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Saggio

Coesione sociale, prefetture e crisi d’impresa*

Federico Casu, Viceprefetto presso l’Ufficio di Gabinetto del Ministro dell’Interno

20 Ottobre 2022

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il presente articolo è volto ad evidenziare, in sintesi, la sussistenza di possibili margini di intervento normativo al fine di rendere più efficienti gli strumenti amministrativi di raffreddamento e mediazione, oggi a disposizione dei prefetti, in un processo di più ampia armonizzazione legislativa rispetto all’ordinamento della crisi d’impresa.
In particolare, proprio con riferimento al nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza, il presente contributo tenta di porre in evidenza le potenzialità insite nella rete delle prefetture quale importante alleata del tessuto produttivo nazionale, in grado di contemperarne le esigenze, specie in periodi di difficoltà, rispetto ai territori dove l’imprenditore si trova ad operare.
Riproduzione riservata
1 . Le lacune del quadro normativo di riferimento
Fra la crisi di un’impresa e l’attivazione del variegato sistema degli ammortizzatori sociali[1] intercorre molto spesso l’azione delle prefetture, la cui attività istituzionale usualmente si dispiega per il tramite di tavoli di coordinamento e mediazione, ove, accanto alle istituzioni territoriali, siedono le parti sociali.
Sono luoghi dove il confronto fra livelli di governo, rappresentanze datoriali e sindacati è sostanzialmente finalizzato a stemperare tensioni e ad evitare ricadute sulla tenuta della pace sociale.
Talvolta essi costituiscono anche il presupposto per l’elaborazione di mirate strategie pubbliche di sostegno all’economia locale e di supporto al tessuto imprenditoriale che, come noto, per la sua multidimensionalità - tradizionale punto di forza ma anche elemento di fragilità strutturale del sistema italiano - tanto caratterizza la nostra realtà produttiva.
Non è, peraltro, infrequente che questi tavoli operino in parallelo con i Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica, a dimostrazione di come la coesione sociale e l’ordine pubblico siano lati di una stessa medaglia in costante e dialettica relazione[2].
Tuttavia, a differenza della materia dell’ordine pubblico, non tutta la materia della coesione sociale risulta, ad oggi, sorretta da un adeguato impianto normativo funzionale a consentire ai prefetti, in situazioni di crisi, di agire nel migliore dei modi ovvero con maggiore tempestività.
Situazioni che, se non individuate in tempo, sono suscettibili di degenerare in fenomeni di malcontento diffuso e di illegalità, tanto più pericolosi nei contesti territoriali più vulnerabili rispetto ai rischi di condizionamento e infiltrazione da parte della criminalità organizzata o rispetto alla propaganda eversiva di movimenti sempre pronti a soffiare sul fuoco della protesta e ad agire come fattori di destabilizzazione[3].
Se, dunque, il settore dell’ordine e della sicurezza pubblica risulta, al momento, robustamente presidiato dalla legge 121/1981[4] e dal regio decreto 773/1931[5], quello della coesione sociale, viceversa, presenta taluni ambiti - e la crisi d’impresa è uno di questi - in relazione ai quali sarebbe forse opportuno valutare adeguati interventi di implementazione e razionalizzazione normativa.
2 . Coesione sociale e ruolo delle prefetture-uffici territoriali del governo
Negli ultimi anni, non vi è stato territorio provinciale in cui i prefetti abbiano mancato di far sentire la presenza dello Stato, attivandosi per intercettare eventuali situazioni di disagio economico ed intervenire con correlate iniziative.
È successo, come noto, durante la pandemia quando, a seguito del d.P.C.M. del 22 marzo 2020[6], con la circolare dell’Ufficio di Gabinetto del Ministro dell’interno del 23 marzo sono state impartite alle prefetture indicazioni per verificare, rapidamente, la regolarità delle comunicazioni degli operatori economici circa la riconducibilità delle rispettive imprese alle filiere delle attività produttive consentite in costanza di lockdown.
In quell’occasione, in non più di 48 ore le prefetture validarono migliaia di comunicazioni, evitando l’inceppamento del sistema produttivo nazionale già provato dalla situazione di emergenza sanitaria.
L’azione prefettizia è, peraltro, normalmente esercitata nell’ambito delle imprese erogatrici di servizi pubblici essenziali mediante i tavoli di conciliazione e raffreddamento convocati, sulla base della legge 146/1990[7], in previsione di stati di agitazione o scioperi a livello locale.
Infine le prefetture operano, ma questa volta senza un’adeguata copertura normativa, in occasione di crisi aziendali esterne all’area dei servizi pubblici essenziali.
In questi ultimi casi, in genere, le rappresentanze dei lavoratori contestano le politiche gestionali dell’impresa (ad esempio processi di delocalizzazione o ristrutturazione), denunciando rischi, più o meno concreti, per la tenuta dei livelli occupazionali.
Vi è, dunque, un terzo ambito d’intervento in cui i prefetti si muovono sulla base di una cornice ordinamentale molto generale e che, quindi, necessiterebbe di ulteriori declinazioni e specificazioni.
Esiste, è vero, l’articolo 11 del decreto legislativo 300/1999[8] che assegna alle prefetture il ruolo di uffici territoriali del governo, con compiti di amministrazione generale[9] a supporto dell’indirizzo politico e amministrativo delle strutture ministeriali, specie di quelle non dotate di una capillare articolazione territoriale.
