di Valentina Carnevale, Dottore di ricerca in diritto processuale civile e Avvocato in Bergamo
Questa pronuncia del Tribunale di Bergamo (Trib. Bergamo, 13 ottobre 2021, Pres. De Simone, Est. Fuzio) offre un’interessante applicazione del principio dell’abuso del processo nell’ambito del concordato preventivo con riserva (c.d. “in bianco”).
Due gli aspetti da porre in evidenza: la declaratoria di inammissibilità della domanda di concordato non discende da una valutazione di abusività della stessa (come accade invece nelle ipotesi – ampiamente considerate dalla giurisprudenza – in cui il ricorso viene presentato al solo fine di impedire o ritardare la dichiarazione di fallimento) bensì considerando abusiva la pretesa della parte ricorrente di ritenere come consecutive due procedure benché la prima fosse stata espressamente rinunciata; la (apparente) contrarietà ad alcuni arresti, anche recenti, della Corte di Cassazione.
Tra le ragioni che hanno portato il Tribunale a dichiarare inammissibile ex art. 162 L. fall. la domanda di concordato, solo una interessa in questa sede: quella derivante dall’errata qualificazione, da parte della società proponente, del credito di una banca come chirografario anziché come ipotecario.
L’ipoteca era stata iscritta lo stesso giorno della presentazione della domanda di concordato con riserva. Successivamente, tuttavia, tale domanda era stata espressamente rinunciata e sull’estinzione si era pronunciato il Tribunale con decreto. Presentata una nuova domanda di concordato, la società proponente, sul presupposto della consecuzione tra le due procedure, riteneva applicabile all’ipoteca banca il disposto dell’art. 168 L. fall., e dunque l’inefficacia della stessa rispetto ai creditori anteriori al concordato.
Il Tribunale di Bergamo rifiuta decisamente la possibilità di applicare alla fattispecie il principio, – consacrato da un orientamento giurisprudenziale consolidato, che in ogni caso “riconosce e condivide” – che considera possibile la consecuzione tra procedure concorsuali ogni volta in cui la situazione di insolvenza alla base delle singole procedure sia la medesima.
Ciò che impedisce di considerare le due procedure come consecutive è la “cesura netta e irrimediabile tra la procedura rinunciata e quelle successive”. Diversamente opinando “al debitore verrebbe attribuito il potere abnorme di estendere il principio della consecuzione all’infinito, dapprima proponendo e poi rinunciando più procedure concordatarie” con la conseguenza di eludere altresì il disposto dell’art. 161 comma 6 L. fall. che consente una sola proroga del termine per il deposito della proposta. Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del concordato, perché il credito ipotecario erroneamente considerato come chirografario nel passivo concordatario assorbiva integralmente il valore dei crediti chirografari.
L’istituto del concordato con riserva, voluto dal legislatore nel momento in cui ha tenuto in giusto conto la difficoltà per il debitore di predisporre il piano senza beneficiare, nelle more, di una protezione nei confronti delle iniziative dei creditori idonee a comprometterne il risultato (protezione riconosciuta nel già citato art. 168 L. fall. e nelle conseguenze giuridiche che conseguono alla pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese), si presta indubbiamente a molteplici possibilità di abuso, tanto più che il proponente non è tenuto a motivare le ragioni del ricorso allo strumento concordatario e il giudice è obbligato ad assegnare un termine per la presentazione del piano, fatto salvo il caso in cui manchi la documentazione indicata dall’art. 161, comma 6, L. fall.
Del rischio di abuso non ha mancato di accorgersi, da subito, la dottrina, la quale ha altresì avuto cura di differenziare le ipotesi di “abuso nel concordato” da quelle di “abuso del concordato”, cercando di collocarle, rispettivamente, nelle più ampie e note categorie dell’abuso del diritto e dell’abuso del processo.
