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Claudio Del Prete, Commercialista

Perdita del capitale sociale alla data del 31 dicembre 2020 e responsabilità degli organi societari nel successivo fallimento

24 Giugno 2021

La L. 30 dicembre 2020, n. 178 all’art. 1, comma 266 che ha modificato l’art. 6, D.L. 8 aprile 2020, n. 23 (c.d. Decreto liquidità) riscrivendo per intero le norme a suo tempo dettate per sterilizzare gli effetti della pandemia sulle perdite conseguite dalle società a tutto il 31 dicembre 2020, impone una riflessione su diversi aspetti interpretativi e sui connessi comportamenti da adottarsi da parte degli organi di amministrazione e controllo delle società stesse al fine di evitare che la eventuale apertura di una procedura concorsuale nel lungo periodo di “sterilizzazione delle norme in questione” determini responsabilità in capo agli stessi.
In estrema sintesi la nuova norma:
- Estende il c.d. periodo di disapplicazione degli interventi previsti dalle norme citate al quinto esercizio successivo (a quello in corso al 31 dicembre 2020);
- Disattiva di conseguenza la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale per un periodo di cinque esercizi;
- Inserisce l’obbligo di indicare in Nota Integrativa durante l’intero periodo quinquennale le perdite di cui ai commi 1 e 3 della norma citata evidenziando in appositi prospetti la loro origine nonché la loro movimentazione.
Gli organi di amministrazione delle società possono quindi pur in presenza di una perdita del capitale di oltre un terzo che determina la riduzione dello stesso al di sotto del minimo di Legge, proseguire la gestione “non puramente conservativa” della società rinviando la decisione in ordine alla ricapitalizzazione o alla trasformazione della società al quinto esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020.
Le norme in questione dettate dalla necessità di mantenere il più possibile in esercizio realtà aziendali (ed i connessi livelli occupazionali) che sono state intaccate sensibilmente dagli effetti della pandemia, si combinano con altre di natura più strettamente tecnico - contabile anch’esse orientate al medesimo scopo e declinate al mantenimento di criteri di valutazione ispirati alla continuità aziendale pur in presenza di gravi situazioni di incertezza e palesi rischi di sostenibilità del debito: ci riferiamo in particolare:
- L’art. 38-quater, comma 2, D.L. 19 maggio 2020, n. 34 convertito in L. 17 luglio 2020, n. 77 che prevede:
Nella predisposizione del bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2020, la valutazione delle voci e della prospettiva della continuazione dell’attività di cui all’articolo 2423-bis, primo comma, numero 1), del codice civile può comunque essere effettuata sulla base delle risultanze dell’ultimo bilancio di esercizio chiuso entro il 23 febbraio 2020. Le informazioni relative al presupposto della continuità aziendale sono fornite nelle politiche contabili di cui all’articolo 2427, primo comma, numero 1), del codice civile anche mediante il richiamo delle risultanze del bilancio precedente. Restano ferme tutte le altre disposizioni relative alle informazioni da fornire nella nota integrativa e alla relazione sulla gestione, comprese quelle relative ai rischi e alle incertezze derivanti dagli eventi successivi, nonché alla capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito”.
- All’art. 60, D.L. 14 agosto 2020, n. 104 convertito in L. 13 ottobre 2020, n. 126: che prevede:
“7-bis. I soggetti che non adottano i princìpi contabili internazionali, nell’esercizio in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, possono, anche in deroga all’articolo 2426, primo comma, numero 2), del codice civile, non effettuare fino al 100 per cento dell’ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali, mantenendo il loro valore di iscrizione, così come risultante dall’ultimo bilancio annuale regolarmente approvato. La quota di ammortamento non effettuata ai sensi del presente comma è imputata al conto economico relativo all’esercizio successivo e con lo stesso criterio sono differite le quote successive, prolungando quindi per tale quota il piano di ammortamento originario di un anno. Tale misura, in relazione all’evoluzione della situazione economica conseguente alla pandemia da SARS-COV-2, può essere estesa agli esercizi successivi con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
