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Antonio Pezzano, Avvocato in Firenze

Brevi note sul ruolo del commissario giudiziale nella fase attuativa della proposta omologata.

26 Aprile 2023

Il prossimo convegno 5/6 mag. di Pietra Santa,  su Il Ruolo  degli Organi nei procedimenti delle Crisi d’Impresa (https://convegnopietrasanta.it/),  mi spinge ad alcune veloci riflessioni sul tema in oggetto.

Guardando, infatti, alle nuove norme in argomento (ed in particolare agli artt. 116, 118, 119, 120 quinquies e 347 CCII, che per comodità, per quanto di rilevanza, riporto in calce), sorge spontanea una domanda: il canonico ruolo di vigilanza “dinamica” del CG  ne è uscito davvero rafforzato con l’avvento del CCII?

Indubbiamente, esaminando l’art. 118, co. 1, con l’obbligo di rapporto riepilogativo semestrale (ma) collegato temporalmente, non all’avvenuta omologazione, bensì alla sua prima relazione ex art. 105, la risposta non può che essere affermativa.

Parimenti, esaminando  la conferma nell’art. 118, co. 4, 5 e 6  del ruolo proattivo, già riconosciuto al CG dall’art. 185, co. 4 e 5 LF, per la migliore attuazione della proposta omologata.

Anzi, l’art. 118 va oltre, atteso che ne consacra la funzione sostitutiva anche con riguardo alla proposta del debitore, mentre nella LF la sua attività sembrava riguardare  unicamente quella dell’eventuale proponente concorrente.

Inoltre, solo al CG (ove anche  presente il LG, stante il silenzio al riguardo dell’art. 114, co.  4) compete la richiesta al Tribunale (e non al GD) di cancellazione dei gravami (art. 118, co. 7).

Ancor più il suo ruolo risulta di rilievo ove si guardi all’art. 119, co. 1  ed alla  innovativa funzione di sostituto processuale del CG ex art. 81 cpc (ma) “a formazione progressiva” ( visto che non basta la legge, ma necessità pure l’istanza del creditore) rispetto alla domanda risolutoria del CP (ps: ma la semplice istanza obbliga di per sè il CG alla proposizione di tale domanda? E poi: basta nei termini di cui al co. 4 dell’art. 119 detta istanza o è indispensabile anche il deposito  del ricorso giudiziale?)
 
Dunque,  tutto appurato? Il ruolo del CG si è rinforzato?
 
E no! Così non è ove si volga lo sguardo all’art. 347 relativo alla costituzione civile.
 
Non più, pur se straordinariamente, affidata al CG, come nell’ art. 240 LF, bensì spettante solo al LG (in coerenza con l’art. 115) ovvero ai singoli creditori, in sua assenza .
 
Ma è soprattutto nel neo art. 120quinquies, in tema di SRC societari, che stride l’ assenza del CG , fonte perciò anche di possibili corti circuiti  con la disciplina di cui ai predetti co. 5 e 6 dell’art. 118 (regolanti, ricordiamolo, anche l’ipotesi di CP societario), in cui, come visto, il ruolo del GC è senz’altro, invece, di vivace rilevanza.

D’ altro canto, mal possono spiegarsi, comparando le due norme, certi  effetti automatici che, alla luce del co. 1 dell’art. 120 quinquies, sembrerebbero derivare dalla semplice sentenza di omologazione dello SRC (al contrario di quanto sembra accadere ai sensi dell’art. 118, co. 6 , pur se nel solo  caso di CP), SRC che, è vero, teoricamente potrebbe difettare della presenza del CG (come ad es. negli ADR oppure come nel CS , in cui comunque diviene naturale il ricorso all’ausiliario).

Ma in ogni caso:  allorchè il CG risulta nominato, quale disciplina prevale tra le due?

