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Antonio Pezzano, Avvocato in Firenze

PRIME RIFLESSIONI SULLA NUOVA PREDEDUZIONE "POST" DEI CREDITI DEI PROFESSIONISTI DEL DEBITORE

29 Settembre 2024

Novità di rilievo per i professionisti del debitore alla luce del novellato (ex D. lgs. 136/2024, il correttivo "ter")  art. 6, comma 1, lett. d), CCII letto in combinato disposto con i parimenti novellati artt. 2, comma 1, lett. m-bis, 46, comma 4 e 97, comma 11, CCII.

Partiamo da tale ultima previsione, secondo cui sono considerati prededucibili i crediti sorti nel concordato per effetto del contratto anteriore (ovviamente, non sospeso e non sciolto).

Unica conditio : dovranno essere “legalmente” sorti , aggiunge la novellata norma (tra l’altro senza contornarsi più del pleonastico orpello dell’ “in conformità agli accordi o agli usi negoziali”, essendo appunto l’avverbio “legalmente più che sufficiente ad affermare che deve trattarsi di crediti per prestazioni rese in forza di un valido contratto ed in corretto adempimento dello stesso). 

Analoga previsione vige all’art. 46, comma 4, rispetto ai contratti sorti durante il concordato.

In un tale contesto, ante  decreto correttivo “ter”, era comunque sorto qualche dubbio rispetto ai crediti conseguenti alle prestazioni post dei professionisti del debitore inerenti la procedura di concordato, pur ove legate ad un contratto di incarico professionale anteriore alla procedura, non sospeso e non sciolto.

Difatti, la precedente versione dell’ art. 6, comma 1, lett. d), CCII, concernente le prededuzione “in occasione”, faceva riferimento, unitamente ad altre ipotesi, ai soli compensi dei professionisti nominati dagli organi delle procedure.

D’altra parte, la lett. c) dello stesso articolo letteralmente  riguardava (e riguarda) le sole prestazioni dei professionisti del debitore funzionali a determinate attività, e tutte comunque ante apertura  della procedura  di concordato (ed anzi, in assenza di istanza ex art. 44 CCII, anche ante domanda di concordato) peraltro del tutto in linea con la corrispondente previsione  della legge delega (art. 6, comma 1, lett. c), l. 155/2017).

E cioè le prestazioni inerenti :“ i crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo nonché del deposito della relativa proposta e del piano che la correda”  (art.6, comma 1, lett. c) CCII).

Tra l’altro, come noto, solamente “nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che la procedura sia aperta”.

Opportunamente, pertanto, di fronte alla necessità di una stretta interpretazione delle eccezionali norme in tema, l’ultimo decreto correttivo ha aggiunto l’inciso finale relativo al riconoscimento della prededuzione anche per i crediti dei professionisti nominati “dal debitore per il buon esito dello strumento" (e di uno qualsiasi di quelli di cui al parimenti novellato art. 2, comma 1, lett. m-bis, CCII, purché attivati con una domanda giudiziale “di accesso”), eliminando così in radice ogni dubbio sul fatto che anche le  prestazioni (recte i relativi crediti) successive a quelle funzionali fruiscono della prededuzione, sempre ove “legalmente” rese, anche nel senso di teleologicamente indirizzate allo scopo (“per il buon esito”).

Mutuando la stessa terminologia utilizzata all’ art. 120-bis , comma 2, CCII (rispetto ai poteri dell’ O.A. relativamente agli atti dell’ intero processo ristrutturatorio), anche la novella dell'art. 6 CCII parla, come visto, di “buon esito” ,  e  non semplicemente di  omologazione.
 
E direi che lo fa opportunamente, intendendo così precisare che la prededuzione va riconosciuta anche (come, d’altro canto, già avveniva per “diritto vivente” sotto il regime della legge fallimentare) per i crediti inerenti tutte le attività finalizzate alla corretta attuazione dell’ omologata proposta, visti i possibili interventi professionali che potrebbero essere germinati dalle molteplici attività previste dagli ex artt. 114/118-bis e 120-quinquies CCII.
 
