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Commento

Crediti sopravvenuti, ritardo non imputabile e termine di presentazione della domanda ultratardiva fra legge fallimentare e Codice della crisi*

Francesco Dimundo, Avvocato in Milano

26 Giugno 2023

*Il commento è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.

Visualizza: Trib. Roma, 11 maggio 2023, Pres. La Malfa, Est. Genna

Prendendo spunto da una recente decisione del Tribunale di Roma, l’elaborato esamina talune novità introdotte dal Codice della crisi nel corpo della disciplina riguardante il trattamento delle domande di ammissione “ultratardive”, con particolare riferimento al concetto di “causa non imputabile” ed al termine di presentazione della domanda ultratardiva dopo il venir meno dell’evento impeditivo.
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1 . La fattispecie esaminata dal Tribunale di Roma
La fattispecie affrontata dalla decisione in rassegna è piuttosto lineare: il dipendente di una società sottoposta ad amministrazione straordinaria, una volta conseguita l’ammissione tempestiva al passivo per i crediti retributivi maturati antecedentemente all’apertura della procedura, lamentava di non avere ricevuto parte delle retribuzioni maturate successivamente. Richiesto inutilmente ai commissari straordinari, a mezzo lettera raccomandata, il pagamento di dette retribuzioni, il dipendente in questione solo otto anni dopo si risolveva tuttavia a presentare rituale domanda ultratardiva, che il Giudice Delegato dichiarava inammissibile, “non avendo l’istante dedotto né provato la non imputabilità del ritardo” ai sensi dell’art. 101, ultimo comma, L. fall.
Il Tribunale, all’esito del successivo giudizio oppositorio, confermava il provvedimento di esclusione del credito, rilevando che l’intervallo di tempo (8 anni) intercorso tra l’insorgere della pretesa (prededucibile) e la presentazione della domanda ultratardiva era ben superiore al termine di un anno operante per l’insinuazione al passivo dei crediti sopravvenuti, e che non era stata dedotta, né comunque era ravvisabile nella specie, una causa del ritardo non imputabile al creditore, non potendosi considerare tale il mero affidamento riposto dal dipendente nel regolare pagamento, da parte dei commissari, delle retribuzioni maturate in corso di procedura.
I principi così enunciati dal collegio capitolino, per quanto non inediti, offrono utile spunto per soffermarsi su talune novità introdotte dal Codice della crisi nel corpo della disciplina riguardante il trattamento delle domande di ammissione al passivo tardive e “ultratardive”[1].
2 . Le novità del Codice della crisi in tema di domande tardive e “ultratardive”
La legge delega 155/2017 ha confermato lo sfavore già manifestato dal legislatore del 2006 nei confronti delle domande tardive di ammissione al passivo, ed in questa direzione ha impartito precise direttive al legislatore delegato, indicando espressamente (art. 7, comma 8, lett. a) la “restrizione” dell’ammissibilità di tali domande quale misura che poteva concorrere, unitamente ad altre, a realizzare gli obiettivi “di maggiore rapidità, snellezza e concentrazione” cui il sistema di accertamento del passivo deve essere improntato [2]. 
In questa ottica si colloca l’art. 208 CCII il quale, nel riproporre i contenuti dell’art. 101 L. fall., ha introdotto peraltro alcune significative novità chiaramente votate ad un ulteriore irrigidimento del sistema, concretatesi nel dimezzare (da dodici a sei mesi) il termine finale per la presentazione delle domande tardive, e nel subordinare l’ammissibilità delle domande ultratardive non solo alla dimostrazione della non imputabilità del ritardo, ma anche alla trasmissione della domanda al curatore “non oltre sessanta giorni dal momento in cui è cessata la causa che ne ha impedito il deposito tempestivo”. 
Nel segno della semplificazione e dell’accelerazione della fase della verifica sono orientate anche le ulteriori modifiche apportate in materia dal legislatore delegato, il quale per un verso ha soppresso la preventiva calendarizzazione quadrimestrale delle udienze di esame delle domande tardive, e per altro verso ha disciplinato ex professo — sempre nel corpo dell’art. 208 CCII — anche le modalità procedurali per la declaratoria di inammissibilità delle domande ultratardive, stabilendo che quando tale inammissibilità sia manifesta, il Giudice Delegato può dichiararla de plano “con decreto reclamabile a norma dell’art. 124” (corrispondente al previgente art. 26 L. fall.), e quindi nelle stesse forme prescritte dall’art. 222 CCII per l’accertamento dei crediti prededucibili liquidati a norma dell’art. 123 CCII, senza necessità di attivare il procedimento di cui al capo III.
Al netto di tali modifiche, il sistema disegnato dall’art. 208 (letto in correlazione con l’art. 49 CCII) ricalca in sostanza quello desumibile dagli artt. 101 e 15 L. fall., nel senso che: 
- le domande di insinuazione presentate fino a trenta giorni prima della udienza di verifica dello stato passivo sono tempestive; 
- le domande di insinuazione presentate nel periodo compreso fra il trentesimo giorno prima dell’udienza di verifica e la fine del sesto mese (prorogabile fino al dodicesimo mese) successivo al deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, devono considerarsi tardive, con le conseguenze di cui all’art. 225 CCII. 