Anche perché, nei due articoli, diversa appare la disciplina riservata ai soci di minoranza:  nel primo, possono votare - quindi sino a poter bloccare, per profili di illegittimità, operazioni già approvate in sede di omologazione? -,  mentre, nel secondo, nessuno dei soci pare più legittimato ad interloquire, avendolo potuto fare - ci sembra più coerentemente - ante omologazione, ai sensi dei co. 3 degli artt. 120ter  e quater.
 
Come, d’altro canto, differentemente appaiono regolati i tempi delle operazione straordinarie societarie nell’ art. 120 quinquies, co. 1, rispetto all’art. 116, co. 1: dopo l’omologazione, e come un relativo automatico effetto, nel primo caso, anche prima nel secondo. 
 
Così diverso pare l’approccio rispetto alle conseguenze di tali operazioni: si consente il recesso ai soci , pur se “sospeso fino all’attuazione del piano”, nello scenario dell’art. 116, co. 5, mentre non pare permesso nell’analoga previsione dell’ art. 120quinquies ( probabilmente per quanto già detto sub artt. 120ter e quater ), in cui viene solo sancito che tali operazioni “non costituiscono causa di risoluzione o di modificazione di contratti stipulati dalla società.

 Che dire?
 
Che forse qualche coordinamento si impone.
 
Ma lascio al confronto sul blog ogni migliore risposta, certo, soprattutto, che di rassicuranti ne sgorgheranno dal predetto convegno. 

 
 ****

Art. 116 Trasformazione, fusione o scissione
1. Se il piano prevede il compimento, durante la procedura oppure dopo la sua omologazione, di operazioni di trasformazione, fusione o scissione della società debitrice, la validità di queste può essere contestata dai creditori solo con l'opposizione all'omologazione. 

omissis

5. Quando il piano prevede il compimento delle operazioni di cui al comma 1, il diritto di recesso dei soci è sospeso fino all’attuazione del piano.


Art. 118 Esecuzione del concordato

omissis
 

4. Nel caso in cui il commissario giudiziale rilevi che il debitore non sta provvedendo al compimento degli atti necessari a dare esecuzione alla proposta o ne sta ritardando il compimento, deve senza indugio riferirne al tribunale. Il tribunale, sentito il debitore, può attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti a questo richiesti.
 
5. Il soggetto che ha presentato la proposta di concordato approvata e omologata dai creditori può denunciare al tribunale i ritardi e le omissioni del debitore mediante ricorso notificato al debitore e al commissario giudiziale con il quale può chiedere al tribunale di attribuire al commissario i poteri necessari per provvedere ai sensi del comma 4 o di revocare l'organo amministrativo, se si tratta di società, nominando un amministratore giudiziario. Sono in ogni caso fatti salvi i diritti di informazione e di voto dei soci di minoranza.
 
6. Il tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il debitore ed il commissario giudiziale. Quando nomina un amministratore giudiziario, stabilisce la durata dell'incarico e gli attribuisce il potere di compiere gli atti necessari a dare esecuzione alla proposta omologata, ivi inclusi, se la proposta prevede un aumento del capitale sociale della società debitrice o altre deliberazioni di competenza dell'assemblea dei soci, la convocazione dell'assemblea avente ad oggetto tali deliberazioni e l'esercizio del diritto di voto nelle stesse per le azioni o quote facenti capo al socio o ai soci di maggioranza. Al liquidatore, se nominato, possono essere attribuiti i compiti di amministratore giudiziario. Il provvedimento di nomina dell'amministratore giudiziario è comunicato a cura del cancelliere, entro cinque giorni, all'ufficio del registro delle imprese per l'iscrizione.
 

Art. 119 Risoluzione del concordato

1. Ciascuno dei creditori e il commissario giudiziale, su istanza di uno o più creditori, possono richiedere la risoluzione del concordato per inadempimento.


