A distanza di 80 anni dalla promulgazione del Regio Decreto n. 267/1942, si sta per assistere all’ennesimo intervento riformatore che impatterà nuovamente sul testo originario, già ampiamente rivisitato, del CCII destinato ad entrare in vigore (finalmente) il 16 maggio 2022, soppiantando così la vecchia legge fallimentare.
Tra le novità di recente introduzione campeggia su tutte un nuovo strumento di regolazione della crisi o, usando un’espressione cara al Legislatore europeo e recepita da quello italiano, “quadro di ristrutturazione preventiva”.
Ci si riferisce al piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (di seguito anche solo “PRO”), disciplinato dai nuovi artt. 64-bis e 64-ter, CCII, per il tramite del quale la Commissione Pagni ha inteso adeguare l’ordinamento concorsuale domestico all’art. 11, par. 1, Direttiva “Insolvency” che deroga alla c.d. “absolute priority rule.”
La disciplina in commento riconosce all’imprenditore, in stato di crisi o di insolvenza, di poter chiedere l’omologazione di un piano diretto al soddisfacimento dei creditori, seppur in deroga al principio della par condicio creditorum.
Ai fini di un’ordinata analisi del nuovo quadro, si ritiene utile circoscrivere preliminarmente l’ambito di applicazione soggettivo dell’art. 64-bis, per poi passare a definirne le finalità.
Nel silenzio del Legislatore è da escludersi che possa trattarsi di uno strumento accessibile a tutte le imprese.
A sostegno della tesi di cui sopra militano le seguenti considerazioni.
In primis, si osserva che l’art. 64-bis contiene numerosi rinvii alle norme che disciplinano il concordato preventivo.
Secondariamente, rileva il fatto che l’art. 64-ter riconosce all’istante la possibilità di mutare, in qualsiasi momento, la domanda originaria, formulando una proposta di concordato preventivo.
Per ultimo, occorre considerare che la disciplina in esame, sebbene sia stata collocata all’interno del titolo IV subito dopo quella dedicata agli ADR, non presenta alcun rinvio all’art. 57 che consente anche all’imprenditore agricolo di ricorrere a tali strumenti di regolazione della crisi.
Ne discende che il PRO sarà attivabile esclusivamente dall’imprenditore commerciale nei cui confronti potrà essere dichiarata aperta la liquidazione giudiziale, vale a dire l’unico soggetto legittimato a presentare domanda di concordato preventivo, mentre né l’imprenditore minore (art. 2, co. 1, lett. d) né quello agricolo (art. 2135, c.c.) potranno accedere al nuovo istituto.
Quanto alle finalità del medesimo, è da escludersi, in considerazione dei reiterati richiami alle norme che disciplinano il concordato in continuità (su tutti gli art. 94-bis e 109), la natura liquidatoria del PRO.
Il PRO, a maggior ragione se si tiene conto del nomen iuris, dovrà tendere sicuramente al risanamento dell’impresa in un’ottica di recupero del valore aziendale.
Ciò precisato, è evidente che il nuovo strumento di regolazione della crisi si distingua dal concordato preventivo perché derogatorio, fatti salvo in una logica di perfetta armonia con i principi espressi dal Legislatore euro-unitario i diritti di credito maturati dai lavoratori dipendenti, alla c.d. “absolute priority rule”.
Tuttavia, il sacrificio delle regole ordinarie di distribuzione è destinato a soggiacere al previo soddisfacimento di condizioni particolarmente rigorose, alcune delle quali determinanti ai fini dell’omologazione.
Nello specifico, la disciplina in commento impone:
· la suddivisione in classi dei creditori secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei;
· il soddisfacimento in denaro dei lavoratori dipendenti nel termine di trenta giorni dall’omologazione;
· il coinvolgimento di un professionista indipendente (art. 2, co. 1, lett. o), che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano;
· l’approvazione all’unanimità di tutte le classi affinché la proposta venga omologata.
Passando al profilo procedimentale, si segnala che, a differenza del concordato, non viene prevista la parentesi, ancorché meramente eventuale, “prenotativa”.
All'opposto, sulla falsariga di quanto già previsto in tema di concordato semplificato, è esclusa la fase deputata a vagliare l’ammissibilità della proposta.
Il tribunale sarà, infatti, chiamato a verificare, con particolare riguardo ai criteri di formazione delle classi, la ritualità della proposta, e in caso positivo:
· nominerà il giudice delegato e il commissario giudiziale;
· fisserà la data iniziale-finale per l’espressione del voto dei creditori, oltre a determinare il quantum della somma che il debitore avrà cura di depositare in cancelleria;
Su un piano altrettanto innovativo, si pone la disciplina degli effetti che la domanda di omologazione produrrà in capo al debitore.
È risaputo che in virtù dell’entrata in vigore del CCII, è decaduto l’automatismo protettivo originariamente previsto dall’art. 168, L.F.
Il venir meno del c.d. automatic stay, si riverbera altresì nell’ambito del procedimento diretto all’omologa del PRO.