Poiché il termine finale (6 o 12 mesi) per la presentazione delle domande tardive è posto a pena di decadenza, il suo spirare genera una presunzione di inammissibilità della domanda di insinuazione tardiva. Ciò si desume, a contrario, dal tenore dell’ultimo comma dell’art. 208 CCII, il quale dispone che, “decorso il termine di cui al comma 1, e comunque fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell’attivo della liquidazione giudiziale, la domanda tardiva è ammissibile solo se l’istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile e se trasmette la domanda al curatore non oltre sessanta giorni dal momento in cui è cessata la causa che ne ha impedito il deposito tempestivo”. Tale disposizione identifica infatti una seconda tipologia di domande di insinuazioni tardive, che si affianca a quella prevista dal primo comma dell’art. 208 CCII, e che se ne differenzia per il momento di presentazione (comunque posteriore al termine di 30 giorni prima dell’udienza di verifica). 
In sostanza, accanto alle domande tardive “semplici” [vale a dire quelle presentate dopo i trenta giorni che precedono l’udienza di verifica, ma comunque entro i 6 (o 12) mesi dopo il decreto di esecutività dello stato passivo], la norma prevede e disciplina le c.d. domande di insinuazione c.d. “ultratardive”, cioè quelle domande presentate dopo la scadenza del suddetto termine finale di 6 (o 12) mesi. Il regime cui sono sottoposte tali domande ultratardive è il seguente: 
a) la domanda di insinuazione ultratardiva è, in linea di principio, inammissibile, e non può avere spazio alcuno nella procedura concorsuale; 
b) il creditore ultratardivo può tuttavia superare — in via eccezionale — la presunzione (relativa) di inammissibilità della sua domanda, ma solo al ricorrere di due presupposti, richiesti congiuntamente: egli deve in primo luogo aver trasmesso la domanda al curatore entro i sessanta giorni dal momento in cui è cessata la causa che ne ha impedito la presentazione tempestiva, e quindi — ove sia soddisfatta tale condizione — dimostrare che, in concreto, il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile. Qualora ricorrano entrambi tali requisiti, la domanda del creditore ultratardivo è ammissibile, e questi ha dunque la possibilità di partecipare al concorso secondo quanto previsto dall’art. 225 CCII; 
c) tale partecipazione al concorso trova tuttavia un limite invalicabile nell’esaurimento delle ripartizioni dell’attivo della liquidazione giudiziale. Per il creditore ultratardivo che abbia presentato la sua domanda di insinuazione dopo l’esecutività del riparto finale (rectius, dopo la scadenza del termine per l’impugnazione del decreto di esecutività del piano di riparto finale)[3] opera, infatti, una presunzione assoluta di inammissibilità di tale domanda, che non può essere superata nemmeno dimostrando il rispetto dell’indicato termine di sessanta giorni e la non imputabilità del ritardo. In tal caso il curatore può dunque eccepire l’intervenuta effettuazione del riparto finale ed il Giudice Delegato dichiara senz’altro inammissibile la domanda[4]. 
Appare quindi chiaro l’elemento che concorre a differenziare, in aggiunta al momento temporale della relativa presentazione, le domande tardive “semplici” dalle domande “ultratardive”: mentre per le prime la prova della non imputabilità del ritardo ha effetti solo sul piano del trattamento in sede di riparto, nella misura in cui consente al creditore tardivo non colpevole (e non privilegiato) di prelevare, nei limiti del residuo disponibile, le quote che sarebbero a costui spettate nelle precedenti ripartizioni (art. 225 CCII), per le seconde tale dimostrazione costituisce anche, e prima ancora, una delle condizioni di ammissibilità della domanda[5], essendo precluso tout court, al creditore supertardivo colpevole, ogni diritto al concorso, salvo restando la sola via del giudizio nei confronti del debitore tornato in bonis[6]. 
3 . La “causa non imputabile” del ritardo
Conserva dunque perdurante validità, anche dopo l’entrata in vigore del CCII, il tradizionale dibattito relativo all’individuazione delle fattispecie in cui il “ritardo” nella presentazione della domanda di insinuazione possa considerarsi dovuto a “causa non imputabile” al creditore istante. Si tratta di una formula di “ampia portata” [7], “volutamente elastica e comprensiva di fattispecie eterogenee”[8], che si colloca, secondo alcuni, nel paradigma dell’istituto generale della rimessione in termini, disciplinato dall’art. 153 c.p.c.[9], ovvero, secondo altri, è assimilabile alla analoga formula contenuta nell’art. 1218 c.c. in tema di responsabilità contrattuale. In generale, si ritiene comunemente che l’accertamento della non imputabilità del ritardo nella presentazione della domanda di insinuazione al passivo debba essere compiuto sulla base di tutti gli elementi sussistenti nel caso concreto, ivi comprese le presunzioni di cui all’art. 2729 c.c.[10]; e che la formula normativa in esame debba essere interpretata nel senso di causa non riferibile a colpa (e tanto meno a dolo) del creditore, e quindi non riconducibile a sua incuria, negligenza, trascuratezza o malafede[11], ma ad elementi oggettivi ed estranei al creditore ricorrente, in quanto dovuti a forza maggiore, a caso fortuito ovvero ad errore incolpevole di fatto[12]. 
