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Saggio

Riflessioni sulla tutela d’urgenza del diritto di accesso alla documentazione sociale ex art. 2476, 2° comma, c.c.*

Ignazio Zingales, Associato di diritto processuale civile

31 Marzo 2018

*Edito in Il Diritto fallimentare e delle società commerciali 3-4/2018
Il lavoro affronta il tema della tutela d’urgenza del diritto di accesso alla documentazione sociale ex art. 2476, 2° comma, c.c., con particolare attenzione alle questioni concernenti la natura e l’attuazione delle misure cautelari adottabili.

Riproduzione riservata
1 . Premessa
Sempre più ampia è la produzione giurisprudenziale che va fiorendo intorno al tema della tutela, in sede cautelare, del diritto di accesso alla documentazione sociale consacrato nell’art. 2476, 2° comma, c.c.
La norma, con riguardo alle società a responsabilità limitata, stabilisce, come è noto, che «i soci che non partecipano all’amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione».
Ci si trova, come evidenziato dalla giurisprudenza, di fronte ad un diritto potestativo di controllo [1] (esercitabile anche, ma non necessariamente, al fine di verificare la sussistenza di ragioni idonee a fondare eventuali azioni di revoca o di responsabilità dell’amministratore [2]), «che si esplica nel potere di chiedere in visione i libri e tutta la documentazione [3] afferenti la gestione della società» [4] [5]; un diritto potestativo avente natura autonoma [6] (e come tale tutelabile in un apposito giudizio di cognizione) e che si estende anche «alla possibilità di estrarre copia della documentazione sociale [7], con il solo limite della buona fede e previo versamento dei relativi costi» [8].
Il tutto, però, «senza pregiudizio per la funzionalità dell’attività gestoria [9] e per la riservatezza della documentazione stessa» [10], e con l’idea di fondo che «resta (...) affidata alla tutela risarcitoria l’eventuale uso anomalo dei documenti e delle informazioni ricevute (...) all’esito del richiesto accesso, ove queste vengano redirette ad altri fini e soggetti» [11].
Stante il consolidamento in giurisprudenza di tali soluzioni, in questa sede non si affronterà la materia sotto il profilo sostanziale, ma si analizzeranno esclusivamente alcuni aspetti processuali.
Sebbene, invero, anche su tale versante la materia de qua sia stata abbondantemente arata dai giudici di merito, residuano ancora alcuni profili, parzialmente rimasti in ombra, che, a mio avviso, meritano di essere posti in evidenza.
Il riferimento riguarda, principalmente, tre questioni.
La prima attiene alla individuazione della natura degli obblighi che il diritto sostanziale pone a carico della società.
La seconda concerne la possibilità o meno di riconoscere natura anticipatoria alle misure cautelari adottabili.
L’ultima, infine, inerisce al tema della eseguibilità, diretta o indiretta, dei provvedimenti d’urgenza resi; problematica, questa, su cui, come è evidente, si misura il tasso di effettività della tutela giurisdizionale erogabile.
2 . Forme di tutela cautelare erogabile, natura degli obblighi della società ed anticipatorietà delle misure d’urgenza adottabili
Costituisce ormai idea consolidata in giurisprudenza quella secondo cui il diritto di accesso alla documentazione sociale consacrato nell’art. 2476, 2° comma, c.c. possa essere tutelato, in via cautelare, attraverso provvedimenti d’urgenza ex art. 700 c.p.c. aventi contenuto condannatorio.
Questo approdo ermeneutico si fonda, in primo luogo, sul condivisibile presupposto dell’assenza, nel vigente sistema, di rimedi cautelari tipici idonei a presidiare in modo pieno ed efficace il diritto all’informazione de quo e, dunque, a soddisfare la pretesa azionata dal socio che non partecipa all’amministrazione [12].
Se è vero, infatti, che il legislatore non si è preoccupato di tipizzare uno strumento specificamente volto alla tutela del diritto cristallizzato, a livello sostanziale, nell’art. 2476, 2° comma, c.c., è altrettanto vero che tale tutela – pienamente realizzabile solo attraverso la concessione di un provvedimento la cui esecuzione sfoci nella visione (e nell’ottenimento di copia) della documentazione richiesta – non può essere garantita dal sequestro giudiziario di cui all’art. 670, n. 2, c.p.c. [13].
