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Roberto Fontana, Sostituto Procuratore Procura della Repubblica di Milano

Bancarotta fraudolenta e cram down

29 Settembre 2021

Come ho più diffusamente evidenziato in un contributo sul Sole 24 Ore del 27.9.2021, alla cui lettura rimando, assume cruciale importanza l’intervenuta modifica dell’art. 236 l.f., veicolata dal d.l. 118/21. La modifica ha opportunamente esteso l'applicazione dei reati fallimentari alle ipotesi di ADR omologato in mancanza dell’adesione del Fisco e degli enti di previdenza, qualora la proposta risulti conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.
Si è posto così decisivo rimedio alla falla aperta nel sistema con l’anticipazione, nel novembre scorso, di tale ipotesi di cram down prevista dall’art. 48 del Codice della Crisi, senza il contrappeso penalistico di cui all’art. 341 dello stesso Codice.
Il baricentro delle bancarotte fraudolente ha oggi, infatti, una collocazione ben definita: larga parte dei fallimenti, in effetti, riguarda società costituite, in successione, per operare per un breve periodo in funzione della sistematica omissione del pagamento di qualsiasi tributo o contributo previdenziale.
Il fenomeno ha due diverse declinazioni, combinate fra loro nelle ipotesi operativamente più complesse: 1) la prima comprende società che forniscono servizi senza pagare i costi erariali e previdenziali e che intepongono solitamente i consorzi rispetto ai beneficiari delle prestazioni; 2) la seconda passa per la creazione di società "cartiere" utilizzate per frodi carosello, volte alla collocazione di beni sul mercato senza il pagamento dell'IVA, oppure tese alla emissione di false fatture, con conseguente sottrazione dell’Iva e fabbricazione "a tavolino" di crediti d’imposta opponibili in compensazione anche con riferimento ai debiti verso il fisco e la previdenza.
In ambedue le ipotesi, le società, avvalendosi dello schermo fittizio, operano di fatto senza costi tributari e previdenziali. Il corollario nefasto è nell’espulsione dal mercato delle società sane, che operando correttamente finiscono per risultare meno competitive. Sul piano della risposta penalistica si mostra imprescindibile l’applicazione dei reati di cagionamento doloso o per effetto di operazioni dolose del dissesto della società ai sensi dell’art. 223, comma 2, n. 2, l.f.
L’entrata in vigore della norma sul cram down senza il contrappeso penale dell’estensione dell’articolo 236 l.f., in presenza di società prive di qualsiasi attivo, aveva reso possibile la neutralizzazione in radice della risposta penale più efficace. Bastava, in effetti, proporre all’Agenzia delle Entrate o all’ente previdenziale il pagamento di una frazione minima del debito dovendo in ogni caso il tribunale, secondo la giurisprudenza allo stato prevalente, procedere all’omologazione anche a fronte del rigetto da parte dell’ente della domanda di adesione.
Questa criticità è stata rimossa.
Alberto Cimolai, Dottore commercialista in Pordenone

19 Novembre 2021 0:12

Caro Roberto,
le tue sono riflessioni del tutto ragionevoli che nella loro finalità condivido pienamente.
Rilevo tuttavia che, per come è stata congegnata, la norma si presti a comportamenti che potrebbero anche diventare strumentali.
Mi spiego con qualche esempio.
Se il voto dell”Amministrazione Finanziaria non fosse determinante per raggiungere le maggioranze, i reati (fiscali, societari, anche i più gravi) resterebbero sempre e comunque reati ordinari perché il tribunale non potrebbe mai dar luogo a omologa coatta.
Se il suo voto si rivelasse viceversa determinante, basterebbe allora che votasse contro (o rimanesse semplicemente silente) anche se la transazione fiscale gli fosse comunque conveniente (tanto il tribunale, che è guidato da criteri di sola convenienza economica per l’Erario, avrebbe l’obbligo di omologare l’accordo) per facoltizzare l’imputazione di bancarotta.
In sostanza, l’Amministrazione Finanziaria, quando determinante, potrebbe orientare strumentalmente la natura delle imputazioni restando silente ovvero votando a favore.
Credo che potrebbe generare qualche effetto distorsivo che chi ha scritto la norma forse non si rappresentava.
Che ne pensi?
Intanto un caro saluto.
Alberto Cimolai

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