L’entrata in vigore del Codice della Crisi ha comportato il pensionamento dell’articolo 107 della legge fallimentare.
Nel caso specifico si potrebbe parlare di un baby pensionamento in quanto tale articolo fu modificato soltanto in occasione della mini riforma del 2006.
Con l’introduzione di quella norma si è entrati nell’era moderna delle liquidazioni concorsuali, stabilendo alcuni principi cardine dell’attività liquidatoria che sono stati confermati dall’attuale legislatore: "le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione del programma di liquidazione sono effettuati dal curatore tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati".
In quella circostanza fu introdotta la figura dell’operatore specializzato che, già da anni, era prevista nelle norme e nelle prassi di molti altri paesi.
Pur non essendo mai stato istituito l’albo degli operatori specializzati, previsto dall’ultimo comma dell’articolo 107, nel corso degli anni sono nate, e si sono sviluppate, numerose realtà imprenditoriali, distribuite sul territorio nazionale, che hanno iniziato ad operare in affiancamento ai curatori fallimentari che, a volte anche in contrasto con i loro magistrati di riferimento, hanno deciso di sperimentare nuove forme di liquidazione dei beni.
In pochi anni la figura del commissionario fallimentare, nomenclatura che rende poco onore alla moderna e complessa figura dell’operatore specializzato, si è progressivamente affermata in molti tribunali italiani.
Da questa opportunità normativa sono nate imprese che hanno trasferito al mondo concorsuale l’expertise e le metodologie mutuate da altri ambiti, ed hanno determinato un new deal per le vendite concorsuali.
Gli investimenti di questi operatori privati hanno attirato l’attenzione da parte dei potenziali acquirenti, permettendo l’emersione di un vero e proprio mercato del second hand concorsuale che oggi, nel complesso delle attività mobiliari ed immobiliari, si avvicina ai trenta miliardi di volume.
Si deve dare atto a tutti questi soggetti economici, nessuno escluso, di aver scommesso le proprie risorse ed il proprio tempo in un settore che, secondo i vecchi luoghi comuni, era considerato da evitare.
Sono nate realtà, più o meno grandi, che hanno lavorato, per oltre un decennio, alla crescita delle proprie organizzazioni, alla ricerca, formazione e specializzazione del capitale umano, alla conoscenza ed applicazione dei più efficaci strumenti di comunicazione e marketing (anzi re-marketing), alla fidelizzazione della propria clientela, attraverso un livello di servizio che non poteva essere offerto dal singolo curatore fallimentare.
In poche parole, questi pionieri hanno contribuito in maniera determinante alla creazione di un mercato delle vendite concorsuali, nazionale ed internazionale, perfettamente aderente ai dettami dell’articolo 107.
Tutto ciò senza gravare sui costi delle procedure perché si è sempre operato con la logica della success fee, addebitando la percentuale del buyer’s premium esclusivamente agli acquirenti, così come avviene nel resto del mondo.
Il CCII ha, in massima parte, confermato l’impianto normativo del 2006, introducendo però, nel nuovo articolo 216, alcuni termini temporali che intendono disciplinare l’attività di vendita.
Nel contempo, il legislatore ha immaginato di estendere anche alle vendite concorsuali alcune delle regole delle vendite esecutive.
Entrambi le modifiche suscitano alcune perplessità. In primo luogo, deve essere riaffermato che la liquidazione dell’attivo è un’attività di tipo economico e il tentativo di irreggimentarla normativamente rischia di inficiarne l’efficacia.
Gli operatori specializzati hanno finora operato con la massima trasparenza e conseguito importanti risultati e, soprattutto, hanno determinato una notevole accelerazione dei tempi delle vendite, pertanto, questa volontà di determinare i tempi, stabilita dall’articolo 216, appare assolutamente non necessaria, soprattutto se la velocizzazione degli esperimenti di vendita influisce sul ribasso delle basi d’asta.
I migliori risultati di vendita possono essere raggiunti non attraverso i tre ribassi consecutivi previsti dall’articolo del CCII ma operando valutazioni e pubblicità in linea con le esigenze del mercato.
Proporre valutazioni aderenti alle quotazioni del mercato può permette un’aggiudicazione sin dal primo esperimento; la stima errata determina, invece, una sequela di esperimenti che hanno il solo effetto di allontanare gli utilizzatori finali e lasciare il campo agli attendisti, a scapito dei valori di realizzo.