Detto sequestro mira invero, ontologicamente e funzionalmente, a salvaguardare la possibilità che un documento venga utilizzato nel giudizio di merito come elemento di prova, e, dunque, a garantire in via immediata non la consultazione del documento, ma il diritto alla prova nel processo [14]. E ciò, disinnescando, attraverso la custodia temporanea del bene, il rischio di alterazione o di distruzione dello stesso, e dunque una tipologia di periculum in mora ben diversa da quella prospettabile in sede di tutela d’urgenza ex art. 700 c.p.c.
Proprio quest’ultimo riferimento consente di introdurre alcune considerazioni relative ai presupposti cautelari, ovvio essendo che, anche nella materia de qua, l’erogazione – a favore del socio che lamenti la violazione del diritto consacrato nell’art. 2476, 2° comma, c.c. – della tutela d’urgenza è subordinata alla sussistenza, nella fattispecie concreta, del fumus boni iuris e del periculum in mora.
Quanto al primo requisito, è evidente come – salve ipotesi particolari, quali, ad esempio, quelle che si concretizzano in presenza di richieste di ostensione documentale volte palesemente a fini antisociali o a turbare o ad ostacolare l’attività di gestione –, il semplice mancato accoglimento dell’istanza di accesso presentata da un socio (non amministratore) determini la fondatezza del ricorso [15].
Particolari questioni problematiche non si rinvengono nemmeno sul versante del periculum in mora.
La giurisprudenza ha messo in evidenza che «il procrastinarsi dell’ingiustificato diniego all’accesso agli atti opposto al socio ricorrente lede il suo diritto di informativa necessario a rendere pieno, effettivo ed efficace l’esercizio del suo potere di controllo in ordine all’intera gestione sociale (...), rendendo pertanto urgente provvedere in ordine alla condanna cautelare della società a consentire a breve l’effettivo espletamento di tale diritto, essendo evidente che l’attesa necessaria per far valere tale diritto in sede cognitoria ordinaria potrebbe costringere il socio a sopportare le eventuali illegittimità gestionali medio tempore compiute» [16]. Rischio, quest’ultimo, da neutralizzare in tempi rapidi, ove si consideri anche l’inidoneità – stante la non monetizzabilità ex post di tutti gli effetti pregiudizievoli sull’attività sociale determinati dagli atti di mala gestio compiuti dagli amministratori negligenti – di eventuali azioni risarcitorie a ristorare in modo pienamente soddisfacente gli interessi azionabili dai soci [17].
In questo quadro, e senza particolari riserve, si è così giunti ad affermare esplicitamente che il periculum in mora che abilita all’attivazione della tutela d’urgenza è in re ipsa; soluzione che viene offerta ora sottolineando che «il diritto al controllo ispettivo risulta per sua natura vanificato se assoggettato ai tempi di un giudizio di cognizione, che nella migliore delle ipotesi si parametrano a cadenze superiori a quelle degli esercizi sociali» [18], ora catalogando il diritto all’informazione de quo tra i «diritti a contenuto non patrimoniale ma a funzione patrimoniale» [19].
Scrutato il panorama giurisprudenziale sui temi dell’ammissibilità della tutela ex art. 700 c.p.c. e della configurabilità dei relativi presupposti, l’analisi può, adesso, virare verso le prime due (delle tre) problematiche indicate in premessa: a) l’una concernente l’individuazione della natura degli obblighi sostanziali che gravano sulla società a fronte del diritto di accesso ex art. 2476, 2° comma, c.c.; b) l’altra riguardante la possibilità o meno di riconoscere natura anticipatoria alle misure d’urgenza volte a garantire la piena e concreta estrinsecazione di tale diritto all’informazione; questione la cui soluzione rileva – a mente dell’art. 669 octies, 6° comma e 8° comma, c.p.c. [20] – in ordine alla ultrattività o meno dell’efficacia della misura cautelare in caso di mancato inizio del giudizio di merito o di estinzione dello stesso.
Ebbene, scandagliando il quadro giurisprudenziale, è possibile osservare come le ordinanze ex art. 700 c.p.c. adottate (nei confronti delle società a responsabilità limitata resistenti) a tutela del predetto diritto contengano solitamente i seguenti comandi:
1. ordine di consentire al ricorrente tanto la consultazione dei documenti sociali quanto l’estrazione di copia [21];
2. ordine di mettere a disposizione del ricorrente la documentazione richiesta (ordine, questo, come è facile notare, dal contenuto sostanzialmente identico a quello sub 1 [22]) e di consentire di estrarne copia [23];
3. ordine di consegnare al ricorrente copia della documentazione richiesta [24];
4. ordine di depositare presso un ausiliario (nominato ai sensi dell’art. 68, 1° comma, c.p.c. [25]) la documentazione richiesta, concedendo alla parte ricorrente un termine per la disamina della stessa [26].