Art. 120quinquies Esecuzione
 
 1. Il provvedimento di omologazione dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza determina la riduzione e l’aumento del capitale e le altre modificazioni statutarie nei termini previsti dal piano, demanda agli amministratori l’adozione di ogni atto necessario a darvi esecuzione e li autorizza a porre in essere, nei successivi trenta giorni o nel diverso termine previsto dal piano, le ulteriori modificazioni statutarie programmate dal piano. In mancanza il tribunale, su richiesta di qualsiasi interessato e sentiti gli amministratori, può nominare un amministratore giudiziario, attribuendogli i poteri necessari a provvedere in luogo di costoro agli adempimenti di cui al presente articolo, e disporre la revoca per giusta causa degli amministratori. 
 
 2. Se il notaio incaricato ritiene non adempiute le condizioni stabilite dalla legge, ne dà comunicazione tempestivamente, e comunque non oltre il termine di trenta giorni, agli amministratori. Gli amministratori, nei trenta giorni successivi, possono ricorrere, per i provvedimenti necessari, al tribunale che ha omologato lo strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza.  
 
3. Le modificazioni della compagine sociale conseguenti all’esecuzione di uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza non costituiscono causa di risoluzione o di modificazione di contratti stipulati dalla società. Sono inefficaci eventuali patti contrari.
 

Art. 347 Costituzione di parte civile
1. Il curatore, il liquidatore giudiziale, il commissario liquidatore e il commissario speciale di cui all'articolo 37 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, possono costituirsi parte civile nel procedimento penale per i reati preveduti nel presente titolo, anche contro l’imprenditore in liquidazione giudiziale. 
2. I creditori possono costituirsi parte civile nel procedimento penale per bancarotta fraudolenta quando manca la costituzione del curatore, del commissario liquidatore o del commissario speciale di cui all'articolo 37 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, quando non sia stato nominato il liquidatore giudiziale o quando intendono far valere un titolo di azione propria personale. 
 
 

Antonio Pezzano, Avvocato in Firenze

3 Maggio 2023 13:06

Stavo riflettendo ancora su quanto scritto nel blog in merito al diritto di recesso dei soci (dissenzienti) in caso di operazioni straordinarie societarie. 
 
Difatti, ivi concludevo che << diverso pare l’approccio rispetto alle conseguenze di tali operazioni: si consente il recesso ai soci, pur se “sospeso fino all’attuazione del piano”, nello scenario dell’art. 116, co. 5, mentre non pare permesso nell’analoga previsione dell’ art. 120quinquies ( probabilmente per quanto già detto sub artt. 120ter e quater ), in cui viene solo sancito che tali operazioni “non costituiscono causa di risoluzione o di modificazione di contratti stipulati dalla società.” >>.
 
Invero, a “guardare” la lettera che… non c’è, potrebbe giungersi anche ad una contrapposta conclusione.
 
Difatti, nell’art. 120quinquies non viene, previsto, almeno espressamente, che i soci non possano recedere dalla società. 
 
Dunque, potrebbe anche concludersi che, negli  scenari  dell’ art. 120quinquies, il socio dissenziente vi possa recedere, ed immediatamente.
 
Anche perché il Legislatore il tema pare esserlo posto, ma solo per limitarsi a sancire che tali operazioni “non costituiscono causa di risoluzione o di modificazione di contratti stipulati dalla società” (ma non tra i soci/dei soci rispetto al contratto societario, da cui deriva, appunto, il diritto di recesso de quo).
 
Certo, mi pare indubbia l’antinomia, almeno logica, con le previsioni dei commi 3 degli artt. 120ter e quater: se io socio non riesco a bloccare un piano che ritengo lesivo dei miei diritti, né prima con il voto, né poi con l’opposizione, che dopo io possa rischiare comunque di farlo naufragare con il mio recesso - e quindi acquisendo un diritto di liquidazione della quota nei 180 gg di cui all’art.2473 c.c.  (anche perché dovrebbe essere un diritto di credito postlegalmente” maturato e quindi prededucibile; con le conseguenze ex Art. 98 Prededuzione nel concordato preventivo
1. I crediti prededucibili sono soddisfatti durante la procedura alla scadenza prevista dalla legge o dal contratto”
) - beh, qualcosa stride.
 
