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Strumenti di regolazione della crisi: imposte e IVA dopo la L. n. 111/2023 e nel cantiere della riforma

Giuliano Buffelli e Raffaele Rizzardi, Dottori commercialisti ed esperti contabili

9 Luglio 2025

Con il presente intervento, considerato che dall’emanazione del Codice della Crisi e dell’Insolvenza di cui al D.Lgs. n. 14/2019 in vigore dal 15/7/2019 le norme fiscali ai fini delle imposte dirette e dell’IVA di cui agli istituti di gestione della crisi, sono ancora riferite rispettivamente al D.P.R. n. 917/1986 e al D.P.R. n. 633/1972, dopo una premessa introduttiva si esamineranno: la vigente normativa fiscale ai fini IVA e ai fini delle imposte dirette-brevi cenni; CCII la fiscalità considerata; analisi dell’art. 9 della legge n. 111/2023 delega al governo per la riforma fiscale; per poi analizzare le indicazioni sul tema tratte da una bozza di modifiche normative proposte in ambito imposte dirette e IVA. 
La finalità dello studio si propone di delineare, a livello prospettico, come potrebbero presentarsi le tanto attese modifiche in ambito fiscale riferite agli istituti di gestione della crisi di cui al Codice della Crisi e dell’Insolvenza. 

 
Clicca qui per visualizzare la news Interpello Agenzia delle Entrate: tassate le sopravvenienze da esdebitazione nel concordato semplificato  


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1 . Premessa
Il codice della crisi e dell’insolvenza, a seguire anche solo CCII, emanato in ottemperanza della legge delega n. 155 del 19/10/2017, ha trovato attuazione col D.Lgs. n. 14 del 12/1/2019. 
Finalità del predetto codice è quella di introdurre un nuovo quadro normativo per affrontare situazioni di crisi e di insolvenza con modalità idonee a favorire il risanamento e la continuità aziendale. 
In estrema sintesi, detto D.Lgs. ha introdotto il concetto di crisi di impresa come situazione di contingenza che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi ed ha previsto inoltre una serie di strumenti di regolazione della crisi alternativi alla liquidazione giudiziale (ex fallimento). 
Dopo un difficile e travagliato impatto, soprattutto nella pratica applicazione, il CCII è stato interessato da numerosi correttivi, tre dei quali di particolare rilievo: 
Il primo, di cui al D.Lgs. n. 147 del 26/10/2020, si è sostanziato in disposizioni tese ad emendarne ed integrarne la struttura originaria, in particolare sostituendo il richiamo dell’articolo 2 epurando il richiamo alla “difficoltà economica finanziaria” con la locuzione “squilibrio economico finanziario”, ritenuta più corretta secondo i parametri della scienza aziendalistica. 
Il secondo di cui al D.Lgs. n. 83 del 17/6/2022, ha riguardato il testo già emendato introducendo, in particolare correttivi sull’istituto della composizione negoziata rivedendo gli istituti dell’allerta interna ed esterna e migliorando l’istituto delle misure protettive (art. 18 CCII) al fine di omogeneizzarne il contenuto con quello dell’art. 54. 
Il terzo di cui al D.Lgs. n. 136 del 13/9/2024 finalizzato, in grande misura, a risolvere i dubbi interpretativi emersi nella prima applicazione del codice. Tra gli interventi di maggior rilievo, nell’ambito della composizione negoziata, si annoverano la modifica delle condizioni per l’accesso, nuovi criteri per la scelta dell’esperto e la possibilità di accedere ad un accordo transattivo con le Agenzie fiscali. 
Il codice della crisi, pur nella sua evoluzione normativa, non ha invece previsto, fatte salve alcune eccezioni, interventi in ambito fiscale rispetto ai vari istituti, considerando che sull’argomento il legislatore, con la legge n. 11 del 9/8/2023 (legge delega per la riforma fiscale), ha delegato al governo la revisione del sistema tributario e in particolare con l’art. 9 ha previsto specifici regimi di tassazione del reddito delle imprese -comprese quelle minori e le grandi imprese- e dell’IVA, nell’ambito delle gestioni delle crisi regolate dal CCII. 
Quindi é evidente il vuoto normativo presente nell’attuale contesto fiscale, in particolare con riferimento alle disposizioni in tema di reddito di impresa e di IVA, in cui le vigenti normative di cui al DPR 917/86 (TUIR) e DPR 633/72 (IVA) dovrebbero regolare i nuovi istituti di gestione della crisi di cui al CCII. 
È noto infatti come la fiscalità delle procedure concorsuali e preconcorsuali nonché degli strumenti di regolazione della crisi di cui al D.Lgs. n. 14/2019 e succ. mod. crei, in ambito interpretativo/applicativo diverse preoccupazioni agli operatori dal momento che le vigenti norme fiscali fanno riferimento, quanto alla materia concorsuale al RD 262 del 16/3/1942 (legge fallimentare) e non agli istituti previsti dal CCII. 
Con il presente studio, dopo avere in sintesi analizzato la vigente normativa fiscale relativa alle procedure concorsuali in tema di imposte dirette e IVA si passerà all’esame della fiscalità prevista nel CCII, per poi analizzare le indicazioni della legge delega per la riforma fiscale e la bozza di revisione delle connesse norme.
2 . La vigente normativa fiscale ai fini iva e ai fini delle imposte dirette: brevi cenni
Ribadito come la normativa fiscale vigente (ai fini IVA e imposte dirette) faccia riferimento al R.D. n. 262 del 16/3/1942 e succ. mod. (cd legge fallimentare) giova ricordare, in sintesi, le disposizioni, che nell’ambito delle due normative citate trattano delle procedure di gestione della crisi di cui al detto R.D., con specifico riferimento alla tipologia di procedura.

Iva (D.P.R. n. 633/72) 
- Art. 35 richiamato dalle istruzioni per la compilazione del modello riferito alla “domanda di attribuzione del numero del codice fiscale, dichiarazione inizio attività, variazione dati o cessazione attività ai fini IVA” 
Il testo recita: 
Nel caso di soggetto d’imposta fallito, debitore assoggettato a liquidazione giudiziale o posto in liquidazione o in amministrazione controllata i dati si riferiranno, rispettivamente, al curatore fallimentare/curatore della liquidazione giudiziale o al liquidatore o al commissario giudiziale o alle altre figure individuate nella tabella codice carica”. 
- Art. 26 IVA (variazione dell’imponibile e dell’imposta) al comma 3 bis viene precisato che la disposizione del comma 2 si applica anche in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente a partire dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale o dalla data che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182 bis del RD 16 marzo 1942 n. 267 o dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato ai sensi dell’art. 67 terzo comma lett. d) R.D. 16/3/1942 n. 267”. 
- Art. 74 bisDisposizioni per il fallimento e la liquidazione coatta amministrativa” 
La norma, al primo comma, tratta degli adempimenti riferiti “alle operazioni effettuate anteriormente alla dichiarazione di fallimento, o di liquidazione coatta amministrativa …” 
Il secondo comma riguarda le “operazioni effettuate successivamente all’apertura del fallimento o all’inizio della liquidazione coatta amministrativa …” 
Il terzo comma, relativo ai rimborsi, fa riferimento al fallimento e alla liquidazione coatta amministrativa. 
 