In altri termini, secondo quanto ribadito anche dal Tribunale di Roma con il decreto in rassegna, il requisito della “causa non imputabile” è integrato da “un fattore estraneo alla volontà della parte, insuperabile con una mera condotta diligente, di regola ricondotto al caso fortuito e alla forza maggiore, ed è comunque riferito ad un evento che presenti il carattere dell’assolutezza, e non già dell’impossibilità relativa o ancor più di una mera difficoltà”. È chiaro che compete quindi al Giudice Delegato valutare in concreto, in funzione della paculiarità della singola fattispecie, se i motivi per i quali l’insinuazione sia richiesta oltre lo spirare del termine semestrale dalla dichiarazione di esecutività dello stato passivo integrino o meno una causa imputabile del ritardo[13]. 
Siffatta condizione tipicamente ricorre qualora l’avviso, che il curatore ai sensi dell’art. 200 CCII è tenuto a trasmettere ai creditori, non sia stato inviato o non sia pervenuto al creditore[14], mentre la rimessione in termini ai sensi dell’art. 208 CCII non può essere concessa nel caso in cui il creditore abbia contestato (non la ricezione dell’avviso, ma) la mera irregolarità della sua comunicazione, ad es. perché non inviata presso la sede legale[15]. Il curatore può comunque sempre dimostrare che gli stessi creditori abbiano aliunde acquisito in tempo utile la conoscenza — effettiva (e non già di mero fatto, nè, tantomeno, l’astratta conoscibilità) — della procedura[16]: circostanza che può verificarsi, ad es., per avere il creditore riassunto un giudizio contro il debitore[17], o ricevuto comunicazione della sentenza di fallimento via telefax[18], o intrattenuto corrispondenza con la curatela da cui si evince, in capo al creditore, la conoscenza dell’apertura della procedura[19], o avuto notizia della pendenza della procedura concorsuale in ragione dell’intervento spiegato dall’organo di quest’ultima in una procedura esecutiva promossa dallo stesso creditore o nella quale questi era parimenti intervenuto[20], o — in presenza di una società in accomandita semplice — per essere venuto a conoscenza del fallimento il socio accomandatario e legale rappresentante della società istante, di cui non risultino limitazioni statutarie o assembleari dei pieni poteri di amministrazione e rappresentanza spettantigli[21]. Non può invece assumere rilievo, ai fini in esame, la presunzione di conoscenza della procedura concorsuale derivante dalla pubblicazione della sentenza di apertura della procedura nel registro delle imprese, non avendo il creditore l’onere di consultare periodicamente tale registro[22].
4 . Il termine di presentazione della domanda ultratardiva dopo il venir meno dell’evento impeditivo
Secondo quanto ora dispone il terzo comma dell’art. 208 CCII, il creditore ultratardivo che presenta l’insinuazione al passivo non deve solo provare che il ritardo è dovuto a causa a lui non imputabile, nei termini sopra indicati, ma — prima ancora — deve aver trasmesso la sua domanda al curatore “non oltre sessanta giorni dal momento in cui è cessata la causa che ne ha impedito il deposito tempestivo”. Il legislatore ha così esplicitamente introdotto un termine fisso, decorrente dal venir meno della causa impeditiva non imputabile (e — deve ritenersi — necessariamente scadente dopo i sei mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo)[23], entro il quale il creditore ultratardivo deve attivarsi per far valere la sua pretesa, termine che il previgente art. 101 L. fall. invece non prevedeva, neppure in via implicita. 
Tale lacuna normativa aveva finora generato rilevanti incertezze interpretative, in primo luogo per i crediti “originari” (vale a dire, sorti ante procedura), in relazione ai quali ci si chiedeva se, una volta venuto meno l’evento non imputabile, che aveva impedito di presentare la domanda di insinuazione in via tardiva (cioè entro i dodici mesi dall’esecutività del riparto), il creditore fosse o meno soggetto ad un termine per presentare la domanda in via ultratardiva. Ma analogo problema si poneva anche, ed in special modo, in relazione ai crediti “sopravvenuti incolpevoli”, cioè per quelli che, per ragioni non imputabili ai relativi titolari, maturano le condizioni di partecipazione al passivo dopo la sentenza di apertura della procedura[24], essendo controverso se pure tali crediti dovessero rispettare il termine di legge per la presentazione delle domande tardive (12 mesi dal deposito del decreto di esecutività secondo il previgente art. 101 L. fall.), o se per essi valesse un termine diverso. 