Sì, si potrà discettare anche dell’ esistenza di elementi che possano comunque far scattare l’obbligo di postergazione ex art. 2467 c.c. (anche se, rispetto al credito da liquidazione da recesso, ho seri dubbi sia norma che, di regola, possa entrare in gioco), ma, in difetto di chiarezza normativa al riguardo, è indubbio che si potrebbero innestare elementi di “eversività’” sull’attuazione del piano. 
 
Se poi si riflette sul fatto che comunque l’art. 116, co. 5 limita alle sole operazione del primo comma (tras., fus. e scis.) la regola del recesso “ sfalzato”, mentre anche altre potrebbero essere le modifiche statutarie rientranti nell’ampio bacino dell’ art.120quinquies e legittimanti il recesso (legale o statutario che sia), ecco allora che le perplessità aumentano.
 
Dunque? 
 
Forse, pensando anche a quanto si è osservato nel focus sull’art.120quater , co.1 e 2 ( https://www.dirittodellacrisi.it/articolo/il-concordato-con-attribuzioni-ai-soci-criticita-e-prospettive-del-nuovo-art-120-quater-ccii),  si potrebbe immaginare una semplificazione - e quindi così anche un coordinamento - della disciplina ‘posta’ dal Legislatore delegato rispetto ai soci con gli artt. 48 (co.2 e 4 
attraverso il riferimento al generale diritto di opposizione da parte di “qualsiasi interessato”), 116, 118, 120 bis, ter, quater e quinquies, nonche’ negli SRC di gruppo ex artt. 285 e 286.
 
In fondo, sarebbe stato, recte sarebbe sufficiente dar attuazione alle disposizioni sancite dai Legislatori deleganti con gli articoli di interesse della DIR. INS. e della L. 155/2017, sotto riportati (e che tra l’altro, dal combinato disposto tra loro, non mi pare consentissero in alcun modo la creativa disposizione di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 120quater).  
 
Così potrebbe giungersi ad un semplificato, e finalmente coordinato dettato normativo sugli SCR delle società (anche pro definizione del perimetro d’indagine dell’ attestatore, come rispetto all’importante ruolo del CG), prevedente che : 
 
1) Come è già sancito dall’art.120bis, tutte le scelte rispetto agli SRC spettano esclusivamente all’OA;
 
2)  Come è già normato (ma non in modo chiaro visto che l’art. 118 , a differenza dell’art. 120bis rispetto a qualsiasi SRC, parla solo dei soci di minoranza nel CP), ogni socio va informato su ciò che l’OA intende fare;
 
3) Ogni socio, oltre a poter presentare una proposta concorrente di PRO o CP (e non vedrei ragioni perché non anche di CS) ai sensi dell’art. 120bis, potrebbe solo opporsi, anche semplicemente ex art. 48 (come si è  sempre ritenuto con il riferimento, nel giudizio di opposizione, a “qualsiasi interessato “ ) all’omologazione di uno SRC, ove ritenesse , (ma) sotto qualsiasi angolo di visuale (quindi anche rispetto alle eventuali strumentali operazioni societarie), di venir ingiustamente danneggiato dal piano omologando; dunque, rispetto alla quota di “credito” virtuale da capitale, al socio non dovrebbe spettare alcun diritto di voto (come d’altro canto già risulta previsto negli SRC di gruppo ex artt. 285  e 286), diritto che peraltro, rispetto allo scenario ex art. 120quater, concerne, non un credito ante, bensì post; tantomeno ai soci dovrebbe  spettare alcuna possibilità di, ulteriore o alternativa, tutela societaria ( tranne che nei casi infra sub 4) , ferma comunque pro piano/ pro “interesse  generale dei creditori e dei lavoratori” , quella prevista dall’art. 53, co.5bis ( e direi sin dal primo grado,  essendo palesemente un errore / una illogicità la previsione delegante di cui all’art. 16, par. 4, lett. b) , secondo cap., Dir. Ins., ma , ovviamente, sono pronto ad ascoltare Chi più di me ne sa, per capire l’eventuale ragione che avrebbe portato il Legislatore Unionale a questa  - per me incomprensibile - scelta);
 