Come si nota le norme citate fanno riferimento alle procedure riconducibili al R.D. 262 del 14/3/1942.
Imposte dirette (DPR 917/1986 TUIR)
- Art. 86, comma 5, che tratta della cessione dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo. 
- Art. 88, comma 4 ter, che recita: 
Non si considerano, altresì, sopravvenienze attive le riduzioni dei debiti dell’impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio o di procedure estere equivalenti, previste in stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni, o per effetto della partecipazione delle perdite da parte dell’associato in partecipazione. In caso di concordato di risanamento, di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art. 182 bis del RD 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell’art. 67, terzo comma, lettera d), del citato RD n. 267 del 1942, pubblicato nel registro delle imprese, o di procedure estere a queste equivalenti …”. 
- Art. 183 TUIR (Fallimento e liquidazione coatta) 
L’art. 183 TUIR sancisce l’obbligo in capo al curatore della predisposizione della documentazione necessaria per la determinazione del reddito da sottoporre ad imposizione per: 
- il periodo intercorrente dall’inizio dell’esercizio alla data della sentenza dichiarativa del fallimento (Bilancio ordinario infrannuale); 
- il periodo intercorrente dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla chiusura dello stesso (UNICO PERIODO DI IMPOSTA - Bilancio di chiusura). 
1 comma - BILANCIO FRAZIONE ESERCIZIO ANTECEDENTE IL FALLIMENTO 
La predisposizione di tale bilancio è richiesta per finalità fiscali, per consentire cioè la determinazione dell’utile o della perdita conseguita dall’impresa fallita nel periodo intercorrente tra la chiusura dell’esercizio precedente e la data del fallimento. 
Consente inoltre al Curatore di redigere la dichiarazione dei redditi relativa a tale frazione d’esercizio. 
In questo Bilancio ordinario infrannuale il curatore dovrà effettuare le proprie valutazioni tenendo conto del programma di liquidazione ex art. 104 ter L. fall. L’onere della predisposizione di tale bilancio ricade esclusivamente sul curatore, il quale si avvarrà della contabilità dell’impresa fallita e delle informazioni fornite dal fallito o dagli organi sociali, previo riscontro e controllo. 
- In questo bilancio ordinario infrannuale sono rispettati sia il principio di chiarezza, sia il principio di verità e correttezza (quadro fedele). 
Trattandosi di bilancio ordinario infrannuale, trovano attuazione gli artt. 2423 e 2423 bis c.c. 
Considerata la particolare fase della vita dell’impresa, che concerne il periodo intercorrente tra l’inizio dell’esercizio e la data di sentenza del fallimento, deve ritenersi operativo il principio di continuità attenuato, con chiarimenti da parte del curatore relativamente ai criteri di valutazione di alcuni cespiti attivi e passivi. 
Ai fini fiscali per giungere alla formazione dell’imponibile da sottoporre a tassazione in questo bilancio ordinario infrannuale sembra opportuno applicare alcuni accorgimenti, che vanno così precisati: 
a) gli ammortamenti devono essere dedotti per quote ragguagliate all’anno (in 12esimi); 
b) le spese di rappresentanza sono deducibili per quote ragguagliate all’anno (in 12esimi); 
c) le spese di manutenzione sono integralmente deducibili nel limite fiscale del 5% del costo dei beni ammortizzabili; 
d) le perdite su crediti sono deducibili nei limiti di cui all’art. 101 TUIR. 
Non è sancito l’obbligo che questo bilancio venga approvato dagli organi societari; tuttavia il curatore potrebbe giudicare opportuno far sottoscrivere lo stesso all’assemblea dei soci ed a sottoporlo alla attenzione del collegio sindacale se esistente. 
La predisposizione di questo bilancio (con finalità fiscali) assume grande rilievo, con riferimento alla situazione patrimoniale, per quanto attiene al «patrimonio netto dell’impresa o della società all’inizio del procedimento», perché deve esserne tenuto conto nella predisposizione della dichiarazione fiscale riferita al secondo comma dell’articolo in esame. 
Di conseguenza, nel redigere il bilancio in esame e in particolare la situazione patrimoniale (questa situazione dovrà essere rappresentata a due colonne: una che rappresenta i valori contabili, l’altra i valori fiscali), il curatore dovrà verificare la parte attiva e quella passiva valutandone la correttezza ai fini del TUIR. Si dovrà di conseguenza considerare il costo fiscale delle voci attive e passive e non le stime e le attività e passività di cui tenere conto saranno quelle accertate dal curatore, anche se non contabilizzate, con l’esclusione di eventuali elementi attivi e passivi appartenenti al patrimonio personale dell’imprenditore individuale, dei soci di società di persone ecc. (si veda circolare Agenzia Entrate 26/E del 23/02/2002). 
2 comma - BILANCIO DI CHIUSURA 
Il fisco riconosce come unico periodo di imposta quello tra la data di dichiarazione di fallimento e quello della sua chiusura anche se nel corso di esso sia intervenuto l’esercizio provvisorio. 
Da detto bilancio, da qualificarsi come straordinario, scaturisce la base imponibile del fallimento che va appunto sottoposta ad imposizione fiscale. Base imponibile da calcolare come differenza tra il residuo attivo al termine della procedura di fallimento ed il patrimonio netto a valori fiscalmente rilevanti all’inizio del fallimento. 
Il legislatore fiscale con questa previsione ha inteso all’evidenza individuare e tassare il particolare «reddito» realizzato dalla procedura fallimentare nel periodo intercorrente tra l’inizio e la fine della stessa. Ed essa unitamente al bilancio della frazione di esercizio antecedente la dichiarazione di fallimento, richiesta dal comma 1 dello stesso articolo, completa gli adempimenti contabili e fiscali a carico del curatore. 
Va quindi ribadito che si tratta di un vero e proprio bilancio straordinario, caratterizzato da uno schema di rappresentazione particolare. 
Del resto, essendo il fallimento una procedura liquidatoria (analoga all’operazione straordinaria di liquidazione volontaria) la sua struttura non può essere simile a quella del bilancio di chiusura della liquidazione e quindi costituita solo da uno stato patrimoniale particolare. 
I principi di redazione dell’art. 2423 c.c. non trovano più applicazione, considerata la composizione e la finalità del particolare bilancio volto alla unica determinazione dell’imponibile fiscale. 
Residuo attivo_ nozione 
Rappresenta l’eventuale risultanza positiva derivante dalla differenza tra l’attivo realizzato dalla procedura (liquidazione dell’attivo) ed il passivo pagato (chirografario/privilegiato), oltre alle spese di procedura sostenute. 
Patrimonio netto a valori fiscalmente riconosciuti_ nozione 
Rappresenta la differenza tra le attività e passività (a valori fiscalmente riconosciuti) ad inizio procedura.