7-ter. I soggetti che si avvalgono della facoltà di cui al comma 7-bis destinano a una riserva indisponibile utili di ammontare corrispondente alla quota di ammortamento non effettuata in applicazione delle disposizioni di cui al medesimo comma. In caso di utili di esercizio di importo inferiore a quello della suddetta quota di ammortamento, la riserva è integrata utilizzando riserve di utili o altre riserve patrimoniali disponibili; in mancanza, la riserva è integrata, per la differenza, accantonando gli utili degli esercizi successivi.
7-quater. La nota integrativa dà conto delle ragioni della deroga, nonché dell’iscrizione e dell’importo della corrispondente riserva indisponibile, indicandone l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio.”.
Nelle situazioni sopra rappresentate il legislatore consente:
- da una parte di continuare a valutare nel bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2020, le poste dell’attivo nell’ottica della continuità aziendale, quindi con criteri di funzionamento del complesso aziendale, allorché tale criterio sia stato utilizzato, anche in deroga, nell’ultimo bilancio approvato, ad esempio al 31 dicembre 2019, dando così forza a valutazioni di funzionamento anche in assenza delle condizioni che in “situazione di normalità” imporrebbero il passaggio a diversi criteri di valutazione;
- dall’altra rinviando gli ammortamenti delle immobilizzazioni materiali ed immateriali dell’esercizio in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento (D.L. 14 agosto 2020, n. 104 in vigore dal 15 agosto 2020) in deroga all’art. 2426, comma 1, c.c. così determinando un effetto favorevole sul bilancio dell’esercizio in questione ed allungando il processo di ammortamento dei beni di un anno rispetto alle previsioni iniziali.
Senza entrare nel dettaglio delle problematiche contabili che le citate disposizioni pongono e che non risultano ancora ben definite nei comportamenti adottabili nella stesura ed approvazione dei prossimi bilanci, merita in questa sede fare una riflessione sulle conseguenze che l’adozione di tali comportamenti, sia in ordine al rinvio delle decisioni connesse alle perdite, sia in ordine al mantenimento del principio di continuità aziendale nelle valutazioni di bilancio, sia in ordine al rinvio degli ammortamenti delle immobilizzazioni, assunti dagli organi di amministrazione e validati dagli organi di controllo delle società, possono avere nel caso in cui nei prossimi esercizi (successivi a quello in corso alla data del 31 dicembre 2020) la società venga dichiarata fallita (o posta in liquidazione giudiziale nell’ipotesi di entrata in vigore del CCII).
Sappiamo infatti che in caso di fallimento una delle situazioni più ricorrenti che si presentano al curatore fallimentare è quella in cui la società:
- ha adottato nel passato, valutazioni di bilancio tendenti a nascondere la reale situazione economico patrimoniale ed in special modo il deficit patrimoniale con la perdita del capitale;
- non ha adottato i provvedimenti posti dall’ordinamento a tutela dei creditori e dei terzi in genere ed ha proseguito quale corollario delle decisioni di cui sopra l’attività di impresa in chiave non solo conservativa aggravando il dissesto della stessa con incremento del deficit patrimoniale.
Il perimetro di operatività delle nuove norme
Il nuovo art. 6, D.L. 8 aprile 2020, n. 23, “Decreto liquidità” fa ora riferimento non più alle perdite verificatesi fino al 31 dicembre 2020 ma a quelle emerse nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2020; l’interpretazione che appare più rispondente alla nuova terminologia adottata fa ritenere che non rilevano le perdite emerse sia nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2020 sia quelle emerse nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2020 (e che per esempio chiude al 31 marzo 2021 o 30 giugno 2021) con ciò spostando in avanti il periodo di riferimento in cui trovano applicazione le nuove norme rispetto alla originaria formulazione.
Di contro non hanno rilievo le perdite realizzate in epoca antecedente l’entrata in vigore dell’originario art. 6 del citato “Decreto liquidità” ancorché emergessero anche successivamente a fronte di errate valutazioni di bilancio operate dall’organo amministrativo (per esempio in mancanza di continuità aziendale) rilevanti ai fini della riduzione o perdita del capitale sociale ( in adesione a tale interpretazione cfr Nota MISE 26890 del 29.1.2021 : contra circ. ASSONIME n. 3 del 25.2.2021 )  ; né hanno rilievo (allo stato attuale) le perdite che si verificassero negli esercizi successivi a quello in corso al 31 dicembre 2020.
Claudio Del Prete, Commercialista

