
Anna Ghedini, Giudice Delegato del Tribunale di Ferrara
Il cram down fiscale, il concordato in continuità, l'omologa senza approvazione con il solo voto della classe ex art. 112, comma 2, lett. d) CCII.
11 Marzo 2024
La ratio dell’istituto, ovvero di contrastare il rischio di un voto espresso ( o addirittura non espresso) che vada contro l’interesse dell’Erario (assumendo naturalmente che il criterio che l’Erario deve assumere per la decisione sia esclusivamente quello della non deteriorità del trattamento rispetto alla liquidazione giudiziale), è valida sia per il concordato liquidatorio che per quello in continuità, anzi soprattutto per quest’ultimo nel quale il legislatore scommette esaltando, a fianco della tutela dei creditori, il valore della salvaguardia della continuità aziendale.
Ovvero che sia stato approvato dalla maggioranza, o da una classe composta di privilegiati o - ecco il punto - da una classe di creditori che sarebbe stata trattata meglio se ai flussi della continuità si fosse applicata la APR invece della RPR, e ciò nonostante ha votato a favore - unica fra tutte - (certo qui il sospetto è che qualcuno le abbia fatto un regalino sottobanco: si sa, a pensare male si fa danno ma ci si prende spesso).
11 Marzo 2024 18:27
La ratio del cram down fiscale è, del resto, eloquente: scongiurare la riottosità dell’erario – qualora ingiustificata sulla scorta delle risorse economiche astrattamente distribuibili e conseguibili – rispetto a ipotesi concordatarie suscettibili di tenere insieme, contemperandoli, la ragion fiscale e altri interessi rilevanti, se non addirittura equiordinati, tra i quali svetta la c.d. “viability”, ossia la continuità e sostenibilità dell’impresa, che è uno dei mantra del legislatore unionale.
E' ragionevole attendersi che se questo corollario è azzardato, sul punto il Decreto Correttivo faccia chiarezza.
25 Marzo 2024 18:52
La ratio del cram down fiscale è, del resto, eloquente: scongiurare la riottosità dell’erario – qualora ingiustificata sulla scorta delle risorse economiche astrattamente distribuibili e conseguibili – rispetto a ipotesi concordatarie suscettibili di tenere insieme, contemperandoli, la ragion fiscale e altri interessi rilevanti, se non addirittura equiordinati, tra i quali svetta la c.d. “viability”, ossia la continuità e sostenibilità dell’impresa, che è uno dei mantra del legislatore unionale.
E' ragionevole attendersi che se questo corollario è azzardato, sul punto il Decreto Correttivo faccia chiarezza.
L'interpretazione da Voi offerta sembra dirimente, atteso che consente di conciliare sia l'art. 88 che l'art. 112, 2° comma (che taluno aveva invece ritenuto alternativi).
Il ragionamento da Voi svolto, peraltro, trova un addentellato anche in un arresto della Suprema Corte che, in anticipo sul Codice della Crisi, aveva mostrato trattarsi (nell'applicabilità della RPR rispetto alla consolidata APR dell'art. 160 cpv. l.f.) di una regola anticipatrice di quella dell'odierno art. 88 CCI.
In particolare, Cass. civ., sez. I, n. 17155/2022, ha chiarito "funditus" il rapporto sussistente tra la L. Fall., art. 182-ter, comma 1, e la L. Fall., art. 160, comma 2:
"3.3. - Invero, la L. Fall., art. 160, comma 2, laddove impone che "il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione", viene tradizionalmente interpretato come norma traspositiva, già in fase di ammissione del concordato preventivo, del criterio di matrice nordamericana della c.d. absolute priority rule, per cui una classe di grado inferiore non può ricevere alcun soddisfacimento se quella di grado poziore non sia stata integralmente soddisfatta; regola per vero non sempre applicata nel diritto interno fino alle sue estreme conseguenze nei riguardi dei soci, ai fini della loro "permanenza" nel capitale sociale (al di là del loro possibile ruolo di creditori postergati di cui si sono occupate ad esempio Cass. 16348/2018 e 20649/2019, con riguardo al rimborso dei finanziamenti ex art. 2467 c.c.)".
[...]
"Chiaramente, lo spettro di tali possibilità sarà più ampio in presenza di un concordato preventivo c.d. in continuità aziendale, nella misura in cui la prosecuzione dell'attività imprenditoriale generi risorse aggiuntive rispetto al valore di liquidazione dei beni (c.d. surplus o plusvalore da continuità), al netto delle diverse interpretazioni circa il perimetro di applicabilità del principio per cui "il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri" (art. 2740 c.c.).