Naturalmente, sempre nell’ambito del fabbisogno di piano, anche con adeguati e trasparenti stanziamenti / fondi.

Ma la modifica dell'art. 6 CCII sembra essere stata ancora più incisiva.

Difatti, per il vero parimenti in modo apprezzabile, è stato effettuato un coordinamento con il pure novellato comma 11 dell’ art. 97 CCII, atteso che, come per tutti gli altri “crediti  legalmente sorti per effetto del contratto dopo la pubblicazione” (della domanda di concordato), è stata riconosciuta la prededuzione anche per  i crediti professionali (legalmente sorti) "successivamente alla domanda di accesso [ndr: e non alla sua apertura] ad uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza”.

Quindi, come già visto supra, oltre i crediti (comunque di consistente rilievo) relativi alle prestazioni funzionali ante precisamente  individuate alle citate lett. c), anche tutte le altre post domanda di accesso (comprese quelle di supporto alla fase attuativa/esecutiva del concordato) germineranno crediti prededucibili.
 
Ma a stare alla lettera della legge (che infatti sul punto tace) sembrerebbe ove anche il concordato non venga poi ammesso, a differenza che nel caso di quelle funzionali, in cui l’ammissione è esplicitamente considerata conditio sine qua non.
 
Si pensi, ad. es., nella fase del concordato con riserva, alle prestazioni professionali non afferenti proposta e piano, come la predisposizione delle relazioni periodiche, il procedimento di sospensione di un contratto ovvero per il conseguimento delle misure protettive e cautelari.

Anche se (in particolare) in tali casi, qualora il concordato non venga poi ammesso (ma analogamente ove ammesso, senza poi essere omologato) andrà in concreto verificato - quindi non con  presunzione iure et de iure, come nel caso di cui alla lett. c), art. 6 CCII - se tali prestazioni  post possano considerarsi - o meno - “legalmente” rese , cioè effettuate con la diligenza richiesta nella fattispecie da legge e contratto, anche rispetto alle specifiche professionalità interessate.
 
In ogni caso, qualora l’ammissione la si ritenga condizione necessaria (pur - si ripete -  in presenza di una previsione di senso contrario, come quella prevista nella richiamata lett. d), che, infatti, fa solo riferimento alla "domanda di accesso" comunque la prededuzione dovrebbe essere riconosciuta in modo pieno e quindi senza la mai richiamata riduzione al 75%, trattandosi, peraltro, di previsione di natura eccezionale (come invero ogni disposizione in materia di prededuzione) ed in ogni caso di dubbia costituzionalità anche rispetto alle disposizioni delle lett. b) e c) dell’art. 6 CCII.

E poi: perché mai tale dubbia riduzione dovrebbe applicarsi solo ai professionisti del debitore, e non anche rispetto a crediti delle altre figure professionali  pur sempre ivi richiamate ed anzi  associate alle prime dalla parte finale della lett. d) dell’art. 6 CCII?
 
Sotto altro visuale, il nuovo disposto dell’ art. 6, comma 1, lett. d), CCII è interessante anche in relazione al riconoscimento della prededuzione post negli ADR e nei PRO (e quindi  non solo per quella funzionale ante di cui alla lett. b) dell’ art. 6 CCII).

Ma, essendo anch’esso uno strumento di regolazione della crisi, nel CS.

Non solo: anche relativamente all’ assistenza post del professionista del debitore nel CM. Difatti, la nuova lett. m-bis dell’art. 2, comma 1, CCII ha chiarito che tra gli strumenti di risoluzione della crisi e dell’ insolvenza, vi sono anche  le procedure  da sovraindebitamento inerenti l’impresa, visto l’espresso richiamo alla LC (anche se per essere esclusa, insieme alla LG, in quanto non SRC).