24 Giugno 2021 21:56

....Segue
Gli adempimenti comunque non sospesi
Restano fermi altresì tutti gli obblighi previsti dall’art. 2446, comma 1 e art. 2482-bis, commi 1, 2, 3, c.c. in ordine al dovere degli amministratori di convocare senza indugio l’assemblea con obbligo di sottoporre alla stessa una relazione sulla situazione patrimoniale e con le osservazioni del collegio sindacale o dell’organo di revisione legale; in tale assemblea qualora le perdite siano relative al perimetro di applicazione delle norme citate e quindi comprese nella sospensione dei relativi adempimenti, potrà essere rinviata l’adozione dei provvedimenti necessari fino al quinto esercizio successivo . Il mantenimento dell’obbligo di convocare comunque l’assemblea è sintomatico di una preoccupazione del legislatore affinché gli organi di amministrazione e controllo ed i soci siano resi edotti sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società.
Ugualmente dicasi nelle ipotesi in cui trovi applicazione l’art. 2447 o 2482-ter c.c. ove vi è obbligo di convocazione senza indugio dell’assemblea ed anche in questo caso potrà essere rinviata l’adozione dei provvedimenti necessari al quinto esercizio successivo.
Le conseguenze operative connesse all’utilizzo delle citate disposizioni e la responsabilità di amministratori e sindaci/revisori nel successivo fallimento.
La sospensione per un periodo di tempo così lungo delle regole in materia di riduzione o perdita del capitale e della connessa causa di scioglimento della società rappresenta certamente una novità dirompente nel panorama della responsabilità limitata dei soci di società di capitali andando a minare il presidio che ai creditori e terzi viene normalmente riservato loro dal mantenimento della integrità del capitale almeno nella misura minima di Legge.
Ma anche le deroghe nelle valutazioni di bilancio nell’ottica di una continuità aziendale che si ancora non al momento della formazione del bilancio ma ad una data anteriore, così come la deroga alla imputazione degli ammortamenti per competenza economica (che potrebbe trovare una sua logica economico-aziendale solo in presenza di un concreto minor utilizzo degli impianti nell’esercizio) rappresentano, alla fin fine, un modo per rinviare l’emersione di potenziali perdite di esercizio che possono incidere sulla integrità del capitale sociale e sui connessi meccanismi posti a presidio della tutela di creditori e terzi.-
La domanda allora è: la disapplicazione delle norme citate ed in particolare il rinvio di quelle relative alla regola “ricapitalizza o liquida” consente agli amministratori (ma anche ai sindaci/ revisori limitatamente alla loro funzione di organo di controllo) di operare in un’ottica di “gestione lucrativa” assolutamente allineata ad una situazione di patrimonio netto positivo o impone comunque una gestione che, ancorché non meramente conservativa, sia comunque prudentemente orientata ad evitare un aggravamento del dissesto che potrebbe determinare una possibile chiamata in responsabilità da parte del curatore nell’eventuale successivo fallimento ?
La rilevanza giuridica della tematica trattata non è affatto semplice ma a noi pare preferibile ancorare la gestione post-riduzione qualificata o perdita del capitale, a criteri di assoluta prudenza e soprattutto alla predisposizione di piani economico finanziari che almeno in prospettiva possano ancorare la gestione su precisi binari di recupero dell’equilibrio economico, finanziario e patrimoniale dell’impresa; in questo frangente il ruolo dei sindaci/revisori potrà essere particolarmente prezioso nello stimolo ad adottare tali iniziative da parte degli amministratori e nel controllo periodico sulla effettiva realizzabilità degli obiettivi di risanamento.
In questo quadro il monitoraggio dovrebbe passare attraverso periodiche convocazioni assembleari da parte degli amministratori ed in caso di loro inerzia dei sindaci; solo in presenza di un comportamento in linea con le citate indicazioni si potrà ragionevolmente ritenere indenni da responsabilità nel successivo fallimento, amministratori e sindaci che abbiano proseguito la gestione lucrativa pur in presenza della riduzione o perdita del capitale. Non appare di contro esente da responsabilità una gestione che sia connotata da un alto livello di rischio imprenditoriale che determini un aggravamento del dissesto in quanto, il principio della diligenza declinato nell’art. 2392 c.c. trova, nel caso di specie, un evidente elemento rafforzativo da non sottovalutare.
Ad avviso di chi scrive il legislatore avrebbe anche potuto, nei casi di imprese di particolari dimensioni con indebitamento rilevante, e al fine di tutelare maggiormente creditori e terzi, ma anche gli stessi amministratori e sindaci da eventuali azioni di responsabilità promosse in sede fallimentare, accompagnare la gestione dell’impresa con patrimonio netto negativo con la nomina di un Commissario giudiziale avente compiti certamente meno invasivi di quelli previsti in caso di concordato preventivo in grado però di rilevare e segnalare tempestivamente se l’andamento aziendale consente la prosecuzione della gestione lucrativa o se non vi sono più possibilità di prosecuzione dell’attività, pena l’aggravamento del dissesto.
In altri termini, la prosecuzione ad ogni costo non appare la soluzione preferibile né quella voluta dal legislatore e si impone un attento esame da parte degli organi di amministrazione e controllo sul concreto utilizzo delle misure prospettate.
Antonio Pezzano, Avvocato in Firenze