È vero, altresì, che presso tali uffici territoriali del governo sono incardinate le conferenze regionali[10] e provinciali[11] permanenti, la cui organizzazione è disciplinata dal D.P.R. 3 aprile 2006, n. 180[12] e al cui interno è prevista una specifica sezione denominata “sviluppo economico e attività produttive”, ove, oltre alle rappresentanze degli uffici periferici dello Stato interessati e degli enti locali, siedono le parti sociali.
Ciononostante, raramente i tavoli di mediazione convocati in occasione di crisi aziendali si muovono nell’alveo delle conferenze permanenti le quali mal si prestano, in ragione della loro modalità di convocazione e funzionamento, a gestire situazioni estemporanee che, in quanto tali, vanno affrontate in modo rapido.
In altri termini e per esemplificare, un’improvvisa iniziativa sindacale di base volta a bloccare gli accessi di un’impresa - quale forma di protesta contro una ristrutturazione aziendale e/o una messa in mobilità dei lavoratori - va se possibile prevenuta o, comunque, gestita ad horas, talvolta con il coinvolgimento delle Forze di polizia, per il tramite di tavoli di mediazione flessibili quanto a composizione e dinamici quanto a modalità di funzionamento; due requisiti che mal si attagliano alle conferenze permanenti, pensate più che altro come piccoli parlamenti locali per l’analisi di medio e lungo periodo delle dinamiche, anche di natura conflittuale, che caratterizzano un determinato territorio provinciale o regionale[13].  
3 . Possibili sinergie tra ordinamento prefettizio e ordinamento della crisi d’impresa
Esiste, quindi, un ampio settore dell’ordinamento giuridico, che è quello della crisi d’impresa, in cui i tavoli prefettizi si muovono in un contesto normativo poco strutturato e nel quale mirati interventi legislativi potrebbero contribuire a rafforzare il ruolo dei prefetti quali garanti della coesione sociale, anche a supporto di quegli attori, di natura privata o di nomina giudiziaria, chiamati a gestire complesse situazioni di crisi e/o di insolvenza.
Tale settore dell’ordinamento ruota indubbiamente attorno al nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza[14], recentemente entrato in vigore[15], cui va, però, quantomeno, affiancata la legislazione sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese[16] e sulla ristrutturazione delle grandi imprese in stato di insolvenza[17], nonché la normativa sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento che, come noto, si spinge fino a prevedere forme di tutela nei confronti delle micro realtà imprenditoriali[18].
In tale ambito, dunque, anche in previsione delle conseguenze negative che la crisi energetica potrebbe, a breve, determinare per il tessuto imprenditoriale, potrebbe essere utile, e forse indispensabile, una norma di carattere generale che, sulla scorta di quanto previsto per le imprese eroganti servizi pubblici essenziali, disciplini, dando loro maggiore copertura normativa, i tavoli prefettizi di mediazione e raffreddamento.
Una norma che, ad esempio, in caso di crisi aziendali a livello locale, in cui siano a rischio l’ordine e la sicurezza pubblica in relazione alla tutela dei livelli occupazionali e della specificità e continuità degli assetti produttivi caratterizzanti l’economia del territorio, affidi al prefetto del capoluogo di regione, nel caso in cui la crisi coinvolga più province, o al prefetto della provincia interessata il compito di promuovere un tavolo interistituzionale volto a verificare possibili soluzioni, in coordinamento principalmente con il Ministero dello sviluppo economico, senza trascurare il possibile supporto da parte del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali[19], di quello del lavoro ed, ovviamente, del Ministero dell’interno.
Tale norma, che potrebbe affidare ad una fonte regolamentare il compito di disciplinare disposizioni di dettaglio, previo coinvolgimento della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni, le Province autonome e autonomie locali (la c.d. Conferenza Unificata), dovrebbe poi essere armonizzata con il sistema normativo della crisi d’impresa e ciò proprio per consentire ai prefetti una pronta attivazione dei tavoli o, mutato il quadro prospettico, per evitare che l’intervento prefettizio risulti tardivo, con pregiudizio oltreché per la pace sociale anche  per eventuali percorsi di risanamento o ristrutturazione aziendale nel frattempo avviati.
Non è, ad esempio, da escludere che, nell’ambito di una composizione negoziata[20], l’inevitabile coinvolgimento dei soggetti sindacali[21] sfugga al controllo dell’imprenditore e dell’esperto, che nel frattempo è stato a quest’ultimo affiancato per la gestione della crisi, e che eventuali attriti fra la parte datoriale e quella sindacale travalichino i confini dell’azienda stessa per coinvolgere la comunità circostante con potenziali negative ricadute sull’ordine pubblico.
In questo caso, e sempre per ricorrere a delle esemplificazioni, le prefetture, se opportunamente informate, potrebbero con la loro attività di mediazione e composizione dei conflitti sociali affiancare l’impresa, impegnata nel percorso di risanamento e di recupero al mercato, e, al contempo, gestire la dialettica sindacale riconducendola nei limiti consentiti dall’ordinamento. 
In tale contesto, allora, potrebbe, ad esempio, essere opportuno intervenire sul comma 7 dell’articolo 13 del CCII e prevedere che il segretario generale della camera di commercio - ricevuta l’istanza di nomina dell’esperto da parte dell’imprenditore, intenzionato ad avviare una fase di composizione negoziata – informi, fra gli altri, anche il prefetto del capoluogo di regione, al fine di consentirgli di disporre in tempo reale di una panoramica generale circa lo stato di salute del sistema produttivo nell’intero territorio regionale [22], nonché il prefetto nel cui territorio insiste la sede legale dell’impresa che potrebbe essere più direttamente coinvolta da fenomeni di conflittualità sociale[23].
