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Matteo Binelli, Avvocato in Mantova

La rottamazione dei ruoli e le conseguenze sulle procedure concorsuali

27 Agosto 2021

Al fine di agevolare la definizione dei debiti tributari ed ovviamente incrementare le entrate erariali sono state introdotte nel corso degli ultimi anni varie disposizioni che vengono usualmente definite di rottamazione dei ruoli.
Tra le ultime vi è quella prevista dall'art. 3 del D.L. n. 119/2018 convertito con modifiche con L. n. 136/2018, c.d. rottamazione - ter. In precedenza analoga disposizione era contenuta nell'art. 6 D.l. n. 193/2016 conv. in L. n. 225/2016 (c.d. rottamazione - bis) e già si parla di una rottamazione - quater.
La disposizione in estrema sintesi (co. 1) consente al contribuente di estinguere i carichi di riscossione iscritti dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 senza corrispondere le sanzioni comprese in tali carichi, gli interessi di mora di cui all'articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive di cui all'articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, versando integralmente le somme: a) affidate all'agente della riscossione a titolo di capitale e interessi; b) maturate a favore dell'agente della riscossione a titolo di aggio sulle somme di cui alla lettera a) e di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notifica della cartella di pagamento.
Il versamento di tali importi può essere fatto dal contribuente in un'unica soluzione (entro il 31.7.2019) oppure con rateazione di massimo diciotto ratei con scadenze che decorrono anche dal 2020 e quindi non sono ancora scadute.
L'adesione a tale forma di definizione doveva essere fatta dal contribuente entro il 30.4.2019 (co. 5), dichiarando il numero di ratei prescelto.

Senza  addentrarsi nelle disposizioni di dettaglio della normativa, è rilevante sottolineare che il co. 18 stabilisce quanto segue:
"Alle somme occorrenti per aderire alla definizione di cui al comma 1, che sono oggetto di procedura concorsuale, nonché in tutte le procedure di composizione negoziale della crisi d'impresa previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, si applica la disciplina dei crediti prededucibili di cui agli articoli 111 e 111-bisdel regio decreto 16 marzo 1942, n. 267".  
In sostanza ad una prima lettura pare di comprendere che crediti aventi grado di privilegio non particolarmente elevato (es. art. 2752 c.c., per il quale è previsto il grado 18° o 19°) o addirittura chirografario (es. aggio) divengano prededucibili e quindi destinati ad essere soddisfatti con preferenza rispetto a crediti che prima della decisione di aderire alla rottamazione erano poziori.
Gli esiti normativi paiono sorprendenti e inducono alcuni interrogativi, specie per l'ipotesi in cui l'adesione avvenga nel corso di un concordato preventivo.
Invero, per quanto non mi pare vi siano astratti ostacoli per un'adesione anche da parte delle procedure fallimentari, per le quali si dovrebbero peraltro fare i conti con i principi di definitività e di giudicato endoconcorsuale dell'accertamento del passivo, è difficile che una scelta del genere venga adottata dal curatore.
Al contrario l'imprenditore in concordato preventivo potrebbe essere incentivato a farlo (e risulta che sia avvenuto), ma ciò ha ripercussioni notevoli sull'esecuzione del concordato e sul rispetto degli impegni assunti con la proposta, se è vero che la procedura ha, secondo l'orientamento maggioritario, natura contrattuale.


Il primo interrogativo che si pone è quello relativo alla legittimità costituzionale della norma, che non è scontato, visto che già con sentenza n. 170/2013 la Corte Costituzionale ha affermato: "È illegittima la norma contenuta nella manovra finanziaria del 2011 (art. 23, c. 37, ultimo periodo, e c. 40, del D.L. 6/7/2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L. 15/7/2011, n. 111), per violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza (art. 3) e dell'art. 117 che vincola lo Stato a legiferare anche nel rispetto dei vincoli comunitari (in questo caso la Convenzione europea dei diritti dell'uomo). E la ragione è che questo nuovo regime si applica anche nelle procedure fallimentari già definite, e che così si alterano i rapporti tra creditori, già accertati con provvedimento del giudice, favorendo le pretese economiche dello Stato a detrimento delle concorrenti aspettative delle parti private: la disciplina in questione determina una disparità di trattamento a scapito dei creditori concorrenti con lo Stato, i quali vedono ingiustamente frustrate le aspettative di riparto del credito che essi avevano legittimamente maturato".

