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Giovanni La Croce, Dottore Commercialista in Milano

IL CRAM DOWN TRIBUTARIO INCENTIVO A VIOLARE I PRECETTI DELL'ART. 2086 C.C.

24 Novembre 2024

 Parafrasando l'amico professore Marcello Gualtieri possiamo affermare che l'economia reale, prima o poi, presenta il conto dei comportamenti irrazionali, anche se posti in essere dallo Stato. Qualunque Stato, inteso come operatore economico, è soggetto, infatti, alle stesse regole di qualsiasi altro operatore di mercato: in questo senso non si dovrebbero sussidiare imprese decotte senza una logica selettiva. Il contributo 110% insegna. 
 
Per sgombrare il campo da ogni equivoco ideologico è giusto chiarire che sin dalla scrittura della monografia La Transazione Fiscale, redatta per la rivista Il Fallimento nell'ormai lontanissimo 2010, ho sempre sostenuto che fosse ineludibile definire, ex art. 97 Cost.,  le regole di condotta della PA nelle situazioni d'insolvenza commerciale e privata. 

Avevo, però, affermato, già in quell'occasione, che fosse necessario intervenire all'interno delle norme che regolano la riscossione dei tributi erariali e non all'interno del corpo di leggi concorsuali o, come il lessico del politicamente corretto oggi pretende, di "regolazione della crisi". 
 
Dunque, sì alla transazione fiscale come regola di condotta vincolata dalla legge, ma non come esautoramento dei poteri della PA. L'accettazione della falcidia da parte dell'Agenzia a condizioni di legge, informata intorno al principio/ necessità di contrastare l'evasione, e non rimessa al giudice. 
 
Ma veniamo al punto della questione che il mainstream regolarmente elude, facendo leva sul concetto, declinato in salsa kantiana, della "continuità d'impresa bene in sé". 
 
Su cosa, sarete curiosi di sapere, non si confronta il mainstream
 
Semplice, sui fondamentali economico-patrimoniali dell'impresa che non paga le imposte che trattiene ad altri o che esige per conto dello Stato da altri: Irpef e Iva. 
 
Tali imposte, come noto a tutti, non costituiscono una componente negativa del conto economico per nessuna impresa, sicché, salvo eccezioni rarissime intorno alle quali non si dovrebbe mai costruire una norma a carattere generale come quella del cram down, l'impresa che si finanzia con IVA e Irpef  è un'impresa economicamente decotta, quando non è un'impresa criminale, cioè non è affatto quell'impresa che secondo il primo considerando della Direttiva Insolvency doveva essere meritevole dell'attenzione dei legislatori nazionali: l'impresa economicamente sana ma sovraindebitata. 

Detto ciò, facciamo un passo temporale all'indietro e cerchiamo di comprendere come si possa generare il debito verso lo Stato vis a vis all'obbligo che incombe sugli amministratori ex art. 2086 c.c. di intercettare tempestivamente la crisi, dato che se la crisi fosse intercettata tempestivamente l'entità dei crediti erariali non potrebbe che essere, giocoforza, modesta. 
 
Se, come ho sopra sostenuto - ma mi aspetto in questo di essere contraddetto - al mancato pagamento di IVA e ritenute corrisponde un conto economico deficitario, dovrebbe essere indubbio che il mancato riversamento allo Stato di quelle somme incassate da altri contribuenti sia il segnale più evidente dell'esistenza di una crisi che avrebbe già da tempo preteso, ex art. 2086 c. c., il ricorso a uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il suo superamento e il recupero della continuità aziendale. 
 
Dovrebbe essere, quindi, impedito all'imprenditore di continuare l'impresa finanziandosi con le imposte altrui di cui è esattore per conto della collettività o, quantomeno, non dovrebbe essergli consentito, poi, come gli è al contrario consentito oggi, di cavarsela a buon mercato grazie al cram down. 
 
Infatti, più elevato sarà il debito erariale, ossia più tempo sarà passato dal primo mancato pagamento e più alto sarà il risparmio: quell'imprenditore dovrà pagare all'Erario solo le imposte nella misura del 50/60%, a seconda del peso degli altri creditori; nessuna sanzione e nessun interesse saranno dovuti. 
 
Ritorniamo ancora ex ante: quale migliore forma di finanziamento dei propri fabbisogni, dunque, di quella che l'imprenditore può così ottenere automaticamente, senza dover dimostrare il proprio merito creditizio, tramite il mancato pagamento di Irpef e IVA ? 
 
Non sarà chiamato a pagare le sanzioni, non pagherà gli interessi che avrebbe dovuto pagare alla banca e quando dovrà saldare il conto lo farà al 50/60% del capitale. Non solo, ma potrà chiedere anche una dilazione tra i 6 e 10 anni. 
 
Si tratta di un'opportunità, quella appena descritta, che non sfuggirà certo, non solo alle imprese economicamente decotte sin dalla nascita, ma anche a quelle che entrando in crisi necessiteranno di un sostegno finanziario per far girare il proprio circolante che otterranno a costo zero, anzi con un beneficio automatico futuro anche contro il volere del creditore penalizzato. 
 
Nella sostanza, per più tempo l'imprenditore aggirerà gli obblighi dell'art. 2086 c.c., maggiori saranno i vantaggi che potrà conseguire ricorrendo ad un AdR con cram down, che avrà diritto di ottenere, salvo i casi di frodi tributarie, senza se e senza ma, al semplice ricorrere di tre condizioni: 
(i) il soddisfacimento del 50/60% non sia ottenibile dall'AdE con la liquidazione giudiziale;
(ii) il credito erariale non superi l'80% della debitoria complessiva; 
(ii) i mancati pagamenti non superino il lustro (sic!). 

E qui, in quest'ultima apparente limitazione, che troviamo l'incentivo più pericoloso ad eludere il disposto dell'art. 2086 c.c. 
 
L'imprenditore che per 4 anni non avrà pagato IVA e Irpef, potrà, infatti, ottenere, senza il necessario consenso dell'AdE, uno sconto del 50/40% del proprio debito per sole imposte, nulla dovendo per sanzioni e interessi, nonostante l'art.  2086 c.c  gli avrebbe imposto il ricorso a uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale già tre anni e mezzo prima. 
 
In sostanza per più lungo tempo l'imprenditore si sottrarrà ai precetti dell'art 2086 c.c. maggiori saranno i vantaggi che lo stesso potrà ottenere grazie al cram down. 
 
Tramutare in maniera equilibrata il debito finanziario e commerciale in debito tributario sarà l'arma vincente del futuro ristrutturatore di successo. Una falla questa nel sistema della riscossione che diventerà una voragine con il passare del tempo, non appena il mercato se ne renderà conto. 
 
Difronte ad una simile opportunità è, infatti, inimmaginabile - siamo il popolo dotato di maggior inventiva al mondo - che i consulenti più arguti e attrezzati non mettano presto a punto modelli matematici dilatori dell'emersione della crisi dei loro clienti con cui ottenere un vero e proprio aiuto di Stato senza il quale la ristrutturazione non sarebbe altrimenti possibile. 
 
Personalmente ho già sviluppato qualche idea su ciò che si potrà fare; idee che, però, non intendo rendere pubbliche per non contribuire alla propagazione di condotte non etiche. Non le chiamerei illecite, perché è la legge a consentirle. 

Il comparto dei sub appalti e delle imprese subalterne sarà sempre quello dove i fenomeni più pervasivi potranno generarsi più frequentemente, spingendo l'impresa dominante a scaricare le proprie inefficienze, come, per altro, già oggi avviene, sull'impresa dominata, ma con l'opportunità, tutta nuova, quella di poter gestire l'insolvenza di questa a buon mercato evitandone il fallimento (ops…la liquidazione giudiziale) e così di lustro in lustro. 
 
Oggi si sta muovendo solo una parte superficiale del manto nevoso che domani si trasformerà, però, in una valanga disastrosa per i conti pubblici. Senza contare gli effetti distorsivi sulla concorrenza che tenderanno ad indebolire quelle imprese che le imposte incassate da altri le riversano allo Stato, imprese che saranno, per ciò, sempre più poste in una prospettiva critica. 

Ma questi sono ragionamenti da economia politica. 
Carlo Pirozzi, Dottore Commercialista in Napoli

1 Dicembre 2024 20:03

Pregiatissimo,
condivido in massima parte le tue riflessioni. Vorrei solo inquadrarle in un dato storico.
Le imprese hanno iniziato a "sfruttare" le opportunità che istituti molto tolleranti quali "ravvedimenti" operosi e non, rateizzi amministrativi ed esattoriali, definizioni agevolate e rottamazioni fin da prima che, nel 2019, fossero definiti gli standard degli adeguati assetti.
Il periodo pandemico successivo non ha fatto altro che aggravare questa situazione e pertanto la mia esperienza pratica mi lascia pensare che non tutte le imprese che abbiano un valore di debitoria fiscale inferiore alle soglie previste previste per il tram down siano bancarottieri fiscali "che abbiano agito con premeditazione".
Certo che condivido la considerazione che dal 2019 in poi queste imprese non hanno tratto le conseguenze obbligatorie dei segnali di crisi in quanto avrebbero dovuto accelerare il processo di emersione e la maggioranza non l'ha fatto (oggi stanno aspettando l'annunciata rottamazione quinquies). 
Condivido anche che queste imprese possano aver beneficiato immeritatamente di non essersi dotate di quegli assetti.
Non resta che assumersi una responsabilità come professionisti operanti nei collegi sindacali e negli organi do controllo a pretendere l'osservanza delle regole del controllo interno.
Sara' poi compito dell'amministrazione finanziaria (che non vorrà subire gli esiti del tram down) quella di attivarsi per le segnalazioni di allerta esterna.


Antonio Pezzano, Avvocato in Firenze

7 Dicembre 2024 15:38

Pregiatissimo,
condivido in massima parte le tue riflessioni. Vorrei solo inquadrarle in un dato storico.
Le imprese hanno iniziato a "sfruttare" le opportunità che istituti molto tolleranti quali "ravvedimenti" operosi e non, rateizzi amministrativi ed esattoriali, definizioni agevolate e rottamazioni fin da prima che, nel 2019, fossero definiti gli standard degli adeguati assetti.
Il periodo pandemico successivo non ha fatto altro che aggravare questa situazione e pertanto la mia esperienza pratica mi lascia pensare che non tutte le imprese che abbiano un valore di debitoria fiscale inferiore alle soglie previste previste per il tram down siano bancarottieri fiscali "che abbiano agito con premeditazione".
Certo che condivido la considerazione che dal 2019 in poi queste imprese non hanno tratto le conseguenze obbligatorie dei segnali di crisi in quanto avrebbero dovuto accelerare il processo di emersione e la maggioranza non l'ha fatto (oggi stanno aspettando l'annunciata rottamazione quinquies). 
Condivido anche che queste imprese possano aver beneficiato immeritatamente di non essersi dotate di quegli assetti.
Non resta che assumersi una responsabilità come professionisti operanti nei collegi sindacali e negli organi do controllo a pretendere l'osservanza delle regole del controllo interno.
Sara' poi compito dell'amministrazione finanziaria (che non vorrà subire gli esiti del tram down) quella di attivarsi per le segnalazioni di allerta esterna.


Suggestivo  il punto di vista espresso.

Ma non vanno dimenticato i vari contrappesi, civilistici - e finanche penalisti - previsti a carico degli  amministratori (come degli  organi di controllo “complici”) che agissero come descritto nel blog.

Civilistici,  perché non esiste alcun esimente rispetto alle azioni di responsabilità che, contro l’organo amministrativo, ogni singolo creditore, Erario in primis ( e forse questi  anche in via diretta ex artt.2395/2476, co.7, c.c. ), potrebbe attivare per attentato alla conservazione del patrimonio sociale ai sensi degli artt.2394/2476, co.6 , c.c.).

D’altra parte,  le previsioni in qlc modo in tema di cui agli artt. 64, co. 2 e 89, co.2 CCII, al più possono offrire salvaguardia - e comunque unicamente rispetto allo specifico scenario risarcitorio  di cui all’art.2486 cc - per gli atti (legalmente) compiuti durante le procedure , rispettivamente, di ADR e CP (e PRO a lume del richiamo all’ art. 89 di cui all’ art. 64-bis, co.9, CCII ), non certo per gli atti anteriori, rispetto ai quali, infatti, viene sancita espressamente l’operatività della citata norma codicistica.

Men che mai la può  offrire  in CN  l’art. 20, visto anche in combinato disposto con l’art. 24 CCII, norme che infatti neppure si preoccupano  di fare un distinguo tra atti anteriori o posteriori; anzi,  la disposizione di cui al comma 4 dell’art.24, depone per la piena responsabilità dell’OA.

E pare ancora più inverosimile possa germinarsi la “regola distorta” ipotizzata nel blog, ove si pensi anche alle conseguenze penali (art. 341 CCII) che per i pagamenti preferenziali  (salvo se altre fattispecie speciali in materia erariale)  potrebbero scattare anche in caso di omologazione di ADR o CP (ma non in ipotesi di CN o PRO andati a buon fine, perché diversamente, cioè nello scenario in cui si vada poi a cadere nella LG, mentre per la CN sovviene l’esimente dell’ art.24, co.5, la speculare disposizione di cui all’art.324 CCII potrebbe non risultare salvifica in caso di PRO, in quanto fattispecie non richiamata  ).

A tutto ciò si aggiunga la ‘pressione’ che sempre di più verrà a ricadere sugli Organi Gestori,  alla luce delle segnalazioni che nelle more dovrebbero  scaturire ai sensi degli artt. 25- octies e novies CCII.

Dunque ?

Dinanzi al rischio di scelte infelici ( per la  PA, oltre che per la continuità d’impresa, come per il miglior soddisfacimento dei creditori ) , le attuali - piu’ equilibrate -  disposizioni del CCII sul crown down “erariale” sono da salutare con favore ( anche per gli inserimenti sempre in proposito  effettuati dal novello legislatore in sede di gruppo di imprese - art. 284-bis - e “cf” - 245, co. 5 -).

Diverso discorso vale per quelle di cui agli artt.120-bis e ss CCII …ma questa  e’ …un’ altra , su cui il rinvio è d’uopo a Nigro, https://www.dirittodellacrisi.it/articolo/qualita-della-legislazione-e-codice-della-crisi-considerazioni-critiche-e-qualche-puntualizzazione-in-tema-di-strumenti-di-regolazione-della-crisi-e-dellinsolvenza-delle-societa,  nonché’ - ci sia consentito - a Bottai + altri, https://dirittodellacrisi.it/articolo/il-concordato-con-attribuzioni-ai-soci-criticita-e-prospettive-del-nuovo-art-120-quater-ccii#ricerca=bottai
Giovanni La Croce, dottore commercialista

7 Dicembre 2024 17:10

Suggestivo  il punto di vista espresso.

Ma non vanno dimenticato i vari contrappesi, civilistici - e finanche penalisti - previsti a carico degli  amministratori (come degli  organi di controllo “complici”) che agissero come descritto nel blog.

Civilistici,  perché non esiste alcun esimente rispetto alle azioni di responsabilità che, contro l’organo amministrativo, ogni singolo creditore, Erario in primis ( e forse questi  anche in via diretta ex artt.2395/2476, co.7, c.c. ), potrebbe attivare per attentato alla conservazione del patrimonio sociale ai sensi degli artt.2394/2476, co.6 , c.c.).

D’altra parte,  le previsioni in qlc modo in tema di cui agli artt. 64, co. 2 e 89, co.2 CCII, al più possono offrire salvaguardia - e comunque unicamente rispetto allo specifico scenario risarcitorio  di cui all’art.2486 cc - per gli atti (legalmente) compiuti durante le procedure , rispettivamente, di ADR e CP (e PRO a lume del richiamo all’ art. 89 di cui all’ art. 64-bis, co.9, CCII ), non certo per gli atti anteriori, rispetto ai quali, infatti, viene sancita espressamente l’operatività della citata norma codicistica.

Men che mai la può  offrire  in CN  l’art. 20, visto anche in combinato disposto con l’art. 24 CCII, norme che infatti neppure si preoccupano  di fare un distinguo tra atti anteriori o posteriori; anzi,  la disposizione di cui al comma 4 dell’art.24, depone per la piena responsabilità dell’OA.

E pare ancora più inverosimile possa germinarsi la “regola distorta” ipotizzata nel blog, ove si pensi anche alle conseguenze penali (art. 341 CCII) che per i pagamenti preferenziali  (salvo se altre fattispecie speciali in materia erariale)  potrebbero scattare anche in caso di omologazione di ADR o CP (ma non in ipotesi di CN o PRO andati a buon fine, perché diversamente, cioè nello scenario in cui si vada poi a cadere nella LG, mentre per la CN sovviene l’esimente dell’ art.24, co.5, la speculare disposizione di cui all’art.324 CCII potrebbe non risultare salvifica in caso di PRO, in quanto fattispecie non richiamata  ).

A tutto ciò si aggiunga la ‘pressione’ che sempre di più verrà a ricadere sugli Organi Gestori,  alla luce delle segnalazioni che nelle more dovrebbero  scaturire ai sensi degli artt. 25- octies e novies CCII.

Dunque ?

Dinanzi al rischio di scelte infelici ( per la  PA, oltre che per la continuità d’impresa, come per il miglior soddisfacimento dei creditori ) , le attuali - piu’ equilibrate -  disposizioni del CCII sul crown down “erariale” sono da salutare con favore ( anche per gli inserimenti sempre in proposito  effettuati dal novello legislatore in sede di gruppo di imprese - art. 284-bis - e “cf” - 245, co. 5 -).

Diverso discorso vale per quelle di cui agli artt.120-bis e ss CCII …ma questa  e’ …un’ altra , su cui il rinvio è d’uopo a Nigro, https://www.dirittodellacrisi.it/articolo/qualita-della-legislazione-e-codice-della-crisi-considerazioni-critiche-e-qualche-puntualizzazione-in-tema-di-strumenti-di-regolazione-della-crisi-e-dellinsolvenza-delle-societa,  nonché’ - ci sia consentito - a Bottai + altri, https://dirittodellacrisi.it/articolo/il-concordato-con-attribuzioni-ai-soci-criticita-e-prospettive-del-nuovo-art-120-quater-ccii#ricerca=bottai
CONTRAPPESI - La loro esistenza conferma l’ossimoro
 
Nel commento si evocano i contrappesi civili e penali a smentire l’esistenza dell’ossimoro denunciato, come se, nella pratica, i mancati versamenti di Irpef e Iva fossero di norma “sottosoglia” e l’indebitamento tributario di dimensioni modeste e non monstre.

Il reato tributario è commesso a monte, come a monte è commessa la connessa bancarotta preferenziale. Che ci si sia arrivati senza premeditazione, per semplice inerzia, o per accurata scelta non sarà mai dimostrabile. 

Che dire poi delle segnalazioni degli Enti, quando è l’adeguatezza degli assetti che dopo sei mesi di mancati versamenti dovrebbe far scattare quantomeno l’accesso alla CN? Senza contare che l’AdE deve prima liquidare le dichiarazioni per accertare il credito e le dichiarazioni sono presentate l’anno dopo tra marzo e ottobre.

Poi non si sta discutendo dell’utilità della transazione fiscale, bensì della tramutazione di un voto negativo, non di una astensione, in un voto positivo di un creditore che per Costituzione non può che agire per il meglio.

Senza contare che la direttiva (considerando 43) tutela il diritto di voto del creditore, che può essere limitato solo in casi eccezionali; “limitato”, il che non vuol certo dire che il diritto di voto possa essere confiscato per essere esercitato da altri, bensì solo non fatto esercitare o esercitare solo a certe condizioni.

Purtroppo ci si continua a confrontare astraendoci dalla realtà fattuale, isolandosi nell’etereo della sovrastruttura giuridica, dimenticando, però, quasi sempre, i precetti sovrastrutturali, ma sovra ordinati della direttiva.

Per chi volesse capire cosa accade nella pratica e, quindi, come un accorto professionista del debitore  può pre organizzare una ristrutturazione in danno della collettività, potrà ascoltarmi lunedì all’ODCEC di Milano sul punto. Spiegherò, numeri di bilancio alla mano, come si può fare.

Da ultimo annoto che, chissà perché, nessuno vuole confrontarsi con i fondamentali economici di un’impresa che non versa imposte incassate/trattenute da altri e che non sono, come tali, componenti negativi del suo conto economico: è un’impresa risanabile e come? 

A mia esperienza, solo in rarissimi casi; nella stragrande maggioranza di essi, invece, no. 

Cosa risponderebbero Marchionne o Tatò se fossero ancora in vita?Ovviamente senza nulla togliere agli amici avvocati.








Carlo Pirozzi, Dottore Commercialista in Napoli

7 Dicembre 2024 18:27

CONTRAPPESI - La loro esistenza conferma l’ossimoro
 
Nel commento si evocano i contrappesi civili e penali a smentire l’esistenza dell’ossimoro denunciato, come se, nella pratica, i mancati versamenti di Irpef e Iva fossero di norma “sottosoglia” e l’indebitamento tributario di dimensioni modeste e non monstre.

Il reato tributario è commesso a monte, come a monte è commessa la connessa bancarotta preferenziale. Che ci si sia arrivati senza premeditazione, per semplice inerzia, o per accurata scelta non sarà mai dimostrabile. 

Che dire poi delle segnalazioni degli Enti, quando è l’adeguatezza degli assetti che dopo sei mesi di mancati versamenti dovrebbe far scattare quantomeno l’accesso alla CN? Senza contare che l’AdE deve prima liquidare le dichiarazioni per accertare il credito e le dichiarazioni sono presentate l’anno dopo tra marzo e ottobre.

Poi non si sta discutendo dell’utilità della transazione fiscale, bensì della tramutazione di un voto negativo, non di una astensione, in un voto positivo di un creditore che per Costituzione non può che agire per il meglio.

Senza contare che la direttiva (considerando 43) tutela il diritto di voto del creditore, che può essere limitato solo in casi eccezionali; “limitato”, il che non vuol certo dire che il diritto di voto possa essere confiscato per essere esercitato da altri, bensì solo non fatto esercitare o esercitare solo a certe condizioni.

Purtroppo ci si continua a confrontare astraendoci dalla realtà fattuale, isolandosi nell’etereo della sovrastruttura giuridica, dimenticando, però, quasi sempre, i precetti sovrastrutturali, ma sovra ordinati della direttiva.

Per chi volesse capire cosa accade nella pratica e, quindi, come un accorto professionista del debitore  può pre organizzare una ristrutturazione in danno della collettività, potrà ascoltarmi lunedì all’ODCEC di Milano sul punto. Spiegherò, numeri di bilancio alla mano, come si può fare.

Da ultimo annoto che, chissà perché, nessuno vuole confrontarsi con i fondamentali economici di un’impresa che non versa imposte incassate/trattenute da altri e che non sono, come tali, componenti negativi del suo conto economico: è un’impresa risanabile e come? 

A mia esperienza, solo in rarissimi casi; nella stragrande maggioranza di essi, invece, no. 

Cosa risponderebbero Marchionne o Tatò se fossero ancora in vita?Ovviamente senza nulla togliere agli amici avvocati.








Pregiatissimo Giovanni La Croce

Temo di essere stato citato dall'avvocato Pezzano che intendesse rispondere direttamente al suo blog.

E' l'occasione per chiarire il mio pensiero rispetto sempre al tema del blog.
La necessità di ascrivere al Codice della Crisi una materia (quella delle transazione fiscale) che poteva rimanerne estranea si basa evidentemente sulla volontà di giurisdizionalizzare almeno in parte la decisione sulla leggittimità del comportamento del contribuente per sopperire ai silenzi dell'amministrazione finanziaria o ai dinieghi non motivati o genericamente motivati.
La fissazioni di soglie quali l'80% finisce per determinare ope legis delle soglie di riferimento di cui possono beneficiare anche imprese che distraggono somme destinate all'erario per favorire altre esposizioni.
Ma tant'è, questa è la norma e gli operatori (commercialisti ) possono solo stimolare l'early warning quando sono sindaci, revisori o advisor.

Nell'auspicio di poterla seguire nel suo prossimo seminario riterrei di segnalare la differenza notevole tra debito IVA e debito per ritenute. 
Da un punto di vista giuridico per il grado notevolmente più elevato delle ritenute dipendenti, in ogni caso sottratte dalla retribuzione lorda già gravante sul conto economico e come tali segnaletiche di una distrazione certa dal normale adempimento.
Da un punto di vista aziendalistico il debito IVA potrebbe essere direttamente collegato ad un aumento notevole dei crediti verso clienti per un rallentamento dei giorni di incasso e/o da una strutturale sfasatura tra termini di pagamento a fornitori ravvicinati e termini di incasso dai clienti dilatati nel tempo, In questi casi si di tratta di un debito per IVA non effettivamente incassata ma inglobata nell'ammontare dei crediti da incassare.

Purtroppo entrambi le debitorie vengono gestite dalla miope amministrazione finanziaria con il medesimo strumento di rateizzo che genera il consolidamento a medio termine di un debito a breve.
Il tutto sempre per agevolare l'analisi del come si sia formato questo debito erariale, posto che se un piano di risanamento non dimostri come l'impresa sappia soddisfare i debiti fiscali correnti nel futuro, ogni ragionamento è privo di senso pratico.


 
  

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  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

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del trattamento dei dati personali

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