NB - Nel caso il residuo attivo sia pari a zero non rileverà mai imponibile fiscale 
Analoga previsione rileva per la liquidazione coatta amministrativa 
Come si nota alcune indicazioni terminologiche “potrebbero” essere utilizzate anche nell’ambito del CCII ma, il contesto in cui sono collocate, ci porta a ritenere necessari specifici chiarimenti. 
CCII/LA FISCALITA’ CONSIDERATA 
Nell’ambito del tema in esame -fiscalità con riferimento alle imposte dirette e IVA nel codice della crisi e dell’insolvenza- fatta eccezione per alcuni richiami agli artt. 88, comma 4 ter, 101, comma 5, TUIR e art. 26 IVA- non si rinvengono altri interventi di interesse specifico alla trattazione. 
Di seguito, in sintesi, le novità fiscali di maggior interesse in particolare introdotte dal D.Lgs. n. 136/2024. 
Si ricordano: 
- Art. 23, comma 2 bis (conclusione delle trattative) 
L’ultimo correttivo al codice della crisi di cui al D.Lgs. n. 136 del 2024 è intervenuto, al fine di migliorare l’efficacia dell’istituto della composizione negoziata, inserendo il comma 2 bis dell’art. 23. 
Con tale disposizione è stata introdotta la possibilità, anche nell’ambito dell’istituto in esame, di formulare alle Agenzia Fiscali e all’Agenzia delle Entrate e Riscossione una proposta di accordo transattivo (transazione fiscale) che prevede il pagamento parziale o dilazionato non solo degli interessi e sanzioni ma anche delle imposte. Sono esclusi i tributi costituenti risorse dell’Unione Europea (tra cui non rileva l’IVA, si veda relazione illustrativa al correttivo ter) e i crediti degli enti previdenziali e assicurativi. 
Allo stato attuale gli altri istituti previsti dal CCII che consentono tale iniziativa sono: 
- Gli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui agli artt. 63, 57, 60 e 61 CCII: l’imprenditore che si avvalga di tale istituto per gestire la crisi della sua impresa, potrà proporre il pagamento parziale o dilazionato dei tributi e relativi accessori amministrativi dalle agenzie fiscali nonché dei contributi amministrati degli enti di gestione di forme di previdenza, assistenza e assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e dei relativi accessori. E’ richiesta in tale ipotesi l’attestazione di un professionista indipendente che si esprima sulla convenienza della procedura scelta rispetto alla liquidazione giudiziale. 
Con il correttivo ter è stato introdotto, con visione anti abuso, un’importante disposizione: di fatto il legislatore ha posto un limite alla transazione fiscale per le imprese con debiti della natura sopra specificata superiori all’80% dell’indebitamento complessivo. 
La disposizione non pregiudica la possibilità di accesso alla procedura ma è operativa solo in fase di omologa. 
- Il concordato preventivo di cui all’art. 88 CCII con richiamo all’art. 84 CCII: l’imprenditore che scelga tale istituto per gestire la crisi della sua impresa avrà la possibilità di proporre il pagamento parziale o dilazionato dei tributi e relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali nonché dei contributi amministrati dagli enti di gestione di forme di previdenza, assistenza e assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e dei relativi accessori. Anche nell’ambito di questo strumento, la norma prevede l’attestazione di un professionista indipendente che dovrà, nel suo elaborato, motivare la convenienza della proposta rispetto alla liquidazione giudiziale. 
Dal pari, per tale istituto, il correttivo ter ha risolto ogni dubbio interpretativo circa il coordinamento della ristrutturazione trasversale e la transazione fiscale. 
- Il concordato minore di cui all’art. 80, comma 3 CCII: per tale procedura la transazione fiscale può essere recepita in sede di omologa quando l’adesione risulta determinante ai fini del raggiungimento della percentuale di cui all’art. 79, comma 1 CCII; e anche quando dalla specifica relazione dell’OCC risulta che la proposta è conveniente rispetto alla alternativa della liquidazione controllata. 
In tale sede non si rinvengono interventi del correttivo ter. 
- Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologa di cui all’art. 64 bis CCII: nell’ambito del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (Pro), che si caratterizza per procedura snella e basata su un progetto di risanamento non vincolato al rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione, purché vi sia l’approvazione da parte di tutte le classi di creditori, è ora possibile (dopo l’intervento del correttivo ter) proporre il pagamento parziale o dilazionato dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazioni obbligatorie e dei relativi accessori. 
Necessita anche in tal caso la relazione di un professionista indipendente che attesti: 
· la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; 
· per i crediti oggetto della proposta di transazione, la previsione di un trattamento non deteriore rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale. 
- Il concordato semplificato di cui agli artt. 25 sexies e septies CCII 
In esito alla composizione negoziata non si ravvisano ragioni ostative per l’accordo finalizzato alla transazione fiscale concluso con l’amministrazione finanziaria ex art. 23, comma 2 bis, CCII. 
- Il concordato nella liquidazione giudiziale ex art. 245, comma 5, CCII 
Il correttivo ter è intervenuto sul comma 5 della norma, prevedendo una forma di transazione fiscale in caso di voto contrario dei creditori pubblici, rendendo possibile l’omologazione, anche quando, sempre sulla base della relazione di professionista indipendente, la proposta risulti essere più conveniente rispetto all’alternativa della prosecuzione della liquidazione giudiziale. 
- Il concordato di gruppo ex art. 284 bis CCII 
Sempre il correttivo ter ha introdotto nell’ambito del gruppo la transazione fiscale finalizzata alla decurtazione e dilazione di pagamento dei debiti. La norma fa espresso rinvio, per le relative modalità applicative agli artt. 63, 64 bis, comma 1 bis, e 88 CCII. 
- Art. 25 bis (misure premiali) 
La norma, sempre nell’ambito della composizione negoziata: 
· prevede misure premiali di natura tributaria che sanciscono la riduzione del tasso legale degli interessi sui debiti fiscali, la riduzione delle sanzioni tributarie e il beneficio della rateazione delle imposte; 
· prevede che dalla pubblicazione nel registro delle imprese del contratto e dell’accordo di cui all’art. 23, comma 1, lett. a) o degli accordi di cui all’art. 23, comma 2, si applicano gli articoli: 
- 88, comma 4 ter, D.P.R. n. 917/86 TUIR; 
- 101, comma 5, D.R.P. n. 917/86 TUIR; 
- 26, comma 3 bis, D.P.R. n. 633/72 IVA. 
L’art. 88, comma 4 ter, del TUIR prevede, ovviamente in favore del debitore, la non imponibilità (con i limiti e le regole applicative ivi dedotte) delle sopravvenienze attive da falcidia dei debiti ristrutturati. 
L’art. 101, comma 5, TUIR prevede una regola di carattere generale in forza della quale per il creditore, le perdite su crediti sono deducibili se il debitore in composizione negoziata ha concluso positivamente la procedura. 
L’art. 26, comma 3 bis, Iva agevola fiscalmente il creditore consentendogli, per le operazioni per le quali è stata emessa fattura -e che inibiscono una riduzione per la falcidia provocata dalla conclusione dell’accordo- di portare in detrazione l’Iva corrispondente alla variazione dell’imponibile. 
3 . Analisi dell’art. 9 della L. n. 111/2023 (delega al governo per la riforma fiscale)
In questo capitolo, in sintesi si analizzeranno, con riferimento alle imposte dirette e all’IVA, le indicazioni contenute nella citata norma che introduce i principi e i criteri direttivi con riferimento agli istituti di gestione della crisi ex D.Lgs. n. 14/2023 e successive modifiche. 
Prima di iniziare l’analisi, è utile riportare l’incipit della relazione illustrativa alla proposta di modifica all’attuale normativa fiscale: 
La disciplina fiscale degli istituti disciplinati dal codice della crisi e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, (di seguito anche solo “Codice della crisi” o “decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14”) attualmente vigente è fondata sulla distinzione fra il fallimento (ora liquidazione giudiziale), a cui sono dedicate specifiche disposizioni (l’art. 183 del TUIR per le imposte sui redditi e l’art. 74 bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 per l’IVA, oltre agli articoli 5 e 8 del D.Lgs. n. 322/1998 relativamente agli adempimenti dichiarativi), da un lato, e tutti gli altri istituti, per i quali non è previsto alcun specifico regime, dall’altro lato: si tratta, quindi, di una classificazione che attribuisce rilevanza alla qualificazione formale più che alla natura sostanziale dei vari istituti e agli effetti da essi generati”. 
La norma in esame, con riferimento alle imposte dirette e all’IVA, può essere sintetizzata come in prosieguo, seguendo la struttura dell’articolo: 
Art. 9, comma 1) Nell’esercizio della delega il governo deve osservare i seguenti specifici principi e criteri direttivi: 
a) nell’ambito degli istituti disciplinati dal codice della crisi e dell’insolvenza di cui al D.Lgs. n. 14/2019 si dovrà: 
1) prevedere un regime di tassazione del reddito per tutte le imprese, comprese quelle minori e le grandi imprese, che ricorrono agli istituti di cui al CCII distinguendo tra: 
1.1) istituti liquidatori (che determinano l’estinzione dell’impresa debitrice) per i quali il reddito di impresa si determina sulla base del residuo attivo conseguito in un unico periodo (attuale art. 183, comma 2, TUIR); trattasi di un unico maxi periodo di imposta (compreso quello riferito all’esercizio provvisorio) che si conclude con la fase esecutiva della procedura o dell’istituto di gestione della crisi il cui risultato, per tutte le imprese, è costituito dalla differenza tra il residuo attivo esistente alla chiusura del detto periodo e il valore fiscalmente riconosciuto del patrimonio netto esistente all’inizio di uno degli istituti disciplinati dal CCII. 
1.2) istituti di risanamento che non determinano l’estinzione dell’impresa, per i quali si applica la ordinaria disciplina del reddito di impresa anche con riguardo agli adempimenti dichiarativi. 

