Saggio
Vademecum per la liquidazione del patrimonio del debitore capiente ma senza beni*
Giorgio Jachia, Presidente della Sezione procedure concorsuali nel Tribunale di Salerno
7 Giugno 2021
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Sommario:
1 . Valutazione di economicità
2 . Procedura concorsuale irrinunciabile
4 . Art. 20 della Direttiva (UE) n. 2019/1023
6 . Debitore capiente con solo redditi, crediti o finanza esterna
7 . Effetti decreto di apertura della liquidazione dei beni. esclusione e computo del minimo vitale
8 . Cessazione dell’onere dei pagamenti inerenti cessioni del quinto
9 . Inefficacia dei pagamenti esecutivi di pignoramenti presso terzi
10 . Conclusioni anche sulla c.d. proposta insita nella liquidazione del patrimonio
In tale ottica è stato affermato che nella procedura di liquidazione del patrimonio “deve[2] tenersi conto, ai fini della ammissibilità, della economicità della procedura, cioè della sua utilità prospettica rispetto allo scopo, che è quello di distribuire ai creditori un qualche attivo di liquidazione, in relazione ai costi professionali che l’attività liquidatoria e distributiva comporta”.
Se quindi non rappresenta motivo di inammissibilità della procedura di liquidazione del patrimonio il fatto che il debitore sovraindebitato non sia, al momento della presentazione dell’istanza di liquidazione, proprietario di alcun bene, mobile o immobile, è del pari evidente che la procedura può essere aperta solo se il giudice può riscontrare che il ricorrente possa contare su un reddito tale da potersi considerare come fonte di soddisfacimento[3] parziale dei creditori.
Si è sopra scritto istituto di matrice giurisprudenziale perché inequivocabilmente è una variante del procedimento ex artt. 14 ter e ss. L. n. 3/12: infatti il consentire al debitore sovraindebitato ammesso alla procedura di liquidazione del patrimonio di apportare finanza esterna e/o di rappresentare ai creditori che avranno un livello significativo di soddisfazione, comporta che il ricorrente formuli una “proposta” ai creditori e quindi impone (cfr., Cass. civ. Sez. Unite Sent., 23/01/2013, n. 1521) che il giudice verifichi la sussistenza della “causa concreta” da intendersi come obiettivo specifico perseguito dal singolo procedimento, da ricercarsi non solo nel superamento della situazione di crisi del debitore ma anche nell’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori.
Si tratta di comprendere che ogni procedura concorsuale ha una sua specifica fisionomia e che la liquidazione del patrimonio, a differenza dell’autofallimento, può contenere margini di negozialità sia perché in taluni casi è frutto della conversione in caso di annullamento dell'accordo o di cessazione degli effetti dell'omologazione del piano del consumatore sia per le caratteristiche ontologiche e le specificità del sovraindebitamento di seguito evidenziate.
Caratterizzano, ora, la liquidazione del patrimonio due istituti finalizzati ad implementare la soddisfazione dei creditori: a) l’impugnazione degli atti inefficaci perché pregiudizievoli ex art. 14 decies, secondo comma, L. n. 3/12; b) l’inefficacia di tutti i pagamenti successivi all’ammissione, anche quando sono attuati ai sensi dell’art. 553 c.p.c. in favore del creditore assegnatario ad opera del c.d. “terzo debitore”.
All’esito del giudizio di ammissione il debitore è ammesso alla liquidazione del patrimonio con un decreto di apertura della procedura che una volta divenuto definitivo è irrevocabile[5] ed apre una procedura concorsuale irrinunciabile[6].
In giurisprudenza[7] si osserva che essendo l’istituto della liquidazione del patrimonio strutturato secondo lo schema del fallimento[8] e non essendo, ovviamente, la dichiarazione di fallimento preclusa dall’assenza di beni in capo al fallito, per analogia si deve ritenere che la liquidazione del patrimonio non possa ritenersi preclusa in capo al sovraindebitato privo di beni mobili o immobili ma dotato di redditi.
L’interpretazione restrittiva della liquidazione del patrimonio non tiene conto del fatto che la sezione seconda della legge n. 3/12 è denominata “liquidazione del patrimonio” espressione da ricollegarsi secondo lo scrivente alla rubrica dell’art. 2740 c.c. “Responsabilità patrimoniale”. In tale norma, genericamente, si dispone che il debitore risponde delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, senza limitazioni ai soli beni mobili ed immobili, senza ovviamente esclusioni dei redditi.