Purtroppo, invece, continuano - irragionevolmente, a mio modesto avviso - a restare privi di tutela prededuttiva i crediti per le assistenze professionali nella rispettive fasi ante funzionali (che poi sono le uniche gestibili dal debitore o dal creditore istante) delle procedure di LG e LC. 

Come, non fruiscono di prededuzione i crediti professionali per la fase ante  funzionale del CM (oltre che, in toto,  i crediti inerenti i professionisti del debitore nella RDC).

Correttamente, invece, la prededuzione continua ad essere esclusa rispetto allo strumento di risoluzione della crisi (ma  unicamente a base negoziale e quindi privo di domanda giudiziale di accesso) dei PAR .
 
Ci sia consentita una chiosa finale. Tale innovata previsione dell’art. 6, comma 1, lett. d), CCII, ci pare dia anche ragione del fatto che, a differenza di quanto ritenuto dalla Sezioni Unite della Suprema Corte, anche le prestazioni dei professionisti del debitore meritano dignità pari a tutte le altre prestazioni legalmente rese post deposito della domanda di concordato. 

Ovviamente, ci riferiamo a Cass. SS. UU. n. 42093/2021 e segnatamente ai relativi par. 15/17, rispetto all’ indagine ivi sull’art. 161, comma 7, l. fall. (ma, stranamente, non estesa all’ invece necessariamente collegato art. 169-bis, comma 2, l. fall.), precetti che oggi ci sembrano superati dalla supra citata disposizione di cui all’ art. 6, comma 1, lett. d), CCII, pur, come visto, in combinata esegesi con gli artt. 46, comma 4 e 97, comma 11, CCII (per una lettura critica di tale decisione, già nella vigenza della legge fallimentare, ci sia permesso il rinvio a L.A. Bottai – A. Pezzano, le sorti dei crediti professionali dopo la sentenza delle s.u. e l’avvio del codice della crisi: non è in gioco solo la prededuzione, in www.ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 20.9.2022. Invece, fra i tanti commenti adesivi, cfr. F. Pani, Le prededuzioni prima e dopo il codice della crisi, ibidem, 18/8/2022).
 
Che ne pensate?

Probabilmente, già al prossimo convengo mantovano della Rivista troveremo le prime risposte.

 
Ps: il novellato art. 6 CCII si applica anche alle procedure in corso (art. 56 , comma 4, Dlgs. 136/2024) 
Giovanni La Croce, Dottore commercialista

20 Ottobre 2024 16:44

SULLE MONTAGNE RUSSE DEL CORRETTIVO TER

La formulazione della novella introdotta alla lett. d) dell’art. 6 CCII su sollecitazione della Commissione Senato avrebbe avuto bisogno di una maggiore accuratezza da parte degli Uffici legislativi per raggiungere gli scopi che inizialmente pensavamo tutti si prefiggesse: trattare i professionisti del debitore - per tali intesi quelli che si occupano della ristrutturazione - in maniera non deteriore rispetto a qualsiasi altro professionista o fornitore che intrattiene rapporti con il debitore “dopo la domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza”.

Il risultato, preconizzato come tale dall’amico promotore di questa discussione,  è stato raggiunto?

Personalmente, al contrario suo, ritengo di no e ciò a causa: (i) dell’approssimazione lessicale che contraddistingue non solo la disposizione di cui ci si occupa, ma l’intero corpo del CCII, eccezion fatta che per quelle norme che vi sono state travasate così come erano dalla vecchia legge fallimentare; (ii) dalla carenza di coordinamento con le altre disposizioni del medesimo art. 6.

Limitandoci alla lettura della disposizione della lett. d) parrebbe che la prededuzione (integrale) sia assicurata ai crediti professionali “legalmente sorti” post domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi “per il buon esito dello strumento” stesso.

Lasciando in disparte la domanda che si porrebbe l’accademico della Crusca, ossia come uno strumento possa avere un buon esito, giacché esso è un mezzo e non un fine, tre parrebbero essere le condizioni per ottenere il riconoscimento di una prededuzione piena: (i) che il credito sia sorto legalmente - aspetto ampiamente sviscerato che non affronterò -; (ii) che sia sorto successivamente la domanda di accesso; (iii) che la prestazione relativa sia utile al buon esito della ristrutturazione. 