Per quanto attiene agli obblighi dichiarativi, con riferimento al maxi periodo citato sub. 1.1, deve essere presentata una sola dichiarazione dei redditi alla quale devono provvedere il curatore nella liquidazione giudiziale e gli organi incaricati negli altri istituti di natura liquidatoria previsti dal CCII (commissario liquidatore nella liquidazione coatta amministrativa e commissario straordinario nella amministrazione delle grandi imprese in crisi). Analogamente si dovrà procedere anche relativamente al periodo d’imposta antecedente la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale (come nell’attuale ordinamento ex art. 5 DPR 322/1988). 
Quanto agli altri istituti liquidatori -cioè, concordato (preventivo, minore e semplificato) e piano di ristrutturazione soggetto a omologazione con natura liquidatoria- pur in presenza di un commissario giudiziale/liquidatore giudiziale nominati dal tribunale, si ritiene che l’adempimento dichiarativo vada assolto dal legale rappresentante. 
In tali procedure, infatti, l’imprenditore conserva la gestione dell’impresa, seppur sotto la vigilanza dei predetti soggetti -il commissario giudiziale e/o liquidatore giudiziale -che però non hanno la rappresentanza legale che permane in capo all’imprenditore. 
Alle medesime conclusioni dovrebbe pervenirsi per l’istituto della liquidazione controllata dei soggetti sovraindebitati di cui agli artt. 268 e seguenti del CCII. 
Anche per tali soggetti si dovrebbe prevedere che il reddito derivante nel cd periodo procedurale (tra la data della sentenza di apertura della procedura e la data del decreto di chiusura) qualunque sia la durata e anche se vi è stato esercizio provvisorio, sia determinato sulla base delle indicazioni in precedenza previste (Residuo attivo). 
Tuttavia per quanto riguarda i soggetti cui compete la presentazione della dichiarazione, non dovrebbero trovare applicazione i criteri utilizzati nell’ambito della liquidazione giudiziale; e ciò per il fatto che in tale istituto non si produce alcun effetto successorio ma piuttosto un effetto segregativo del patrimonio. 
2) Estendere il regime degli adempimenti attualmente previsti ai fini IVA per la liquidazione giudiziale (ex fallimento) a tutti gli istituti liquidatori, nonché al concordato preventivo e alla amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi anche non espressamente liquidatori. Ciò perché il riferimento agli istituti liquidatori dovrebbe avere portata sostanziale e quindi ricomprendere anche quegli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza che possono avere, direttamente o indirettamente finalità liquidatorie. 
3) Estendere a tutti gli istituti disciplinati dal CCII l’applicazione: 
- dell’art. 88, comma 4 ter, TUIR in tema di sopravvenienze attive derivanti da riduzione dei debiti per il debitore sottoposto ai suddetti istituti; 
- dell’art. 101, comma 5, TUIR in merito alla deducibilità delle perdite su crediti in caso di debitore sottoposto a uno dei citati istituti; 
nonché: 
- dell’art. 26 commi 3 bis, 5, 5 bis e 10 bis D.P.R. n. 633/1972 (legge IVA) in tema di note di variazione in diminuzione. 
Appare evidente come l’operatività e l’attuazione dei principi sopra in sintesi richiamati dipenda, in primis, da alcuni aspetti operativi quali -in particolare- l’individuazione degli istituti interessati (posto che la delega fa riferimento agli istituti liquidatori e a quelli di risanamento: distinzione generica che, se non esattamente chiarita, potrà determinare molti dubbi nella pratica applicazione. 
4 . Analisi della bozza delle modifiche normative proposte in ambito imposte dirette e IVA
Si premette e si ricorda che l’analisi riguarda esclusivamente le imposte dirette e l’IVA e che l’articolo viene sviluppato su “bozza di modifiche normative proposte (e allo stato conosciute) con riferimento ai detti tributi”.
4a . Imposte dirette
Art. 183 TUIR (l’articolo 183 del TUIR è sostituito) 
I primi 5 commi sono riferiti alla liquidazione giudiziale e alla liquidazione coatta amministrativa distinguendo tra società di capitali rispetto alle imprese individuali e le società personali nonché tra reddito relativo al periodo ante e periodo post la data della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale e del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa. 
Il periodo ante: si prevede che il reddito di impresa ad esso relativo (tra inizio esercizio e data sentenza o data provvedimento) è determinato sulla base di bilancio redatto dal curatore della liquidazione giudiziale o dal commissario liquidatore della liquidazione coatta sulla base delle regole che presiedono la determinazione del reddito di impresa ex capo VI titolo I TUIR. Per i soggetti che applicano il regime di contabilità semplificata vanno considerate le disposizioni di cui all’art. 66 TUIR (imprese minori). 
Trattasi di bilancio cd intermedio che, dal punto di vista civilistico/contabile deve rispettare le regole dell’OIC 30 apportando al risultato “reddituale” le variazioni in aumento e in diminuzione derivanti da specifiche disposizioni fiscali. 
Per le imprese individuali e le società personali e per le società soggette al regime di trasparenza fiscale, il detto reddito di impresa concorre a formare il reddito complessivo dell’imprenditore, dei familiari partecipanti all’impresa e dei soci. 
Il periodo post: si prevede che il reddito di impresa (di cui al capo VI tit. I del TUIR) riferito al periodo compreso tra l’inizio e la chiusura del procedimento concorsuale, quale che sia la durata di detto periodo ed anche se rileva nel durante esercizio provvisorio è costituito dalla differenza tra: 
- il residuo attivo, determinato in base a valori fiscalmente riconosciuti (il reddito attivo della procedura concorsuale è costituito dalle disponibilità che residuano in seguito alla soddisfazione di tutti i creditori ammessi al concorso, nonché al pagamento del compenso al curatore, al commissario liquidatore e delle spese di procedura) e 
- il patrimonio netto dell’impresa o della società all’inizio del procedimento determinato a valori fiscalmente riconosciuti (il patrimonio netto di un’impresa all’inizio di una liquidazione giudiziale o di una procedura di liquidazione coatta amministrativa è determinato come differenza tra il valore delle attività e quello delle passività valutate e costi fiscalmente riconosciuti). 
Novità 
Dal reddito (fiscale) così determinato sono computate in diminuzione le perdite dei periodi di imposta precedenti all’inizio della procedura senza applicazione del limite quantitativo di cui al comma 1 dell’art. 84 TUIR (80%). 
Per le imprese individuali, le società di persone e per le società soggette alla trasparenza fiscale detto reddito concorre a formare il reddito complessivo dell’imprenditore, dei familiari partecipanti all’impresa o dei soci, relativo al periodo di imposta in corso alla data della dichiarazione di chiusura della liquidazione giudiziale. 
Anche se il nuovo testo dell’art. 183 non è del tutto in linea con la vigente norma, utile potrà essere la circolare Agenzia delle Entrate n. 26 del 22/03/2002. 
Un cenno di interesse va fatto con un richiamo tratto dalla bozza della relazione al provvedimento che precisa relativamente a: 
Altre procedure di gestione della crisi di impesa (Adempimenti fiscali
Nessuna disposizione dispone invece regole speciali in ordine alla determinazione del reddito imponibile dell’impresa che abbia avuto accesso alla procedura di concordato preventivo nelle sue diverse forme, agli accordi di ristrutturazione dei debiti omologati ai sensi dell’art. 57, dell’art. 60 o dell’art. 61 del Codice della crisi, ai piani di risanamento attestati disciplinati dall’art. 56 del medesimo codice, all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e, tantomeno, per il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione di cui all’art. 64-bis del Codice della crisi, istituto di recente introduzione. 
Ne discende che per i soggetti che hanno accesso a tali istituti il reddito d’impresa continua a essere calcolato secondo le regole ordinarie sancite dagli artt. 83 e ss. Del Testo unico delle imposte sui redditi (di seguito anche solo “TUIR”), ovverosia apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico di ciascun esercizio le variazioni in aumento e in diminuzione conseguenti all’applicazione delle regole stabilite dai successivi articoli di tale testo unico per la generalità delle imprese. Il comma 5 dell’art. 86 del TUIR esclude la tassazione delle plusvalenze realizzate nell’ambito di un concordato con cessione dei beni e il comma 4-ter dell’art. 88 del medesimo Testo unico, sulla base di analoga ratio, esclude la tassazione delle sopravvenienze da esdebitazione, distinguendone il trattamento a seconda che queste siano conseguite nel contesto di una procedura “di risanamento” (mediante la quale l’attività d’impresa viene proseguita) oppure mediante una procedura a cui consegua l’estinzione dell’impresa; tali norme, tuttavia, costituiscono più la spia della necessità di una più razionale distinzione fra procedure che la conseguenza della presenza di distinti regimi e hanno inoltre natura casistica più che strutturale. 
Il trattamento fiscale della crisi di impresa, fondato sulla suddetta suddivisione (fra la liquidazione giudiziale e la liquidazione coatta amministrativa, da un lato, e tutti gli altri istituti, dall’altro) contrasta dunque con il fatto che i presupposti e gli effetti di alcuni di tali strumenti sono comuni alla liquidazione giudiziale e ciò, per ragioni di coerenza, ragionevolezza e parità di trattamento, comporta la necessità che anch’essi siano assoggettati al regime fiscale previsto dalla procedura”. 
Proseguendo nell’esame dell’art. 183, il comma 4 prevede, per le imprese individuali e per le società di persone, che la differenza tra il “residuo attivo e il patrimonio netto dell’impresa” è diminuita dei corrispettivi delle cessioni di beni personali dell’imprenditore o dei soci compresi nella liquidazione giudiziale ovvero nella liquidazione coatta amministrativa ed è aumentata dei debiti personali dell’imprenditore o dei soci pagati dal curatore o dal commissario liquidatore. 
Il quinto comma prevede che le disposizioni di cui ai precedenti commi (reddito di impresa riferito ai periodi ante e post apertura procedura, determinazione avanzo attivo e patrimonio netto all’inizio del procedimento ecc) relative alle procedure di liquidazione giudiziale e di liquidazione coatta amministrativa si applicano anche: 
- alla amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi avente natura liquidatoria; 
- al concordato preventivo e al concordato minore da cui discende l’estinzione dell’impresa e della società; 
- al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’art. 25 sexies del D.Lgs. n. 14/2019; 
- agli accordi di ristrutturazione dei debiti e ai piani di ristrutturazione soggetti a omologazione aventi natura liquidatoria alla condizione che comportino l’estinzione dell’impresa o della società. 
Considerazioni 
L’indicazione normativa ha il pregio di individuare quelli che, per il legislatore sono da ritenersi istituti liquidatori che determinano l’estinzione dell’impresa. 
Va peraltro ricordato che la legge delega ne inquadra la tipologia precisando che dal ricorso a tali procedure debba discendere l’estinzione dell’impresa debitrice. 
La relazione illustrativa al disegno di legge delega per la riforma tributaria così recita sul tema: 
in particolare, al comma 1, lettera a) numero 1), in considerazione della introduzione di nuovi istituti nell’ambito del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, viene previsto un regime di tassazione del reddito delle imprese differenziato a seconda che l’impresa acceda a uno degli istituti liquidatori ovvero di risanamento previsti dal medesimo codice. L’individuazione, ai fini fiscali, della natura liquidatoria di una procedura va operata non sulla base della qualificazione di quest’ultima, desumibile dal codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, ma in funzione del fatto che da essa derivi l’estinzione dell’impresa debitrice”. 
Considerata la stringente indicazione contenuta nell’art. 9 della legge delega e cioè “estinzione dell’impresa” nel senso dell’annullamento della stessa, (si veda, a completamento del concetto, l’art. 2495 cc “cancellazione della società”) l’individuazione degli istituti prettamente liquidatori si restringe molto. Di conseguenza possono, secondo chi scrive (sulla base della norma richiamata), classificarsi come tali: 
- la liquidazione giudiziale ex art. 121 e ss. CCII; 
- la liquidazione cotta amministrativa ex art. 293 e ss. CCII; 
- la liquidazione controllata nel sovraindebitamento ex art. 268 e ss. CII; 
- concordato preventivo liquidatorio ex comma 4, art. 84 CCII; 
- concordato minore liquidatorio ex art. 74, comma 2, CCII; 
- concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio ex art. 25 sexies e septies
- l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi prettamente liquidatoria. 
Non vengono considerati, rispetto alla elencazione che precede e rispetto alla legge delega i seguenti istituti che potrebbero avere finalità liquidatoria o anche di risanamento con trasferimento dell’azienda a terzi: 
-  concordato preventivo in continuità indiretta ex art. 84, comma 2, CCII; 
-  accordi di ristrutturazione dei debiti nelle varie versioni: ordinari, agevolati, a efficacia estesa e con intermediari finanziari di cui agli artt. 57-60-61 e 61, comma 5 CCII; 
-  piani di ristrutturazione soggetti ad omologa ex art. 64 bis CCII; 
- concordato nella liquidazione giudiziale ex art. 240 CCII; 
- concordato nella liquidazione coatta amministrativa ex art. 314 CCII (riferimento all’art. 240 CCII); 
- amministrazione grandi imprese in crisi; 
- piano attestato di risanamento ex art. 56 CCII. 
Con riferimento all’ultimo istituto si è a conoscenza delle differenze interpretative circa la possibilità che detto strumento possa avere natura liquidatoria. A confronto della posizione assunta si ricorda che nei “Principi di attestazione dei Piani di Risanamento” a cura del CNDCEC del 16/12/2020 è espressamente previsto (CF2 pag. 42 punto 6.1.5) il piano liquidatorio. 
Nell’ambito di tale elencazione, dall’esame delle norme si evidenzia come tali istituti possano, a seconda della impostazione/evoluzione della procedura, assumere l’una o l’altra classificazione. 
Di conseguenza stando alla legge delega si dovrebbe verificare in tali ipotesi, l’evoluzione della procedura, nel senso di controllare de vi è stata o necessita l’estinzione dell’impresa. 
Sempre il comma 5 definisce la data di effetto della procedura o del diverso istituto a cui l’impresa viene assoggettata; tale elemento è di grande rilievo posto che chiarisce, definendoli, i termini di decorrenza della procedura. 
Tale specifica indicazione normativa è di grande rilievo posto che nel vigente regime fiscale spesso non era chiarito tale riferimento. 
In tale senso, ai fini dell’applicazione di quanto precede, di seguito, per evitare le incertezze di cui si è detto, si delineano le date di effetto della procedura quanto alla sua decorrenza ai fini fiscali: 
- sentenza di apertura della liquidazione giudiziale; 
- procedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa; 
- iscrizione nel Registro delle Imprese della domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo liquidatorio (ex art. 40, comma 3, CCII); 
- presentazione della domanda di concordato minore di cui all’art. 76 CCII; 
- pubblicazione nel Registro delle Imprese del ricorso per la richiesta di omologazione del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (ex art. 25 sexies, comma 2, CCII); 
- sentenza di omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti avente natura liquidatoria; 
- iscrizione nel Registro delle Imprese della domanda di accesso al piano di ristrutturazione soggetto ad omologa ex art. 64 bis CCII avente natura liquidatoria. 
- decreto di apertura della procedura di amministrazione delle grandi imprese in crisi aventi natura liquidatoria. 
Dalla bozza della relazione accompagnatoria: 
Il novellato art. 183 del TUIR stabilisce dunque che, relativamente ai suddetti istituti liquidatori, alle date di effetto testé indicate ha inizio un unico maxi-periodo che si conclude con il completamento della fase esecutiva della procedura o dell’istituto di soluzione della crisi, il cui risultato è costituito, anche per le imprese che applicano il regime di contabilità semplificata, dalla differenza fra il valore fiscalmente riconosciuto dall’eventuale residuo attivo esistente alla data di chiusura di tale periodo e il valore fiscalmente riconosciuto del patrimonio esistente all’inizio della procedura; di conseguenza non assumono rilevanza reddituale i componenti positivi e negativi discendenti dagli ordinari criteri di determinazione del reddito d’impresa. Inoltre, allo scopo di evitare salti d’imposta, viene espressamente precisato il principio, peraltro già insito nel sistema, in base al quale i valori del patrimonio netto iniziale sono da intendersi riconosciuti ai fini delle imposte sui redditi solo se e nella misura in cui i componenti reddituali relativi agli elementi da cui tale patrimonio è formato hanno concorso alla formazione del reddito imponibile nei periodi d’imposta anteriori all’apertura del procedimento concorsuale. È stato infine precisato che non concorrono a formare il residuo attivo i valori riconosciuti ai fini delle imposte sui redditi degli eventuali apporti eseguiti dal titolare dell’impresa individuale, dai soci della società sottoposte a tali procedimenti o da terzi eseguiti successivamente all’apertura degli stessi”. 
Considerazioni 
Con le indicazioni che precedono viene di fatto abrogata la disposizione del comma 5 dell’art. 86 TUIR che prevede l’esclusione della tassazione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento in caso di cessione dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo. 
Si ricorda che la norma in vigore aveva creato a livello interpretativo non poche problematiche con riferimento a considerare se la stessa facesse riferimento alla “cessione dei beni ai creditori” (cessio bonorum) o alla cessione liquidatoria per vendite a terzi. 
Dopo un’iniziale interpretazione restrittiva, la Corte di Cassazione prima, con la sentenza n. 5112 del 4 giugno 1996, poi l’Agenzia delle Entrate, con la ris. n. 29 del 1° marzo 2024, hanno chiarito l’ambito applicativo della norma, affermando che il precetto si riferisce sia alla cessione di cui all’istituto privatistico previsto dagli artt. 1977 e seguenti cod. civ. (cessione come mezzo per attribuire agli organi della procedura la legittimazione a disporre dei beni della procedura), sia alle plusvalenze/minusvalenze realizzate in sede di vendita a terzi dei beni della procedura, comprese rimanenze e avviamento, con ciò assorbendo anche la cessione di azienda. 
Con il comma in esame (comma 5, nuovo art. 183) come osservato viene di fatto abrogata la disposizione di cui al comma 5 dell’art. 86 TUIR essendo il trattamento previsto assorbito dai “nuovi” criteri di determinazione del reddito stabilito dal nuovo art. 183 che trova, come osservato, applicazione anche relativamente alle succitate procedure. 
In prosieguo si approfondiranno altre tematiche connesse all’art. 86 TUIR. 