In alcune occasioni il giudice di legittimità aveva per vero affermato che il credito sopravvenuto, potendo in quanto tale sorgere in qualsiasi momento della procedura, non sarebbe stato soggetto al termine di decadenza previsto dall’art. 101, commi 1 e 2, L. fall., ed avrebbe potuto quindi essere insinuato al passivo tardivamente in ogni tempo, quanto meno fino all’esaurimento di tutte le ripartizioni dell’attivo fallimentare[25]. Tale soluzione, secondo la Corte, traeva fondamento in ragioni di ordine logico-sistematico. Qualora il credito — si era ragionato — sorga dopo la scadenza del termine decadenziale, la domanda di ammissione al passivo sarebbe infatti ammissibile solo se il ritardo è dipeso da causa non imputabile all’istante, e tale non potrebbe di per sé ritenersi la natura “sopravvenuta” del credito; ove il credito nasca invece prima dello spirare del termine in questione, al creditore potrebbe rimanere uno spazio temporale eccessivamente ristretto per insinuarsi, rispetto a quello più ampio di cui beneficiano i creditori concorsuali per crediti sorti ante fallimento, “con conseguenti dubbi di legittimità costituzionale sotto il profilo del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e del diritto di azione in giudizio (art. 24 Cost.)”[26].
Riconoscere al creditore la possibilità di insinuarsi sine die e con il solo sbarramento temporale dell’esaurimento delle operazioni di riparto si poneva peraltro in evidente contrasto con l’esigenza di rapida cristallizzazione della massa passiva salvaguardata dall’art. 101 L. fall., per salvaguardare la quale altri orientamenti avevano invece ritenuto comunque sussistere un termine di decadenza entro il quale il creditore doveva depositare la domanda (ultratardiva) una volta che fosse venuta meno la causa non imputabile: termine che — secondo alcuni — era individuabile in 90 giorni, corrispondente al lasso temporale che la legge considera sufficiente per depositare l’istanza tempestiva di ammissione al passivo[27]; mentre secondo altri doveva identificarsi nel termine di 12 mesi di cui al primo comma dell’art. 101 L. fall., decorrente però dalla data in cui era sorto il diritto alla pretesa creditoria o era venuta meno la causa che impediva la presentazione della domanda[28].
Quelle ora indicate erano però tesi altrettanto — se non più — fragili[29], e non a caso rimaste sostanzialmente isolate, mentre maggiore diffusione aveva invece incontrato, specialmente nella giurisprudenza di legittimità, un diverso indirizzo (cui ha aderito anche il Tribunale di Roma con il decreto in commento), il quale, pur ribadendo che l’insinuazione dei crediti sorti nel corso della procedura fallimentare appare incompatibile con le tempistiche prescritte dall’art. 101 L. fall., riferibili ai soli ordinari crediti concorsuali, aveva affermato che il limite temporale cui tale insinuazione soggiace deve invece individuarsi — in coerenza e armonia con l’intero sistema di insinuazione, e sulla scorta dei principi costituzionali di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. e del diritto di azione in giudizio di cui all’art. 24 Cost. — nel termine di un anno, ritenuto “misura temporale espressiva dell’attuale sistema in materia”[30], e decorrente dal momento in cui si verificano le condizioni di partecipazione al passivo fallimentare [31] o dalla maturazione del credito[32]. 
Anche questa ultima lettura non si è tuttavia rivelata immune da censure, risultando priva di sostegno positivo, sia pure secondo un criterio sistematico, ed anche intimamente contraddittoria, laddove escludeva l’applicabilità del termine di decadenza dettato dall’art. 101, per poi adottare lo stesso termine di un anno per determinare il lasso di tempo concesso al creditore supertardivo per depositare la domanda dal momento in cui si verificano le condizioni di partecipazione al passivo fallimentare. Di questo tenore sono stati infatti i rilievi critici svolti, nelle sue più recenti decisioni, dalla stessa corte regolatrice[33], la quale ha concluso che, una volta venuta venuto meno la causa impeditiva della insinuazione tempestiva o infrannuale, la richiesta di ammissione al passivo in via ultratardiva non può quindi essere presentata entro il medesimo termine di dodici mesi rimasto inosservato, essendo necessario che il creditore si attivi piuttosto “in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del procedimento”[34]; ovvero, secondo altra formulazione, “nel tempo ragionevolmente necessario per la proposizione della do- manda, da computare dal momento di insorgenza del credito”[35].
Si tratta di impostazione – richiamata anche dai giudici romani nel provvedimento in rassegna - che assicurava indubbiamente notevole elasticità di giudizio in funzione delle peculiarità della singola fattispecie, ma che — per altro verso — lasciava eccessiva discrezionalità al giudice nel concretizzare la “ragionevolezza” del termine di presentazione della domanda di ammissione, ad evidente scapito delle istanze di certezza del diritto. È probabilmente questa la ragione[36], insieme alla necessità di assicurare l’accelerazione e la speditezza della procedura voluti dalla legge delega, che ha spinto quindi il legislatore del Codice ad intervenire, introducendo — come si è anticipato — un termine fisso di sessanta giorni, decorrente dalla cessazione dell’evento che ha impedito l’insinuazione tempestiva, entro il quale l’interessato deve trasmettere al curatore la domanda ultratardiva[37]. 