Orbene, riguardo alla condizione temporale sub (ii) il legislatore pare non aver considerato che la domanda di accesso può avvenire nella forma prevista dall’art. 44, con riserva di “presentare la proposta, il piano e gli accordi”. Dal che se ne dovrebbe dedurre che, in tal caso, i crediti relativi alle prestazioni riguardanti la formulazione della proposta, la redazione del piano e la negoziazione della struttura contrattuale degli accordi e la loro attestazione, poiché sorti dopo il deposito della domanda, godano della prededuzione piena.

Così non può dirsi pacificamente, poiché alle lett. b) e c), non toccate dal novellatore, della medesima disposizione per tali crediti se ne continua a predicare la preducibilità limitata al 75%.

L’antinomia è evidente: le prestazioni sarebbero  certamente successive, senza le stesse non sarebbe ipotizzabile il “buon esito dello strumento” (recte: “della ristrutturazione”) in quanto essenziali al suo utilizzo, ma per esse il legislatore ha previsto un trattamento specifico deteriore.

La soluzione più lineare e prudente è ritenere, dunque, che le suddette prestazioni siano escluse dal novero di quelle della novellata lett. d). Il che, però, non è affatto risolutivo.

Giunti a questa biforcazione e avendo preso la strada che il cartello indicava come più sicura (sempre che il nemico in agguato non abbia invertito i cartelli, come facevano i tedeschi nel ‘44), ci si deve domandare quali possano essere le prestazioni successive alla domanda utili al “buon esito dello strumento”.

Per le prestazioni relative al procedimento di omologazione e ai giudizi endoprocedurali (sospensione/scioglimento dei contratti, art 106 CCII etc) e  le prestazioni relative ai negoziati con i creditori non dovrebbero sussistere dubbi, mentre potrebbe dubitarsi per le attività connesse alla modificazione della proposta e del piano, pur se richiesti dal tribunale. Pochi dubbi dovrebbero sussistere per le attività legate all’interlocuzioni con il commissario giudiziale (bei tempi quando ce n’era uno solo!), non così per le attività connesse alla richiesta di proroga delle misure protettive e così via.

Anche la terza condizione: prestazione richiesta dal debitore “per il buon esito dello strumento” pone non pochi problemi interpretativi.

Il nesso eziologico che lega la prestazione al buon esito deve essere forte, nel senso della sua indipensabilità al raggiungimento del fine, o può ritenersi che anche le prestazioni utili, ma non indispensabili, vi rientrino? Non solo. Il buon fine dovrà essere raggiunto in concreto, e non solo perseguibile, perché al relativo credito possa essere riconosciuta la prededucibilità piena?

Sono tutti interrogativi questi cui non è possibile dare una risposta certa e sono sicuro che la giurisprudenza di merito fornirà le più disparate ricostruzioni, e saranno tutte legittime, e ciò in ragione dell’approssimazione lessicale che contraddistingue la novella che le consente.

Dulcis in fundo, intendo affrontare una questione di logica-etica costituzionale che sorge laddove si opti per la ricostruzione qui proposta, ossia che le prestazioni per la redazione del piano e della proposta e per la loro attestazione, pur eseguite successivamente la domanda di accesso, non godano della prededucibilità piena, bensì solo al 75%.

Se questo fosse l’assetto, come io prudentemente ritengo, ci troveremmo difronte a un assurdo costituzionale per il quale le prestazioni che danno origine con la loro esecuzione alla necessità/opportunità di quelle successive sarebbero peggio trattate rispetto a queste ultime. Invocare Camus non pare affatto fuori luogo: la ricerca di un significato in qualcosa che non ce l’ha, oltre che essere la condizione umana, pare essere anche la condizione diffusa dell’esegeta del CCII.