Il sesto comma prevede che in caso di concordato preventivo di cui all’art. 84 del CCII (norma che regolamenta sia il concordato preventivo in continuità che quello liquidatorio), in caso di concordati proposti nell’ambito della liquidazione giudiziale e della liquidazione coatta amministrativa, di concordato minore di cui all’art. 78 CCII e dei concordati proposti nella amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, ove sia prevista l’attribuzione a uno o più amministratori di beni, diritti, aziende o rami di esse, e debiti dell’ impresa debitrice, il valore di tali beni, diritti, aziende o rami aziendali e debiti dell’impresa debitrice, è attribuito all’assuntore in base ai relativi valori riconosciuti ai fini delle imposte dirette in capo all’impresa debitrice, aumentato dell’eventuale ulteriore onere sostenuto dall’assuntore. 
Considerazioni 
Novità di rilievo è quella che prevede, nel caso in cui l’attribuzione a un assuntore delle attività e passività dell’impresa debitrice costituisca una azienda o un ramo di azienda che le posizioni soggettive incluse le perdite dei periodi di imposta precedenti (in cui il debitore era in procedura) sono attribuite all’assuntore, agli assuntori in proporzione al valore contabile della azienda o dei rami di azienda trasferiti a ognuno di essi individuando tale valore come differenza tra il valore contabile dell’attivo e quello del passivo. 
Necessita chiarire cosa intenda il legislatore per posizioni soggettive: sul tema in ambito scissione si è pronunciata l’Agenzia delle Entrate con risoluzione n. 91/E/2002 affermando che per posizioni soggettive: 
“… il legislatore ha indubbiamente inteso ricomprendere, entro la sfera di applicazione della norma, ogni situazione giuridica attiva e passiva generata dalla normativa sulle imposte dirette in capo alla scissa e cioè non solo i crediti e i debiti d’imposta di questa società, ma anche tutte quelle situazioni di potere e di dovere che avrebbero spiegato effetto nell’attività di misurazione del reddito della scissa nei periodi d’imposta successivi alla scissione”. 
Per quanto attiene al riporto delle perdite sono posti alcuni limiti e precisamente: tale riporto è consentito nel limite dei redditi futuri risultanti dal piano economico finanziario che l’assuntore deve a tal fine predisporre con attestazione rilasciata da professionista indipendente. 
Viene precisato che “resta ferma l’applicazione dell’art. 10 bis della legge 27/7/2012 n. 202 ove ne ricorrano i presupposti”. Si ricorda che la norma richiamata tratta della “disciplina dell’abuso del decreto o clausola fiscale”. 