Ci si trova, così, di fronte a diversi modelli di statuizioni condannatorie; così come diversi appaiono gli obblighi che il diritto sostanziale pone, nella materia de qua, a carico della società.
Sotto quest’ultimo profilo, è innegabile che, a primo impatto, la lettera dell’art. 2476, 2° comma, c.c. evochi un obbligo di pati [27].
Gli organi sociali devono, invero, “tollerare” che il socio non amministratore (o un professionista di sua fiducia) acceda, al fine di procedere alla consultazione, nel luogo dove sono custoditi i documenti sociali.
Il mero accesso nei locali della società non è, tuttavia, sufficiente per la realizzazione dell’interesse tutelato dalla norma.
Il raggiungimento del risultato a cui anela il socio postula, invero, anche un comportamento attivo degli organi societari; un comportamento che si estrinseca vuoi nel “mostrare” e nel “mettere a disposizione” dell’avente diritto (offrendoli in visione) i documenti (oggetto della richiesta) custoditi nei locali della società, vuoi nel compimento delle operazioni materiali volte alla riproduzione (ove richiesta) degli stessi.
Conseguentemente, la riconducibilità esclusivamente agli obblighi di pati non risulta pienamente appagante, presupponendo il soddisfacimento dell’interesse tutelato anche l’adempimento, da parte della società, di prestazioni che – sebbene non si traducano nella costruzione di un’opera – appaiono, a mio avviso, nondimeno sussumibili nel genus degli obblighi di fare [28].
Se, da un lato, può, allora, dirsi che frammenti di obblighi di pati e frammenti di obblighi di fare si mescolano insieme fino a comporre l’obbligo complessivo a carico della società, dall’altro, nella ricostruzione che qui si propone, va, invece, esclusa la configurabilità di obblighi di consegna. Conclusione, questa, che costituisce ineluttabile conseguenza del fatto che il socio richiedente non è titolare di un diritto (reale o personale di godimento) sui documenti originali (diritto a cui corrisponderebbe un obbligo di consegna, con il conseguente trasferimento, dall’obbligato all’avente diritto, del potere di fatto sugli stessi [29]), ma del diritto di visionare i documenti originali (e di ottenerne copia), e, dunque, di un diritto la cui realizzazione non è subordinata all’acquisizione, da parte del socio, del possesso o della detenzione dei beni.
Alla luce delle suesposte considerazioni, può così osservarsi come la conclusione che qui si veicola non sia antinomica rispetto ai provvedimenti cautelari sub nn. 1), 2), 3) e 4), ben potendo gli ordini in essi contenuti (compresi quelli di consegnare copia della documentazione richiesta [30] e quelli di depositare detta documentazione presso un ausiliario del giudice) essere eseguiti nelle forme previste per gli obblighi di fare[31].
In questo quadro, dette misure cautelari appaiono anticipatorie [32] rispetto agli effetti delle sentenze di accoglimento pronunciabili all’esito di giudizi di merito (da prospettare nell’istanza cautelare ante causam [33] ) introdotti da domande aventi, quale petitum immediato, l’accertamento del diritto de quo e l’adozione di capi condannatori la cui esecuzione (spontanea o coattiva) garantisca l’accesso alla documentazione della società.
Ed infatti – fermo rimanendo, ovviamente, che solo la proposizione della domanda di merito e la coltivazione del relativo processo potrebbero consentire di approdare ad una pronunzia avente autorità di cosa giudicata (risultato, questo, invece non raggiungibile con la sola attivazione del procedimento cautelare [34]) –, sotto il profilo ontologico, il primario “bene della vita” (a cui aspira il socio) ottenibile all’esito dei suddetti giudizi di merito – vale a dire la possibilità di accedere alla (e di ottenere copia della) documentazione – non si differenzia da quello conseguibile in via d’urgenza.