Analogamente potrebbero essere ipotizzati minimali interventi normativi per coordinare le varie procedure concorsuali e le attività dell’imprenditore, dei consulenti e dell’autorità giudiziaria, previste dal codice, con l’opera dei cennati tavoli prefettizi.         
Più in generale, se la filosofia sottesa al nuovo codice della crisi - rispetto a quella su cui poggiava la legge fallimentare del ’42 - aspira a rendere l’ordinamento più attento e comprensivo rispetto ai momenti di difficoltà dell’impresa e di sostenerla, ove possibile, secondo una logica costituzionalmente orientata di impronta solidaristica[24], la rete delle prefetture potrebbe, in tale quadro, divenire un importante alleato, disponendo degli strumenti istituzionali e del know-how per conformare la realtà sociale, con le sue complessità e conflittualità, alle necessità del tessuto produttivo e imprenditoriale e, di contro, favorire il contemperamento fra gli interessi dell’iniziativa economica con quelli della comunità[25].
Il Ministero dell’interno avrebbe, peraltro, un diretto interesse ad esser messo tempestivamente al corrente, per il tramite delle prefetture, dell’emersione di situazioni di crisi afferenti con particolare riferimento alle società partecipate dagli enti locali[26] e ciò per le ricadute che le stesse sono in grado di determinare sugli equilibri di bilancio di comuni, province e città metropolitane e sulla conseguente necessità di intervenire, quando normativamente previsto, con trasferimenti erariali che fanno perno sulla Direzione centrale per la finanza locale presso il Dipartimento per gli affari interni e territoriali del citato Dicastero[27].
4 . Conclusioni
Il presente articolo si è proposto il limitato scopo di individuare possibili spazi di manovra per meglio raccordare, a livello normativo, l’azione prefettizia con il complesso sistema ordinamentale della crisi d’impresa.
E a ben vedere non si tratterebbe neppure di una novità.
Accade già, infatti, - e con positivi risultati – attraverso quella parte del codice antimafia[28] dedicata al fenomeno, purtroppo frequente, dell’impresa in crisi non già sul versante economico-finanziario, ma su quello dell’infiltrazione e del condizionamento criminale.
Accade, in altri termini, per le imprese in crisi, ma sul piano della legalità.
Senza entrare nel dettaglio, perché non sarebbe questa la sede, può, comunque, essere utile evidenziare come, al fine di fronteggiare le infiltrazioni criminali in quella parte del tessuto imprenditoriale dedito a rapporti con la pubblica amministrazione[29], il sistema disciplini, con effetti positivi, forme di dialogo istituzionale tra prefetture, camere di commercio, imprenditori, autorità giudiziaria ed amministratori da essi nominati, seguendo una scala di misure che dal supporto ad un’impresa conducono fino a quello che, sostanzialmente, è un suo commissariamento da parte dello Stato; una scala che idealmente va dalla collaborazione preventiva fra prefetto e imprenditore[30] fino al controllo giudiziario delle aziende[31].
Può essere, inoltre, interessante richiamare l’art. 41 ter del codice antimafia che, per favorire il coordinamento tra le istituzioni, le organizzazioni datoriali e sindacali, consente al prefetto di istituire tavoli provinciali sulle aziende sequestrate e confiscate con il compito, fra l’altro, di favorire la continuazione delle attività produttive e salvaguardare i livelli occupazionali, nonché supportare l’amministratore giudiziario, sulla base delle direttive del giudice delegato e dell’Agenzia per la gestione dei beni confiscati.
Un tavolo in cui è prevista la partecipazione di rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico, degli enti locali, dei sindacati, delle organizzazioni dei datori di lavoro, della camera di commercio. 
Non dovrebbe, inoltre e sia detto per inciso, essere trascurata l’opportunità che tra gli stessi codici antimafia e della crisi di impresa possano essere elaborate norme di raccordo - ulteriori rispetto a quelle minimali che già il codice della crisi reca con sé - per meglio gestire i casi di imprese al contempo infiltrate dalla criminalità organizzata e in crisi ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 14/2019[32] ovvero, ipotesi più probabile, in una situazione di crisi proprio in ragione del condizionamento mafioso.
In definitiva, al di là della tematica dell’antimafia, che comunque afferisce più direttamente alla materia dell’ordine e della sicurezza pubblica, il mondo della crisi di impresa merita, anche sul versante della coesione sociale e dei potenziali conflitti nel mondo del lavoro, una più elevata attenzione, soprattutto nei prossimi mesi quando gli effetti della crisi energetica impatteranno non già solo sul sistema imprenditoriale, ma anche sulla pace sociale che le prefetture saranno chiamate, ancora una volta, a difendere.  
In conclusione e per semplificare al massimo, quasi a livello di slogan, il presente lavoro non propone il tema di far fare alle prefetture qualcosa di nuovo, riversando sulle stesse nuove competenze amministrative, bensì di porle in condizione di fare quello che già quotidianamente fanno, ma in modo più efficiente e ciò sia a beneficio delle comunità di riferimento, che del relativo tessuto imprenditoriale. 