3.4. - Invece la L. Fall., art. 182-ter, comma 1, nel prescrivere assai più elasticamente che, "se il credito tributario o contributivo è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie", elimina la condizione preclusiva dell'integrale soddisfazione dei crediti di rango superiore ai fini del soddisfacimento di quelli di rango inferiore; il che significa che ai crediti tributari e contributivi può essere applicata, in luogo della c.d. absolute priority rule, la c.d. relative priority rule, sia pure in forma diversa e più favorevole rispetto a quella successivamente declinata come regola di default nell'art. 11, par. 1, lett. c), della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, che infatti consente solo un trattamento "più favorevole" delle classi di rango poziore, laddove la L. Fall., art. 182-ter, come visto, consente anche un trattamento semplicemente pari a quello della classe di rango inferiore.
Una disciplina "rinforzata" è invece riservata ai crediti tributari o contributivi di natura chirografaria (tali divenuti "anche a seguito di degradazione per incapienza", come ha aggiunto del D.L. 7 ottobre 2020, n. 125, art. 3, convertito con modificazioni dalla L. 27 novembre 2020, n. 248), per i quali "il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari ovvero, nel caso di suddivisione in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole".
[...]
Se, dunque, il trattamento dei crediti tributari è soggetto alla RPR già da prima dell'entrata in vigore del CCI, non si vede per quale ragione non debba valere oggi - nel nuovo regime normativo e solo per i c.p. in continuità - l'assoggettamento di quei crediti anche al principio di ristrutturazione trasversale imposto dall'art. 11 della Direttiva e recepito nell'art. 112, 2° comma, CCI unitamente al mantenimento della regola speciale di cui all'art. 88 CCI (proprio in virtù dell'inciso di apertura "fermo restando", che non equivale a "salvo quanto previsto").
Peraltro, l'unico aspetto da approfondire è quello segnalato dalla Dr.ssa Ghedini del precedente di Trib. Lucca 18.7.23, per il quale il voto positivo della classe maltrattata ex art. 112 cpv. lett. d) deve essere un voto veramente positivo e non frutto di una fictio iuris.
A tal fine, parrebbe andare nella direzione corretta Trib. Spoleto 29.12.2023, che ha distinto tra le seguenti ipotesi:
(i) il cram down fiscale non è applicabile, in quanto superfluo, ogni qualvolta, indipendentemente da esso, il concordato può essere omologato, nonostante il voto contrario del Fisco, a seguito del già avvenuto raggiungimento del voto favorevole nella maggioranza delle classi ovvero in virtù del voto favorevole della classe “svantaggiata” (o “interessata” a seconda dell’orientamento) di cui alla seconda parte della lettera d) del già citato comma 2 dell’art. 112 CCII;
(ii) il cram down fiscale non è applicabile, in quanto inutile, ogni qualvolta, indipendentemente da esso, il concordato non può essere comunque omologato, perché, a prescindere dal voto del Fisco, non può essere conseguita l’approvazione da parte della maggioranza delle classi e manca il voto favorevole della classe “svantaggiata” (o “interessata” a seconda dell’orientamento);
(iii) il cram down fiscale è applicabile quando, solo grazie ad esso, la proposta può risultare approvata dalla maggioranza delle classi di creditori, ovvero anche nel caso in cui, pure in assenza di tale maggioranza, la classe dei crediti tributari (o contributivi) rappresenti la classe “svantaggiata” (o “interessata”).
23 Aprile 2024 12:28
L'interpretazione da Voi offerta sembra dirimente, atteso che consente di conciliare sia l'art. 88 che l'art. 112, 2° comma (che taluno aveva invece ritenuto alternativi).
Il ragionamento da Voi svolto, peraltro, trova un addentellato anche in un arresto della Suprema Corte che, in anticipo sul Codice della Crisi, aveva mostrato trattarsi (nell'applicabilità della RPR rispetto alla consolidata APR dell'art. 160 cpv. l.f.) di una regola anticipatrice di quella dell'odierno art. 88 CCI.