Infatti il decreto di apertura della procedura di liquidazione del patrimonio: a) assoggetta tutti i beni del debitore all’esecuzione forzata concorsuale; b) apre l’espropriazione forzata su tutti i beni del debitore, anche futuri, su tutti i crediti, su tutti i redditi, su tutte le rendite e comunque su ogni altra sua utilità presente o sopravvenuta nel corso della liquidazione e quindi quantomeno per i 4 anni successivi al deposito della domanda; c) sottrae alla disponibilità del debitore tutti i redditi del debitore, dedotto solo il c.d. minimo vitale; d) destina il patrimonio del debitore alla soddisfazione dei creditori.
Nessun dubbio sarebbe già dovuto sorgere in ordine al fatto che siano elementi patrimoniali rilevanti ai fini della loro liquidazione per soddisfare i creditori gli stipendi, le pensioni e i salari oltre il c.d. minimo vitale (oltre la parte eccedente il fabbisogno occorrente al mantenimento del debitore e della propria famiglia) perché a tale scopo basta leggere al contrario l’art. 14 ter L. n. 3/12.
Tale norma non si limita ad indicare quali beni sono ontologicamente non liquidabili ma, appunto, attribuisce[9] il residuo alla massa.
Certo il primo comma dell’art. 14 ter prevede testualmente che il debitore, in stato di sovraindebitamento e per il quale non ricorrono le condizioni di inammissibilità di cui all'articolo 7, comma 2, lettere a) e b), possa chiedere la liquidazione di tutti i suoi beni ma l’espressione va intesa come facoltà di proporre la liquidazione integrale del proprio patrimonio.
Integrale liquidazione del patrimonio ed universalità significano, anche dopo la novella del 2020, che non può essere esclusa dalla liquidazione dell’attivo l’abitazione del debitore e che tutti i debiti pecuniari del sovraindebitato si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di apertura della procedura. Infatti, (cfr., Tribunale Busto Arsizio, sez. II, 18/03/2021) “la facoltà di mantenere l'immobile che costituisce abitazione del debitore nella disponibilità del soggetto sovraindebitato è infatti possibile esclusivamente in caso di deposito di Accordo ovvero di Piano del Consumatore". Tuttavia, se è vero che non vi è la possibilità di continuare il pagamento delle rate di mutuo, è vero anche che il debitore si libera del debito del mutuo con la banca usando il ricavato della vendita all'asta del bene anche se il ricavato è inferiore rispetto al valore residuo del mutuo.
Sempre in giurisprudenza[10] si osserva che, se ai sensi dell’art. 14 quater L. n. 3/12 è prevista la possibilità di conversione della procedura “negoziale” in quella di liquidazione del patrimonio e se nelle già menzionate procedure è possibile la cessione di parte dello stipendio, deve ritenersi ammissibile anche l’accesso diretto alla liquidazione con messa a disposizione a favore dei creditori di parte dei crediti futuri derivanti dallo stipendio stesso.
Quindi se persino oggi l’incapiente può ottenere l’esdebitazione senza la liquidazione dei beni che consiste (sotto un punto vista) nella liberazione dei debiti residui nei confronti dei creditori (e sotto l’altro) nella dichiarazione di inesigibilità dei debiti (esclusi quelli indicati nell'art. 14 terdecies, terzo comma) nessun dubbio residua ora in ordine all’ammissione alla procedura della liquidazione di colui che ha utilità per i creditori (qualunque esse siano), sotto forma di redditi (vedremo anche derivante dallo svolgimento di attività economica come artigiano).
A mio parere non può essere ammessa alla procedura della liquidazione dei beni una famiglia assolutamente povera, una famiglia che sostenga una spesa mensile per consumi pari o inferiore al “valore monetario, a prezzi correnti, del paniere di beni e servizi considerati essenziali per ciascuna famiglia, definita in base all’età dei componenti, alla ripartizione geografica e alla tipologia del comune di residenza.” (vedasi il sito: https://www.istat.it/it/dati-analisi-e-prodotti/contenuti-interattivi/soglia-di-poverta).
I due parametri, quello dell’incapienza e quello della povertà, non coincidono perché ad esempio per la famiglia monoreddito dell’Italia meridionale la soglia di povertà è di € 664,82 mentre per l’incapiente la soglia è di € 689,50. Il punto, tuttavia, è che i diversi parametri sono utili per individuare un confine simile tra l’istituto della “liquidazione dei beni senza beni” e quello dell’esdebitazione dell’incapiente. Con ogni probabilità il criterio prevalente dovrebbe essere il parametro normativamente codificato che compie un preciso riferimento all'assegno sociale. Quel che è evidente è che il Tribunale si troverà in concreto a valutare se escludere dalla procedura dell’incapiente chi abbia quote di redditi attribuibili ai creditori.