Note:

[1] 
Sistema recentemente riordinato ad opera della L. 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022) e in relazione al quale si rinvia a due circolari quadro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (n. 38 del 3 gennaio 2022) e dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (n. 18 datata 1 febbraio 2022).
[2] 
Interessanti riflessioni sul punto in C. Mosca, La sicurezza. Valori, modelli e prassi istituzionali, Editoriale scientifica, Napoli, 2021, pp. 89 ss; C. Mosca, Il Prefetto rappresentante dello Stato al servizio dei cittadini, Rubettino, Soveria Mannelli, 2010.
[3] 
Si rinvia per approfondimenti alla Relazione 2021 al Parlamento sulla politica dell’informazione della sicurezza e, in particolare, al capitolo su “Eversione ed estremismi”, pp. 97 ss.. A pag. 23 della relazione si osserva come si sia «assistito, al pari di altri Paesi europei, all’evolversi di una spirale mobilitativa che ha trovato linfa vitale in un ingente flusso virtuale di fake news e teorie cospirative sull’emergenza pandemica». La relazione è liberamente consultabile sul sito www.sicurezzanazionale.gov.it nella sezione documentazione.
[4] 
L. 1 aprile 1981, n. 121, recante il “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza”.
[5] 
R.D. 18 giugno 1931, n. 773, recante “Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza”.
[6] 
Adottato ai sensi dell’articolo 3 del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla L. 5 marzo 2020, n. 13.
[7] 
L. 12 giugno 1990, n. 146, recante “Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge”.
[8] 
D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, recante “Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”.
[9] 
Va, in proposito, ricordato che l’ordinamento speciale della carriera prefettizia assegna a tutte le correlate qualifiche dirigenziali (viceprefetti aggiunti, viceprefetti e prefetti) competenze di rappresentanza generale del Governo sul territorio e di amministrazione generale (cfr. articolo 1 D.Lgs. 19 maggio 2000, n. 139, recante “Disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia, a norma dell'articolo 10 della legge 28 luglio 1999, n. 266”).
[10] 
Presso le prefetture dei capoluoghi di regione.
[11] 
Presso ogni prefettura.
[12] 
Concernente il “Regolamento recante disposizioni in materia di Prefetture-Uffici territoriali del Governo, in attuazione dell'articolo 11 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni”.
[13] 
Spesso, ad esempio, nell’alveo delle conferenze permanenti sono elaborati interessanti documenti di analisi del contesto socio economico provinciale che ne evidenziano le potenzialità evolutive di medio periodo; documenti che le prefetture condividono con gli Uffici di Gabinetto dei Ministeri interessati ratione materiae, ivi incluso il Ministero dell’interno. 
[14] 
D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, e successive modificazioni.
[15] 
La bibliografia è fin d’ora vastissima e si affianca ad una produzione giurisprudenziale da subito chiamata a confrontarsi con la nuova normativa. Potrebbe essere, in proposito, utile alla pubblicazione di recente conio elaborata a cura dell’Ufficio del massimario della Corte di Cassazione: Corte di cassazione, Ufficio del massimario e del ruolo, Relazione su novità normativa n. 87 del 15 settembre 2022, Fallimento ed altre procedure concorsuali – In genere, www.cortedicassazione.it
Si considerino, altresì, i seguenti contributi che possono contribuire ad avere una visione d’insieme della nuova normativa sulla crisi d’impresa: A. M. Alberti, Crisi dell’impresa, continuazione dell’attività e composizione negoziata, in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, Quaderni di ristrutturazioni aziendali, 1/2022, pp. 108-119; S. Ambrosini, Il codice della crisi dopo il D.Lgs. n. 83/2022: brevi appunti su nuovi istituti, nozione di crisi, gestione dell’impresa e concordato preventivo (con una notazione di fondo), in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, Quaderni di ristrutturazioni aziendali, 2/2022, pp. 4-26; P. F. Censoni, il concordato «semplificato»: un istituto enigmatico, in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, Quaderni di ristrutturazioni aziendali, 1/2022, pp. 91-107; M. Fabiani, Codice della crisi e direttiva sui quadri di ristrutturazione, ovvero il concordato preventivo in mezzo al guado, in Foro.it., 1/2022, pp. 20-29; M. Fabiani-I. Pagni, Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, in Il Fall., 8/9 2022, pp. 1025 ss; R. Guidotti, La crisi d’impresa nell’era Draghi: la composizione negoziata e il concordato semplificato, in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, Quaderni di ristrutturazioni aziendali, 1/2022, pp. 63-90; A. Jorio, Codice della crisi: le categorie del disagio e la responsabilizzazione dell’imprenditore (un’introduzione), in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it (settembre 2022); V. Minervini, Composizione negoziata, norme unionali e (nuovo) Codice della crisi, in Dirittodellacrisi.it (marzo 2022); L. Panzani, I doveri delle parti, in Dirittodellacrisi.it (settembre 2022); E. Quaranta, Il rapporto tra la liquidazione giudiziale e strumenti di regolazione della crisi nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Dirittodellacrisi.it (settembre 2022). 