4) Gli effetti delle operazioni di tras., fus. e scis. dovrebbero essere  irreversibili rispetto ad ogni SRC (non solo ai CP , come invece accade  attualmente con la previsione inserita nell’ art. 116) , anche in caso di risoluzione o di annullamento dello SRC, salvo il diritto al risarcimento danni dei soci o dei terzi danneggiati, ai sensi degli artt. 2500bis, 2504quater e 2506ter c.c.; 
 
5)  Nessun socio dovrebbe aver diritto a recedere dalla società in conseguenza delle predette operazioni, come attualmente, invece,  rischia di essere possibile, con la previsione “eclettica”  dell’art. 116 ed il …silenzio dell’art. 120quinquies;
 
6)  Post omologazione e sino/rispetto all’attuazione ed esecuzione del piano, il socio non dovrebbe avere alcun diritto di contestazione, come invece oggi sembra possa  accadere per via della previsione sul diritto di voto dei soci di minoranza ex art. 118;
 
7) In un tale contesto, alcuna attribuzione dovrebbe essere prevista nel piano di CP  pro soci ai sensi dell’art.120quater, co.1 e 2.

E ciò nel senso che, fermo, in generale relativamente ai vari SRC “in continuità “ (ADR, PRO e CP), il rispetto delle regole distributive, rispettivamente, di cui agli artt.  54,co. 7, 57, co. 3, 61, co. 1,2 e 5, 63, co. 1 e 2bis, 64bis, co. 1, 84, co. 5, 6  e 7 , 86 e 88, co. 1/2bis (e 284, co. 3 e 285, co.  2 in relazione agli SCR di gruppo), nonché per le omologazioni, rispettivamente, degli  artt. 48, 63, co. 3, 64bis, co .8 112 e 285 co. 3/5, ciò che legittimamente  - anche alla luce dell’art.2740, co.2 c.c. -  deriva pro società  dalla ristrutturazione del debito e dal piano di  risanamento omologato ed attuato, non è più contendibile, né da parte dei creditori, né ad opera dei soci (salvo che da questi ultimi, e finalmente secondo le regole societarie, ma solo in relazione a fatti successivi a tale attuazione) 
 
(continua nel secondo commento)
 
Antonio Pezzano, Avvocato in Firenze

3 Maggio 2023 13:09

Stavo riflettendo ancora su quanto scritto nel blog in merito al diritto di recesso dei soci (dissenzienti) in caso di operazioni straordinarie societarie. 
 
Difatti, ivi concludevo che << diverso pare l’approccio rispetto alle conseguenze di tali operazioni: si consente il recesso ai soci, pur se “sospeso fino all’attuazione del piano”, nello scenario dell’art. 116, co. 5, mentre non pare permesso nell’analoga previsione dell’ art. 120quinquies ( probabilmente per quanto già detto sub artt. 120ter e quater ), in cui viene solo sancito che tali operazioni “non costituiscono causa di risoluzione o di modificazione di contratti stipulati dalla società.” >>.
 
Invero, a “guardare” la lettera che… non c’è, potrebbe giungersi anche ad una contrapposta conclusione.
 
Difatti, nell’art. 120quinquies non viene, previsto, almeno espressamente, che i soci non possano recedere dalla società. 
 
Dunque, potrebbe anche concludersi che, negli  scenari  dell’ art. 120quinquies, il socio dissenziente vi possa recedere, ed immediatamente.
 
Anche perché il Legislatore il tema pare esserlo posto, ma solo per limitarsi a sancire che tali operazioni “non costituiscono causa di risoluzione o di modificazione di contratti stipulati dalla società” (ma non tra i soci/dei soci rispetto al contratto societario, da cui deriva, appunto, il diritto di recesso de quo).
 