Già in sede di primi commenti gli interpreti hanno espresso opinioni contrastanti sulla bontà di simile opzione legislativa, sostenendo taluni che il bimestre in questione non sarebbe un termine “irragionevolmente” breve[38], mentre altri ne hanno all’opposto lamentato l’eccessiva ristrettezza, tale da innescare un incremento delle declaratorie di inammissibilità della domanda[39]. A nostro avviso si tratta in realtà di un lasso temporale la cui sufficienza non può essere valutata in astratto, essendo evidente che i sessanta giorni assegnati dal legislatore possono rivelarsi in concreto bastevoli per presentare la domanda ove si tratti di posizioni creditorie non particolarmente complesse, mentre potrebbero risultare esigui in presenza di istanze che richiedano una laboriosa istruttoria e/o la soluzione di questioni in diritto controverse. Ciò che è certo è che la previsione di un termine decadenziale preciso faciliterà il compito del giudice[40], anche se il beneficio sarà in verità solo parziale, perdurando comunque — ed anzi proponendosi con maggior frequenza rispetto al passato — la necessità di misurarsi, “a monte”, con la clausola generale della non imputabilità del ritardo[41], che parimenti costituisce condizione di ammissibilità della domanda ultratardiva, e la cui valutazione si rivela non agevole soprattutto per i crediti “sopravvenuti”. 
Come si è ricordato, la non imputabilità del ritardo e la sopravvenienza del credito non sono infatti situazioni necessariamente coincidenti, dovendosi escludere che la mancata maturazione del credito entro i sei mesi dal decreto di esecutorietà dello stato passivo possa di per sé essere equiparata ad una causa giustificativa del ritardo, potendosi presentare pretese sorte dopo l’apertura della liquidazione per cause ascrivibili al creditore, e crediti sopravvenuti alla procedura per cause estranee al creditore[42]. Ancor prima, si può fra l’altro prospettare la questione se il credito oggetto di domanda ultratardiva possa effettivamente considerarsi “sopravvenuto” alla liquidazione giudiziale: ad esempio, per il credito derivante da mutuo fondiario assistito da privilegio processuale ai sensi dell’art. 41 t.u.b., si è escluso che la maturazione della pretesa coincida con il momento della vendita del bene ipotecato, dovendo piuttosto affermarsi che tale credito diviene liquido, quanto alla sorte capitale, fin dal verificarsi dell’inadempimento del debitore, sicché esso diviene esigibile già da tale momento, se del caso tramite la domanda di ammissione al passivo del sopravvenuto fallimento del debitore/mutuatario[43]. 
La disciplina richiamata, con i problemi alla stessa sottesi, si applica anche alle domande di insinuazione di crediti prededucibili contestati, per i quali l’art. 222, comma 1, CCII, replicando la previsione dell’art. 111 bis, comma 1, L. fall., ribadisce che l’accertamento deve essere condotto secondo le modalità della verifica dello stato passivo, a prescindere dal fatto che si tratti di crediti prededucibili sorti prima o dopo l’apertura della procedura[44]. Nel caso di crediti prededucibili sopravvenuti all’apertura della liquidazione giudiziale, oggetto di domanda ultratardiva, si dovrà quindi parimenti scrutinare — ai fini del giudizio di ammissibilità — la non imputabilità della relativa insorgenza, ed il rispetto del termine di sessanta giorni dalla data in cui il credito è maturato. 
Diverso regime vale invece per i crediti prededucibili riconosciuti dalla curatela, in relazione ai quali l’art. 222 CCII non esige che l’accertamento sia condotto con le modalità della verifica dinanzi al Giudice Delegato. Qualora dunque la curatela, a fronte delle iniziali richieste del creditore, non opponga una chiara ed esplicita contestazione del credito, inducendolo così a non formulare istanza di ammissione al passivo, ed inviti invece il creditore ad insinuarsi oltre il termine di sei mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, il ritardo nella presentazione della domanda non può considerarsi imputabile al creditore ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 208 CCII[45].

Note:

[1] 
Il commento riprende parte dei contenuti del volume La verifica dei crediti e dei diritti sui beni nella liquidazione giudiziale, di prossima pubblicazione per i tipi della Giuffrè.
[2] 
Il disegno di legge delega elaborato dalla commissione Rordorf superava la distinzione tra domande di insinuazione tardive e supertardive, sopprimendo queste ultime e prevedendo la possibilità di presentare le prime fino all’esaurimento del riparto previa dimostrazione che il ritardo fosse dipeso da causa non imputabile: v. in argomento G. Bozza, L’accertamento del passivo nella procedura di liquidazione giudiziale, in Fall., 2016, 1066. 
[3] 
Cfr. da ultimo F. Grieco, L’irrilevanza del fatto notorio nell’omessa comunicazione della domanda di ammissione al passivo, in Giur. it., 2023, 619. 
[4] 
Conf. Trib. Novara, 29 novembre 2010, in novarajus.it, e Trib. Novara, 5 dicembre 2012 (Enel Energia s.p.a. e altro c. Fall. Geola Distribuzione s.r.l., inedita). 
[5] 
V. per tutti S. Leuzzi, Le ammissioni “ultratardive” tra overruling ed errore scusabile, in Il Fall., 2022, 556. In termini, in giurisprudenza, Trib. Milano, 10 maggio 2023 (Maior SPV s.r.l. c. Fall. Bending Italy s.r.l., inedita); Trib. Novara, 5 dicembre 2012, cit.; Trib. Benevento, 11 novembre 2014, cit. (Parziale c. soc. coop.Edilizia Telese 2 a r.l. in l.c.a., inedita).
