Ad oggi, si segnalano tre pronunce di merito sul tema del cram down: Tribunale di La Spezia del 14 gennaio 2021[19], Tribunale di Forlì del 15 marzo 2021[20] (ancorché entrambe nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento previste dalla L. 3/2012) e Tribunale di Bari del 18 gennaio 2021[21].
Il Tribunale di La Spezia, è stato chiamato ad esprimersi nell’ambito dell’omologazione di un accordo di composizione della crisi, ai sensi degli artt. 11 e 12 della L. 3/2012, ove il voto dell’Agenzia delle Entrate e dell’agente della riscossione era decisivo per raggiungere la maggioranza prescritta ai fini dell’approvazione della proposta. Nella sentenza in commento i Giudici spezzini si sono orientati positivamente circa l’estensione degli effetti dell’accordo all’Agenzia delle Entrate, la quale non rimaneva inerte di fronte alla proposta del debitore, bensì esprimeva voto negativo alla stessa.
In particolare, i Giudici spezzini hanno statuito che la recente modifica apportata all’art. 12, co. 3 quater, L. 3/2012, determina, fermo restando il rispetto delle condizioni prescritte dalla norma, la “conversione ipso jure in voto positivo del voto negativo espresso dall’Agenzia delle Entrate”. Ciò trova giustificazione nel fatto che la “novella normativa costituisce applicazione dell’art. 97 della Costituzione ovvero del principio di buon andamento nel senso di efficienza della Pubblica Amministrazione”. In tale ottica, secondo il Collegio, il “legislatore impone all’Amministrazione Finanziaria l’adesione alle proposte di composizione giudiziaria della crisi (…) che consentono la migliore soddisfazione possibile del credito erariale in raffronto a qualsiasi altra alternativa giudiziaria concorsuale”. I Giudici hanno precisato, infine, che la norma in esame trova applicazione limitatamente alle ipotesi in cui il voto dell’amministrazione finanziaria è decisivo ai fini del raggiungimento delle maggioranze prescritte ex lege, “poiché qualora esso risulti ininfluente l’obiettivo della massima efficienza della Pubblica Amministrazione è già realizzato (nel caso di approvazione della proposta) oppure non può essere realizzato (nel caso di mancata approvazione della proposta) per fattori estranei alla condotta (rectius al voto) della Pubblica Amministrazione”.
In ordine alla seconda pronuncia giudiziale, il Tribunale di Forlì si è espresso, in coerenza rispetto alla precedente sentenza del Tribunale di La Spezia, positivamente circa l’applicazione del cram down anche nel caso in cui l’amministrazione finanziaria non aderisca alla proposta di trattamento fiscale formulata dal debitore in sede di accordo di composizione della crisi ex art. 8, L. 3/2012.
Nel caso di specie, il debitore presentava un accordo di composizione della crisi che prevedeva, oltre al pagamento integrale delle spese in prededuzione del compenso spettante all’O.C.C., il pagamento degli unici due creditori - nella misura del 5% - Agenzia delle Entrate e agente della riscossione, mediante la liquidità messa a disposizione da un terzo.
Il gestore dell’O.C.C. depositava la prova delle comunicazioni effettuate ai creditori, dando atto che i predetti creditori avevano espresso voto negativo, impendendo quindi (quantomeno prima delle recenti modifiche legislative) l’omologazione dell’accordo di composizione della crisi.
I Giudici, dando atto dell’applicabilità delle modifiche apportate dalla L. 176/2020 anche alle procedure pendenti, verificavano il rispetto delle condizioni per l’estensione forzata dell’accordo all’amministrazione finanziaria. Da un lato, i Giudici rilevavano che la mancata adesione di quest’ultima era decisiva essendo l’unico creditore e, dall’altro, accertavano la convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria.
Per quanto concerne il dubbio attinente alla “mancanza di adesione”, i Giudici optavano per l’interpretazione estensiva, ritenendo il voto espresso negativo dell’amministrazione finanziaria del tutto equivalente alla mancata adesione da parte della stessa.
In particolare, il Tribunale statuiva che “Va innanzitutto chiarito che per mancata adesione dell’amministrazione finanziaria nelle procedure di sovraindebitamento deve chiaramente intendersi il voto negativo espresso, posto che vigendo in questo ambito il meccanismo del silenzio-assenso il mero “non voto” equivarrebbe a voto positivo”.
La pronuncia del Tribunale di Bari offre, invece, una interpretazione più “restrittiva”.
Il debitore presentava una domanda di concordato c.d. in bianco, ai sensi dell’art. 160, comma sesto, L. fall. e, a seguito del periodo concesso dal Tribunale ai fini della presentazione della proposta, del piano e dell’ulteriore documentazione, veniva aperta la procedura concorsuale. All’esito dell’adunanza dei creditori, il commissario giudiziale dava atto del mancato raggiungimento delle maggioranze previste ex lege per l’approvazione della proposta concordataria, stante anche il voto contrario degli enti pubblici. Il Giudice Delegato fissava, quindi, l’audizione del debitore in camera di consiglio. Quest’ultima veniva rinviata, per consentire al debitore di esercitare il proprio diritto di difesa, in quanto medio tempore era pervenuta istanza di fallimento da parte del Pubblico Ministero. In sede di udienza, il debitore invocava la nuova disposizione modificativa dell’art. 180, L. fall., opponendosi alla dichiarazione di fallimento. Il Collegio si riservava e la proposta di concordato veniva poi dichiarata inammissibile.
I Giudici baresi, dopo aver richiamato le novità introdotte dalla D.L. 125/2020 sulla transazione fiscale e previdenziale, precisano che la predetta novella non contiene alcuna norma transitoria che chiarisca l’ambito di applicazione, con conseguente operatività dei principi generali. Ciò posto, il Tribunale riteneva che le modifiche normative siano applicabili alle procedure pendenti in cui non sia esaurita la fase dell’omologazione (o dell’ammissibilità).
Entrando nel merito della proposta e, in particolare, dell’interpretazione attinente alla locuzione in “mancanza” di voto/adesione, i Giudici baresi pare che sposino l’orientamento “restrittivo”. Gli stessi, infatti, affermano che nel caso di specie la novella non può “ritenersi applicabile, riferendosi la norma all’ipotesi della mancanza di voto da parte dell’amministrazione finanziaria e non includendo quindi – in modo chiaro ed univoco e senza che possano sorgere dubbi interpretativi sul punto – l’ipotesi della espressione di un voto contrario, come appunto avvenuto in questo caso”.
La tesi dell’interpretazione “estensiva”, sulla quale si erano poggiate le prime pronunce giudiziali, non è quindi condivisa dal Tribunale di Bari. Ciò, precisano i Giudici, “sia in considerazione del noto principio in claris non fit interpretatio, in ragione dell’univoco tenore letterale della norma, sia perché propugnatrice di un trattamento differenziato irragionevole per i creditori ammessi al voto, in quanto il solo voto contrario dell’amministrazione finanziaria (o dell’ente gestore di forme di previdenza o assistenza obbligatorie”) sarebbe superabile dal Collegio con la valutazione di cui all’art. 180, L. fall., e non invece il voto contrario di un altro creditore”.
Concludono i Giudici baresi statuendo che l’intervento suppletivo del Tribunale si giustifica, quindi, unicamente sul presupposto dell’inerzia del titolare del credito (amministrazione finanziaria e/o enti previdenziali e assistenziali) nel manifestare espressamente la sua posizione di adesione o contrarietà rispetto alla proposta di concordato.