Il comma 7 è intervenuto per colmare una lacuna presente nell’attuale art. 183 TUIR: è infatti previsto che, nel caso in cui, successivamente alla chiusura di una delle procedure liquidatorie sopra citate, dette imprese riprendono l’attività (esercizio impresa), con effetto dal giorno successivo alla chiusura della procedura, il reddito da essa prodotto è determinato, in regime di continuità dei valori fiscali, in conformità alle disposizioni del TUIR sul reddito d’impresa, con esclusione della perdita eventualmente formatasi nel periodo compreso tra l’apertura e la chiusura della procedura concorsuale. 
Viene normativamente confermato che la liquidazione giudiziale non produce la cessazione dell’attività di impresa e la produzione di un reddito diverso da quello di impresa ma solo l’applicazione di un diverso criterio di determinazione del reddito rispetto alla fase liquidatoria. 
Considerazioni 
La relazione evidenzia un esempio a chiarificazione del concetto: “… è pertanto del tutto naturale che, ove a seguito della chiusura della liquidazione giudiziale -ad esempio discendente dall’omologazione del concordato proposto nell’ambito della stessa- l’attività proseguisse, il reddito debba essere successivamente determinato secondo i criteri ordinari e in regime di continuità sulla base dei valori fiscalmente riconosciuti dei beni residuati, non avendo essi subito, per effetto della procedura alcuna modificazione”. 

Art. 183 bis TUIR 
È norma nuova introdotta per regolamentare la determinazione del reddito per i soggetti sovraindebitati. 
È previsto che in caso di liquidazione controllata di cui agli articoli 268 e seguenti del D.Lgs. n. 14/2019 il reddito del professionista, del consumatore, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative di cui al D.L. 18/10/2012 n. 179 convertito con modificazioni dalla L. n. 221/2012, nei confronti dei quali si è aperta la procedura in esame, rilevano due distinti periodi interessati dalla determinazione del reddito: 
Periodo ante: compreso tra l’inizio dell’esercizio in cui viene emessa la sentenza di apertura di cui all’art. 270 CCII e la data della sentenza stessa. Per tale periodo il reddito è determinato secondo la rispettiva categoria reddituale. 
Periodo post: compreso tra la data della sentenza di apertura e quella di chiusura della procedura rispettivamente artt. 270 e 276 CCII, quale ne sia la durata, anche se vi è stato esercizio provvisorio. Per tale periodo il reddito è determinato dalla differenza tra il residuo attivo, determinato a valori fiscalmente rilevanti, alla chiusura della procedura e il patrimonio netto da liquidare sempre esistente all’inizio del procedimento, anch’esso individuato a valori fiscalmente rilevanti. 
Per i contribuenti per i quali si applica l’imposta sulle società, per il periodo cosiddetto “ante” il reddito si determina sulla base delle ordinarie disposizioni; per il periodo “post”, riferito a unico periodo di imposta, anche se vi è stato esercizio provvisorio, il reddito è determinato sulla base della differenza tra il residuo attivo, determinato a valori fiscalmente rilevanti e il patrimonio netto da liquidare all’inizio del procedimento, determinato anch’esso in base a valori fiscalmente riconosciuti. 
Particolarità rilevano per l’individuazione del residuo attivo e del patrimonio netto a seconda dei soggetti sovraindebitati.
Art. 86, comma 5, TUIR 
Va ricordato, come in precedenza osservato, che per la procedura di concordato preventivo con cessione dei beni, la nuova norma di fatto abroga quanto previsto dal comma 5, essendo il conseguente trattamento assorbito dal novellato art. 183 TUIR che prevede, per il periodo concorsuale (unico maxi periodo) che il reddito venga determinato per differenza tra il residuo attivo a fine procedura e il patrimonio netto determinato all’inizio del procedimento a valori fiscalmente rilevanti. 
Novità di interesse rileva dà indicazioni tratte dalla bozza della relazione accompagnatoria. 
In detto documento si prevede che, al fine di non ostacolare il risanamento delle imprese in crisi, è stata introdotta nel comma 5 dell’art. 86 TUIR una disposizione in base alla quale le plusvalenze conseguite dalle imprese assoggettate a procedure concorsuali non liquidatorie (che non determinano l’estinzione dell’impresa), ovvero che hanno fatto ricorso all’istituto dell’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 57 CCII omologato dal tribunale, o alla composizione negoziata della crisi conclusasi con una delle soluzioni previste dal comma 1 dell’art. 23 CCII: 
(“a) concludere un contratto, con uno o più creditori oppure con una o più parti interessate all’operazione di risanamento, che produce gli effetti di cui all’articolo 25-bis comma 1, se, secondo la relazione dell’esperto di cui all’articolo 17, comma 8, è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni; b) concludere la convenzione di moratoria di cui all’articolo 62; c) concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori aderenti e dalle altre parti interessate all’operazione di risanamento che vi hanno aderito nonché e dall’esperto che produce gli effetti di cui agli articoli 166, comma 3, lettera d), e 324. Con al sottoscrizione dell’accordo l’esperto dà atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza”) 
possono concorrere a formare il reddito, oltre che per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state realizzate, in quote costanti in tale esercizio e in quelli successivi, ma non oltre il nono, purché siano previste dal piano di risanamento depositato a norma di legge nell’ambito delle suddette procedure e dei suddetti istituti e siano strumentali rispetto al risanamento patrimoniale e finanziario dell’impresa che le realizza (Strumentalità riferita ai beni interessati dal piano di risanamento). 

