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Cass., Sez. 1, 30 novembre 2023, n. 33346, Pres. Ferro, Est. Terrusi

GIUDIZIO DI RINVIO - Poteri del giudice di rinvio - Limiti in ipotesi di accoglimento del ricorso per violazione o falsa applicazione di legge o per vizio di motivazione - Fattispecie in tema di accantonamenti nel concordato preventivo.

Postilla a cura di Andrea Olivieri , Avvocato in Padova

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I limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la sentenza o l’ordinanza di Cassazione abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto ovvero per vizi di motivazione su punti decisivi della controversia ovvero per l'una e per l'altra ragione. Nella prima ipotesi, il giudice di rinvio è tenuto soltanto a uniformarsi, ai sensi dell'art. 384, comma 1, c.p.c., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di Cassazione, senza possibilità di modificare l'accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo. (Fattispecie in tema di accantonamenti nel concordato preventivo). 

Massima Ufficiale
Riproduzione riservata

art. 384, comma 1, c.p.c.

POSTILLA

Sul rapporto tra gli accantonamenti e il giudizio di omologa del concordato preventivo

di Andrea Olivieri, Avvocato in Padova

14 Dicembre 2023

La ordinanza della prima sezione della Suprema Corte n. 33346 pubblicata in data 30.11.2023 Pres. Ferro, Est. Terrusi, si segnala in primo luogo per la affermazione di un principio processuale di sicuro interesse.
Tale è il principio per cui il giudice del rinvio, ove la decisione sia stata annullata per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ha il potere di effettuare nuovi accertamenti di fatto solo nei limiti di quanto demandato dalla Cassazione, esplicitamente o implicitamente.
Tale dictum è conforme a quanto già statuito dalla Suprema Corte ove ha  affermato che, qualora abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, “il giudice di rinvio è tenuto soltanto ad uniformarsi, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 1, al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l'accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo” (così Cassazione Civile, Sezione III, ordinanza 13.11.2019 n. 29328; il predetto principio è stato espressamente ribadito anche dalla adita Suprema Corte, Sezione Terza, nella Ordinanza n. 17240 del 15.06.2023).
La ordinanza in commento assume, in secondo luogo, ancor più rilevanza in ambito concorsuale laddove sembra suggerire il principio in base al quale, in ambito di concordato preventivo, la valutazione relativa alla obbligatorietà o meno degli accantonamenti inerenti alle somme spettanti a creditore contestato debba essere effettuata a valle di quella inerente alla fattibilità del concordato, e dunque sul presupposto irrevocabile dell’omologa del concordato
L’articolo 180 L. fall. dispone testualmente come segue:“I. Se il concordato è stato approvato a norma del primo comma dell’articolo 177, il giudice delegato riferisce al tribunale il quale fissa un’udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e del commissario giudiziale, disponendo che il provvedimento venga pubblicato a norma dell’articolo 17 e notificato, a cura del debitore, al commissario giudiziale e agli eventuali creditori dissenzienti II. Il debitore, il commissario giudiziale, gli eventuali creditori dissenzienti e qualsiasi interessato devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata. Nel medesimo termine il commissario giudiziale deve depositare il proprio motivato parere. III. Se non sono proposte opposizioni, il tribunale, verificata la regolarità della procedura e l’esito della votazione, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame. IV. Se sono state proposte opposizioni, il Tribunale assume i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti di ufficio, anche delegando uno dei componenti del collegio. Nell’ipotesi di cui al secondo periodo del primo comma dell’articolo 177 se un creditore appartenente ad una classe dissenziente ovvero, nell’ipotesi di mancata formazione delle classi, i creditori dissenzienti che rappresentano il venti per cento dei crediti ammessi al voto, contestano la convenienza della proposta, il tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. V. Il tribunale provvede con decreto motivato comunicato al debitore e al commissario giudiziale, che provvede a darne notizia ai creditori. Il decreto è pubblicato a norma dell’articolo 17 ed è provvisoriamente esecutivo.VI. Le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili sono depositate nei modi stabiliti dal tribunale, che fissa altresì le condizioni e le modalità per lo svincolo. VII. Il tribunale, se respinge il concordato, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui gli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore, con separata sentenza, emessa contestualmente al decreto. 
L’art. 180, comma 6, L. fall. stabilisce che il Tribunale fissi le condizioni e le modalità dello svincolo del deposito delle somme.
Lo svincolo potrà essere disposto, a richiesta, a seconda dei casi, del commissario giudiziale, del liquidatore giudiziale dei beni ceduti, dei creditori o dello stesso debitore, a seguito del venir meno della ragione ostativa del pagamento immediato delle somme, che va individuato: i) per quanto riguarda i crediti contestati, nel passaggio in giudicato della sentenza che ne accerta la sussistenza, l’entità e il rango, ovvero nel riconoscimento da parte del debitore; ii) per quanto riguarda i crediti condizionali, nell’avveramento della condizione sospensiva o risolutiva; iii) per quanto riguarda i crediti i cui titolari siano irreperibili, nel reperimento presso sede o residenza ovvero in un richiesta di pagamento (così Maffei Alberti, Commentario breve alla Legge Fallimentare, Padova 2013, pag. 1204).
Fintantochè non si verifichino i presupposti dello svincolo degli accantonamenti, la fase dell’esecuzione del concordato preventivo non può ritenersi conclusa.
In forza delle testuali previsioni dell’art. 180 L. fall., gli accantonamenti dei crediti contestati vengono disposti con il decreto di omologa del concordato preventivo e, dunque, conseguono necessariamente all’accertamento della fattibilità del concordato che viene appunto accertata con il medesimo decreto di omologa che dispone gli accantonamenti. 
La fattibilità del concordato preventivo rappresenta infatti il presupposto, dapprima, per l’ammissione del concordato e, poi, per l’omologa dello stesso.
La Legge Fallimentare, all’art. 161, terzo comma, prevede infatti che tale requisito debba essere espressamente oggetto della attestazione, effettuata dal professionista indipendente, che deve far parte della documentazione a corredo del piano concordatario. 
La fattibilità è inoltre oggetto di specifico esame da parte del Tribunale al momento della ammissione e della omologa del concordato, così come espressamente statuito dalla nota sentenza della adita Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 1521 del 23 gennaio 2013 e ribadito dalla adita Suprema Corte di Cassazione, sez. I, con la sentenza n. 9061 del 7 aprile 2017.
Quindi gli accantonamenti di cui all’art. 180, comma 6, L. fall. devono e possono essere disposti dal Giudice esclusivamente sul presupposto logico e giuridico che il concordato preventivo sia omologato e vengono disposti, appunto, con il decreto di omologa.
Dunque, ai sensi dell’articolo 180 L. fall., la fattibilità o meno del concordato non può essere verificata dal Giudice di merito a seconda che disponga o meno l’accantonamento di determinate somme, ma, al contrario, la fattibilità del concordato e la conseguente omologa costituiscono il presupposto giuridico necessario affinchè venga disposto l’accantonamento con il medesimo decreto di omologa.
D’altra parte, che la disciplina degli accantonamenti non incida sulla fase giudiziale del concordato, e dunque sull’accertamento della sua fattibilità e sull’omologa, ma esclusivamente sulla fase esecutiva del concordato, che è successiva e conseguente a quella giudiziale di omologa, lo prevede, ancora una volta, la Legge Fallimentare all’art. 185 L. fall.
Tale articolo 185 L. fall., rubricato appunto “Esecuzione del concordato” dispone espressamente nei primi due commi: “Dopo l'omologazione del concordato, il commissario giudiziale ne sorveglia l'adempimento, secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione. Egli deve riferire al giudice ogni fatto dal quale possa derivare pregiudizio ai creditori. Si applica il secondo comma dell'art. 136.”
Ebbene, l’articolo 136, secondo comma L. fall., richiamato dal 185 L. fall. che disciplina l’esecuzione del concordato omologato, prevede testualmente che “Le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili sono depositate nei modi stabiliti dal giudice delegato.”
E’ dunque pacifico per Legge che la fase della omologazione del concordato, che concerne naturalmente la fattibilità intesa come idoneità alla concreta attuabilità dello stesso, sia una fase di natura giudiziale antecedente e distinta dalla fase successiva e conseguente degli accantonamenti che concerne invece la successiva e distinta fase esecutiva del concordato.
Pertanto, la valutazione relativa alla obbligatorietà o meno degli accantonamenti inerenti alle somme spettanti a creditore contestato, come parrebbe postulare la Suprema Corte nella ordinanza n. 33346 del 2023, potrebbe essere effettuata esclusivamente a valle di quella inerente alla fattibilità del concordato preventivo, e dunque sul presupposto irrevocabile e incontestabile dell’omologa del concordato e della fattibilità dello stesso

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