Tutto ciò per aver voluto confermare la bandierina ideologica, per altro frutto di un compromesso al ribasso, del 25%, di non prededucibilità, quando sarebbe stato ben più ragionevole, efficiente ed efficace fissare delle tariffe e prevedere una temporalizzazione legale delle relative erogazioni da parte del debitore. Ma tant'è, la certezza del diritto pare non essere più un obiettivo del legislatore moderno.


Alessandro Tantardini, dottore commercilista in Cremona

30 Novembre 2024 12:56

SULLE MONTAGNE RUSSE DEL CORRETTIVO TER

La formulazione della novella introdotta alla lett. d) dell’art. 6 CCII su sollecitazione della Commissione Senato avrebbe avuto bisogno di una maggiore accuratezza da parte degli Uffici legislativi per raggiungere gli scopi che inizialmente pensavamo tutti si prefiggesse: trattare i professionisti del debitore - per tali intesi quelli che si occupano della ristrutturazione - in maniera non deteriore rispetto a qualsiasi altro professionista o fornitore che intrattiene rapporti con il debitore “dopo la domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza”.

Il risultato, preconizzato come tale dall’amico promotore di questa discussione,  è stato raggiunto?

Personalmente, al contrario suo, ritengo di no e ciò a causa: (i) dell’approssimazione lessicale che contraddistingue non solo la disposizione di cui ci si occupa, ma l’intero corpo del CCII, eccezion fatta che per quelle norme che vi sono state travasate così come erano dalla vecchia legge fallimentare; (ii) dalla carenza di coordinamento con le altre disposizioni del medesimo art. 6.

Limitandoci alla lettura della disposizione della lett. d) parrebbe che la prededuzione (integrale) sia assicurata ai crediti professionali “legalmente sorti” post domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi “per il buon esito dello strumento” stesso.

Lasciando in disparte la domanda che si porrebbe l’accademico della Crusca, ossia come uno strumento possa avere un buon esito, giacché esso è un mezzo e non un fine, tre parrebbero essere le condizioni per ottenere il riconoscimento di una prededuzione piena: (i) che il credito sia sorto legalmente - aspetto ampiamente sviscerato che non affronterò -; (ii) che sia sorto successivamente la domanda di accesso; (iii) che la prestazione relativa sia utile al buon esito della ristrutturazione. 

Orbene, riguardo alla condizione temporale sub (ii) il legislatore pare non aver considerato che la domanda di accesso può avvenire nella forma prevista dall’art. 44, con riserva di “presentare la proposta, il piano e gli accordi”. Dal che se ne dovrebbe dedurre che, in tal caso, i crediti relativi alle prestazioni riguardanti la formulazione della proposta, la redazione del piano e la negoziazione della struttura contrattuale degli accordi e la loro attestazione, poiché sorti dopo il deposito della domanda, godano della prededuzione piena.

Così non può dirsi pacificamente, poiché alle lett. b) e c), non toccate dal novellatore, della medesima disposizione per tali crediti se ne continua a predicare la preducibilità limitata al 75%.

L’antinomia è evidente: le prestazioni sarebbero  certamente successive, senza le stesse non sarebbe ipotizzabile il “buon esito dello strumento” (recte: “della ristrutturazione”) in quanto essenziali al suo utilizzo, ma per esse il legislatore ha previsto un trattamento specifico deteriore.

La soluzione più lineare e prudente è ritenere, dunque, che le suddette prestazioni siano escluse dal novero di quelle della novellata lett. d). Il che, però, non è affatto risolutivo.

Giunti a questa biforcazione e avendo preso la strada che il cartello indicava come più sicura (sempre che il nemico in agguato non abbia invertito i cartelli, come facevano i tedeschi nel ‘44), ci si deve domandare quali possano essere le prestazioni successive alla domanda utili al “buon esito dello strumento”.