27 Giugno 2021 15:15

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Gli adempimenti comunque non sospesi
Restano fermi altresì tutti gli obblighi previsti dall’art. 2446, comma 1 e art. 2482-bis, commi 1, 2, 3, c.c. in ordine al dovere degli amministratori di convocare senza indugio l’assemblea con obbligo di sottoporre alla stessa una relazione sulla situazione patrimoniale e con le osservazioni del collegio sindacale o dell’organo di revisione legale; in tale assemblea qualora le perdite siano relative al perimetro di applicazione delle norme citate e quindi comprese nella sospensione dei relativi adempimenti, potrà essere rinviata l’adozione dei provvedimenti necessari fino al quinto esercizio successivo . Il mantenimento dell’obbligo di convocare comunque l’assemblea è sintomatico di una preoccupazione del legislatore affinché gli organi di amministrazione e controllo ed i soci siano resi edotti sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società.
Ugualmente dicasi nelle ipotesi in cui trovi applicazione l’art. 2447 o 2482-ter c.c. ove vi è obbligo di convocazione senza indugio dell’assemblea ed anche in questo caso potrà essere rinviata l’adozione dei provvedimenti necessari al quinto esercizio successivo.
Le conseguenze operative connesse all’utilizzo delle citate disposizioni e la responsabilità di amministratori e sindaci/revisori nel successivo fallimento.
La sospensione per un periodo di tempo così lungo delle regole in materia di riduzione o perdita del capitale e della connessa causa di scioglimento della società rappresenta certamente una novità dirompente nel panorama della responsabilità limitata dei soci di società di capitali andando a minare il presidio che ai creditori e terzi viene normalmente riservato loro dal mantenimento della integrità del capitale almeno nella misura minima di Legge.
Ma anche le deroghe nelle valutazioni di bilancio nell’ottica di una continuità aziendale che si ancora non al momento della formazione del bilancio ma ad una data anteriore, così come la deroga alla imputazione degli ammortamenti per competenza economica (che potrebbe trovare una sua logica economico-aziendale solo in presenza di un concreto minor utilizzo degli impianti nell’esercizio) rappresentano, alla fin fine, un modo per rinviare l’emersione di potenziali perdite di esercizio che possono incidere sulla integrità del capitale sociale e sui connessi meccanismi posti a presidio della tutela di creditori e terzi.-
La domanda allora è: la disapplicazione delle norme citate ed in particolare il rinvio di quelle relative alla regola “ricapitalizza o liquida” consente agli amministratori (ma anche ai sindaci/ revisori limitatamente alla loro funzione di organo di controllo) di operare in un’ottica di “gestione lucrativa” assolutamente allineata ad una situazione di patrimonio netto positivo o impone comunque una gestione che, ancorché non meramente conservativa, sia comunque prudentemente orientata ad evitare un aggravamento del dissesto che potrebbe determinare una possibile chiamata in responsabilità da parte del curatore nell’eventuale successivo fallimento ?
