di Anna Arlati, Dottoressa in Giurisprudenza
Il decreto pronunciato dal Tribunale di Bologna offre il destro per ripercorrere il tema delle garanzie rilasciate da SACE S.p.A. e del privilegio ex art. 9 D.Lgs. n. 123 del 31 marzo 1998, oggetto negli anni di allegro dibattito.
Con la pronuncia in oggetto l’Autorità bolognese schiude nuovamente questo tema d’indagine riassumendo, prima, i presupposti oggettivi di applicazione del privilegio ex art. 9 D.Lgs. 123/1998 già individuati dalla Corte di legittimità e, poi, assumendo originale ed innovativa determinazione rispetto al diverso presupposto soggettivo.
Il provvedimento si colloca nell’ambito della procedura fallimentare aperta in consecuzione alla domanda di concordato preventivo presentata da S.E.C.I. S.p.A. e, in particolare, all’esito del giudizio di opposizione ex art. 98 L. fall. In tale contesto, SACE S.p.A. ha domandato (i) il riconoscimento del rango privilegiato ai crediti da ella vantati e già ammessi al passivo della procedura e (ii) l’ammissione dei rispettivi interessi maturati e in precedenza esclusi (nella misura legale speciale sino al deposito della domanda di concordato preventivo nella misura legale per i successivi sino alla dichiarazione di fallimento).
I fatti di causa possono essere riassunti come segue.
Come noto, SACE S.p.A. è assegnataria ex lege della funzione di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive. In tale contesto, ella ha prestato controgaranzie in favore due differenti società operanti all’estero e soggette a direzione e controllo da parte di S.E.C.I. A fronte delle controgaranzie prestate, le predette società e S.E.C.I., in via solidale fra loro, si sono impegnate a mantenere SACE indenne e manlevata in ordine a qualsivoglia somma domandata da terzi creditori, nonché per ogni danno o altro onere sopportato a causa della violazione di impegni assunti. Ciò nonostante, rileva SACE di essere stata escussa da parte dell’istituto di credito; quest’ultimo, in qualità garante in forza di fidejussione prestata in favore delle due società controllate da SECI. Ciò posto, SACE ha revocato il sostegno pubblico erogato alle società e si è surrogata nei diritti prima vantati dagli istituti di credito. Conseguentemente, ha esercitato azione di regresso nei confronti della coobbligata S.E.C.I. trasmettendo domanda di ammissione al passivo, essendo quest’ultima medio tempore dichiarata fallita.
Cinque le eccezioni svolte dalla Procedura e, benché non accolte, è sulla base di esse che si sviluppa la motivazione adottata dal Tribunale bolognese. Pertanto, la medesima struttura non può che essere adottata anche nella presente nota.
Anzitutto, rileva la Procedura come sarebbero assistiti da privilegio solo i crediti restitutori sorti a seguito della revoca dell’intervento di sostegno a causa di patologie inerenti alla fase genetica di erogazione e non anche quelli legati al successivo inadempimento della beneficiaria.
Si pone, tuttavia, in disaccordo il Giudicante, il quale precisa come l’intervento di sostegno consti di due fasi: una di natura amministrativa di selezione dei beneficiari in vista della realizzazione dell’interesse pubblico, l’altra caratterizzata dalla conclusione di un negozio privatistico di finanziamento o di garanzia
[1] nel cui vortice causale si rinviene il vincolo di destinazione delle somme per uno scopo determinato.
Orbene, ritiene il Tribunale che la deviazione dallo scopo – costituente inadempimento di matrice civilistica inerente alla fase esecutiva del rapporto – determina la violazione della causa del contratto. Tale violazione costituirebbe idoneo presupposto per la revoca del beneficio a monte concesso
[2] e per il sorgere del credito restitutorio assistito da privilegio
ex art. 9 D.Lgs. n. 123/1998.
Con la seconda argomentazione svolta, invece, è negato qualsivoglia spazio al riconoscimento del privilegio nell’ipotesi di surroga nelle ragioni dell’istituto bancario ex art. 1203 c.c., il cui credito è già in origine chirografario. Così sarebbe per SACE.
