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Angelo Galizzi, Dottore Commercialista in Bergamo

Ruolo, doveri e responsabilità del Collegio Sindacale: una nuova era.

11 Dicembre 2023

Il tema che mi accingo a trattare, di assoluta attualità con l’entrata in vigore del CCII, prende le mosse anche da quanto emerso nel corso del convegno di Mantova dello scorso ottobre. Mi preme, in particolare, effettuare qualche considerazione/sottolineatura, frutto della mia lunga attività di sindaco e delle sensibilità acquisite nel tempo in tema di vigilanza in ambito societario. 

Dapprima, relativamente alla vexata quaestio circa la nomina di questo Organo Sociale (dove, come ben sappiamo, il controllato nomina il controllante laddove vi sono, soprattutto nelle PMI, commistioni tra assetti proprietari e governance), parto una constatazione del tutto oggettiva,  ovverosia che - ancor oggi! - i Collegi sindacali sono perlopiù formati da Professionisti non specializzati in diritto della Crisi di Impresa, in un contesto di sempre maggior immanenza del Collegio Sindacale, in stretta connessione gli altri Organi Societari, e con la conseguente e  crescente responsabilità che ne consegue in capo a chi ricopre questo ruolo.

La portata del disposto dell’art. 2086 c.c., in vigore ormai dal marzo 2019, ed il relativo richiamo all’art. 3 del CCI, impongono infatti una riflessione di fondo sul ruolo del Sindaco e sulla necessità che questa figura svolga il proprio mandato con assoluta indipendenza e maggiori competenze rispetto al passato. A tal proposito, provo ad ipotizzare, quale possibile strada da intraprendere, quella di prevedere che in sede di nomina, ove collegiale, possa, o meglio debba, essere individuato almeno un professionista iscritto nell’elenco degli Esperti ex art. 13, comma 3 del CCII.

Tale soluzione mi parrebbe un giusto compromesso per meglio equilibrare la composizione dell’Organo di Controllo in imprese che superano determinate soglie dimensionali, coerentemente con le nuove disposizioni normative. Inoltre, a mio avviso, andrebbe anche apportata una modifica alla disposizione che prevede l’obbligatorietà della nomina dell’organo di controllo o, alternativamente, del revisore per le società di minori dimensioni, che superano determinate soglie minime: ebbene, attesa la diversità di ruoli, di competenze e di coinvolgimento nella governance dell’impresa, l’applicazione della disposizione in parola ha creato un equivoco di fondo che andrebbe risolto quanto prima.

Certo, le sempre maggiori responsabilità previste in capo ai Sindaci dovrebbero (ma il condizionale è d’obbligo) indurre i soci ed i professionisti nominati ad attenersi, gli uni a principi di assoluta trasparenza e terzietà in fase di nomina, gli altri a svolgere il proprio ruolo con idonee competenze ed un adeguato grado di scetticismo professionale. Ma, come ben sappiamo, nella realtà prevalgono spesso dinamiche diverse, a scapito dell’indipendenza (in determinati contesti, anche rivestire questo ruolo oltre due mandati potrebbe, anche solo inconsciamente, creare un’eccessiva “familiarità” con l’imprenditore), con le relative criticità che ne conseguono in termini di responsabilità. Ed allora perché non pensare ad un Organo Collegiale, con un giusto mix di competenze, che potrebbe agevolare quella trasparenza e qualità dei flussi informativi sempre più richiesti dal Sistema, in primis quello bancario.

Con l’entrata in vigore del CCII, le disposizioni degli artt. 25-octies, 25-novies, 25-decies ed, extrema ratio, il disposto dell’art 37 comma 2, chiamano direttamente in causa l’organo di controllo, sia in termini di proattività, al verificarsi di determinate situazioni che possano far presagire uno stato di crisi, sia in termini di necessità di attivazione in caso di segnalazioni ricevute da parte di creditori pubblici qualificati (INPS, INAIL e Agenzia delle Entrate), o da parte di banche ed intermediari finanziari. 