La rilevanza giuridica della tematica trattata non è affatto semplice ma a noi pare preferibile ancorare la gestione post-riduzione qualificata o perdita del capitale, a criteri di assoluta prudenza e soprattutto alla predisposizione di piani economico finanziari che almeno in prospettiva possano ancorare la gestione su precisi binari di recupero dell’equilibrio economico, finanziario e patrimoniale dell’impresa; in questo frangente il ruolo dei sindaci/revisori potrà essere particolarmente prezioso nello stimolo ad adottare tali iniziative da parte degli amministratori e nel controllo periodico sulla effettiva realizzabilità degli obiettivi di risanamento.
In questo quadro il monitoraggio dovrebbe passare attraverso periodiche convocazioni assembleari da parte degli amministratori ed in caso di loro inerzia dei sindaci; solo in presenza di un comportamento in linea con le citate indicazioni si potrà ragionevolmente ritenere indenni da responsabilità nel successivo fallimento, amministratori e sindaci che abbiano proseguito la gestione lucrativa pur in presenza della riduzione o perdita del capitale. Non appare di contro esente da responsabilità una gestione che sia connotata da un alto livello di rischio imprenditoriale che determini un aggravamento del dissesto in quanto, il principio della diligenza declinato nell’art. 2392 c.c. trova, nel caso di specie, un evidente elemento rafforzativo da non sottovalutare.
Ad avviso di chi scrive il legislatore avrebbe anche potuto, nei casi di imprese di particolari dimensioni con indebitamento rilevante, e al fine di tutelare maggiormente creditori e terzi, ma anche gli stessi amministratori e sindaci da eventuali azioni di responsabilità promosse in sede fallimentare, accompagnare la gestione dell’impresa con patrimonio netto negativo con la nomina di un Commissario giudiziale avente compiti certamente meno invasivi di quelli previsti in caso di concordato preventivo in grado però di rilevare e segnalare tempestivamente se l’andamento aziendale consente la prosecuzione della gestione lucrativa o se non vi sono più possibilità di prosecuzione dell’attività, pena l’aggravamento del dissesto.
In altri termini, la prosecuzione ad ogni costo non appare la soluzione preferibile né quella voluta dal legislatore e si impone un attento esame da parte degli organi di amministrazione e controllo sul concreto utilizzo delle misure prospettate.
Preziosa carrellata normativa in tema .

Come corrette sono le preoccupazioni dell’Autore per i rischi di responsabilità degli organi sociali in caso - soprattutto - di fallimento ( ed anche rispetto alla ‘semisfera’ penalistica; cfr. DI VIZIO , Le ombre e gli specchi delle norme sul dissesto societario.I riflessi penali delle moratorie societarie del D.L. liquidità n. 23/2020, aprile 2020 , in www.osservatorio-oci.org).

Però, l’impresa ed i suoi gestori - come i relativi controllori - può/possono , recte deve/devono restare impresa/amministratori , senza alcuna particolare limitazione , in primis rispetto alla business judgment rule ,appunto, degli organi gestori ; ci mancherebbe solo , soprattutto in qst particolare momento , un’altra figura commissariale di nomina giudiziale o sperare di utilmente scaricare sull’assemblea compiti propri degli amministratori , come conferma l’art.376 CCII .