 Forse per questo, secondo alcuni la disposizione dovrebbe essere interpretata nel senso che i pagamenti in favore dell'erario potrebbero avvenire senza necessità di approvazione di riparti, ma pur sempre nel rispetto dell'ordine dei privilegi. E' di certo una opinione non agevole da sostenere alla luce della lettera della legge e che, se ha forse il pregio di superare i dubbi di costituzionalità, non pare di facile applicazione, perchè impone previsioni certe sulle risorse future disponibili per la soddisfazione dei crediti, il che, come noto, è quanto mai difficile, se non impossibile.

 Ancora. Chi può decidere e come l'adesione alla rottamazione? Il solo liquidatore in caso di concordato liquidatorio? Mi pare di no. Credo che una scelta così rilevante debba essere formulata con l'avallo del commissario giudiziale e forse anche del Giudice delegato. E nell'ipotesi in cui invece la scelta sia stata fatta dal solo imprenditore, che cosa accade? Quali potrebbero essere i rimedi? Considerato che l'art. 168 co. 3 l.f. prevede (per il vero nella fase ante omologa) che senza autorizzazione del Giudice i creditori non possano acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, pare difficile escludere un intervento giudiziale, anche se non è agevole definire quali criteri il G.D. dovrebbe adottare per la propria decisione.

 Tuttavia, il versante più delicato della questione riguarda, a mio avviso, i rapporti con gli altri creditori. Verrebbe da dire con tutti i creditori che non sono il fisco e non sono ancora stati soddisfatti.

 Alcuni di questi si saranno espressi in senso favorevole al concordato, ovviamente non potendo prevedere nè l'introduzione della norma, nè la decisione dell'imprenditore. Altri non avranno neppure votato, perchè il piano non prevedeva alcun sacrificio per la loro posizione e non di meno oggi dovrebbero sopportare il concreto rischio che le risorse concordatarie vengano destinate a soddisfare crediti di rango inferiore.

 La risposta può essere la domanda di risoluzione del concordato? Forse, ma anche questo non mi pare pacifico, perché l'imprenditore ha esercitato un diritto che la legge gli riconosce e che neppure prevedeva di avere quando formulò la proposta concordataria.

Visto che molti prevedono che sia prossima l'approvazione di una rottamazione - quater, affrontare questi interrogativi può servire non solo a risolvere i problemi dei concordati in esecuzione, ma anche di quelli in corso di approvazione.

alessandro tantardini, dottore commercialista in Cremona

31 Luglio 2021 10:32

Concordo appieno sulla dubbia costituzionalità di un provvedimento che, in concreto, esclude la platea delle procedure concorsuali dalla possibilità di aderirvi. Dico ciò perché dubito che, salvo il caso scolastico del fallimento con solo creditore l’erario, dovendosi escludere qualsiasi creditore di rango inferiore posto che la norma prevede che assurgano a prededuzione anche l’aggio e le spese che di per sé hanno natura chirografaria, quasi nessuna procedura potrà aderirvi, ravvisandosi la convenienza solo in pochissimi casi, laddove la riduzione del debito privilegiato per interessi compensi il balzo in avanti dei crediti per tributi, aggio e spese.
In merito alle problematiche del concordato, mi permetto di avere un’opinione diversa dal redattore dell'intervento in quanto, nella fase ante omologa, vige il dettato dell’art. 167 L.F. (i mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni e in genere gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, compiuti senza l'autorizzazione scritta del giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato) la cui inosservanza è sanzionata ex art. 173 L.F., ravvisandosi senza dubbio la natura di atto di straordinaria amministrazione nell’eventuale adesione alla normativa agevolativa.
Forse la normativa così detta premiale laddove, al comma 18, fa riferimento alle procedure concorsuali, per le procedure così dette minori, va considerata superata dalla normativa sulla transazione fiscale, ancor di più oggi, alla luce delle modifiche intervenute in merito al soggetto deputato ad esprimersi (Tribunale anche in presenza di diniego dell’Amministrazione Finanziaria).
In conclusione detta normativa sarebbe applicabile al solo fallimento, ma con tutte le problematiche che essa comporta.
Un Legislatore attento alla concretezza e non ai numeri del bilancio dello Stato basato sugli ipotetici quanto irrealistici incassi dei crediti fiscali nei confronti delle procedure concorsuali, emanerebbe, pragmaticamente, delle norme in linea con la realtà, prevedendo la cancellazione di sanzioni interessi e accessori vari per i fallimenti, lasciando all‘attuale normativa della transazione fiscale la soluzione dei crediti erariali nelle procedure minori.
LINDA FAIOLA, Dottore Commercialista in Latina