[6] 
V. Zanichelli, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali dopo il D.Lgs. 12.9.2007, n. 169, Torino, 2008, 272. 
[7] 
Trib. Prato, 13 dicembre 2021, in Fall., 2022, 551. 
[8] 
Trib. Reggio Calabria, 24 giugno 2011, in Fall., 2012, 1209.
[9] 
M. Fabiani, Sub artt. 101-102, in Codice comm. del fallimento, dir. da G. Lo Cascio, Milano, 2013, 1244 ss.; G.B. Nardecchia, Sub art. 101, in La legge fallimentare. Commentario a cura di Ferro, Padova, 2014, 1312; S. Leuzzi, Le ammissioni “ultratardive”, cit., 556; M.P. Gasperini, I termini processuali nel Codice della crisi, tra semplificazione e ragionevole durata delle procedure concorsuali, in Fall., 2023, 15; in giurisprudenza v. Trib. Udine, 8 maggio 2013, in unijuris.it
[10] 
Trib. Rimini, 20 agosto 2011, in Ilcaso.it
[11] 
G. Bozza, Ritardo per causa non imputabile al creditore nell’insinuazione tardiva del credito di restituzione, in Fall., 2005, 426; F. Miccio, Le dichiarazioni tardive dei crediti, in Trattato delle proc. concorsuali, dir. da L. Ghia, C. Piccinini, F. Severini, III, Torino, 2010, 663. 
[12] 
Così A. Didone, L’insinuazione ultratardiva, la declaratoria de plano dell’inammissibilità e la non imputabilità del ritardo, in Fall., 2012, 455; analogamente Nonno, Questioni controverse in tema di accertamento del passivo davanti al Giudice Delegato, in osservatorio-oci.org, 2011, 17-18, e S. Leuzzi, Le ammissioni “ultratardive”, cit., 556. In giurisprudenza v. Trib. Macerata, 11 novembre 2008, in Fall., 2009, 453; Trib. Udine, 9 maggio 2011, in De Jure Giuffrè; App. Torino, 21 giugno 2011, in Fall., 2011, 1248; Trib. Salerno, 20 maggio 2013, in Ilcaso.it; Trib. Benevento, 11 novembre 2014, cit.; Trib. Milano, 10 novembre 2015 (Equitalia Nord s.p.a. c. Fall. Vive La Vie s.p.a., inedita); Trib. Latina, 29 settembre 2016 (Osram s.p.a. c. Fall. Hilm Electronics s.r.l., inedita). 
[13] 
Cass., 5 settembre 2018, n. 21661; Cass., 31 luglio 2017, n. 19017; Trib. Prato, 13 dicembre 2021, cit. 
[14] 
V. fra le tante Cass., 29 settembre 2021, n. 26396; Cass., 10 maggio 2021, n. 12336; Cass., 12 marzo 2020, n. 7109; Cass., 19 giugno 2018, n. 16103; Trib. Modena, 20 marzo 2009, in Fall., 2010, 67; Trib. Pescara, 10 febbraio 2009, ibidem; Trib. Udine, 8 maggio 2013, in unijuris.it; Trib. Benevento, 11 novembre 2014, cit. 
[15] 
Cass., 13 luglio 2017, n. 17416; Trib. Mantova, 28 gennaio 2021, in Dirittodellacrisi.it. Secondo Trib. Milano, 12 dicembre 2012, in Ilcaso.it, nel valutare l’imputabilità del ritardo rilevante ai sensi dell’art. 101 L. fall., dovrebbero considerarsi le condizioni menomate del creditore, con la conseguenza che sarebbe non imputabile il ritardo nella presentazione della domanda di insinuazione da parte del ricorrente che abbia documentato di versare in condizioni di handicap impeditive della comprensione del contenuto dell’avviso regolarmente inviato dal curatore.
[16] 
Cfr. di recente Cass., 8 luglio 2022, n. 21760, in Giur. it., 2023, 613, la quale ha escluso la rilevanza, ai fini della conoscibilità dell’intervenuta apertura del fallimento, del c.d. fatto notorio; conf. Cass., 29 settembre 2021, n. 26396; Cass., 10 maggio 2021, n. 12336; Cass., 12 marzo 2020, n. 7109. Nella giurisprudenza di merito v. Trib. Mantova, 28 gennaio 2021, cit.; Trib. Trani, 22 dicembre 2020, in Dirittodellacrisi.it; Trib. Imperia, 20 dicembre 2018 (Banca Reg. Europea s.p.a. c. Fall. Arciuolo Veronica, inedita); Trib. Benevento, 11 novembre 2014, cit.; Trib. Treviso, 9 dicembre 2011, in DeJure
[17] 
Trib. Milano, 30 maggio 2012 (Nevada Pubblicità s.r.l. c. Fall. Proxima Italia s.r.l., inedita); Trib. Trani, 22 dicembre 2020, in Dirittodellacrisi.it.
[18] 
Cass., 13 novembre 2015, n. 23302.
[19] 
Cass., 26 novembre 2019, n. 30760; Trib. Vicenza, 26 marzo 2013, in fallimentiesocieta.it.