Art. 88 TUIR 
Le sopravvenienze attive da esdebitazione sono attualmente disciplinate dall’art. 88 e precisamente: 
- dal comma 4 ter primo periodo dove si riconosce la totale irrilevanza fiscale di tali sopravvenienze in sede di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio o di procedure estere equivalenti; 
- dal comma 4 ter secondo periodo e seguenti in cui si stabilisce, in caso di concordato di risanamento, di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, di piano attestato di risanamento di cui all’art. 67, comma 3, lett. d) della legge fallimentare, la parziale irrilevanza fiscale delle sopravvenienze attive da esdebitazione, in quanto limitata all’ammontare che eccede l’importo complessivo delle perdite fiscali pregresse e di periodo, delle eccedenze di interessi passivi e delle eccedenze “ACE” riportabili in avanti. 
Questa disposizione non contiene alcun riferimento agli istituti introdotti dal CCII e ciò ha originato incertezze interpretative circa la loro estensione a detti istituti. 
La novità normativa prevede modifiche al comma 4 ter primo periodo conservando l’attuale distinzione tra sopravvenienze attive totalmente detassate e sopravvenienze detassate solo per la parte eccedente le perdite pregresse e di periodo ex art. 84 TUIR (a seguire si veda norma) evidenziando differenze tra sopravvenienze attive conseguite da imprese destinate all’estinzione (liquidatorie) rispetto a imprese che continuano a operare (procedure che non determinano l’estinzione dell’impresa). 
La norma di cui al comma in esame trova applicazione, secondo le indicazioni della relazione “con riguardo alla liquidazione giudiziale, alla liquidazione coatta amministrativa, alla amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi avente natura liquidatoria, al concordato preventivo e al concordato minore da cui discende l’estinzione dell’impresa o della società, al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’art. 25 sexies CCII, agli accordi di ristrutturazione dei debiti e ai piani di ristrutturazione soggetti ad omologa aventi natura liquidatoria, in quanto comportano l’estinzione dell’impresa o della società”. 
Disciplina analoga è prevista per le sopravvenienze attive di cui all’esdebitazione ex artt. 282 e 283 CCII nel caso in cui il soggetto sovraindebitato determini il reddito sulla base della normativa di cui al capo VI del TUIR alla condizione che ne derivi l’estinzione dell’impresa. 
In tali casi le sopravvenienze attive non rilevano fiscalmente, anche considerando che le procedure elencate determinano il reddito di periodo ai sensi dell’art. 183 TUIR (differenza fra residuo attivo e patrimonio netto all’inizio del procedimento a valori fiscalmente rilevanti). 
Con riferimento al comma 4 ter secondo periodo la novella prevede che, nel caso di istituti non liquidatori a cui non si applicano le previsioni di cui all’art. 183 TUIR, non costituiscono sopravvenienze attive per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all’articolo 84, senza considerare a ogni fine (cioè anche in relazione all’utilizzo delle perdite pregresse) il limite dell’ottanta per cento stabilito da tale norma, la perdita di periodo e l’eccedenza relativa all’aiuto alla crescita economica di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati di cui al comma 4 dell’articolo 96 del presente testo unico. 
Vengono previste alcune specifiche indicazioni. 
Relativamente alla composizione negoziata della crisi di cui agli artt. 12 e seguenti del CCII e del piano attestato di risanamento ex art. 56 CCII per i quali istituti non rileva procedimento di omologazione, viene previsto che la detassazione delle sopravvenienze attive si applica a condizione che entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel corso del quale vengono sottoscritti, gli accordi siano pubblicati nel Registro Imprese il contratto o l’accordo ex art. 23, comma 1, lettere a) b) c), gli accordi di cui all’art. 23, comma 2, lett. b) CCII, ovvero i documenti indicati nel comma 4 dell’art. 56 CCII. 
Infine specifica disposizione viene introdotta per disciplinare il trattamento delle sopravvenienze attive da esdebitazione nel caso di concordato con assuntore di cui al comma 6 dell’art. 183 TUIR per precisare che in tale situazione sono applicabili le disposizioni previste per gli istituti che non comportano l’estinzione dell’impresa. 
Considerazioni 
Dell’importanza che il legislatore con urgenza emetta la legge delegata, la si rinviene da una recentissima risposta a interpello, la n. 179 del 7/7/2025 con cui l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il regime di favore previsto dall’art. 88, comma 4 ter, TUIR non si applica alle sopravvenienze attive da riduzione dei debiti derivanti da concordato semplificato di cui agli artt. 25 sexies e 25 septies del D.Lgs. n. 14/2019 considerato la mancanza di specifiche disposizioni normative [In attesa dell’attuazione del citato articolo 9 (L. 111/2023) non può essere ammessa alcuna interpretazione in via estensiva del contenuto dell’art. 88, comma 4 ter, citato]. 
Art. 101, comma 5, TUIR 
L’attuale previsione prevede la presenza automatica degli “elementi certi e precisi”, costituenti il presupposto per la deduzione delle perdite su crediti, quando il debitore è assoggettato a procedure concorsuali oppure quando ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato o ha pubblicato nel Registro delle Imprese un piano attestato di risanamento di cui all’art. 67 della legge fallimentare o è assoggettato a procedure estere equivalenti. 
Questa disposizione non contiene alcun riferimento agli istituti introdotti dal CCII e ciò ha originato interesse interpretativo circa la loro estensione a detti istituti. 
Viene prevista, in ossequio alla legge delega, la deducibilità delle perdite su credito, (a favore del creditore) se il debitore ha fatto ricorso o è stato assoggettato a uno degli istituti disciplinati dal D.Lgs. n. 14/2019 (CCII) o a procedure estere equivalenti, previste in stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni. 
Con riferimento al momento dal quale la perdita rileva viene statuito, con indicazione delle singole procedure, che la stessa è deducibile: 
- se riferita alla liquidazione giudiziale dalla data della sentenza di apertura della liquidazione; 
- se riferita alla liquidazione coatta amministrativa, dalla data del provvedimento che la dispone; 
- se riferita alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, dalla data di accesso alla procedura; 
-  se riferita alla procedura di concordato preventivo, dalla data di iscrizione nel Registro delle Imprese della domanda di assunzione della procedura; 
- se riferita all’accordo di ristrutturazione dei debiti o al piano attestato di ristrutturazione soggetto ad omologa, dalla data di omologazione dell’accordo ovvero dell’iscrizione nel Registro delle Imprese della domanda di accesso alla procedura; 
- se riferita al piano attestato di risanamento dalla data certa degli atti e dei contratti di cui al comma 5 dell’art. 56 CCII (gli atti unilaterali e i contratti posti in essere in esecuzione del piano devono essere provati per iscritto e avere data certa); 
- se riferita al contratto o all’accordo di cui all’art. 23, comma 1, lett. a) b) c) CCII (composizione negoziata) dalla data certa di tali atti; 
- se riferita al concordato semplificato di cui all’art. 25 sexies CCII dalla data di pubblicazione nel Registro delle Imprese del ricorso di cui al comma 2 del detto articolo; 
- se riferita al concordato minore dalla data di presentazione della domanda di cui all’art. 76 CCII (presentazione della domanda tramite OCC; anche in questo caso dovrà rilevare data certa); 
- se riferita alla ristrutturazione dei debiti del consumatore ex art. 67 e seguenti CCII, dalla data di pubblicazione della proposta ai sensi dell’art. 70 CCII; 
- se riferita alla liquidazione controllata dei soggetti sovraindebitati ex art. 268 CCII dalla data della sentenza di apertura della procedura ex art. 270 CCII. 
Analoghe disposizioni si applicano nel caso in cui il debitore sia stato assoggettato a istituti di diritto estero equivalenti a quelli richiamati. 
Si osserva come l’equivalenza non è facile da individuare. 
Pregio della disposizione è quello di avere definito con chiarezza la decorrenza rispetto ai vari istituti di gestione della crisi di cui al CCII. 
4b . Imposta sul valore aggiunto
La direttiva che disciplina l’imposta sul valore aggiunto (2006/112/CE) non si occupa dei temi relativi all’applicazione del tributo nell’ambito della regolazione della crisi d’impresa (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, in seguito CCII). 
Dalla direttiva rileva comunque il principio generale, secondo cui i beni presenti nella sfera di impresa sono – di regola – detassati, in quanto l’IVA addebitata dal fornitore in via di rivalsa ha formato oggetto di detrazione, cioè di recupero a carico dell’erario e che quando fuoriescono, sia per atti volontari che di autorità, debbano essere assoggettati al tributo. 
Questo flusso operativo non si arresta durante una procedura di regolazione della crisi d’impresa, ma occorre che la disciplina nazionale ne individui le modalità operative. 
Le uniche due norme specifiche della direttiva, che si occupano di insolvenza, sono: 
- Articolo 90 – non pagamento totale o parziale dopo il momento in cui si effettua l'operazione: la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri, che peraltro non sono obbligati a consentire questa facoltà. Prova ne sia che la norma italiana sulla rettifica per insolvenza è stata adottata solo nel 1977; 
- Articolo 185 – relativo alla rettifica della detrazione per chi riceve la nota credito. Se viene emessa a seguito di insolvenza il singolo Stato può considerarla o meno come irrilevante per il cliente. 
Le norme destinate ad essere modificate dalla riforma fiscale sono tre: 
- l’articolo 74 bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (“legge IVA”), che detta le regole operative da applicare dopo l’apertura del procedimento di regolazione della crisi; 
- l’articolo 8 del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, che integra la norma da ultimo citata per individuare i tempi e le modalità delle dichiarazioni fiscali; 
- l’articolo 26 della legge IVA sulla variazione dell’imponibile e dell’imposta per chi ha emesso la fattura insoluta o potenzialmente tale, disciplinando anche l’effetto di questa nota di credito sull’imposta originariamente detratta dall’impresa. 
Tre sono i principi della legge delega (articolo 9, legge 9 agosto 2023, n. 111, particolarmente significativi per la fiscalità della crisi di impresa: 
- l’unificazione dei tempi e delle modalità per gli adempimenti, unificandoli per qualsiasi procedura prevista dal CCII, sia ai fini IVA che delle imposte dirette ed individuando esattamente i soggetti obbligati (comma 1, lettera a, numero 2); 
- estendere a tutti gli istituti disciplinati dal codice della crisi e dell’insolvenza di cui al citato decreto legislativo n. 14 del 2019, l’applicazione delle disposizioni nonché dell’art. 26 commi 3 bis, 5, 5 bis e 10 bis del DPR 26/10/1972 n. 633 (comma 1 lett. a) n. 3); 
- introdurre disposizioni che disciplinino gli effetti derivanti dall’accesso delle imprese a uno dei predetti istituti, anche relativamente al rimborso e alla cessione dei crediti d’imposta maturati nel corso delle procedure, prevedendo che, nelle procedure liquidatorie, tali operazioni siano possibili anche prima della chiusura della procedura, previo accertamento degli stessi crediti da parte dell’Amministrazione finanziaria (comma 1, lettera a, n. 4-4.1). 