Certo, mi pare indubbia l’antinomia, almeno logica, con le previsioni dei commi 3 degli artt. 120ter e quater: se io socio non riesco a bloccare un piano che ritengo lesivo dei miei diritti, né prima con il voto, né poi con l’opposizione, che dopo io possa rischiare comunque di farlo naufragare con il mio recesso - e quindi acquisendo un diritto di liquidazione della quota nei 180 gg di cui all’art.2473 c.c.  (anche perché dovrebbe essere un diritto di credito postlegalmente” maturato e quindi prededucibile; con le conseguenze ex Art. 98 Prededuzione nel concordato preventivo
1. I crediti prededucibili sono soddisfatti durante la procedura alla scadenza prevista dalla legge o dal contratto”
) - beh, qualcosa stride.
 
Sì, si potrà discettare anche dell’ esistenza di elementi che possano comunque far scattare l’obbligo di postergazione ex art. 2467 c.c. (anche se, rispetto al credito da liquidazione da recesso, ho seri dubbi sia norma che, di regola, possa entrare in gioco), ma, in difetto di chiarezza normativa al riguardo, è indubbio che si potrebbero innestare elementi di “eversività’” sull’attuazione del piano. 
 
Se poi si riflette sul fatto che comunque l’art. 116, co. 5 limita alle sole operazione del primo comma (tras., fus. e scis.) la regola del recesso “ sfalzato”, mentre anche altre potrebbero essere le modifiche statutarie rientranti nell’ampio bacino dell’ art.120quinquies e legittimanti il recesso (legale o statutario che sia), ecco allora che le perplessità aumentano.
 
Dunque? 
 
Forse, pensando anche a quanto si è osservato nel focus sull’art.120quater , co.1 e 2 ( https://www.dirittodellacrisi.it/articolo/il-concordato-con-attribuzioni-ai-soci-criticita-e-prospettive-del-nuovo-art-120-quater-ccii),  si potrebbe immaginare una semplificazione - e quindi così anche un coordinamento - della disciplina ‘posta’ dal Legislatore delegato rispetto ai soci con gli artt. 48 (co.2 e 4 
attraverso il riferimento al generale diritto di opposizione da parte di “qualsiasi interessato”), 116, 118, 120 bis, ter, quater e quinquies, nonche’ negli SRC di gruppo ex artt. 285 e 286.
 
In fondo, sarebbe stato, recte sarebbe sufficiente dar attuazione alle disposizioni sancite dai Legislatori deleganti con gli articoli di interesse della DIR. INS. e della L. 155/2017, sotto riportati (e che tra l’altro, dal combinato disposto tra loro, non mi pare consentissero in alcun modo la creativa disposizione di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 120quater).  
 
Così potrebbe giungersi ad un semplificato, e finalmente coordinato dettato normativo sugli SCR delle società (anche pro definizione del perimetro d’indagine dell’ attestatore, come rispetto all’importante ruolo del CG), prevedente che : 
 
1) Come è già sancito dall’art.120bis, tutte le scelte rispetto agli SRC spettano esclusivamente all’OA;
 
2)  Come è già normato (ma non in modo chiaro visto che l’art. 118 , a differenza dell’art. 120bis rispetto a qualsiasi SRC, parla solo dei soci di minoranza nel CP), ogni socio va informato su ciò che l’OA intende fare;
 