Si vuole, cioè, dire che, nella materia in esame, l’esecuzione (spontanea o coattiva) del comando contenuto nei provvedimenti cautelari de quibus permette di acquisire un risultato pratico – contemplato dalla norma sostanziale (l’art. 2476, 2° comma, c.c.) – identico a quello derivabile dalla esecuzione (spontanea o coattiva) della sentenza di condanna pronunciabile all’esito di un eventuale giudizio di merito; identici essendo i comportamenti che possono, in questo campo, essere imposti dai provvedimenti d’urgenza e dalle sentenze di condanna [35].
In altri termini, i suindicati provvedimenti d’urgenza “dettano” (senza, però, alcuna idoneità al giudicato) un regolamento del rapporto sostanziale non dissimile da quello delineabile nella pronunzia di merito; un regolamento idoneo a garantire, in entrambi i segmenti processuali (quello cautelare e quello di merito), una identica utilità pratica.
Le misure cautelari ex art. 700 c.p.c. di cui trattasi possono, dunque, essere ricondotte all’interno del genus dei provvedimenti anticipatori. Il che consente di affermare con certezza [36] : a) che la mancata instaurazione o l’estinzione del giudizio di merito non determinano il venir meno dell’efficacia della pronunzia cautelare adottata; b) che il giudice, nell’emettere dette misure prima dell’inizio della causa di merito, deve provvedere, a mente dell’art. 669 octies, 7° comma, c.p.c., sulle spese del procedimento cautelare [37].
Alla medesima conclusione si dovrebbe, peraltro, approdare anche nell’ipotesi in cui il ricorrente – nell’indicare gli elementi della domanda di merito nel corpo di una istanza cautelare ante causam diretta ad ottenere una misura la cui esecuzione si risolva nell’immediata visione dei documenti della società – prospetti l’esperimento non solo di una azione volta alla tutela del diritto di accesso alla documentazione sociale, ma anche di una azione di responsabilità contro l’amministratore della società.
In questo caso, nel giudizio di merito risulterebbero cumulate due domande diverse (che, in teoria, avrebbero potuto anche introdurre distinti giudizi di cognizione sfociabili in diversi giudicati), riguardanti due diritti sostanziali differenti ed autonomi [38], entrambi riconosciuti dall’art. 2476 c.c.
Ne consegue che la sussistenza o meno del carattere della anticipatorietà nelle misure sub nn. 1), 2), 3) e 4) andrebbe verificata non certo guardando unitariamente alle due cause (cumulabili, o anche già cumulate, nello stesso processo), ma con esclusivo riferimento all’azione di merito concernente la tutela del diritto all’informazione, e dunque scindendo idealmente le due diverse domande.
Ed in quest’ottica, alla luce di quanto osservato in precedenza, non vi sarebbero ragioni ostative al riconoscimento, anche nella fattispecie de qua, della natura anticipatoria delle menzionate misure ex art. 700 c.p.c.; misure che, dunque, risulterebbero anche qui svincolate dalla instaurazione e dalla coltivazione del giudizio di merito.
A risultati diversi si dovrebbe, invece, pervenire qualora fosse chiesto e concesso – in correlazione ad un giudizio di merito (futuro o già pendente) di accertamento del diritto all’informazione – un provvedimento d’urgenza meramente dichiarativo [39] della sussistenza di detto diritto [40].
In questo caso, ponendo al centro del ragionamento quella che è la finalità dell’azione di accertamento, andrebbe ritenuto che il provvedimento cautelare de quo non sia pienamente anticipatorio rispetto agli effetti della eventuale sentenza di merito. L’esperimento dell’azione di accertamento mira, infatti, a rendere certa la situazione giuridica dedotta in giudizio; la certezza de qua costituisce, tuttavia, un risultato che può essere conseguito solo con la formazione della cosa giudicata e non in esito alla cognizione cautelare [41].
Conseguentemente, se il socio aspira esclusivamente ad un riconoscimento – munito del crisma della certezza – dell’esistenza del proprio diritto all’informazione, appare oltremodo azzardato ritenere anticipatorio un provvedimento cautelare che – accertando, solo in termini di mera probabilità, la configurabilità di detto diritto – non possa ontologicamente garantire quella certezza giuridica costituente l’unico “bene della vita” rivendicato dal ricorrente [42].
3 . L’attuazione del provvedimento ex art. 700 c.p.c.