Sarebbe illogico escluderlo dall’area dell’esdebitazione quando lo spirito della legge sul sovraindebitamento è di dare a tutti una seconda chance per rientrare nel mondo economico e produttivo, anche evidentemente a chi non ha più un patrimonio.
Ma vi sono ulteriori motivi, più sottili, tutti fondati su precisi appigli normativi.
Soprattutto si deve ritenere doverosa l’ammissione alla procedura in caso di conversione della procedura di composizione in liquidazione dei beni ai sensi dell’art. 14 quater L. n. 3/12 con riferimento ad un debitore con redditi ma senza beni mobili ed immobili.
Infatti, non è solo illogico ma è anche contrario a precisa disposizione di legge il non ammettere alla procedura di liquidazione dei beni il debitore senza beni immobili e mobili ma con reddito capiente che abbia realizzato atti in pregiudizio dei creditori dichiarabili inefficaci ai sensi del combinato disposto dell’art. 14 decies, comma 2, L. n. 3/12 (come novellato dall’art. 4 ter L. n. 176/20) e delle ivi richiamate norme del Codice Civile.
Infatti, significherebbe privare i creditori della possibilità di soddisfarsi in presenza di utilità solo future.
In quest’ottica va esaminata anche la situazione dell’incapiente – vale a dire di colui che ha redditi sotto la soglia di povertà – che risulta escluso ai sensi del settimo comma dell’art. 14 quaterdecies dall’apposita procedura per avere commesso atti in frode.
Costui va ammesso alla liquidazione dei beni ex art. 14 ter: a) per consentire protezione al debitore; b) per attribuire utilità ai creditori; c) soprattutto per impedire che si consolidino vantaggi singolari in violazione della “par condicio creditorum”.
Ancora sarebbe sempre del tutto illogico non ammettere alla procedura di liquidazione dei beni il debitore senza beni immobili e mobili ma con reddito capiente che ceda alla procedura concorsuale con atto irrevocabile alcuni suoi crediti.
In particolare, in diverse procedure già dichiarate[11] il Tribunale ha ammesso alla procedura il debitore che ha posto a disposizione dei creditori il fondo pensione contratto con istituto di credito e/o il credito da anticipazione del T.F.R. maturato.
In un decreto di non ammissione[12] si esamina l’offerta di un terzo di denaro a titolo di finanza esterna ma la si qualifica in termini negativi perché non sarebbe conteggiabile nell’ambito dei beni utilizzabili per la soddisfazione dei creditori; in tale ottica negativa si precisa che le utilità apportate dai terzi non dovrebbero essere considerate nel programma di liquidazione e potrebbero al più rilevare a posteriori come fattore di riduzione del passivo.
Non si condivide tale lettura perché non si comprende cosa osti - al fine di “distribuire[13] ai creditori un qualche attivo di liquidazione” - ad esempio al fatto che il debitore, proprietario solo di una quota di un immobile, depositi la procura a vendere in forma notarile dei comproprietari e l’offerta irrevocabile del ricavato come finanza esterna.
Per questa ragione[14] si condivide la tesi secondo la quale possono essere acquisite offerte di utilità di terzi vincolate all’ammissione e che quindi le stesse possano essere agevolmente utilizzate per la soddisfazione dei creditori.
Significativo è anche il rammentare che nel dispositivo si prevede che il debitore artigiano possa utilizzare carte di credito o di pagamento nei limiti strettamente necessari allo svolgimento della propria attività lavorativa, dovendo a tal fine provvedere ad una rendicontazione semestrale al liquidatore dei giustificativi di spesa.
Quindi lo spossessamento è funzionale alla liquidazione dei beni del debitore, è a beneficio di tutti i creditori ammessi al passivo.
Tra i beni futuri emerge inequivocabilmente il reddito che il sovraindebitato andrà a produrre.
Pacifica è l’esclusione dall'attivo, come previsto dal comma 6, lettera b) dell'art. 14 ter della L. n. 3/2012, delle somme necessarie al ricorrente per il suo sostentamento; meno agevole è l’individuazione dei criteri per individuare il c.d. minimo vitale.