3) Ogni socio, oltre a poter presentare una proposta concorrente di PRO o CP (e non vedrei ragioni perché non anche di CS) ai sensi dell’art. 120bis, potrebbe solo opporsi, anche semplicemente ex art. 48 (come si è  sempre ritenuto con il riferimento, nel giudizio di opposizione, a “qualsiasi interessato “ ) all’omologazione di uno SRC, ove ritenesse , (ma) sotto qualsiasi angolo di visuale (quindi anche rispetto alle eventuali strumentali operazioni societarie), di venir ingiustamente danneggiato dal piano omologando; dunque, rispetto alla quota di “credito” virtuale da capitale, al socio non dovrebbe spettare alcun diritto di voto (come d’altro canto già risulta previsto negli SRC di gruppo ex artt. 285  e 286), diritto che peraltro, rispetto allo scenario ex art. 120quater, concerne, non un credito ante, bensì post; tantomeno ai soci dovrebbe  spettare alcuna possibilità di, ulteriore o alternativa, tutela societaria ( tranne che nei casi infra sub 4) , ferma comunque pro piano/ pro “interesse  generale dei creditori e dei lavoratori” , quella prevista dall’art. 53, co.5bis ( e direi sin dal primo grado,  essendo palesemente un errore / una illogicità la previsione delegante di cui all’art. 16, par. 4, lett. b) , secondo cap., Dir. Ins., ma , ovviamente, sono pronto ad ascoltare Chi più di me ne sa, per capire l’eventuale ragione che avrebbe portato il Legislatore Unionale a questa  - per me incomprensibile - scelta);
 
4) Gli effetti delle operazioni di tras., fus. e scis. dovrebbero essere  irreversibili rispetto ad ogni SRC (non solo ai CP , come invece accade  attualmente con la previsione inserita nell’ art. 116) , anche in caso di risoluzione o di annullamento dello SRC, salvo il diritto al risarcimento danni dei soci o dei terzi danneggiati, ai sensi degli artt. 2500bis, 2504quater e 2506ter c.c.; 
 
5)  Nessun socio dovrebbe aver diritto a recedere dalla società in conseguenza delle predette operazioni, come attualmente, invece,  rischia di essere possibile, con la previsione “eclettica”  dell’art. 116 ed il …silenzio dell’art. 120quinquies;
 
6)  Post omologazione e sino/rispetto all’attuazione ed esecuzione del piano, il socio non dovrebbe avere alcun diritto di contestazione, come invece oggi sembra possa  accadere per via della previsione sul diritto di voto dei soci di minoranza ex art. 118;
 
7) In un tale contesto, alcuna attribuzione dovrebbe essere prevista nel piano di CP  pro soci ai sensi dell’art.120quater, co.1 e 2.

E ciò nel senso che, fermo, in generale relativamente ai vari SRC “in continuità “ (ADR, PRO e CP), il rispetto delle regole distributive, rispettivamente, di cui agli artt.  54,co. 7, 57, co. 3, 61, co. 1,2 e 5, 63, co. 1 e 2bis, 64bis, co. 1, 84, co. 5, 6  e 7 , 86 e 88, co. 1/2bis (e 284, co. 3 e 285, co.  2 in relazione agli SCR di gruppo), nonché per le omologazioni, rispettivamente, degli  artt. 48, 63, co. 3, 64bis, co .8 112 e 285 co. 3/5, ciò che legittimamente  - anche alla luce dell’art.2740, co.2 c.c. -  deriva pro società  dalla ristrutturazione del debito e dal piano di  risanamento omologato ed attuato, non è più contendibile, né da parte dei creditori, né ad opera dei soci (salvo che da questi ultimi, e finalmente secondo le regole societarie, ma solo in relazione a fatti successivi a tale attuazione) 
 
(continua nel secondo commento)
 
(segue dal primo commento al Blog "Brevi note sul ruolo del commissario giudiziale nella fase attuativa della proposta omologata.)


Art. 19 Dir. Ins - Obblighi dei dirigenti qualora sussista una probabilità di insolvenza

Gli Stati membri provvedono affinché, qualora sussista una probabilità di insolvenza, i dirigenti tengano debitamente conto come minimo dei seguenti elementi:

a)  gli interessi dei creditori, e dei detentori di strumenti di capitale e degli altri portatori di interessi;

b)  la necessità di prendere misure per evitare l'insolvenza; e

c)  la necessità di evitare condotte che, deliberatamente o per grave negligenza, mettono in pericolo la sostenibilità economica dell'impresa.