Per le prestazioni relative al procedimento di omologazione e ai giudizi endoprocedurali (sospensione/scioglimento dei contratti, art 106 CCII etc) e  le prestazioni relative ai negoziati con i creditori non dovrebbero sussistere dubbi, mentre potrebbe dubitarsi per le attività connesse alla modificazione della proposta e del piano, pur se richiesti dal tribunale. Pochi dubbi dovrebbero sussistere per le attività legate all’interlocuzioni con il commissario giudiziale (bei tempi quando ce n’era uno solo!), non così per le attività connesse alla richiesta di proroga delle misure protettive e così via.

Anche la terza condizione: prestazione richiesta dal debitore “per il buon esito dello strumento” pone non pochi problemi interpretativi.

Il nesso eziologico che lega la prestazione al buon esito deve essere forte, nel senso della sua indipensabilità al raggiungimento del fine, o può ritenersi che anche le prestazioni utili, ma non indispensabili, vi rientrino? Non solo. Il buon fine dovrà essere raggiunto in concreto, e non solo perseguibile, perché al relativo credito possa essere riconosciuta la prededucibilità piena?

Sono tutti interrogativi questi cui non è possibile dare una risposta certa e sono sicuro che la giurisprudenza di merito fornirà le più disparate ricostruzioni, e saranno tutte legittime, e ciò in ragione dell’approssimazione lessicale che contraddistingue la novella che le consente.

Dulcis in fundo, intendo affrontare una questione di logica-etica costituzionale che sorge laddove si opti per la ricostruzione qui proposta, ossia che le prestazioni per la redazione del piano e della proposta e per la loro attestazione, pur eseguite successivamente la domanda di accesso, non godano della prededucibilità piena, bensì solo al 75%.

Se questo fosse l’assetto, come io prudentemente ritengo, ci troveremmo difronte a un assurdo costituzionale per il quale le prestazioni che danno origine con la loro esecuzione alla necessità/opportunità di quelle successive sarebbero peggio trattate rispetto a queste ultime. Invocare Camus non pare affatto fuori luogo: la ricerca di un significato in qualcosa che non ce l’ha, oltre che essere la condizione umana, pare essere anche la condizione diffusa dell’esegeta del CCII.

Tutto ciò per aver voluto confermare la bandierina ideologica, per altro frutto di un compromesso al ribasso, del 25%, di non prededucibilità, quando sarebbe stato ben più ragionevole, efficiente ed efficace fissare delle tariffe e prevedere una temporalizzazione legale delle relative erogazioni da parte del debitore. Ma tant'è, la certezza del diritto pare non essere più un obiettivo del legislatore moderno.


Ha ben ragione il dott. La Croce. A conforto dei rischi da lui delineati con grande chiarezza, rappresento la prima, per quanto a mia conoscenza, pronuncia giurisprudenziale che conferma i dubbi espressi dal collega. Un Tribunale lombardo, in presenza di un concordato in continuità diretta ammesso, approvato dai creditori, omologato ed in parte eseguito vigente la legge fallimentare,  nell'ambito della liquidazione giudiziale richiesta in proprio a motivo della sopravvenuta impossibilità dell'esecuzione integrale del piano concordatario,  ha applicato, nell'ambito in sede di verifica del passivo della liquidazione giudiziale dichiarata in continuità con la risoluzione del concordato, la falcidia del 25% ai crediti professionali degli advisors, sorti nella fase di ammissione del concordato, pur essendo gli stessi stati indicati in prededuzione integrale dal Commissario Giudiziale nella relazione ex art,. 172 L.F. Quindi la riduzione del 25%, nella giurisprudenza,  sarebbe una norma addirittura retroattiva!
Cosa può comportare una siffatta visione? Che i professionisti meno attenti al buon esito delle procedure che assistono, si sentano "giustificati" a richiedere significativi acconti sui compensi, per evitare di subire le conseguenze di una disposizione normativa assai criticabile che non premia le situazioni nelle quali i professionisti antepongono le proprie legittime ragioni di credito alle necessità di cassa dell'azienda in crisi, rinviando l'incasso delle loro retribuzioni a momenti nei quali il piano concordatario permetterà la generazione di cassa eccedente l'ordinaria gestione.

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