[20] 
Cass., 19 giugno 2018, n. 16103; Trib. Milano, 2 agosto 2022 (Penelope SPV s.r.l. c. Fall. Cardarelli Piero e C. s.n.c., inedita); Trib. Benevento, 11 novembre 2014, cit. 
[21] 
Così Cass., 7 ottobre 2016, n. 20120.
[22] 
In questi corretti termini Trib. Palermo, 23 maggio 2012, in osservatorio-oci.org, e Trib. Reggio C., 24 giugno 2011, cit.; nella giurisprudenza di legittimità v. Cass., 19 marzo 2012, n. 4310, cit., e Cass., 29 settembre 2021, n. 26396 (con riferimento alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’apertura della liquidazione coatta amministrativa). Ma v. in senso contrario Trib. Taranto, 8 maggio 2009, in Fall., 2010, 120, il quale ha affermato che “la mancata conoscenza della procedura fallimentare non costituisce causa non imputabile del ritardo nella presentazione della domanda di ammissione al passivo c.d. ‘supertardiva’, stante la presunzione assoluta di conoscenza che deriva dall’iscrizione nel registro delle imprese della sentenza dichiarativa di fallimento”; in termini più sfumati Trib. Torino, 29 ottobre 2013, in ilcaso.it, secondo il quale non può considerarsi in buona fede chi afferma di avere tardato nel deposito di una domanda di ammissione al passivo a causa dalla mancata tempestiva comunicazione da parte del curatore degli avvisi ex art. 92 L. fall., salvo che si tratti di un soggetto dal quale per le sue qualità non è possibile esigere la consultazione periodica del registro delle imprese o l’acquisizione di informazioni circa la sorte del proprio debitore.
[23] 
Nel caso in cui i sessanta giorni dalla cessazione della causa impeditiva scadessero invece entro il semestre successivo al deposito di tale decreto, si tratterebbe infatti di una domanda tardiva per la quale vale il solo termine finale (appunto di sei mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo) sancito per tali domande dal primo comma dell’art. 208 CCII. 
[24] 
Come chiarito anche dalla giurisprudenza di legittimità, la non imputabilità del ritardo e la sopravvenienza del credito “non sono infatti situazioni che si sovrappongono in modo perfetto”, potendo individuarsi pretese sorte dopo la dichiarazione di fallimento per cause ascrivibili al creditore (come ad es. il credito restitutorio ex art. 70, comma 2, L. fall. del convenuto soccombente in revocatoria), e crediti sopravvenuti al fallimento per cause estranee al creditore (come ad es. il credito da indennizzo ex art. 104 bis, comma 3, L. fall.): cfr. in questo senso — richiamando Cass., 31 luglio 2015, n. 16218, in Il Fall., 2016, 20 — Cass., 17 febbraio 2020, n. 3872, e Cass., 10 luglio 2019, n. 18544, in Fall., 2020, 32. 
[25] 
Cfr. Cass., 31 luglio 2015, n. 16218, cit.; Cass., 18 gennaio 2019, n. 1391; Cass., 31 luglio 2018, n. 20310. In dottrina v. A. Cavalaglio, Le dichiarazioni tardive di crediti, in Dir. fall., 2009, I, 324. 
[26] 
Cass., 31 luglio 2015, n. 16218, cit. 
[27] 
In questi termini - con l’adesione di M. Montanari, Le insinuazioni tardive, in Il nuovo dir. fallimentare. Commentario sist. dir. da A. Jorio e M. Fabiani, Bologna, 2010, 429 - Trib. Pescara, 10 febbraio 2009, in Fall., 2010, 67. 
[28] 
In questo senso Trib. Udine, 9 maggio 2011, in unijuris.it, Trib. Palermo, 23 maggio 2012, in osservatorio-oci.org, e, in dottrina, D. Bonaccorsi di Patti, Sui termini di ammissione al passivo del creditore sopravveniente, in Dir. fall., 2013, II, 122 ss.
[29] 
V. in argomento E. Staunovo Polacco, Il ritardo non imputabile nell’insinuazione al passivo “supertardiva”, in Fall., 2010, 77, il quale osserva che ove si volesse ritenere tale termine di 90 giorni quale criterio di “congruità” prescelto dal legislatore, non avrebbe avuto senso distinguere fra creditori tardivi ex art. 101, comma 1, L. fall. e creditori ultratardivi incolpevoli, atteso che entrambe le categorie promuovono domanda oltre termini — in ipotesi — congrui; adesivamente D. Bonaccorsi di Patti, Sui termini di ammissione al passivo, cit., 121-122. 
[30] 
Così Cass., 10 luglio 2019, n. 18544, cit. 
[31] 
Cfr. Cass., 16 novembre 2021, n. 34730 (in relazione al credito per canoni di locazioni e indennità sorto dopo il fallimento sopravvenuto, nella misura maturata fino alla intervenuta restituzione dell’immobile da parte della curatela); Cass., 15 novembre 2021, n. 34435; Cass., 13 maggio 2021, n. 12735; Cass., 2 febbraio 2021, n. 2308; Cass., 2 febbraio 2021, n. 2307; Cass., 11 marzo 2020, n. 6991; Cass., 17 febbraio 2020, n. 3872; Cass., 7 novembre 2019, n. 28799, in Fall., 2020, 134. In senso conf., fra i giudici di merito, v. di recente Trib. Torino, 23 settembre 2022, in Dirittodellacrisi.it, Trib. Milano, 29 novembre 2021, cit., e Trib. Brescia, 11 giugno 2020 (Agenzia delle Entrate — Riscossione c. Fall. Palini s.r.l., inedita). 
