Tornando al caso deciso dal provvedimento in commento, la proposta presentata dalla società offriva di soddisfare i chirografari (tutti creditori “locali”) secondo quanto previsto nell'impegno formulato a norma dell'art. 36 Reg. Il Tribunale di Udine ha tuttavia rilevato che nella domanda così formulata mancasse, di fatto, una proposta di sistemazione dei crediti chirografari soggetta alla legge italiana, venendo il relativo trattamento dettagliato esclusivamente nell’impegno, redatto osservando la legge romena, e destinato all'approvazione dei creditori locali secondo le maggioranze previste da quest'ultima.
Il fatto che la proposta di concordato non aggiungesse nulla rispetto a quanto promesso nell'impegno è certamente dovuto alla singolare composizione dell'attivo concordatario e del ceto chirografario nel caso di specie: il primo, costituito esclusivamente dai beni della dipendenza “delocalizzata” (nello specifico, dai flussi di continuità generati dalla stessa); il secondo, da soli creditori locali (si può supporre, da lavoratori, fornitori e finanziatori della dipendenza, nonché autorità fiscali e previdenziali romene).
Tuttavia, se non ci s'inganna, l’effettiva ragione dell'inammissibilità non risiede tanto nel rilievo, di carattere spiccatamente formale, dell'omessa considerazione, nell'ambito della proposta, di qualsiasi riferimento al trattamento riservato ai creditori chirografari; al contrario è parso dirimente che il debitore, facendo in buona sostanza coincidere la proposta concordataria con l'impegno, abbia cercato di innestare, nell'ambito di una procedura concordataria italiana, l'iter di approvazione di un concordato di diritto romeno, con le relative maggioranze. E ciò, al fine di avvantaggiare uno specifico creditore: la società controllante. In un inciso, il Tribunale ha ricordato che la legge romena (in particolare, l'art. 27, co. 6, della l. 25 giugno 2014, n. 85), a differenza di quella italiana, accorda (sia pure a determinate condizioni) alla controllante della società in concordato il diritto di voto sulla proposta, il che, in concreto, avrebbe consentito a tale controllante (principale creditrice della società) di stabilire in solitaria la percentuale di soddisfazione riservata agli altri chirografari. In altre parole, il Collegio udinese ha rimproverato alla società controllata un abuso del nuovo strumento di diritto europeo, diretto ad aggirare i divieti di voto contenuti nell'art. 177, ult. co., l. fall.
Eppure, un'attenta considerazione del modo in cui le procedure secondarie sintetiche interagiscono con le dinamiche del concordato preventivo rivela l'inconsistenza del pericolo d'abuso paventato dal Tribunale di Udine. Al riguardo, occorre precisare che la procedura secondaria sintetica non costituisce affatto una sorta di “sotto-concordato”, governato dalla legge dello Stato in cui si trova la dipendenza, limitato ad una determinata porzione dell'attivo complessivo e, soprattutto, destinato alla soddisfazione dei soli creditori locali. Tale non potrebbe essere nemmeno la procedura secondaria, di cui la procedura “sintetica” dovrebbe idealmente tener luogo: giusta il principio di pari trattamento dei creditori (che costituisce un caposaldo del Regolamento non meno che della nostra legge fallimentare), tutti i creditori, indipendentemente dalla “nazionalità” del loro credito, possono prendervi parte, così come, reciprocamente, i creditori “locali” non possono essere esclusi dalla partecipazione alla procedura principale.
Ma se tutti i creditori, locali e non locali, possono ambire a soddisfarsi sui beni che si trovano nello Stato della dipendenza, il voto sull'impegno, che l'art. 36, par. 5, Reg. riserva ai soli creditori locali (coloro cui l'impegno approvato, di fatto, sottrae la possibilità di iniziare una procedura secondaria) non può in alcun modo sostituire, nemmeno in parte, la deliberazione sulla proposta di concordato, che, in quanto procedura principale, investe l'intero patrimonio del debitore, indipendentemente dalla sua localizzazione nel territorio dell'Unione. Diversamente, la procedura secondaria virtuale realizzerebbe una forma di segregazione di beni e creditori incompatibile con l'ispirazione universalista del Regolamento.