*****

Art. 2 Dir. Ins - Definizioni

2) «parti interessate»: i creditori, compresi, se applicabile ai sensi del diritto nazionale, i lavoratori, o le classi di creditori, e, se applicabile ai sensi del diritto nazionale [ ndr: dunque senza alcuna obbligo per gli Stati] , i detentori di strumenti di capitale, sui cui rispettivi crediti o interessi incide direttamente il piano di ristrutturazione; 

*****
 
Art. 12 Dir. Ins. - Detentori di strumenti di capitale

1. Se escludono i detentori di strumenti di capitale dall'applicazione degli articoli da 9 a 11, gli Stati membri provvedono con altri mezzi  [ ndr: UNICAMENTE ] affinché ai detentori di strumenti di capitale non sia consentito di impedire o ostacolare irragionevolmente l'adozione e l'omologazione di un piano di ristrutturazione.

2. Gli Stati membri provvedono altresì  [ ndr: UNICAMENTE ] affinché ai detentori di strumenti di capitale non sia consentito di impedire o ostacolare irragionevolmente l'attuazione di un piano di ristrutturazione.

3. Gli Stati membri possono adattare la definizione di cosa debba intendersi per impedire o ostacolare irragione volmente a norma del presente articolo per tenere conto, tra l'altro, del fatto che il debitore è una PMI o una grande impresa, delle misure di ristrutturazione proposte riguardanti i diritti dei detentori di strumenti di capitale, del tipo di detentore di strumenti di capitale, del fatto che il debitore è una persona fisica o giuridica, e che i soci di un'impresa hanno una responsabilità limitata o illimitata.

••••••••••

Art. 14. L. 155/2017 -  Modifiche al codice civile

1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, il Governo procede alle modifiche delle seguenti disposi- zioni del codice civile rese necessarie per la definizione della disciplina organica di attuazione dei princìpi e criteri direttivi di cui alla presente legge, in particolare prevedendo:

b) il dovere dell’imprenditore e degli organi sociali di istituire assetti organizzativi adeguati per la rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi per l’adozione tempestiva di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale;

*****

Art .6 L. 155/2017 - Procedura di cp

2. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1, nel caso di procedura riguardante società, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

b) imporre agli organi della società il dovere di dare tempestiva attuazione alla proposta omologata, stabilendo che, in caso di comportamenti dilatori od ostruzionistici, l’attuazione possa essere affidata ad un amministratore provvisorio, nominato dal tribunale, dotato dei poteri spettanti all’assemblea ovvero del potere di sostituirsi ai soci nell’esercizio del voto in assemblea, con la garanzia di adeguati strumenti d’informazione e di tutela, in sede concorsuale, dei soci;

c) prevedere che, in caso di operazioni di trasformazione, fusione o scissione poste in essere nel corso della procedura:

1) l’opposizione dei creditori possa essere proposta solo in sede di controllo giudiziale sulla legittimità della domanda concordataria;

2) gli effetti delle operazioni siano irreversibili, anche in caso di risoluzione o di annullamento del concordato, salvo il diritto al risarcimento dei soci o dei terzi danneggiati, ai sensi degli articoli 2500-bis e 2504-quater del codice civile;

3) non spetti ai soci il diritto di recesso in conseguenza di operazioni incidenti sull’organizzazione o sulla struttura finanziaria della società.

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Art. 3 L. 155/2017 - Gruppi di imprese

2. Nell’ipotesi di gestione unitaria della procedura di concordato preventivo di gruppo devono essere previsti:


d) l’esclusione dal voto delle imprese del gruppo che siano titolari di crediti nei confronti delle altre imprese assoggettate alla procedura;

f) i criteri per la formulazione del piano unitario di risoluzione della crisi del gruppo, eventualmente attraverso operazioni contrattuali e riorganizzative intragruppo funzionali alla continuità aziendale e al migliore soddisfacimento dei creditori, fatta salva la tutela in sede concorsuale per i soci e per i creditori delle singole imprese nonché per ogni altro controinteressato.