Naturalmente , ferma la necessità , a prescindere dalle fictionis normative in esame , di massima informazione e quindi di trasparenza sulla reale situazione ‘bilancistica’ dell’impresa (in particolare grazie alla ricchezza di dati offribili in nota integrativa , salvo non si scelga la sempre possibile via della messa in liquidazione - che si spera - temporanea, ricorrendo nelle more all’esercizio provvisorio previsto anche espressamente dall’art.2487,co.1,lett.c), c.c. , ma quindi in tal caso anche con riclassificazione di più voci del bilancio).

Come l’adozione più corretta dei prescritti assetti organizzativi per monitorare al meglio le situazioni .

D’altra parte , soprattutto nelle PMI, con srl oramai possibili anche con un € di cs, considerare ancora il capitale sociale e ,più in generale , il pn , un baluardo a tutela dei creditori , forse è un po’ , come dire , eccessivo o , se si preferisce , poco prudente da parte del (l’imprenditore) creditore che solo su ciò faccia affidamento rispetto al proprio debitore ( in tema sia permesso il rinvio allo scritto di BOTTAI - PEZZANO, Come (provare a) salvare le (sole) imprese meritevoli, 25 Marzo 2021, in questa Rivista, in part. v. cap.3).

Quel che davvero conta nelle PMI moderne e’ la positivita’ dei flussi della cd gestione caratteristica dell’attività d’ impresa: insomma la visione, la rappresentazione dinamica “in video( per non dire in streaming )” più che statica “ in foto” dell’impresa .

Sopratutto rispetto alle imprese in bonis ante Covid e che tali , grazie appunto alla positività della relativa gestione caratteristica , torneranno sol che abbiamo il tempo per farlo (perciò’ la necessità di strumenti tipo l’AME ipotizzato nel predetto scritto - o in questi giorni adottato dalla Francia con la L. 689/21 - oltre che una normativa comunitaria bancaria che non vada , almeno nei fatti , in senso contrario alle più elementari necessità del momento. Si pensi solo alla recente, incredibile, emendatio al Calendar Provisioning, che espone alla segnalazione in centrale rischi con 500 € di ritardo nel dovuto e addirittura solo 100 € ove si tratti di privati . Cfr. in tema PADOVANI – GUADAGNIN, Il calendar provisioning: la gestione delle NPE anche alla luce della crisi da Covid-19, in www.dirittobancario.it,03.02.2021; v. anche BONECHI, Quella asimmetria da superare tra banche ed imprese,www.ilsole24ore.com, 24 marzo 2021,p.16.).

D’altra parte , la vera insolvenza, e’ si’ un dato oggettivo ,che prescinde ,dunque, dalla imputabilità , ma deve , oggi più di ieri , risultare come una “situazione d'impotenza, strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni a seguito del venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie alla relativa attività” (Cass.SU 115/2001; cfr. anche ML RUSSOTTO, La prova dello stato di insolvenza nel periodo emergenziale,1 Aprile 2021, in questa Rivista ).
Antonio Rossi, Curioso

12 Luglio 2021 22:18

Preziosa carrellata normativa in tema .

Come corrette sono le preoccupazioni dell’Autore per i rischi di responsabilità degli organi sociali in caso - soprattutto - di fallimento ( ed anche rispetto alla ‘semisfera’ penalistica; cfr. DI VIZIO , Le ombre e gli specchi delle norme sul dissesto societario.I riflessi penali delle moratorie societarie del D.L. liquidità n. 23/2020, aprile 2020 , in www.osservatorio-oci.org).

Però, l’impresa ed i suoi gestori - come i relativi controllori - può/possono , recte deve/devono restare impresa/amministratori , senza alcuna particolare limitazione , in primis rispetto alla business judgment rule ,appunto, degli organi gestori ; ci mancherebbe solo , soprattutto in qst particolare momento , un’altra figura commissariale di nomina giudiziale o sperare di utilmente scaricare sull’assemblea compiti propri degli amministratori , come conferma l’art.376 CCII .

