ipotesi di composizione anche in situazioni, estranee alla prima ratio ispiratrice, di crisi e insolvenza, finanche alla pendenza di un’ istanza di liquidazione giudiziale[12]. 
Superfluo sottolineare come il potenziale cessionario disponibile a trattare l’acquisto dell’azienda in crisi, appaia fortemente incentivato dalla possibile operazione di smagrimento del requisito occupazionale, finanche a considerare tale passaggio come conditio sine qua non per il sostegno all’interesse. 
Posto che in composizione negoziata non risulta possibile alcuna deroga legittimata dai commi 4 bis, 5 e ss. dell’art. 47, l’unico veicolo utile all’operazione di smagrimento risulta essere proprio la riduzione del personale con quanto ne consegue in termini di rischi connessi, partendo dal presupposto che la stessa dovrà avvenire a passaggio realizzato per evitare la violazione dell’art. 2112 c.c. Ovvio che tale ostacolo al passaggio dell’azienda ridimensionata mina l’appetibilità dell’operazione, sarà quindi necessario lavorare preventivamente per la definizione di buone intese sindacali e puntuali accordi individuali di rinuncia al passaggio nelle sedi protette. 
Nulla vieta infatti la coesistenza tra trasferimento d’azienda e il passaggio di una quota ridotta di personale, effetto di precipui accordi individuali in sede protetta, anche garantendo la permanenza di un ammortizzatore utile ad assistere i “rimasti”. 
Combinando i due temi pratici citati, possibile composizione in caso di cessazione attività e possibile riduzione del personale trasferito, emerge come il confronto con le parti sociali risulti determinante. La garanzia dell’ammortizzatore per i lavoratori rimasti, veicolo necessario ad ammorbidire le posizioni sindacali laddove si presenti una soluzione di passaggio parziale, necessita di massima attenzione circa la scelta dello strumento adatto, tra quelli che risiedono nel D.Lgs. n. 148/2015. 
I “rimasti” permarrebbero in forza presso la bad company da liquidare, pertanto segnata la fine non risulterebbe integrabile il ricorso ad ammortizzatori di rilancio, quali cassa ordinaria o cassa straordinaria per ristrutturazione, né tantomeno la cassa straordinaria per contratto di solidarietà, dedotto che la fine dell’azienda rappresenta il preludio al successivo licenziamento. 
La cassa integrazione straordinaria per crisi resta quindi l’unico strumento abile ad assistere la condizione dei rimasti, in modo particolare nella declinazione per “cessazione di attività”[13], posta l’incognita del finanziamento specifico, ma soprattutto smarcato definitivamente il dubbio circa il possibile ricorso alla composizione in caso di: cessazione, decozione e, nel più nefasto degli esiti, liquidazione giudiziale. 
La sintesi procedurale, dovrà quindi prevedere: 
· l’avvio della composizione negoziata; 
· Il salvagente del trasferimento d’azienda, quest’ultimo, corredato da accordi individuali per la rinuncia al passaggio da parte degli eventuali lavoratori esclusi, ultronei quando si possa identificare con granitica precisione il ramo d’azienda trasferito; 
· l’individuazione dell’ammortizzatore per cessazione attività in assistenza ai “rimasti”; 
· l’extrema ratio del recesso una volta spirato l’ammortizzatore, fatta salva la necessità futura di riassumere gli stessi da parte della cessionaria. 
Le soluzioni operative potranno essere rappresentate da un ventaglio di ipotesi che solo la pratica potrà esaurire, grazie alla spinta del correttivo che ne estende l’applicabilità di uno strumento ancora giovane a tutti i casi di crisi. 
Indipendentemente dalle soluzioni da adottarsi, resta incontrovertibile che proprio al trasferimento d’azienda si appoggeranno le ipotesi più concrete di successo dello strumento, rendendo di fatto i punti trattati in questo testo sempre più avidi tanto di chiarimenti interpretativi, quanto di consapevole creatività degli attori coinvolti.

Note:

[1] 
D.Lgs. n. 136/2024.
[2] 
L’assunto a parere di chi scrive pare contrastare con il precedente art. 21 CCII “…Nel corso delle trattative l'imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell'impresa. L'imprenditore in stato di crisi gestisce l'impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico finanziaria dell’attività. Quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l'imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l'impresa nel prevalente interesse dei creditori. Restano ferme le responsabilità dell'imprenditore.
[3] 
In questo senso Trib Milano 12 agosto 2023.
[4] 
Parma 4 novembre 2022, Milano 12 agosto 2023 e 1 febbraio 2024.
[5] 
L. Gambi in Cessione d’azienda nella composizione negoziata della crisi: principio di competitività ed esonero da responsabilità solidale (anche tributaria) dell’acquirente, in IUS Crisi d’impresa, Giuffrè del 2 aprile 2025, sostiene l’ipotesi inclusiva: “…Ai sensi dell’art. 22, comma 1 bis, CCII, l’attuazione del provvedimento di autorizzazione può avvenire sia prima, sia dopo la chiusura del percorso di composizione negoziata, secondo quanto previsto dal tribunale ovvero indicato nella relazione finale dell’esperto…”.
[6] 
Trib. Milano 12 agosto 2023.
[7] 
Proprio il necessario rilancio sul prezzo sgombra il campo da valutazioni sull’aspetto occupazionale finalizzate a spezzare equilibri tra offerte economicamente paritarie. In questo senso S. Bonfatti e P.G. Cecchini in La cessione competitiva dell’azienda nella composizione negoziata, IUS Crisi d’impresa Giuffrè 19 novembre 2024.
[8] 
Trib. Milano, 1 febbraio 2024, Trib. Brescia, 6 novembre 2004.
[9] 
“…Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l'usufrutto o l'affitto di azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento…”.
[10] 
Si legga G. D’Attore, Il trasferimento dell’azienda nella composizione negoziata, in Dirittodellacrisi.it, 5 novembre 2021, ove anche il requisito della competitività viene relazionato unicamente alla deroga all’art. 2560 c.c.
[11] 
Il correttivo forse ha illuso questa ipotesi, ma la distanza tra strumento negoziale e fine liquidatorio pare non lasciare spazi ad interpretazioni di conforto.
[12] 
Salvo il caso in cui sia stato l’imprenditore stesso a presentare l’istanza ex art. 40 CCII.
[13] 
Legge n. 207/2024, commi 190-191.

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  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

Il TITOLARE

del trattamento dei dati personali

Società per lo studio del diritto della crisi

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