In particolare, Cass. civ., sez. I, n. 17155/2022, ha chiarito "funditus" il rapporto sussistente tra la L. Fall., art. 182-ter, comma 1, e la L. Fall., art. 160, comma 2:
"3.3. - Invero, la L. Fall., art. 160, comma 2, laddove impone che "il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione", viene tradizionalmente interpretato come norma traspositiva, già in fase di ammissione del concordato preventivo, del criterio di matrice nordamericana della c.d. absolute priority rule, per cui una classe di grado inferiore non può ricevere alcun soddisfacimento se quella di grado poziore non sia stata integralmente soddisfatta; regola per vero non sempre applicata nel diritto interno fino alle sue estreme conseguenze nei riguardi dei soci, ai fini della loro "permanenza" nel capitale sociale (al di là del loro possibile ruolo di creditori postergati di cui si sono occupate ad esempio Cass. 16348/2018 e 20649/2019, con riguardo al rimborso dei finanziamenti ex art. 2467 c.c.)".
[...]
"Chiaramente, lo spettro di tali possibilità sarà più ampio in presenza di un concordato preventivo c.d. in continuità aziendale, nella misura in cui la prosecuzione dell'attività imprenditoriale generi risorse aggiuntive rispetto al valore di liquidazione dei beni (c.d. surplus o plusvalore da continuità), al netto delle diverse interpretazioni circa il perimetro di applicabilità del principio per cui "il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri" (art. 2740 c.c.).
3.4. - Invece la L. Fall., art. 182-ter, comma 1, nel prescrivere assai più elasticamente che, "se il credito tributario o contributivo è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie", elimina la condizione preclusiva dell'integrale soddisfazione dei crediti di rango superiore ai fini del soddisfacimento di quelli di rango inferiore; il che significa che ai crediti tributari e contributivi può essere applicata, in luogo della c.d. absolute priority rule, la c.d. relative priority rule, sia pure in forma diversa e più favorevole rispetto a quella successivamente declinata come regola di default nell'art. 11, par. 1, lett. c), della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, che infatti consente solo un trattamento "più favorevole" delle classi di rango poziore, laddove la L. Fall., art. 182-ter, come visto, consente anche un trattamento semplicemente pari a quello della classe di rango inferiore.
Una disciplina "rinforzata" è invece riservata ai crediti tributari o contributivi di natura chirografaria (tali divenuti "anche a seguito di degradazione per incapienza", come ha aggiunto del D.L. 7 ottobre 2020, n. 125, art. 3, convertito con modificazioni dalla L. 27 novembre 2020, n. 248), per i quali "il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari ovvero, nel caso di suddivisione in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole".
[...]
Se, dunque, il trattamento dei crediti tributari è soggetto alla RPR già da prima dell'entrata in vigore del CCI, non si vede per quale ragione non debba valere oggi - nel nuovo regime normativo e solo per i c.p. in continuità - l'assoggettamento di quei crediti anche al principio di ristrutturazione trasversale imposto dall'art. 11 della Direttiva e recepito nell'art. 112, 2° comma, CCI unitamente al mantenimento della regola speciale di cui all'art. 88 CCI (proprio in virtù dell'inciso di apertura "fermo restando", che non equivale a "salvo quanto previsto").
Peraltro, l'unico aspetto da approfondire è quello segnalato dalla Dr.ssa Ghedini del precedente di Trib. Lucca 18.7.23, per il quale il voto positivo della classe maltrattata ex art. 112 cpv. lett. d) deve essere un voto veramente positivo e non frutto di una fictio iuris.
A tal fine, parrebbe andare nella direzione corretta Trib. Spoleto 29.12.2023, che ha distinto tra le seguenti ipotesi:
(i) il cram down fiscale non è applicabile, in quanto superfluo, ogni qualvolta, indipendentemente da esso, il concordato può essere omologato, nonostante il voto contrario del Fisco, a seguito del già avvenuto raggiungimento del voto favorevole nella maggioranza delle classi ovvero in virtù del voto favorevole della classe “svantaggiata” (o “interessata” a seconda dell’orientamento) di cui alla seconda parte della lettera d) del già citato comma 2 dell’art. 112 CCII;
(ii) il cram down fiscale non è applicabile, in quanto inutile, ogni qualvolta, indipendentemente da esso, il concordato non può essere comunque omologato, perché, a prescindere dal voto del Fisco, non può essere conseguita l’approvazione da parte della maggioranza delle classi e manca il voto favorevole della classe “svantaggiata” (o “interessata” a seconda dell’orientamento);
(iii) il cram down fiscale è applicabile quando, solo grazie ad esso, la proposta può risultare approvata dalla maggioranza delle classi di creditori, ovvero anche nel caso in cui, pure in assenza di tale maggioranza, la classe dei crediti tributari (o contributivi) rappresenti la classe “svantaggiata” (o “interessata”).