Naturalmente , ferma la necessità , a prescindere dalle fictionis normative in esame , di massima informazione e quindi di trasparenza sulla reale situazione ‘bilancistica’ dell’impresa (in particolare grazie alla ricchezza di dati offribili in nota integrativa , salvo non si scelga la sempre possibile via della messa in liquidazione - che si spera - temporanea, ricorrendo nelle more all’esercizio provvisorio previsto anche espressamente dall’art.2487,co.1,lett.c), c.c. , ma quindi in tal caso anche con riclassificazione di più voci del bilancio).

Come l’adozione più corretta dei prescritti assetti organizzativi per monitorare al meglio le situazioni .

D’altra parte , soprattutto nelle PMI, con srl oramai possibili anche con un € di cs, considerare ancora il capitale sociale e ,più in generale , il pn , un baluardo a tutela dei creditori , forse è un po’ , come dire , eccessivo o , se si preferisce , poco prudente da parte del (l’imprenditore) creditore che solo su ciò faccia affidamento rispetto al proprio debitore ( in tema sia permesso il rinvio allo scritto di BOTTAI - PEZZANO, Come (provare a) salvare le (sole) imprese meritevoli, 25 Marzo 2021, in questa Rivista, in part. v. cap.3).

Quel che davvero conta nelle PMI moderne e’ la positivita’ dei flussi della cd gestione caratteristica dell’attività d’ impresa: insomma la visione, la rappresentazione dinamica “in video( per non dire in streaming )” più che statica “ in foto” dell’impresa .

Sopratutto rispetto alle imprese in bonis ante Covid e che tali , grazie appunto alla positività della relativa gestione caratteristica , torneranno sol che abbiamo il tempo per farlo (perciò’ la necessità di strumenti tipo l’AME ipotizzato nel predetto scritto - o in questi giorni adottato dalla Francia con la L. 689/21 - oltre che una normativa comunitaria bancaria che non vada , almeno nei fatti , in senso contrario alle più elementari necessità del momento. Si pensi solo alla recente, incredibile, emendatio al Calendar Provisioning, che espone alla segnalazione in centrale rischi con 500 € di ritardo nel dovuto e addirittura solo 100 € ove si tratti di privati . Cfr. in tema PADOVANI – GUADAGNIN, Il calendar provisioning: la gestione delle NPE anche alla luce della crisi da Covid-19, in www.dirittobancario.it,03.02.2021; v. anche BONECHI, Quella asimmetria da superare tra banche ed imprese,www.ilsole24ore.com, 24 marzo 2021,p.16.).

D’altra parte , la vera insolvenza, e’ si’ un dato oggettivo ,che prescinde ,dunque, dalla imputabilità , ma deve , oggi più di ieri , risultare come una “situazione d'impotenza, strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni a seguito del venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie alla relativa attività” (Cass.SU 115/2001; cfr. anche ML RUSSOTTO, La prova dello stato di insolvenza nel periodo emergenziale,1 Aprile 2021, in questa Rivista ).
Fermo che il capitale sociale non costituisce una garanzia "diretta" per i creditori sociali (né con uno né con un milione di euro), siamo sicuri che la consistenza del patrimonio netto (e quindi anche la misura del C.S.) siano irrilevanti al fine della legittima assunzione di scelte di gestione? Anche assumendo (ciò che ritengo del tutto corretto) che ciò che conta siano i flussi prospettici, visto che sono "prospettici" pariamo sempre di futuro, quindi (almeno sino ad oggi) di incertezza.. Nelle previsioni possiamo grossolanamente distinguere tra ciò che è pressoché impossibile, ciò che è possibile ma improbabile e ciò che è probabile. Anche l'allineamento dei flussi rientra in una di queste queste alternative. L'allineamento "impossibile" corrisponde a ciò che la giurisprudenza ritiene "irrazionale", quindi extra-BJR. Il dubbio è se sia lecito anche solo un allineamento "possibile ma non probabile", e qui direi che il P.N. vada considerato nella valutazione di liceità dell'operazione: se il worst case rischia di annichilire l'intero P.N., si può immaginare che gli amministratori siano responsabili dell'insuccesso. Ciò però significa che nei prossimi cinque anni le poltrone dei C.d.A. scotteranno non poco, a prescindere dalla sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione. (anzi, in gran parte proprio per questo). L'alternativa è quella di considerare irrilevante la struttura finanziaria dell'impresa e quindi sempre lecite operazioni dal successo anche solo "possibile" ma non necessariamente "probabile", con la consueta esternalizzazione del rischio in danno dei creditori. Opterei per la prima delle due,. Certo, la coperta è corta, più del solito.
Rolandino Guidotti, Professore Università Bologna