Normativamente il c.d. “minimo vitale” è una somma ritenuta impignorabile per garantire al sovraindebitato ammesso in procedura un’esistenza dignitosa e decorosa “in relazione al suo reddito disponibile” (come ora dispone il novellato art. 9 comma 3 bis L. n. 3/12).
Il minimo vitale nelle altre procedure di sovraindebitamento e nella procedura dell’incapiente è codificato disponendo (art. 9 comma 3 bis L. n. 3/12) che si ritiene idonea una quantificazione non inferiore all'ammontare dell'assegno sociale, moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti del nucleo familiare della scala di equivalenza dell'ISEE prevista dal regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159.
Può essere calcolato per la liquidazione dei beni prendendo ad esempio a base per una famiglia monoreddito l’importo di una volta e mezzo della misura dell’assegno sociale erogato dall’Inps ai sensi del quinto comma del settimo comma dell’art. 545 c.p.c. (ovvero gli altri criteri effigiati in tale disposizione ovvero per analogia i criteri previsti dall’art. 9 comma 3 bis L. 3/12).
Tuttavia non si può prescindere dalla disamina delle dinamiche familiari anche se non si può non condividere la constatazione[17] secondo la quale il ricorso alla procedura liquidatoria del patrimonio – con il beneficio esdebitatorio finale – postula che una porzione dei debiti vada opportunamente pagata e pertanto i soggetti che accedono al procedimento devono circoscrivere – facendo economia domestica – le spese correnti familiari in funzione solutoria dei propri debiti, per cui vanno dedotte le spese non giustificate.
Soprattutto si deve osservare che fin da prima della recente modifica legislativa gli effetti dell’ammissione alla procedura di liquidazione dei beni si riverberavano anche sui contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio per ben cinque gruppi di motivazioni.
Primo: l’art. 14 undecies L. n. 3/12 prevede che i beni sopravvenuti sono riservati alla procedura che si svolge nel rispetto della par condicio creditorum ai sensi dell’art. 14 octies L. n. 3/12, per cui all’evidenza la cessione del quinto a favore del cessionario cessa con l’apertura della procedura perché trattasi di prelievo da bene futuro.
Secondo: l’art. 14 quinquies, comma 2, lett. b, L. n. 3/12 prevede che non possono sotto pena di nullità essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive sul patrimonio oggetto di liquidazione, per cui la norma si applica anche ai casi di pignoramento del quinto della retribuzione.
Terzo: diversamente opinando, ossia non assoggettando il cessionario del quinto ad un’eventuale falcidia prevista per la classe chirografaria, si violerebbe, in modo palese, il principio di parità di trattamento dei creditori nell’ambito di una procedura pacificamente di natura concorsuale.
Quarto: la preesistente cessione del quinto di retribuzione non è opponibile alla successivamente dichiarata procedura di liquidazione dei beni in quanto è appunto una procedura concorsuale fondata sullo spossessamento dei beni del debitore;
Quinto: la situazione del creditore cessionario del quinto è quella di un creditore chirografario non equiparabile a quella del creditore privilegiato o munito di pegno o ipoteca.
In realtà vi è un sesto motivo, forse il più importante, che è comune alla situazione del creditore chirografario beneficiario di un pignoramento presso terzi di parte dello stipendio del debitore.
Infatti, nessuno mette in discussione che l’ordinanza di assegnazione che ha definito la procedura esecutiva è un titolo che non perde la sua efficacia al momento dell’ammissione del debitore alla procedura di liquidazione dei beni.
Va però subito compreso che l’ordinanza di assegnazione non ha estinto il credito, non ha modificato la sua natura chirografaria. L’estinzione via via parziale del credito interviene per effetto dei singoli periodici pagamenti. Del resto "Il fallimento del debitore, che abbia in precedenza subito un pignoramento presso terzi, con conseguente assegnazione in favore del creditore, comporta l'inefficacia, ex art. 44 L. fall, dell'eventuale pagamento che il terzo pignorato abbia eseguito in epoca posteriore al momento in cui il debitore principale sia stato dichiarato fallito, anche nel caso in cui l'assegnazione del credito in favore del creditore pignorante sia avvenuta anteriormente alla dichiarazione di fallimento, inefficacia conseguente al fatto che l'eventuale assegnazione, pur se anteriore al fallimento, non è idonea a far immediatamente estinguere il debito del debitore principale, poiché tale effetto è prodotto solo dal pagamento del terzo pignorato, che tuttavia è idoneo ad estinguere il debito del soggetto inadempiente solo se interviene prima del fallimento".