[32] 
Cass., 10 luglio 2019, n. 18544, cit.
[33] 
V. in particolare Cass., 5 aprile 2022, n. 11000, cit., la quale rileva, in chiave critica, che “non basta invocare il ‘sistema’, senza individuare dei veri principi generali in materia, evocati ma niente affatto ricostruiti, per creare una norma nuova, o reperire altrove una disciplina positiva per estenderla a casi diversamente disciplinati”; e le conclusioni della Procura Generale della Cassazione del 23 febbraio 2022 (in ilcaso.it), ove si soggiunge che il limite di un anno è dettato ai fini dell’ammissibilità delle domande in vista della stabilità dello stato passivo, e quindi nulla sembra aver a che vedere con la giustificabilità del ritardo del deposito delle domande ultratardive. 
[34] 
Così Cass., 16 febbraio 2023, n. 4940, e Cass., 30 novembre 2022, n. 35248, nel solco di Cass., 5 aprile 2022, n. 11000, cit. 
[35] 
Cfr. Cass., 1° ottobre 2015, n. 19679, in Dir. fall., 2016, II, 228; in termini analoghi Cass., 24 novembre 2015, n. 23975, e Cass., 2 dicembre 2020, n. 27590, per le quali il termine ultimo sarebbe quello “necessario per valutare l’opportunità di proporre l’istanza di ammissione e poi di presentarla”; e Cass., 6 luglio 2022, n. 21331, secondo la quale ove “il credito sorga in epoca posteriore al fallimento (...) o richieda un tempo necessario per prendere contezza del fallimento ovvero per predisporre l’istanza, la proposizione della domanda ultratardiva può avvenire in un tempo che, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito, appare giustificato in base a un criterio di ragionevolezza, in rapporto alle peculiarità del caso concreto”; Cass., 20 novembre 2019, n. 30133; Cass., 5 aprile 2016, n. 6559. Conf., fra i giudici di merito, Trib. Piacenza, 11 ottobre 2021, in Dirittodellacrisi.it; Trib. Ivrea, 29 luglio 2019, in Fall., 2019, 1413; Trib. Palermo, 30 gennaio 2017, in One Legale; Trib. Padova, 12 gennaio 2012, in Dir. fall., 2013, II, 114, per il quale il creditore “sopravveniente” può proporre la sua istanza di insinuazione al passivo in via ultratardiva, “ma pur sempre in un termine congruo rispetto al momento in cui il diritto di credito è venuto ad esistenza e poteva quindi essere fatto valere”
[36] 
Così anche Cass., 5 aprile 2022, n. 11000, cit.
[37] 
Tale termine di sessanta giorni, avendo natura processuale e collocandosi nell’ambito del procedimento di verifica, dovrebbe soggiacere alla sospensione feriale. In termini dubitativi v. invece Trib. Larino, circolare del 16 aprile 2023, in Dirittodellacrisi.it, sul rilievo che è il procedimento “introdotto” con la domanda di insinuazione al passivo che sconta la sospensione feriale ex art. 201, ultimo comma, CCII, e non il termine che precede la domanda.
[38] 
V. in questo senso Mancuso, Le domande supertardive. Ritardo incolpevole e termine per il deposito dell’insinuazione, in Il Fall., 2021, 368. 
[39] 
Cfr. G. Bozza, L’accertamento del passivo nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Il Fall., 2019, 1214.
[40] 
In questo senso G. Bozza, L’accertamento del passivo nel Codice della crisi, cit., 1214.
[41] 
Cfr. M.P. Gasperini, I termini processuali, cit., 15, la quale correttamente osserva che la riduzione a sei mesi della finestra temporale entro la quale sono ammissibili le domande tardive, comporta un’anticipazione del dies a quo a partire dal quale eventuali ulteriori domande di ammissione al passivo saranno da considerarsi “supertardive”, il che potrebbe far ritenere che il Giudice Delegato si troverà, in futuro più che in passato, a dover valutare la non imputabilità del ritardo nel deposito della domanda da parte dell’istante ultratardivo. 
[42] 
Conf. G.P. Macagno, Termine per le domande “ultratardive”: valutazione secondo ragionevolezza e onere della prova in capo al creditore, in Fall., 2022, 1422. 
[43] 
Cfr. Cass., 28 settembre 2018, n. 23482, e Trib. Milano, 2 agosto 2022, cit.
[44] 
V. in questa direzione Cass., 16 febbraio 2023, n. 4940, e Cass., 28 giugno 2019, n. 17594, in Il Fall., 2020, 29. 
[45] 
Così, con riferimento alla corrispondente norma della legge fallimentare, Trib. Ferrara, 14 marzo 2012, in osservatorio-oci.org.

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