L’art. 54, co. 4, subordina, anche nella fattispecie in esame, l’applicazione delle misure protettive ad una specifica richiesta proveniente dal debitore e ne limita gli effetti che potranno concretizzarsi solamente:
· nel divieto di promuovere o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio, ivi compresi i beni con cui viene esercitata l’attività d’impresa;
· nel c.d. blocco delle dichiarazioni di apertura della liquidazione giudiziale.
Tuttavia, la suddetta norma presenta una particolarità.
Viene, infatti, precisato che tale istanza potrà essere formulata dall’imprenditore prima del deposito della domanda di cui all’art. 64-bis, presentando la domanda di nomina dell’esperto, ex art. 12, e, contestualmente chiedendo, ai sensi dell’art. 18, l’applicazione in proprio favore delle misure protettive.
Parrebbe, dunque, che l’imprenditore possa invocare l’applicazione in proprio favore delle misure protettive a condizione che la domanda di omologazione del PRO sia stata preceduta dal deposito della domanda di accesso alla CNC.
Alla luce del dato normativo in esame, sorgono due quesiti.
L’imprenditore potrà accedere al PRO direttamente oppure, come già accade nell’ipotesi di concordato semplificato, dovrà necessariamente esperire la CNC?
In caso di deposito non mediato della domanda di omologazione ex art. 64-bis, l’istante potrà ugualmente attivare il sub-procedimento di cui all’art. 54 oppure si vedrà negare tale facoltà?
Secondariamente, emerge il richiamo all’art. 46, con particolare riferimento ai commi 4 e 5, che statuiscono rispettivamente i) la prededucibilità dei crediti di terzi sorti in ragione degli atti legalmente compiuti dal debitore e ii) il divieto per i creditori di acquisire diritti di prelazione con efficacia nei confronti dei creditori concorrenti.
Ma, su tutti, risalta il fatto che l’imprenditore non subirà alcuno spossessamento, neppure nella forma attenuata.
Anzi, pur dovendo gestire l’impresa nel prevalente interesse dei creditori, ne conserverà, benché sotto la vigilanza del commissario giudiziale, sia la gestione ordinaria sia quella straordinaria.
In particolare, con specifico riferimento al compimento di atti di straordinaria amministrazione, l’art. 64-bis, commi 5 e 6, replica, con alcune accortezze, la disciplina contenuta nell’art. 21, applicabile nell’ambito della CNC.
Le disposizioni sopra richiamate prevedono, infatti, che l’imprenditore sarà tenuto ad informare preventivamente il commissario giudiziale e nel caso in cui quest’ultimo ritenga l’atto pregiudizievole per i creditori lo segnalerà per iscritto sia all’imprenditore sia all’organo di controllo.
La disposizione in esame sanziona duramente la condotta che l’imprenditore potrebbe realizzare in spregio alle osservazioni comunicate dal commissario giudiziario.
Se, ciononostante, l’imprenditore dovesse ugualmente compiere l’atto, si attiverebbe il procedimento di cui all’art. 106, che potrebbe concludersi con l’apertura della liquidazione giudiziale.
Veniamo, dunque, alle “battute” finali.
Ai fini dell’omologazione, come già osservato, viene richiesta l’approvazione all’unanimità da parte di tutte le classi.
Nell’ipotesi in cui non si dovesse conseguire tale maggioranza “bulgara”, troverebbe applicazione l’art. 64-ter che propone al debitore due diverse soluzioni.
La prima stabilisce che l’imprenditore, entro il termine di quindici giorni dal deposito della relazione sull’esito della votazione, qualora ritenga di aver conseguito il quorum richiesto, potrà insistere per l’omologazione, invitando, sostanzialmente, il tribunale a procedere al riconteggio dei voti.
In alternativa, potrà modificare la domanda originaria, chiedendo che venga emesso il relativo decreto di apertura.
Ci si domanda, stante la vaghezza del dato normativo, se analoga facoltà, ovvero di mutare la propria domanda, venga riconosciuta anche all’imprenditore che abbia presentato inizialmente domanda di ammissione al concordato preventivo.
Infine, si osserva che, stante la sua natura, è facile prevedere che il PRO sia destinato ad entrare in concorrenza con gli ADR, i quali non solo consentono all’imprenditore di mantenere la gestione dell’impresa, ma derogano, anch’essi, al principio della par condicio creditorum.
Sebbene formulare previsioni sia sempre un azzardo, è possibile pronosticare che, almeno inizialmente, gli imprenditori preferiranno ricorrere agli ADR.
Si consideri, infatti, nell’ambito degli ADR per l’imprenditore sarà possibile concludere, ex art. 63, una transazione fiscale, mentre nel contesto del PRO, stante l’omesso rinvio, è da escludersi l’operatività dell’art. 88.
Tenuto conto la tendenza delle imprese in crisi di finanziarsi omettendo i pagamenti in favore del Fisco, è ragionevole immaginare che, almeno inizialmente, gli ADR saranno considerati maggiormente appetibili rispetto al PRO.