Anche a tal riguardo, il Collegio disattende le osservazioni della Procedura in favore di un diverso orientamento già accolto dalla Suprema Corte.
Sulla scia di codesto orientamento dovrebbe allora osservarsi che
(i) a nulla rileva la posizione del creditore garantito, in quanto soggetto che materialmente subisce il depauperamento è il garante; in tal caso, lo Stato
[3]. Nonché, che
(ii) in ossequio all’art. 2745 c.c., il privilegio troverebbe la propria fonte nella legge – in particolare, nel decreto legislativo – avendo quest’ultima già ritenuto la causa del credito caratterizzata da interessi meritevoli di tutela e protezione. Orbene, il privilegio non si trasferirebbe dal creditore originario al garante pubblico, bensì sorgerebbe direttamente in capo a quest’ultimo
[4].
Connessa al secondo argomento è poi la terza eccezione svolta. Nella ricostruzione della Procedura, anche ove fosse riconosciuto spazio al privilegio, in ogni caso non sarebbe opponibile al Fallimento in ragione del sorgere del credito solo dopo l’apertura del concorso dei creditori
[5].
Una simile conclusione non pare tuttavia scontata. Ed infatti, il Tribunale bolognese conclude in senso opposto. Sul punto, osserva la giurisprudenza di legittimità, il credito nasce privilegiato
ex se e sin dal momento dell’erogazione e/o del rilascio della garanzia, senza che ai fini dell’opponibilità rilevi la data del provvedimento di revoca – che sarebbe di mero accertamento – o l’intervenuto pagamento
[6]. Il riportato orientamento è condiviso dal Giudicante.
Ulteriormente, in virtù degli artt. 61 e 62 L. Fall. sottolinea la Procedura che legittimato a concorrere nel fallimento per il soddisfacimento del credito sarebbe, al più, soltanto il creditore originario e non l’escusso, in ragione dell’estinzione solo parziale del debito originario.
Sul punto, propendendo il Collegio per l’inapplicabilità degli artt. 61 e 62 L. Fall., si giustifica la deroga alla disciplina dettata in tema di concorso dei creditori sulla base della peculiare natura del credito e dell’interesse pubblico sotteso al recupero delle somme provenienti da fondi pubblici, destinate ad essere reimpiegate in interventi agevolativi alle imprese
[7].
Come rilevato in apertura, i primi quattro argomenti offrono al Collegio bolognese l’occasione per riassumere tematiche già affrontate dalla giurisprudenza di legittimità in ordine ai presupposti oggettivi di applicazione del privilegio ex art. 9 D.Lgs. 123/1998. Al contrario, deve riconoscersi portata innovativa alla determinazione assunta con riferimento all’ultimo argomento, la quale merita particolare attenzione.
Con la quinta eccezione la Procedura evidenzia l’inapplicabilità del privilegio nel caso di diritto credito vantato nei confronti di un soggetto diverso dall’impresa beneficiaria inadempiente, come è il caso in esame. Anche tale argomento, come si vedrà, è però disatteso.
Ai fini della decisione, ritiene il Tribunale di dover richiamare l’art. 8 bis, comma 3, della L. 33 del 2015, in virtù del quale il credito restitutorio nascente dalle somme liquidate dal Fondo di Garanzia in favore delle PMI ha natura privilegiata e prevale su ogni altro diritto di prelazione, da qualsiasi causa derivante, salvi il privilegio per spese di giustizia e le ipotesi di cui all’art. 2751 bis c.c.
Ad avviso del Giudicante, il principio espresso sarebbe passibile di applicazione a tutte le forme di finanziamento pubblico. Ciò, in ragione dell’interpretazione fornita da quel filone giurisprudenziale che non conferisce alla norma significato proprio, bensì la ritiene meramente confermativa del regime già vigente in tema di prelazione del finanziatore pubblico
[8]. Di conseguenza, un’eventuale differente trattamento riservato al credito vantato da SACE – già munito di privilegio
ex art. 9 comma 5, D.Lgs. 123/1998 – risulterebbe contraddittorio e incoerente con la
ratio della norma.