In ordine alle prime, ove si è in presenza di talune soglie molto basse, al superamento delle quali scatta la segnalazione, il Collegio Sindacale deve attivarsi, con le giuste sensibilità, onde indurre l’organo amministrativo a valutare tempestivamente se sussistano i presupposti per l’accesso alla Composizione Negoziata della Crisi. Relativamente invece agli obblighi di segnalazione delle banche, non sempre uniformati (non tutti gli Istituti di Credito segnalano determinate “variazioni” degli affidamenti, laddove per “variazione” si deve intendere anche la concessione di nuove linee di credito, non foss’altro per la maggiore incidenza sulla PFN), i Sindaci devono assumere atteggiamenti diversi, in termini di impulso nei confronti dell’Organo Amministrativo, a seconda della natura delle “variazioni”, che possono ricomprendere oltre alla revisione, anche la revoca degli affidamenti (chiaro segnale di deterioramento delle linee in essere).

Sulla scorta di quanto precede, risulta evidente come il ruolo, il perimetro delle competenze professionali ed i poteri-doveri dell’Organo di Controllo nelle varie fasi della vita dell’impresa - a partire dall’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili, il cui obbligo di adozione permane anche in assenza di crisi - rappresentino un coacervo di requisiti/funzioni del tutto preminenti per il corretto svolgimento dell’attività dell’impresa stessa, pur sempre nel rispetto dei principi della Business Judgement Rule (ancorché assottigliati, attesi i doveri di segnalazione da parte dell’Organo di Controllo in presenza di un’attività gestoria che possa apparire imprudente e/o foriera di possibili ricadute negative sul patrimonio sociale). Appare altrettanto evidente come - a fronte di un’attività professionale sempre più impegnativa e non scevra da un crescente grado di responsabilità - un’adeguata formazione professionale rappresenti l’imprescindibile presupposto per un corretto approccio e svolgimento della stessa.

A questo riguardo, mi si consenta un’ulteriore considerazione: in presenza di determinate soglie dimensionali (penso a quelle previste dalla L. 49/2023, che prevede una corretta remunerazione della prestazione d’opera professionale attraverso il riconoscimento di un equo compenso, attraverso la revisione dei parametri contenuti nelle disposizioni del D.M. 140/2012), ritengo che la separazione dell’attività di revisione legale da quella di vigilanza prevista dall’art. 2403 c.c., anche laddove lo statuto non ne preveda la separazione, sia anch’essa del tutto auspicabile – ferme le considerazioni in precedenza svolte - con ruoli professionali ben individuati e contraddistinti da quel grado assoluto di indipendenza, atto a garantire una  maggior credibilità nel rispetto delle regole che governano l’impresa e gli statuti societari.

E aggiungo: chi riveste questo ruolo deve avere il coraggio di assumere posizioni a volte scomode, ma indispensabili, per sensibilizzare gli organi amministrativi sul fatto che, in presenza di certi segnali - non necessariamente legati alla gestione dell’attività - l’ottimismo della volontà, insito nel “fare impresa”, non basta per scongiurare possibili scenari negativi che rischiano poi di sfociare in situazioni di crisi/dissesto (pensiamo ai fattori di rischio di natura endogena - i.e. prodotto non più concorrenziale e mancanza di mezzi finanziari per rendere competitiva l’impresa - oltre a quelli di natura esogena, quali il venir meno di importanti fette di mercato per rischi di natura geopolitica, come, ormai, sempre più frequentemente accade); ed è per questi motivi che, purtroppo, quando le fasi di declino dell’impresa non vengono previste, anticipate e arginate per tempo, diventa sempre più difficile affrontare con il giusto approccio determinati percorsi (CNC) e/o l’accesso ad Istituti volti a regolare lo stato di crisi ed a consentire il mantenimento della continuità aziendale (anche indiretta), con una sempre più auspicabile salvaguardia dei valori aziendali, in primis quelli occupazionali. Questo dev’essere il primo obiettivo, del tutto in linea con l’intento del Legislatore del nuovo Codice, coerentemente con i principi cardine della Direttiva Insolvency. 

Invero, sulle oggettive difficoltà interpretative del nuovo impianto normativo - e sulla relativa applicabilità agli Istituti rivisitati o inseriti per la regolazione della Crisi - si preconizza, ormai da tempo, l’introduzione di probabili correttivi, verosimilmente di non poco conto.  Ma questa è un’altra storia…ne parleremo, semmai, a tempo debito (aggettivo appropriato, in linea con il sostantivo che ci occupa…).

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