Per un inquadramento generale della materia, anche in chiave evolutiva, G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, Giappichelli, Torino, 2022; S. Pacchi-S. Ambrosini, Diritto della crisi e dell’insolvenza, Zanichelli, Bologna, 2022. 
Si segnala, inoltre, A. Ilacqua, Profili della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Analisi, prospettive e sviluppi, Giappichelli, Torino, 2021.   
[16] 
D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, recante “Nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell’art. 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274”. 
[17] 
D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, recante “Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza”, convertito in L., con modificazioni, 18 febbraio 2004, n. 39. 
[18] 
L. 27 gennaio 2012, n. 3, recante “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento”. 
[19] 
Per tutto il variegato mondo delle imprese agricole e della pesca. 
[20] 
Che è stata pensata come anticamera negoziale delle varie procedure di natura concorsuale previste dal CC.II. utile ad intercettare, anzitempo, eventuali situazioni di crisi aziendale ancora potenzialmente gestibili. 
[21] 
Art. 4, comma 3, del CCII.
[22] 
Presso il capoluogo di regione siede, peraltro, la commissione regionale competente alla nomina degli esperti nel caso in cui l’imprenditore decida di attivare questa particolare fase negoziale: la commissione è formata da tre membri, uno dei quali nominato proprio dal prefetto del capoluogo di regione (art. 13, comma 6, lettera c), del CCII).
[23] 
In tal caso dovrebbe essere disciplinata la comunicazione tra prefetti della stessa regione o di regioni diverse nel caso in cui l’impresa avesse sedi operative in altre parti del territorio nazionale e in relazione alle quali, in ragione dello stato di crisi e/o di insolvenza, fossero probabili ricadute a cascata sui livelli occupazionali.
[24] 
E che all’articolo 2 della Costituzione e, più specificamente al principio pluralista, guarda come ad un imprescindibile punto di riferimento in correlazione con l’art. 41 Cost..
[25] 
Sul punto può essere utile richiamare il nuovo secondo comma dell’articolo 2086 del codice civile introdotto dal D.Lgs. n. 14/2019 in base al quale «L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale». Tale disposizione, infatti, come correttamente osservato, va oltre la dimensione privatistica dell’impresa (almeno di quelle imprese in forma societaria o collettiva), finendo per valorizzare la posizione comunitaria – o, come pure è stato rilevato, pubblicistica (F. D Marzio, Obbligazione, insolvenza, impresa, Giuffrè, Milano, 2019, in particolare pp. 134 ss)   – dell’imprenditore inteso come soggetto che opera in un contesto territoriale in un rapporto di scambio di lavoro e ricchezza, che, peraltro, presenta profili di delicatezza anche in termini di sostenibilità sull’ambiente circostante.
[26] 
Sui rapporti tra il testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175) e il CC.II. cfr. A. Paluchowski, Le società a partecipazione pubblica di fronte alla emersione della crisi, tra TUSP e CC.II., in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, in Quaderni di ristrutturazioni aziendali, 2/2022, pp. 250-274.
[27] 
Gli anni della pandemia hanno visto la predetta articolazione centrale particolarmente impegnata nel trasferimento di ingenti risorse agli enti locali attraverso un’azione di coordinamento con il Ministero dell’economia e delle finanze e della Conferenza permanente Stato-città e autonomie locali (organismo della Presidenza del Consiglio dei Ministri presieduta dal Ministro dell’interno). 
[28] 
D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, recante “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136”.
[29] 
Rapporti contrattuali o afferenti il rilascio di concessioni o di pubbliche erogazioni.
[30] 
Art. 94bis Codice antimafia.
[31] 
Art. 34 bis Codice antimafia.
[32] 
«1. Ai fini del presente codice si intende per: a) «crisi»: lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi…».