In altre parole se l’assegnazione anteriore all’ammissione alla procedura di liquidazione dei beni non è idonea a far immediatamente estinguere il debito del debitore principale - poiché tale effetto è prodotto solo dal pagamento del terzo pignorato - è agevole il ritenere che il bene futuro sia nel patrimonio del debitore principale e non nel patrimonio del creditore e che quindi il vincolo di assegnazione sia un vincolo che inerisce un bene futuro del debitore che rientra tra i beni che il legislatore attribuisce alla massa, da ripartirsi secondo le regole del concorso
Vanno ora meglio individuate le due ragioni normative per le quali i pagamenti effettuati dal terzo pignorato al creditore sono inopponibili alla massa e non possono quindi essere più fatti dal terzo pignorato.
La prima ragione è esposta anche in dottrina ed inerisce all’applicazione dell’art. 44 legge fallimentare alla liquidazione dei beni. Secondo parte della dottrina l’inefficacia dei pagamenti di cui all'art. 44 L. fall. vale anche nel caso della liquidazione patrimoniale del sovraindebitato perché: a) la liquidazione dei beni (come già rammentato) è una procedura di carattere universale a beneficio di tutti i debitori; b) l'art. 14 quinquies, comma 3, equipara all'atto di pignoramento il decreto di apertura della liquidazione dei beni; c) i crediti debbono intendersi interamente scaduti al momento dell’apertura del concorso dei creditori sicché la prosecuzione degli effetti dell’ordinanza di assegnazione si risolverebbe in una lesione della par condicio; d) l'art. 14 novies, comma 2, prevede che "il liquidatore ha l'amministrazione dei beni che compongono il patrimonio di liquidazione …" e quindi anche dei redditi del sovraindebitato.
Tuttavia il punto saliente e dirimente, normativamente incardinato nelle disposizioni che regolano l’istituto della liquidazione dei beni, è l'art. 14 decies che non solo attribuisce al liquidatore la facoltà di esercitare "ogni azione prevista dalla legge finalizzata a conseguire la disponibilità dei beni compresi nel patrimonio da liquidare e comunque correlata con lo svolgimento dell'attività di amministrazione di cui all'art. 14 novies, comma 2 …." ma che soprattutto onera il liquidatore di esercitare le azioni dirette a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori.
Per queste ragioni va del tutto condivisa la tesi esposta in un recente provvedimento[18] di merito laddove in motivazione osserva che per effetto dell'apertura della procedura di liquidazione, avente valenza collettiva, devono cessare i prelievi dallo stipendio derivanti dal pignoramento presso terzi, non essendo il pignoramento opponibile alla procedura concorsuale.
Il punto è che non si tratta di proposta negoziale rivolta ai creditori attraverso il Tribunale (come nel concordato preventivo) ma di dichiarazione unilaterale del debitore e/o del terzo di messa a disposizione di utilità o di conteggio della quota di reddito ulteriore rispetto al c.d. minimo vitale.
Il punto è che non essendo una proposta negoziale il Giudice Delegato non è vincolato al conteggio del minimo vitale dalle indicazioni dell’OCC e del debitore ma può compiere un proprio conteggio escludendo spese eccessive, spese non giustificate al fine di attribuire ai creditori, conteggiando le utilità comunque pervenute, una soglia di soddisfazione significativa.
DICHIARAZIONE
1. dichiarare aperta, ex art. 14 ter e ss. L. 27 gennaio 2012 n. 3 e successive modificazioni, la procedura di liquidazione dei beni del debitore …;
3. disporre che la presente procedura rimanga aperta a norma dell'ultimo capoverso dell'art. 14 quinquies, sino alla completa esecuzione del programma di liquidazione e, in ogni caso, anche ai fini di cui all'art. 14 undecies, per i quattro anni successivi al deposito della domanda;
6. disporre la sospensione delle azioni esecutive pendenti ed in particolare __;
23. ordinare, avendo il debitore - ai sensi degli art. 16, 14 ter comma 3, 14 undecies della L. n. 3/2012 – l’obbligo, di redigere l’inventario dei suoi beni;
45. disporre di comunicare al ricorrente ed al professionista nominato;
50. disporre nel caso in cui il debitore svolga o intraprenda attività d'impresa o sia socio di società di persone, l'annotazione del presente decreto nel registro delle imprese in uno all'istanza di accesso alla procedura di liquidazione ed alla relazione dell'O.C.C.
Note: