La sentenza afferma due importanti principi:
“In tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità ex art. 38, comma 2, del D.Lgs. n. 385 del 1993, non costituisce un elemento essenziale del contenuto del contratto, non essendo la predetta norma determinativa del contenuto medesimo, né posta a presidio della validità del negozio, bensì un elemento meramente specificativo o integrativo dell'oggetto contrattuale, fissato dall'Autorità di vigilanza sul sistema bancario nell'ambito della c.d. "vigilanza prudenziale", in forza di una norma di natura non imperativa, la cui violazione è, dunque, insuscettibile di determinare la nullità del contratto (nella specie, del mutuo ormai erogato cui dovrebbe conseguire anche il venir meno della connessa garanzia ipotecaria), che potrebbe condurre al pregiudizio proprio di quell'interesse alla stabilità patrimoniale della banca e al contenimento dei rischi nella concessione del credito che la disposizione mira a proteggere”.
“In tema di finanziamenti bancari, qualora la volontà dei contraenti - incontestata o comunque accertata dal giudice a seguito di contestazione - sia stata diretta alla stipula di un finanziamento corrispondente al modello legale del mutuo fondiario, non è consentito al giudice riqualificare d'ufficio il contratto per neutralizzarne gli effetti legali propri del tipo negoziale prescelto, riconducendolo a quello generale del mutuo ordinario o a tipi contrattuali diversi, pure in presenza di una contestazione della validità del negozio sotto il profilo del superamento del limite di finanziabilità che, implicitamente, postula proprio la corretta qualificazione del contratto in termini di mutuo fondiario.”.
Le Sezioni Unite sono tornate funditus sul tema delle conseguenze derivanti dal superamento della soglia di finanziabilità nel mutuo fondiario, contemplata dall’art. 38, comma 2, D.Lgs. n. 385 del 1993 (c.d. TUB), norma che, per un verso, demanda alla Banca d’Italia di “determinare l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati”, per altro verso, non contempla expressis verbis sanzione alcuna.
La violazione del limite di finanziabilità – a tutt’oggi fissato in virtù di una deliberazione del CICR del 22 aprile 1995 nell'80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere – ha fatto gemmare negli anni indirizzi diversificati.
Un primo orientamento ha letto l'art. 38 TUB e i connessi provvedimenti delle Autorità amministrative come altrettante regole di “buona condotta”, la cui violazione comporterebbe l'irrogazione delle sanzioni contemplate dall'ordinamento bancario o il concretizzarsi di conseguenze risarcibili; l’esorbitanza della somma finanziata non è in grado, infatti, di incidere sul regolamento contrattuale, tanto meno di inficiarne le previsioni (Cass. 28 novembre 2013, n. 26672).
Un secondo avviso ha ritenuto che il rispetto del limite attenga all’oggetto del contratto sicché la violazione del rapporto di proporzionalità fra credito erogabile e valore dell'ipoteca concessa comporterebbe la nullità radicale del negozio (Cass. 13 luglio 2017, n. 17352; Cass. 28 maggio 2018, n. 13286). Il rilascio di un prestito non calibrato sul valore del cespite ipotecario, attestato con perizia predisposta dalla banca, collocherebbe, infatti, il contratto fuori dai binari normativamente imposti per l’accesso alla speciale disciplina del credito fondiario. Nell’alveo della tesi della nullità del contratto eccedentario, si è, tra l’altro, reputata possibile la conversione del mutuo invalido in un ordinario finanziamento ipotecario, sussistendone i presupposti (Cass. 9 maggio 2018, n. 11201).
Un’ultima visuale interpretativa, affacciatasi in sede nomofilattica, ha scorto nella fattispecie del superamento del limite un problema di riqualificazione del contratto, che a dispetto del nomen iuris adoperato dalle parti, altro non sarebbe che un mutuo ipotecario ordinario; oltrepassata la soglia di finanziabilità non verrebbe in apice, in altri termini, la nullità del sinallagma, con conversione in altro tipo di contratto, determinandosi soltanto la necessità della disapplicazione dello “statuto speciale” del mutuo fondiario, con la conservazione, tuttavia, della garanzia ipotecaria (Cass., 14 giugno 2021, n. 16776 e Cass. 28 giugno 2019, n. 17749).
Le Sezioni Unite hanno disatteso sia l’opzione interpretativa della nullità radicale (ancorché suscettibile di conversione), sia quella tesa a perorare la possibilità di riqualificazione del contratto. Nell’escludere, in particolare, che la tecnica di formulazione della norma e lo scopo dalla stessa presidiato consentano di ritenere la portata imperativa della disposizione, tanto comportare l’invalidità del negozio per violazione del precetto, le Sezioni Unite circoscrivono l’incidenza sanzionatoria del superamento del limite al piano disciplinare correlato al rapporto esclusivo fra istituto di credito e autorità di vigilanza.