Da parte sua la giurisprudenza ha avuto modo di far emergere molte fattispecie nelle quali concordato con riserva viene “sviato” dal suo scopo tipico e viene dunque utilizzato, “per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l'ordinamento lo ha predisposto” (Cass. sez. II 7 novembre 2016, n. 22574, in Foro it., 2017, I, 1, 201). Finalità che, giova ricordarlo, sono sostanzialmente tre: (i) promuovere l'emersione anticipata della crisi, (ii) nel consentire un'immediata protezione del patrimonio del debitore per il periodo necessario all'elaborazione del piano ed alla sua presentazione ai creditori (ii) evitare che il rischio di salvataggio e soluzione della crisi di impresa sia pregiudicato da intenti aggressivi da parte di creditori che, informati di tale condizione, tentino di trarre vantaggio da iniziative esecutive o cautelari individuali.
Poiché il divieto di porre in essere condotte processuali abusive può considerarsi quale principio generale dell’ordinamento, ben può la giurisprudenza individuare nuove ipotesi di abuso dello strumento concordatario, in particolare del concordato in bianco, la cui previsione non si evince dalla disciplina positiva (Rordorf, Il diritto esorbitante: abuso del diritto, abuso del processo, abuso del concordato, in Il fallimento, 2020, 10, 1199).
Ancor più potrà farlo in futuro, quando entrerà in vigore il CCII, il cui art. 4 fa entrare a pieno titolo il dovere di comportarsi secondo buona fede e correttezza, espressamente codificato dal codice di rito, anche nell’ambito del diritto concorsuale.
L’individuazione delle condotte abusive è, in conclusione, rimessa al libero e prudente apprezzamento del giudice, che deve tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto.
In questo contesto si colloca la pronuncia che si commenta, che ha ritenuto inammissibile la domanda nonostante l’esistenza di alcuni arresti della giurisprudenza di legittimità, secondo i quali, in pendenza della declaratoria di inammissibilità della domanda c.d. “in bianco” precedentemente depositata e della quale si erano lasciati scadere i termini di cui all'art. 161, comma 6, L. fall., è ammissibile la presentazione di una nuova domanda di concordato, da considerarsi come implicita “rinuncia” della prima (Cass., sez. I, 20 febbraio 2020, n. 4342, in Il Fallimento, 2020, 4, 569; ma prima Cass., 10 ottobre 2019, n. 25479 e Cass., sez. I, 31 marzo 2016, n. 6277).
A prima vista non sembrerebbe esserci differenza tra le due fattispecie: in entrambe la prima domanda di concordato era stata presentata per beneficiare del cd “automatic stay”, in entrambe il proponente non era riuscito a rispettare il termine per la presentazione della proposta. In un caso la domanda di concordato “completa” viene considerata ammissibile; nel caso del Tribunale di Bergamo l’esito, per la società proponente, è opposto.
Il contrasto tuttavia, come anticipato, è solo apparente. Il Tribunale di Bergamo non ha considerato di per sé inammissibile la domanda di concordato proposta dopo la rinuncia della domanda di concordato con riserva, ma ha voluto chiarire alla società proponente che non avrebbe potuto beneficiare degli effetti protettivi della domanda rinunciata. Le pronunce si pongono quindi su piani completamente diversi.
Peraltro la Corte di Cassazione, nelle pronunce citate, precisa che la seconda domanda può essere considerata ammissibile “sempre che la nuova domanda non si traduca in un abuso dello strumento concordatario”, così facendo rimanda a quella discrezionalità giudiziale chiamata a valutare caso per caso se una determinata condotta sia stata effettivamente abusiva. E l’abuso nel caso all’esame del Tribunale di Bergamo era da ravvisarsi nella pretesa di neutralizzare l’iscrizione ipotecaria di un creditore, dilatando in modo abnorme sia l’effetto protettivo dell’art. 168, comma 3, L. fall. che il termine per la presentazione della proposta.
La pronuncia in commento offre altresì una chiave interpretativa utile in ordine alla valutazione della abusività della condotta del debitore proponente, destinata a valere quale principio in altre fattispecie analoghe, data dalla presenza, o meno, di una qualsivoglia pronuncia sulla prima domanda. Se una pronuncia vi è stata (nel caso di specie un decreto che aveva sancito l’estinzione del procedimento a seguito della rinuncia) la seconda domanda andrà a tutti gli effetti considerata una domanda nuova.