L'approvazione dell'impegno comporta, più semplicemente, che la proposta concordataria dovrà tener conto, nei limiti del valore dell'attivo che la procedura secondaria avrebbe potuto sottrarre a quella principale, del trattamento privilegiato accordato a taluni creditori (essenzialmente locali: l'erario straniero, i lavoratori impiegati presso la dipendenza ecc.) dalla legge dello Stato in cui si trova la dipendenza. Tuttavia, affinché questa sistemazione possa venir omologata dal Tribunale e acquistare efficacia, l'adunanza dei creditori dovrà esprimersi a suo favore, deliberando con le maggioranze prescritte dall'art. 177 l. fall., nelle quali saranno conteggiati tutti i creditori legittimati al voto secondo la legge italiana, senza distinzioni fra creditori locali e non locali. Ed è inevitabile che sia così: i privilegi “stranieri”, quando la legge italiana non preveda una causa legittima di prelazione corrispondente, pesano, indirettamente, sul trattamento che la proposta può riservare ai chirografari non locali, che in merito all'approvazione dell'impegno non hanno voce in capitolo.
La proposta e l'impegno non s'identificano né si equivalgono, ed è perciò impensabile che il secondo prenda il posto del primo, sia pure in relazione ai soli asset gravitanti intorno alla dipendenza e ai soli creditori locali. Del resto, la proposta proviene dal debitore (o, nel caso di proposte concorrenti, da una minoranza qualificata di creditori); l'impegno invece promana dall'amministratore della procedura (che l'allegato B al Regolamento identifica nel commissario giudiziale), il quale, dinanzi ad un impegno stilato dal proponente, dovrà “appropriarsene” e assumersi la responsabilità della sua attuazione nei confronti dei creditori locali (art. 36, par. 10).
Ciò varrà anche quando (come nel caso deciso dal Tribunale di Udine) la proposta ricalchi esattamente il contenuto dell'impegno, per il fatto che l'attivo concordatario è localizzato interamente nello Stato in cui si trova la dipendenza. Approvato l'impegno da parte dei creditori locali, secondo le maggioranze prescritte dalla legge di quest'ultimo Stato, gli stessi creditori (e, se ve ne siano, i creditori chirografari non locali) dovranno nuovamente esprimersi, a norma della legge fallimentare, sulla convenienza della proposta. Le divergenze eventualmente presenti nella disciplina legislativa delle due votazioni comportano, quale conseguenza, il fatto che, all'approvazione dell'impegno potrà seguire un rigetto della proposta, tutte le volte che i creditori dissidenti emarginati dalle regole di maggioranza applicabili nel primo voto riacquisteranno, nel secondo, il peso sufficiente per respingere la proposta secondo la legge fallimentare.
Per prevenire abusi, allora, non sarà affatto necessario (come si legge nella massima) che la proposta concordataria riesca in ogni caso ad individuare delle utilità «specificamente individuate ed economicamente valutabili che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore» ulteriori a quelle promesse con l'impegno, di modo che, almeno su quelle, i creditori locali possano esprimere un voto significativo. L'impegno e la proposta potranno dunque coincidere nel contenuto; ma l'approvazione dell'uno e dell'altro dovranno avvenire distintamente, in tempi diversi (opportunamente, prima l'impegno e poi la proposta), e ciascuno secondo la legge applicabile individuata, rispettivamente, dall'art. 7 e dall'art. 36 Reg.
Al netto delle non persuasive soluzioni cui approda, la pronuncia commentata è un invito all'interprete a declinare il tema, relativamente nuovo, delle “procedure sintetiche”, nella concreta realtà del diritto concorsuale interno; ciò che dovrà d'ora innanzi esser fatto, in special modo, in relazione alle procedure e ai numerosi “quadri di ristrutturazione” che, con l'imminente entrata in vigore del Codice della crisi, potranno fare da sfondo all'applicazione dell'art. 36, la più “lunga” delle disposizioni del Regolamento, e senza dubbio una fra le più complesse.