Abbiamo visto che la tutela degli interessi dei creditori nel caso di ristrutturazione non è assoluta come nel caso di liquidazione concorsuale. La differenza nasce dal fatto che nel caso della liquidazione concorsuale l’unico scopo della procedura è soddisfare i creditori, consentendo loro di realizzare la garanzia patrimoniale sulla base del principio del concorso, fondato sulla regola della par condicio.
Tale regola si fonda su un principio di efficienza economica perché:
a) permette di liquidare i beni del debitore insolvente in maniera ordinata;
b) evita una gara dispendiosa tra i creditori ordinari;
c) vi è un risparmio di costi nella liquidazione dei beni del debitore;
d) scongiura il pericolo che il singolo creditore ordinario, interessato solo a recuperare quanto gli è dovuto, non si preoccupi di realizzare i beni aziendali al massimo valore possibile.
Si è però già visto che la prosecuzione dell’attività d’impresa è di regola più conveniente ed efficiente, non necessariamente nei confronti dei creditori, che però non riceveranno comunque meno di quanto otterrebbero in caso di liquidazione giudiziale, ma per il complesso degli interessi tutelati.
In questa prospettiva alcune regole che riguardano l’attuazione della garanzia patrimoniale, in primo luogo la valutazione del “peso” di ogni credito, variano rispetto all’ipotesi liquidatoria.
I creditori nella disciplina della Direttiva Insolvency sono chiamati ad esprimere il loro voto organizzati per classi. Le classi sono formate raggruppando i crediti in base a criteri omogenei. Ciò consente da un lato al debitore di proporre un piano che può meglio soddisfare gli interessi divergenti dei vari gruppi di creditori e dall’altro attenua il peso specifico di singoli creditori, anche titolari di crediti di rilevante ammontare. Complessivamente il voto per classi favorisce le probabilità di approvazione del piano, anche perché le classi, non in tutti gli ordinamenti, vengono formate dal debitore, anche se sono soggette al controllo del giudice, come in Italia, in ordine ai criteri di formazione.
In secondo luogo l’approvazione del piano di ristrutturazione si fonda o sul consenso di tutte le classi o della maggioranza delle classi, fermo restando il rispetto del best creditors’ interest test. In taluni casi tuttavia il legislatore prescinde anche dall’approvazione della maggioranza delle classi, ritenendo prevalente l’interesse all’approvazione del piano, a condizione che i creditori dissenzienti non siano pregiudicati sempre avuto riguardo al best creditors’ interest test.
Da questo punto di vista il legislatore italiano ha adottato un duplice criterio di determinazione legale della maggioranza in ogni classe nel concordato in continuità. L’art. 109, comma 5, CCII stabilisce che in ogni classe la proposta è approvata se è raggiunta la maggioranza dei crediti ammessi al voto o se, in alternativa, hanno votato favorevolmente i due terzi dei crediti dei votanti, purché vi sia un quorum di almeno la metà dei crediti ammessi al voto. In altri termini è sufficiente il voto favorevole del 33,33% degli aventi diritto. Ciò indubbiamente riduce il peso dei creditori che non si sono espressi. L’art. 9, par. 6, della Direttiva, non stabilisce una maggioranza minima, rinviando al diritto nazionale, e prevede soltanto che la maggioranza all’interno di ogni classe non può essere superiore al 75% dell’importo dei crediti.
Il secondo tema che incide sul trattamento dei creditori è rappresentato dalla sostituzione del criterio dell’absolute priority rule, che si applica in caso di liquidazione, con il diverso criterio della relative priority rule.
L’art. 2741 c.c. prevede come criterio di distribuzione dell’attivo tra i creditori il principio di parità di trattamento, contemperato dal rispetto dell’ordine delle cause di prelazione. Tale criterio è funzionale alla liquidazione concorsuale. Il nostro ordinamento prevede, oltre ai diritti reali di garanzia che hanno prevalentemente carattere consensuale, il sistema dei privilegi accordati dalla legge in relazione alla causa del credito. Altri ordinamenti hanno rinunciato ad un ampio sistema di cause legali di prelazione, viste come distorsive di una tutela uniforme del ceto creditorio.
Nel caso della ristrutturazione dell’impresa i criteri applicati per la liquidazione concorsuale hanno minor ragione di essere applicati.
L’absolute priority rule comporta che i creditori di grado inferiore non possono ricevere nulla sino a quando non sono stati integralmente soddisfatti i creditori di grado poziore. Poiché i creditori sono suddivisi in classi, ne deriva che una classe di grado inferiore non può ricevere nulla sino a quando le classi di grado superiore non sono state integralmente soddisfatte. La relative priority rule consente una deroga a tale principio, nel senso che i creditori di grado inferiore possono ricevere un parziale soddisfacimento a condizione che essi non siano trattati meglio dei creditori di grado superiore. Ne deriva che in questo modo è possibile predisporre un piano che ripartisca il valore derivante dalla ristrutturazione in modo più articolato di quanto consentirebbe l’applicazione rigorosa dell’APR.
La Direttiva Insolvency ha previsto come regola di default che il piano debba rispettare la relative priority rule ( Considerando 55 e art. 11, par. 1, lett. c), lasciando però agli Stati membri la possibilità di optare per l’absolute priority rule ( art. 11, par. 2).
L’Italia ha optato per l’applicazione della relative priority rule, a differenza dei principali ordinamenti europei ( Francia, Germania, Olanda).
Va aggiunto che il Considerando 56 prevede che “Gli Stati membri dovrebbero poter derogare alla regola della priorità assoluta, se … si consideri giusto che i detentori di strumenti di capitale mantengano determinati interessi ai sensi del piano, nonostante che una classe di rango superiore sia obbligata ad accettare una falcidia dei suoi crediti, o che i fornitori essenziali cui si applica la disposizione sulla sospensione delle azioni esecutive individuali siano pagati prima di classi di creditori di rango superiore”.
L’art. 120-quater del codice della crisi ha previsto, come si è visto, che i soci nel caso del concordato in continuità possono giovarsi soltanto dell’incremento di valore delle loro partecipazioni per effetto dell’esecuzione del piano e del risanamento dell’impresa. Per il resto l’art. 112 CCII prevede che il valore di liquidazione sia distribuito nel rispetto delle cause legittime di prelazione e quindi secondo l’absolute priority rule. Il valore eccedente quello di liquidazione segue invece la relative priority rule ( cfr. anche art. 86, comma 6, CCII).
Va sottolineato che l’art. 112 prevede che il tribunale in sede di omologazione verifichi il rispetto della corretta ripartizione del valore soltanto nel caso in cui una o più classi siano dissenzienti. Poiché, come si è visto, la maggioranza all’interno delle classi non significa unanimità dei creditori che appartengono alla classe, i creditori uti singuli non sono tutelati sotto questo profilo. Occorre che la classe sia dissenziente. Il singolo creditore dissenziente è invece tutelato dalla possibilità di eccepire che il trattamento non rispetta il best interest of creditors e quindi è inferiore a quanto potrebbe ottenere in caso di liquidazione giudiziale.
Anche sotto questo profilo, pertanto, il sistema è orientato in senso favorevole all’approvazione della proposta concordataria in continuità.
Va poi aggiunto che la previsione di un trattamento differenziato dei creditori secondo criteri diversi dal rispetto rigoroso dell’ordine delle cause di prelazione non è l’unica ed importante deroga al sistema tradizionale di ripartizione dell’attivo, tuttora valido in caso di liquidazione giudiziale e, nel caso del concordato preventivo, nel caso di concordato liquidatorio.
La ristrutturazione trasversale o cross class cram down consente infatti di ritenere approvato il piano non soltanto quando esso è approvato da tutte le classi o dalla maggioranza delle classi, purché almeno una di esse sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, ma anche nel caso in cui vi sia l’approvazione di una sola classe, a condizione che tali creditori siano almeno parzialmente soddisfatti applicando l’absolute priority rule, anche sul valore eccedente quello di liquidazione.
Di tale regola sono state date in dottrina e giurisprudenza almeno due letture differenti. Si è detto che occorre che la classe che vota a favore rinunci ad un trattamento più favorevole che otterrebbe se la proposta concordataria rispettasse l’absolute priority rule, confidando evidentemente nella bontà del piano di ristrutturazione[16]. Si è sostenuto, al contrario, e a mio avviso più convincentemente, che la classe che vota a favore deve essere soltanto una classe c.d. in the money, cioè che sarebbe almeno parzialmente soddisfatta applicando integralmente l’absolute priority rule, e che quindi non voti a favore, per così dire, con i soldi degli altri[17].
Non è in realtà facilissimo che si verifichi una situazione di questo tipo. Qui tuttavia non interessa tanto questa diversa interpretazione della norma, quanto il fatto che è possibile considerare approvato il piano anche con il voto favorevole di una sola classe e quindi al di fuori del principio di maggioranza, fermo restando che occorre l’omologazione del tribunale.
Se guardiamo a come altri Paesi hanno recepito la Direttiva Insolvency possiamo notare che sovente è stata adottata l’absolute priority rule, ma con contemperamenti. Sono gli stessi contemperamenti che per diritto americano, dove si applica ugualmente l’APR, consentono al giudice di ritenere fair and equitable un piano che deroga in qualche misura all’applicazione rigorosa della regola.
Va sottolineato che la legge tedesca[18] ha escluso che il piano possa essere approvato senza la maggioranza delle classi, salvo il caso, espressamente previsto dalla Direttiva in cui vi sono soltanto due classi ed è sufficiente che si sia espressa a favore una classe soltanto.
Guardando complessivamente alla disciplina adottata in Europa ed anche negli Stati Uniti possiamo affermare che sono introdotti contemperamenti, non sempre al principio di maggioranza, ma alla ripartizione dell’attivo tra i creditori secondo le regole del concorso valide in caso di liquidazione, perché l’obiettivo del legislatore è di favorire la conservazione dell’impresa a tutela più che dei creditori della somma complessiva degli interessi coinvolti.
Il testo riproduce la relazione tenuta il 3 ottobre 2023 alla Scuola Superiore della Magistratura nell’ambito del corso “Analisi economica del diritto: concorrenza, contratti e responsabilità”.