2 Agosto 2021 17:44

Gentile Dottore mi interesserebbe conoscere il suo parere circa la possibilità di cancellazione dei ruoli , emessi nel periodo 2000/2010 per soggetti sottoposti a procedure concorsuali .
alessandro tantardini, dottore commercialista in Cremona

3 Agosto 2021 9:44

Gentile Dottore mi interesserebbe conoscere il suo parere circa la possibilità di cancellazione dei ruoli , emessi nel periodo 2000/2010 per soggetti sottoposti a procedure concorsuali .
Da collega che svolge l'attività pratica di curatore e di advisor per prodecure di concordato, pertanto non da Giurista, confermo, a mio modesto parere, l'inutilità della norma agevolativa. Le suggerisco, come più utile dal punto di vista pratico, verificare, nelle singole fattispecie, se l'insinuazione dell'Agenzia Delle Entrate sia conforme al dettato giurisprudenziale in termini di prescrizione (da ultimo Cassazione 23 marzo 2021 n. 8120).
Matteo Binelli, Avvocato in Mantova

3 Agosto 2021 15:44

Concordo appieno sulla dubbia costituzionalità di un provvedimento che, in concreto, esclude la platea delle procedure concorsuali dalla possibilità di aderirvi. Dico ciò perché dubito che, salvo il caso scolastico del fallimento con solo creditore l’erario, dovendosi escludere qualsiasi creditore di rango inferiore posto che la norma prevede che assurgano a prededuzione anche l’aggio e le spese che di per sé hanno natura chirografaria, quasi nessuna procedura potrà aderirvi, ravvisandosi la convenienza solo in pochissimi casi, laddove la riduzione del debito privilegiato per interessi compensi il balzo in avanti dei crediti per tributi, aggio e spese.
In merito alle problematiche del concordato, mi permetto di avere un’opinione diversa dal redattore dell'intervento in quanto, nella fase ante omologa, vige il dettato dell’art. 167 L.F. (i mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni e in genere gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, compiuti senza l'autorizzazione scritta del giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato) la cui inosservanza è sanzionata ex art. 173 L.F., ravvisandosi senza dubbio la natura di atto di straordinaria amministrazione nell’eventuale adesione alla normativa agevolativa.
Forse la normativa così detta premiale laddove, al comma 18, fa riferimento alle procedure concorsuali, per le procedure così dette minori, va considerata superata dalla normativa sulla transazione fiscale, ancor di più oggi, alla luce delle modifiche intervenute in merito al soggetto deputato ad esprimersi (Tribunale anche in presenza di diniego dell’Amministrazione Finanziaria).
In conclusione detta normativa sarebbe applicabile al solo fallimento, ma con tutte le problematiche che essa comporta.
Un Legislatore attento alla concretezza e non ai numeri del bilancio dello Stato basato sugli ipotetici quanto irrealistici incassi dei crediti fiscali nei confronti delle procedure concorsuali, emanerebbe, pragmaticamente, delle norme in linea con la realtà, prevedendo la cancellazione di sanzioni interessi e accessori vari per i fallimenti, lasciando all‘attuale normativa della transazione fiscale la soluzione dei crediti erariali nelle procedure minori.
In realtà, a mio avviso, il problema si pone soprattutto nella fase post omologa, quando i creditori hanno già espresso il proprio voto, se questo è previsto dalle condizioni della proposta in relazione al credito specifico.
Non mi pare che esiste alcuna norma che impedisca di accedere alla rottamazione una volta che il concordato sia ormai stato omologato. 
Ma qualora questo avvenga (e mi risulta che vi siano procedure in cui la questione si sia posta) si generano, per effetto di quanto previsto dal comma 18 dell'art. 3 D.l. n. 119/2018, gli inconvenienti e le incongruenze che ho cercato di segnalare nell'intervento.


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