In secondo luogo, il legislatore non prende in considerazione la profonda differenza di asset class fra le esecuzioni immobiliari e le vendite concorsuali.
Perché non è possibile l’assimilazione delle vendite concorsuali a quelle esecutive.
Innanzitutto, perché c’è una enorme differenza di valore medio fra gli stessi beni in vendita nelle diverse procedure:
Il mercato delle sole vendite immobiliari, nel 2020, concordati e fallimenti, ha portato in asta circa 8 miliardi di immobili, con oltre 60.000 aste.
I valori mobiliari sono di poco inferiori, e ad essi si devono aggiungere circa 8.000 esperimenti di vendite di aziende o rami di azienda (cluster per il quale la norma sembra essere assai lacunosa).
Il cluster immobiliare è suddiviso in residenziale/non residenziale/ terreni.
I raffronti fra i valori medi dei beni in esecuzione sono i seguenti:
[1]nel concorsuale i valori medi del residenziale sono superiori di circa l’67% ai valori delle vendite esecutive; valore medio 160.000
per i terreni sono superiori del 133%; valore medio 267.000
per il non residenziale + 86%. Valore medio 409.000
Appare evidente che le garanzie immobiliari in vendita nelle procedure concorsuali hanno bisogno di un sostegno promozionale maggiore e diverso rispetto a quanto accade nelle procedure esecutive. La liquidazione dell’attivo concorsuale richiede, inoltre, un approccio strategico che consenta di affrontare le specificità degli asset: azienda, beni mobili, beni immobili, crediti commerciali e fiscali, marchi e brevetti.
Sorprende non poco, la semplicità con la quale è stato affrontato il tema cruciale delle liquidazioni dell’attivo: la creazione delle risorse da ristorare ai creditori non può essere disciplinata rigidamente in sede giurisdizionale perché, ribadiamo, siamo di fronte ad una attività di tipo prettamente economico.
Di contro, nella composizione negoziata, e nella conseguente liquidazione in caso di esito negativo delle trattative, specificatamente nel concordato semplificato, sembrano assolutamente assenti prescrizioni relative all’attività di liquidazione dei beni.
In parole semplici è affidata al liquidatore la possibilità, ma anche l’onere, di liquidare i beni (ed anche le aziende) a fronte di qualsiasi offerta per la quale non si ravvisino condizioni migliorative sul mercato a giudizio dello stesso, senza indicare modalità di pubblicità (compreso il PVP) e senza il ricorso a procedure competitive.
L’articolo 25 septies del CCI prevede, infatti, che “il liquidatore giudiziale, verificata l’assenza di soluzioni migliori sul mercato, dia esecuzione all’offerta”.
Secondo alcuni commentatori sarebbe sufficiente limitarsi ad un sondaggio del mercato mediante inviti mirati ad operatori settoriali affinché possano inviare manifestazioni di interesse.
In questo caso, però, la stessa scelta degli inviti da parte del liquidatore, potrebbe risultare arbitraria, soprattutto nei casi in cui gli operatori di mercato risultassero di un numero molto elevato.
Allo stesso tempo la teoria del superamento del principio di stima dei beni suscita perplessità.
Anche se in forma semplificata, la stima appare necessaria, a sostegno sia dei pareri dell’esperto che per una più attenta valutazione del Tribunale rispetto all’assenza di pregiudizio per i creditori in funzione dell’omologa della proposta concordataria.
[2]La necessità di valutazioni rapide ed informali è un’ottima occasione di coinvolgimento degli operatori specializzati: la loro esperienza di vendita dei beni appare la più adeguata a supportare un’analisi che, svolta secondo criteri di benchmark, possa indicare rapidamente il più prossimo valore di mercato dei beni da alienare. Anche nel caso di garanzie immobiliari si potrebbero distinguere la due diligence urbanistica, da affidare ad un tecnico, e la valutazione economica che potrebbe essere agevolmente svolta dall’operatore specializzato.
(continua nel primo commento)
[1] Fonte Portale Vendite Pubbliche – dati elaborati da REVIVA
[2] L. Gratteri "
La conclusione delle trattative e il nuovo strumento del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio" in "
La composizione negoziata della crisi di impresa" , 2022