Come già sottolineato nel paragrafo precedente, solitamente i provvedimenti d’urgenza adottati a garanzia del diritto all’informazione ex art. 2476, 2° comma, c.c. contengono i seguenti comandi: 1) ordine di consentire al ricorrente di consultare i documenti sociali e di estrarne copia; 2) ordine di mettere a disposizione del ricorrente la documentazione richiesta e di consentire di estrarne copia; 3) ordine di consegnare al ricorrente copia della documentazione richiesta; 4) ordine di depositare presso un ausiliario (nominato ai sensi dell’art. 68, 1° comma, c.p.c.) la documentazione richiesta, concedendo alla parte ricorrente un termine per la disamina della stessa.
Questo dato va ora messo in correlazione con la tesi – formulata da una parte della giurisprudenza [43] – secondo cui, nella materia de qua, verrebbero in rilievo obblighi infungibili.
Tale conclusione, ai fini che qui rilevano, non è certo priva di conseguenze.
Ed invero, così opinando, si dovrebbe giungere ad affermare che all’inottemperanza della misura d’urgenza non possa seguire una fase di attuazione coattiva del dictum cautelare adottato.
La soluzione – che riduce, e non di poco, il tasso di effettività della tutela erogabile – non è però convincente.
E non lo è perché l’infungibilità, pur costituendo fenomeno dai confini non certi, risulta comunque intrinsecamente legata vuoi alla libertà – della sfera personale [44] o di impresa [45] – del soggetto obbligato, vuoi alla natura di quest’ultimo [46] e delle attività da svolgere al fine di soddisfare l’interesse tutelato dall’ordinamento [47]. E qui non mi pare che una eventuale esecuzione in via coattiva delle misure sub nn. 1), 2), 3) e 4) possa conculcare la natura o incomprimibili libertà del soggetto destinatario dell’ordine del giudice. Né, tantomeno, mi pare che vengano in rilievo attività non surrogabili.
Tale attuazione coattiva può, invero, realizzarsi attraverso prestazioni – quali: l’accesso presso i locali della società in cui sono custoditi i documenti; l’apprensione materiale della documentazione da mettere a disposizione del socio, ovvero da consegnare in copia a quest’ultimo, ovvero ancora da depositare presso un ausiliario; e, infine, l’eventuale riproduzione dei documenti – che possono essere eseguite, senza alcuna menomazione degli spazi di libertà garantiti dall’ordinamento all’obbligato [48], da un soggetto terzo, quale l’ufficiale giudiziario (eventualmente assistito dalla forza pubblica) nominato, con il precipuo scopo di operare in sostituzione dell’obbligato, dal giudice della cautela ai sensi dell’art. 669 duodecies c.p.c.
Si vuole, cioè, dire che l’assetto di interessi delineato nel provvedimento d’urgenza può inverarsi attraverso il compimento, da parte dell’ufficiale giudiziario, di attività materiali che, non implicando prestazioni di natura necessariamente personale dell’obbligato e non incidendo su scelte riguardanti la gestione della compagine societaria e la direzione degli affari sociali, non comprimono né quelle intangibili sfere di libertà che trovano nell’art. 13 Cost. la più alta consacrazione, né quegli ambiti di autonomia, altrettanto intangibili, che connotano il diritto di impresa riconosciuto dall’art. 41 Cost.
Ambiti di autonomia, questi ultimi, che non vengono erosi o intaccati ove si consideri che l’intervento sostitutivo – che conduce al soddisfacimento della pretesa, di carattere meramente informativo, del socio – non si traduce in una forma di ingerenza, non postulando l’esecuzione coattiva del provvedimento cautelare alcuna determinazione riguardante l’amministrazione (in senso stretto) della società e l’attuazione dell’oggetto sociale.
Peraltro, e per concludere, la tesi della eseguibilità coattiva delle misure cautelari in esame si giustifica anche in un’ottica di costi-benefici. L’esecuzione diretta, infatti, non solo non determina alcun grave “sacrificio” per la società, ma anzi – garantendo la piena realizzazione del diritto all’informazione del socio e consentendo, di conseguenza, una valutazione dell’operato dell’amministratore suffragata da dati concreti – assume, in una prospettiva più ampia, una vera e propria funzione di protezione della vita della società.
E fin qui per quanto attiene alla eseguibilità diretta degli ordini de quibus. Volgendo, adesso, per un attimo lo sguardo all’attuale sistema di esecuzione indiretta, ci si può, tuttavia, rendere conto di come la pretesa azionata dal ricorrente possa essere più rapidamente conseguita attraverso l’impiego, già in fase cautelare, dello strumento disciplinato nell’art. 614 bis c.p.c. [49] [50].