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I sistemi informatici e le procedure software preposte al funzionamento di questo sito web acquisiscono, nel corso del loro normale esercizio, alcuni dati personali la cui trasmissione è implicita nell'uso dei protocolli di comunicazione di Internet. In questa categoria di dati rientrano gli indirizzi IP, gli indirizzi in notazione URI (Uniform Resource Identifier) delle risorse richieste, l'orario della richiesta, il metodo utilizzato nel sottoporre la richiesta al server, la dimensione del file ottenuto in risposta, il codice numerico indicante lo stato della risposta data dal server (buon fine, errore, ecc.) ed altri parametri relativi al sistema operativo dell'utente.

Tempi di conservazione dei Suoi dati - I dati personali raccolti durante la navigazione saranno conservati per il tempo necessario a svolgere le attività precisate e non oltre 24 mesi.

Modalità del trattamento - Ai sensi e per gli effetti degli artt. 12 e ss. del GDPR, i dati personali degli interessati saranno registrati, trattati e conservati presso gli archivi elettronici delle Società, adottando misure tecniche e organizzative volte alla tutela dei dati stessi. Il trattamento dei dati personali degli interessati può consistere in qualunque operazione o complesso di operazioni tra quelle indicate all' art. 4, comma 1, punto 2 del GDPR.

Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

  • - a soggetti che possono accedere ai dati in forza di disposizione di legge, di regolamento o di normativa comunitaria, nei limiti previsti da tali norme;
  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

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