2 Agosto 2021 12:49

Fermo che il capitale sociale non costituisce una garanzia "diretta" per i creditori sociali (né con uno né con un milione di euro), siamo sicuri che la consistenza del patrimonio netto (e quindi anche la misura del C.S.) siano irrilevanti al fine della legittima assunzione di scelte di gestione? Anche assumendo (ciò che ritengo del tutto corretto) che ciò che conta siano i flussi prospettici, visto che sono "prospettici" pariamo sempre di futuro, quindi (almeno sino ad oggi) di incertezza.. Nelle previsioni possiamo grossolanamente distinguere tra ciò che è pressoché impossibile, ciò che è possibile ma improbabile e ciò che è probabile. Anche l'allineamento dei flussi rientra in una di queste queste alternative. L'allineamento "impossibile" corrisponde a ciò che la giurisprudenza ritiene "irrazionale", quindi extra-BJR. Il dubbio è se sia lecito anche solo un allineamento "possibile ma non probabile", e qui direi che il P.N. vada considerato nella valutazione di liceità dell'operazione: se il worst case rischia di annichilire l'intero P.N., si può immaginare che gli amministratori siano responsabili dell'insuccesso. Ciò però significa che nei prossimi cinque anni le poltrone dei C.d.A. scotteranno non poco, a prescindere dalla sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione. (anzi, in gran parte proprio per questo). L'alternativa è quella di considerare irrilevante la struttura finanziaria dell'impresa e quindi sempre lecite operazioni dal successo anche solo "possibile" ma non necessariamente "probabile", con la consueta esternalizzazione del rischio in danno dei creditori. Opterei per la prima delle due,. Certo, la coperta è corta, più del solito.
Le poltrone dei consigli di amministrazione “scotteranno non poco” anche in considerazione del fatto che nel nostro ordinamento ormai da tempo si è diffuso un orientamento, non condivisibile – per quanto dirò subito dopo - ma ormai radicato, che sostiene che la perdita della continuità aziendale possa dar luogo ad una causa di scioglimento della società; per la precisione a quella di cui all’art. 2484, comma 1°, n. 2), c.c. dove prevede che la società si scioglie, appunto, per la sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale.
Mi permetto dire anche qui che l’assunto che fa conseguire, dal venir meno della continuità aziendale, il verificarsi di una causa di scioglimento non è condivisibile. La sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale, tra le altre cose, deve essere definitiva ed irreversibile per concretizzare la causa di scioglimento prevista dall’art. 2484, comma 1°, n. 2), c.c. La perdita della continuità aziendale è, per contro, un giudizio prognostico e può limitarsi ad un periodo limitato di tempo (come dimostra la pandemia in corso); la perdita della continuità aziendale è tendenzialmente, in altre parole, per definizione, reversibile.
Rimane il fatto però che disporre la non operatività, in epoca di pandemia, della causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale non risolve tutti i problemi neanche sotto il profilo giuridico. Il rischio che possa affermarsi – a distanza di anni - che si è verificata la causa di scioglimento derivante dal venir meno della continuità aziendale avrebbe dovuto essere previsto ed evitato. Il legislatore si è occupato anche di “fingere” contabilmente, per un certo periodo, che la continuità esista, ma ha completamento omesso di considerare gli effetti che la sua mancanza potrebbe creare sullo scioglimento della società.

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