Ed invero, a seguito dell’intervento legislativo attuato con il D.L. 27 giugno 2015, n. 83, conv. in L. 6 agosto 2015, n. 132, nessun dubbio può residuare oggi in merito all’applicabilità, pure nel settore delle obbligazioni fungibili, del predetto art. 614 bis[51] (la cui rubrica, peraltro, a seguito di detto intervento, non contiene più alcun esplicito riferimento alle obbligazioni infungibili [52]).
Tale articolo, come è noto, ha introdotto nel sistema [53] una misura di “coercizione indiretta” (e così risulta qualificata anche nella rubrica), concedendo al giudice la possibilità, ove richiesto dalla parte interessata, di fissare, «con il provvedimento di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro» [54] (e “salvo che ciò sia manifestamente iniquo”), una «somma di denaro [55] dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento».
L’utilità di tale congegno è di palmare evidenza anche con riferimento alla materia in esame.
Ed invero, il meccanismo – peraltro già sperimentato nelle controversie de quibus sul presupposto (a mio avviso, errato) della infungibilità degli obblighi di informazione di cui trattasi [56] – non solo non presenta controindicazioni, ma accresce di molto la possibilità di una sollecita realizzazione dell’interesse tutelato dall’art. 2476, 2° comma, c.c.
E tanto basta per auspicarne un impiego sempre più diffuso.



* Edito in Il Diritto fallimentare e delle società commerciali 3-4/2018

Note:

[1] 
Per chiarezza va precisato che, nel prosieguo del lavoro, ci si riferirà a tale diritto concernente i documenti sociali utilizzando indifferentemente i seguenti termini: “diritto di controllo” “diritto all’informazione”, “diritto di accesso”, “diritto di visionare”. 
[2] 
Cfr. Trib. Catania, ord. 3 marzo 2006, in Giur. comm., 2007, p. 920, con nota di R. GRASSO, “Documenti relativi all’amministrazione” e diritto di consultazione del socio di s.r.l. non amministratore; Trib. Bologna, ord. 6 dicembre 2006, in Giur. comm., 2008, p. 213, con note di R. GUIDOTTI, Ancora sui limiti all’esercizio dei diritti di controllo nella s.r.l. e sul (preteso) diritto di ottenere copia dei documenti consultati, e di E. RICCIARDIELLO, L’inerenza del diritto di controllo del socio non amministratore di s.r.l. al potere gestorio; Trib. Milano, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 19 gennaio 2017, in www.giurisprudenzadelleimprese.it
[3] 
Nel prosieguo del lavoro si utilizzeranno i termini “documenti” e “documentazione” come idealmente comprensivi anche dei libri sociali. 
[4] 
Così Trib. Napoli, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 17 marzo 2016. Cfr., inoltre, Trib. Brescia, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 13 marzo 2015, secondo cui «il diritto di accesso del socio può (...) inserirsi nel novero dei diritti potestativi poiché il relativo esercizio non è subordinato a limiti specifici, neppure nei termini della ricorrenza di interessi particolari, sicché è possibile ricorrere alla tutela cautelare anche solo per far valere il diritto medesimo». Osserva, in argomento, Trib. Roma, Sez. III, ord. 18 agosto 2016: «In analogia con quanto previsto dall’art. 2261 c.c. in tema di controllo sulla gestione di società di persone da parte dei soci che non partecipano alla relativa amministrazione, anche nelle società a responsabilità limitata il diritto di informazione ed il diritto alla consultazione dei libri e documenti sociali è riconosciuto a qualunque socio non amministratore, indipendentemente dalla consistenza della partecipazione di cui lo stesso sia titolare; infatti la legge nel riconoscere detto diritto potestativo di controllo, attuabile nelle forme del pieno accesso all’intera documentazione sociale, non si riferisce ad una determinata (minima o massima) entità di quote possedute né di per sé esclude che la richiesta possa essere avanzata, in ipotesi, anche dal socio di maggioranza. Dunque è necessario e sufficiente che il richiedente sia socio, a prescindere dalla entità della partecipazione al capitale sociale, e che non partecipi attualmente all’amministrazione della società (...). La legge di riforma attribuisce – ex art. 2476, 2° comma, c.c. – al socio non amministratore penetranti diritti di controllo individuale sull’amministrazione della società, da riconoscere indipendentemente dalla presenza o meno di organi di controllo, come il Collegio sindacale; si è in presenza invero, a favore del socio che non partecipa alla gestione della società ed anche nel caso in cui la società sia in liquidazione, di un vero e proprio diritto potestativo, che si sostanzia sia nel diritto all’informazione sullo svolgimento degli affari sociali che nel diritto alla consultazione ed alla estrazione di copia di tutta la documentazione sociale».