Considera, invero, il Collegio che obiettivo della norma attributiva del privilegio è la massima garanzia del credito vantato dal finanziatore pubblico. Ratio del privilegio, infatti, sarebbe il massimo rientro delle somme al fine di consentirne il successivo reimpiego in favore di imprese più meritevoli. Se così è, allora, tale privilegio non può che ritenersi connaturato al credito a prescindere dalla posizione di beneficiario ovvero di garante del soggetto sul cui patrimonio si intende far valere il diritto alla restituzione.
In altre parole, sarebbero la stessa finalità pubblicistica e carattere unitario delle misure di sostegno in esso contemplate ad imporre nientemeno che l’estensione del privilegio anche al credito che fosse vantato nei confronti del garante.
Tale interpretazione estensiva, come emerge dall’analizzata pronuncia, si spingerebbe sino al punto di ritenere che unico presupposto per la sussistenza del privilegio relativamente al credito restitutorio è il carattere di intervento di sostegno pubblico alle imprese, erogato in forza del decreto legislativo.
A chiudere il provvedimento in commento è la pronuncia del Tribunale sulla seconda domanda svolta da SACE e relativa all’an e al quantum dell’ammissione degli interessi maturati sino alla data del deposito della domanda di concordato e dei successivi, sino all’intervenuto fallimento.
Rispetto ad essi evidenzia il Collegio come sia la stessa l’unicità del rapporto da cui sorge il credito restitutorio a giustificare tanto l’ammissione, quanto il riconoscimento del privilegio (regolamentato, quest’ultimo, dagli artt. 2749 c.c. e 54 L. fall.).
Orbene, con sol riferimento al caso posto all’attenzione del Collegio, ove l’apertura della procedura fallimentare consegue al deposito della domanda di concordato preventivo, il combinato disposto degli articoli 2749 c.c., 169 e 55 L. fall. permette di riconoscere il privilegio attribuito al credito per capitale agli interessi dovuti sino alla data di deposito della domanda di concordato preventivo.
Diversamente, per il periodo successivo e sino alla data di dichiarazione del fallimento, ritiene il Tribunale che la collocazione privilegiata del credito debba intendersi riferita non già al saggio stabilito dalla legge disciplinante il singolo credito, bensì al saggio previsto in via generale dall’art. 1284 c.c., in virtù dell’orientamento giurisprudenziale
[9] per cui proprio a tale disposizione sarebbe destinato il rinvio operato dall’art. 2749, comma 2, c.c.
[1] Per quanto attiene alle forme di intervento, si veda per tutte Cass. civ. Sez. I, Ordinanza 20 settembre 2017, n. 21841 in DeJure.it in virtù della quale il sostantivo “finanziamento” deve riferirsi a più forme o tipologie di sostegno pubblico ove le eventuali diversità non sono idonee a giustificare trattamenti normativi differenziati in materia di privilegio. Ciò nonostante, pronunzia in commento non omette di riconoscere la presenza dell’orientamento minoritario (tra cui, App. Bologna n. 1524 del 2018, già riformata da Cass., Sez. 3, 13 maggio 2020, n. 8882 in DeJure.it) teso a riconoscere il privilegio alle sole ipotesi di erogazioni dirette di denaro.
[2] Cfr. Cass., Sez. 1, 20 aprile 2018, n. 9926 in DeJure.it.
[3] Già Cass., Sez. 1, 30 gennaio 2019, n. 2664, in Il Fallimento, 2019, 7, 892 ss.
[4] Ibidem.
[5] Cfr. art. 9, comma 5, D.lgs. 123/1998 per cui sono fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi.
[6] Da ultimo, v. Cass., Sez. 1, 15 maggio 2023, n. 13152 in Dirittodellacrisi.it.
[7] Cfr. Cass., Sez. 1, 18 gennaio 2022, n. 1453 in Dirittodellacrisi.it.
[8] Cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza, 31 maggio 2019, n. 14915 in DeJure.it.
[9] Cfr. Cass., Sez. 1, 21 settembre 2012, n. 16084 in Diritto e pratica tributaria, 2013, 2, 378 ss.