e temo o spero ( dipende dal contenuto dell'intervento) che sia uno dei temi di intervento del correttivo, che dovrebbe essere prossimo.
sicuramente il nuovo legislatore interverra' sull'incipit dell'88 e altrettanto sicuramente sul secondo comma dell'art. 112 lett. d) ( almeno sulla punteggiatura).
rebus sic stantibus io sono fermamente convinta che il senso del famigerato secondo comma sia quello di consentire la omologa senza approvazione purche', oltre alla ricorrenza delle circostanze pleonastiche di cui alle lettere precedenti alla d), vi sia la approvazione ( ma approvazione vera non frutto di una fictio) di una classe che rappresenti creditori che sarebbero stati trattati meglio se anche al surplus concordatario fosse stata applicata la APR.
ma la approvazione della classe deve essere reale e non frutto del cram down.
sul punto segnalo la ben motivata sentenza del tribunale di Larino del 19.3.24 pubblicata su questo sito est. D'Alonzo.
altra sentenza sul punto e' Trib. Mantova 14.3.24 est. Bernardi.
Certamente l'orientamento seguito da T. Lucca, ormai nota, ed anche da T. Milano 30.11.23, che esclude, per effetto dell'incipit dell'88 ma anche per il richiamo solo alla maggioranza del 109 comma 1 e non comma 5, tronca in radice il problema.
ma io vorrei approfondire un poco la questione della applicabilita' della lett d) art. 112 comma 2 CCI al Cp in continuita' indiretta : in quest'ultimo ( v. Trib. Mantova e la nota sentenza T Roma est. Miccio) l'attivo che si propone di distribuire e' tutto ricavato della liquidazione.
di fatto, da questo punto di vista, il ricavato e' tutto valore di liquidazione e va distribuito con APR ai sensi dell'art. 84.
quindi mi chiedo e vi chiedo: ma come e' possibile ipotizzare una classe di maltrattati ( o come la si voglia chiamare) in un cp in continuita'? lo stesso interrogativo se lo pone T. MAntova.
a mio parere, la omologa di cui discutiamo non si puo' fare in generale per il CP in c indiretta.
se questa fosse la soluzione il problema interpretativo dell'art. 88 in combinato disposto con l'art. 112 secondo comma si ridimensiona di molto, e la conseguenza e' che la maggioranza dei CP proposti ( poiche' il liquidatorio e' morto, e la continuita' indiretta e' rarissima e presuppone una impresa ancora in parte sana) si trovano di fronte a grandi difficolta'. se poi riteniamo che il cram down sia inapplicabile ( non la transazione fiscale ma solo il cram down quale sistema per ottenere la maggioranza) allora difficilmente un cp passera', a prescindere dal superamento delle altre previsioni di legge.
quanto al voto delle agenzie fiscali: e' vero che spesso gli uffici ( anche e soprattutto nelle procedure di sovraindebitamento) giustificano il voto negativo ( o, nelle procedure maggio, il silenzio) con la mancata meritevolezza. e sovente, nel merito, ha ragione: molto spesso i debitori che vogliono accedere al CP in cont. indiretta ( magari con affitto ponte blindato a favore di una newco...) hanno evaso il fisco e sovente lo hanno frodato, per decine di milioni di euro.
ed allora, lo ripropongo ma so bene che non si fara' mai, avrebbe senso compensare la strada spianata che si e' offerta a tale debitore in sede concordataria ( basta che la nonna metta diecimila euro di finanza esterna da distribuire come si vuole ed il gioco e' fatto) con uno sbarramento soggettivo all'accesso alla procedura.
quello che il legislatore sta consentendo (sia pure con norme non coordinate e spesso contrastanti, al punto da renderle inidonee allo scopo) e' una esdebitazione del grande evasore fiscale, e spesso colpevole di bancarotta fiscale, facendo passare il messaggio che fare impresa senza pagare le tasse va bene.
mi replicherete: ma il resto c'e' anche in caso di concordato.
si e' vero ma intanto per gli ADR c'e' solo se si e' operato il cram down, e soprattutto tutti sappiamo che il Paese e' fatto di piccoli e medi tribunali, e di piccole e medie procure, dove le indagini sui reati commessi dal debitore in concordato non sono molto praticate. la impunibilita' e' di fatto.
speri di avere suscitato dubbi di qualche interesse
anna ghedini