Articolo 74 bis D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (“legge IVA”) 
Viene interamente riscritto. Il comma 1 unifica le ipotesi di scissione del periodo di imposta, in cui si apre una qualsiasi procedura, mentre la norma precedente trattava soltanto del fallimento e della liquidazione coatta amministrativa. Vengono anche definiti i soggetti tenuti agli adempimenti. 
In particolare il cambiamento in uno di questi eventi: data della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale, del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa, del decreto di apertura della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 ovvero all’articolo 2 del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, ancorché non avente natura liquidatoria, dell’iscrizione nel registro delle imprese della domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo di cui all’articolo 40, comma 3, CCII, ancorché non avente natura liquidatoria, della presentazione dalla domanda di concordato minore di cui all’articolo 76 CCII, ancorché non avente natura liquidatoria, della pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso di cui all’articolo 25 sexies, comma 2, CCII, dell’iscrizione nel registro delle imprese della domanda di accesso al piano di ristrutturazione soggetto a omologazione di cui all’articolo 64 bis del CCII, ancorché non avente natura liquidatoria. 
La disposizione ha per oggetto la competenza per gli obblighi di fatturazione e registrazione, sempreché i relativi temini non siano ancora scaduti, da porre in essere entro quattro mesi dalla data dei suddetti provvedimenti. 
Soggetti obbligati agli adempimenti sono: 
a) curatore, commissario liquidatore o commissario straordinario (liquidazione giudiziale, coatta amministrativa e straordinaria delle grandi imprese in crisi); 
b) rappresentante legale dell’impresa negli altri casi. 
Questi soggetti devono adempiere gli obblighi della legge IVA, anche se la liquidazione straordinaria non ha natura liquidatoria, con i seguenti termini speciali: 
- 30 giorni dal momento di effettuazione dell’operazione (art. 6, legge IVA) per l’emissione delle fatture di vendita; 
- nessun adempimento per le liquidazioni periodiche dei mesi o trimestri in cui non siano state registrate operazioni imponibili. 
Nella liquidazione controllata da sovraindebitamento (art. 268 e seguenti del CCII), gli adempimenti competono a coloro che sono assoggettati a questa procedura, con l’ausilio del relativo liquidatore, che deve informarlo di ciascuna delle operazioni compiute, entro tre giorni dal loro compimento. 
Valgono le stesse regole delle procedure “maggiori”: termine di 30 giorni per l’emissione delle fatture, eseguendo le liquidazioni periodiche solo se nel mese o trimestre siano state registrate operazioni imponibili. 
Lo scopo di questa dichiarazione speciale è quello di segnare il confine tra l’ultima frazione del periodo di imposta ante procedura e quello successivo, che comprende le operazioni poste in essere durante la fase gestita dalla procedura, per consentire l’intervento dell’amministrazione finanziaria, ai fini sia della eventuale insinuazione del credito dell’erario allo stato passivo della procedura, sia della eventuale compensazione del credito del contribuente. 
Le operazioni IVA ante fallimento, possedendo autonomia giuridica rispetto a quelle post fallimento, non risultano con queste compensabili; ai fini della richiesta di rimborso del credito IVA eventualmente affiorante dalle operazioni anteriori all’apertura del concorso, la dichiarazione di fallimento è equiparata alla cessazione dell’attività d’impresa, pur a fronte della permanenza della medesima partita IVA (Cassazione sentenza n. 7512 del 21 marzo 2025). 
La dichiarazione del curatore per il periodo “prefallimentare”, in questo quadro, acclara formalmente la cessazione di attività, definendo l’intero coacervo dei rapporti tributari antecedenti, e costituisce una sorta di equipollente della cessazione dell’attività, suscettibile di generare il diritto della curatela fallimentare al rimborso dei versamenti che risultino effettuati in eccedenza, in forza di quanto disposto dall’art. 30 della legge IVA (ibidem). 
La bozza di decreto delegato parrebbe superare questa interpretazione, in quanto precisa che la dichiarazione ex 74 bis viene presentata “ai fini sia della eventuale insinuazione del credito dell’amministrazione finanziaria allo stato passivo della procedura, sia della eventuale compensazione del credito del contribuente, sia dell’eventuale rimborso dell’imposta, sussistendone i presupposti”. 
In deroga a quanto disposto dal primo comma dell'articolo 38 bis, D.P.R. 633/72 i rimborsi previsti nel relativo articolo 30, non ancora liquidati alle date dei provvedimenti e delle formalità indicati nell’articolo 5, comma 4, del D.Lgs. 22 luglio 1998, n. 322[1], e i rimborsi successivi, sono eseguiti senza la prestazione delle prescritte garanzie per un ammontare non superiore a euro duecentocinquantamila. 
v Articolo 8 del decreto-legislativo 22 luglio 1998, n. 322 
Questa disposizione completa le norme dell’articolo 74 bis, legge IVA, sopra richiamate. 
Gli adempimenti dichiarativi sono distinti in funzione del periodo cui si riferiscono le operazioni: 
a) dichiarazione relativa all’anno precedente, sempreché i relativi termini non siano ancora scaduti; 
b) dichiarazione relativa al periodo dal 1° gennaio dell’anno di apertura del procedimento, e sino al giorno anteriore a questa data (modello IVA 74 bis); 
c) successiva/e dichiarazioni ad anno solare. 
I soggetti obbligati sono, rispettivamente, il liquidatore nella liquidazione giudiziale e in quella coatta amministrativa; il rappresentante legale dell’impresa o il commissario straordinario, con l’ausilio del liquidatore nominato dal tribunale, ove presente, il quale deve informarlo di ciascuna delle operazioni compiute entro tre giorni dal loro compimento. 
Nella liquidazione controllata da sovraindebitamento gli adempimenti devono essere compiuti dai soggetti ammessi a questa procedura, con l’ausilio – come sopra evidenziato – del liquidatore nominato dal tribunale. 
v Articolo 26 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (“legge IVA”) 
Questa disposizione è impropriamente collocata nel titolo della legge IVA relativo agli adempimenti, ma riveste natura sostanziale, in quanto si occupa delle variazioni dell’imponibile e dell’imposta (rubrica della norma) - come tale appartiene all’articolo 13 legge IVA – e degli effetti sul destinatario della nota di variazione, in relazione all’eventuale rettifica della detrazione (articolo 19 bis). 
Il riscritto comma 3 bis individua le procedure ed i momenti in cui il creditore può procedere al recupero dell’imposta, anche con lo storno totale della fattura insoluta. Se dovesse riscuotere importi nel corso o alla fine della procedura, procederà ad operare una variazione in aumento, rendendosi debitore del tributo, idealmente compreso nella somma riscossa. 
Per esemplificare: la riscossione di 1.000 euro sulla fattura insoluta totalmente stornata con l’emissione di una nota di variazione in diminuzione (nota credito), relativamente ad una cessione di beni o prestazione di servizi soggetta all’aliquota ordinaria del 22%, comporta l’emissione di una nota di variazione in aumento (nota debito), con € 819,67 di imponibile e 180,33 di imposta. 
Per le procedure avviate sino al 25 maggio 2021, la normativa vigente non consentiva l’emissione della nota di variazione in diminuzione sino alla fine della procedura. I ritardi conseguenti sono stati censurati dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 23 novembre 2017, nella causa C-246/15, in quanto “uno Stato membro non può subordinare la riduzione della base imponibile dell’imposta sul valore aggiunto all’infruttuosità di una procedura concorsuale qualora una tale procedura possa durare più di dieci anni”. 
Per le procedure che saranno aperte da quando entrerà in vigore la nuova norma, la nota di variazione può essere emessa all’inizio della procedura, che viene così ridefinito: 
1) dalla data della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale; 
2) dalla data del provvedimento che dispone la liquidazione coatta amministrativa; 
3) dalla data del decreto di apertura della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, ovvero di cui all’articolo 2 del decreto legge 23 dicembre 2003, n. 347; 
4) dalla data dell’iscrizione nel registro delle imprese della domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo, di cui all’articolo 40, comma 3, CCII; 
5) dalla data della sentenza di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ovvero dell’iscrizione nel registro delle imprese della domanda di accesso al piano di ristrutturazione soggetto a omologazione di cui all’articolo 64 bis CCII; 
6) dalla data certa degli atti e dei contratti di cui all’articolo 56, comma 5, CCII (piani attestati di risanamento); 
7) dalla data certa del contratto o dall’accordo di cui all’articolo 23, comma 1, lettere a), b) e C) CCII (contratto con i creditori o convenzione di moratoria); 
8) dalla data della pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso di cui al comma 2 dell’all’articolo 25 sexies CCII, avente a oggetto l’accesso al concordato semplificato liquidatorio disciplinato da detto articolo; 
9) dalla data di presentazione della domanda di concordato minore di cui all’articolo 78 CCII; 
10) dalla data di pubblicazione della proposta di ristrutturazione dei debiti del consumatore di cui all’articolo 70 CCII; 
11)dalla data della sentenza di apertura della procedura di liquidazione controllata dei soggetti sovraindebitati di cui all’art. 270 CCII. 
La nota di credito (variazione in diminuzione) emessa dal creditore che ritiene di non poter essere soddisfatto non comporta per la controparte alcun obbligo di variazione in aumento per rettifica della detrazione eseguita con la fattura originaria e potenzialmente insoluta. 
L’amministrazione finanziaria (circolare Agenzia delle entrate 29 dicembre 2021, n, 20/E) interpreta la norma previgente nel senso che l’obbligo di registrazione della variazione, in rettifica della detrazione originariamente operata dal cessionario/committente, resta obbligatoria solo negli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182 bis della legge fallimentare e nei piani attestati ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), della legge medesima. 
La disposizione recata dalla bozza del decreto delegato viene riformulata in modo sistematico: l’obbligo di operare la variazione in aumento non si applica nel caso delle procedure concorsuali e degli istituti sopra indicati da cui deriva l’estinzione delle imprese o delle società che a essi sono state assoggettate o hanno fatto ricorso. L’esatta individuazione di queste procedure/istituti dovrà essere fatta nell’emanazione della norma definitiva.

Note:

[1] 
Liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo di cui agli articoli 84 e seguenti CCII, concordato minore di cui agli articoli 74 e seguenti CCII, dai quali discenda l’estinzione dell’impresa o della società, concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’articolo 25 sexies CCII, accordi di ristrutturazione dei debiti e piani di ristrutturazione soggetti a omologazione di tipo liquidatorio di cui agli articoli 57 e seguenti e agli articoli 64 bis e seguenti, dai quali discenda l’estinzione dell’impresa o della società, amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi avente natura liquidatoria. 

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