[5] 
Quanto alla estensione di tale diritto di accesso alla documentazione sociale da parte del socio e/o di persona di fiducia, cfr. Trib. Roma, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 24 luglio 2017, in www.giurisprudenzadelleimprese.it, che osserva: «detto diritto si estende a tutta la documentazione contrattuale, amministrativa, contabile e fiscale della società ed esemplificativamente: al libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee e delle decisioni dei soci, al libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’organo amministrativo, al libro inventari, al libro giornale, ai registri IVA, alle dichiarazioni fiscali, alle fatture attive e passive, al registro cespiti, agli estratti conto bancari, a tutti i contratti in cui sia parte la società, a tutti gli atti notificati a (o da) privati ovvero a (o da) Pubbliche Amministrazioni, il tutto dalla data di costituzione della società fino alla data dell’accesso». Sottolinea, in argomento, Trib. Roma, Sez. III, ord. 18 agosto 2016, cit.: «il diritto di cui si discute – strumentale all’esercizio del potere di controllo accordato al socio anche nell’interesse della società ed alla tutela dei propri diritti – attiene alla richiesta di informazioni ed alla consultazione di tutti i documenti relativi all’amministrazione della società, dal momento della relativa costituzione». Cfr., inoltre, Trib. Napoli, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 17 marzo 2016, cit., secondo cui, «da un punto di vista oggettivo, il controllo attivo del socio sulla governance non può soffrire limitazioni, estendendosi a tutti i libri sociali ed ai documenti relativi all’amministrazione, anche se presenti presso terzi».
[6] 
Cfr. Trib. Napoli, Sez. di Frattamaggiore, ord. 10 luglio 2010; Trib. Bologna, ord. 6 dicembre 2006, cit. 
[7] 
Di diverso avviso Trib. Milano, ord. 30 novembre 2004, in www.ilcaso.it, secondo cui «il diritto a “consultare” concerne la presa visione ed esame dei documenti, ma non implica di per sé il diritto ad estrarne copia o a riprodurli altrimenti». 
[8] 
Così Trib. Brescia, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 13 marzo 2015, cit. In dottrina, cfr. V. SANGIOVANNI, Il diritto del socio di s.r.l. di estrarre copia dei documenti relativi all’amministrazione, in Giur. merito, 2008, p. 2274 ss., secondo cui, peraltro, «l’imporre dei costi al socio disincentiva comportamenti opportunistici e strumentali, senza – con ciò – menomarlo del diritto» (p. 2286). 
[9] 
Nello stesso senso Trib. Venezia, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 22 maggio 2015. 
[10] 
Così Trib. Roma, Sez. III, ord. 18 agosto 2016, cit., che osserva: «Il socio deve (...) astenersi da una ingerenza nell’attività degli amministratori per finalità di turbativa dell’operato di questi ultimi con la richiesta di informazioni, di cui il socio non abbia effettivamente necessità, al solo scopo di ostacolare l’attività sociale; in tal caso, infatti, l’esercizio del diritto non potrebbe ricevere tutela, in quanto mosso da interessi ostruzionistici tali da rendere più gravosa l’attività sociale con conseguente legittimità del rifiuto opposto dagli amministratori di fornire informazioni o consultare la documentazione. Parimenti contraria a buona fede risulta la richiesta di informazioni per fini antisociali ed in ogni caso la condotta del socio, che eserciti il controllo in modo contrastante con l’interesse sociale». Nello stesso senso, Trib. Roma, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 24 luglio 2017, cit.; Trib. Roma, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 7 agosto 2017, in www.giurisprudenzadelleimprese.it
[11] 
Trib. Bari, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 24 maggio 2013.
[12] 
Cfr., tra altre, Trib. Milano, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 28 ottobre 2016 (secondo cui «Il diritto soggettivo potestativo del socio non amministratore di cui all’art. 2476, secondo comma, c.c., ben può essere oggetto di tutela tramite azione di merito specifica, o in via d’urgenza ex art. 700 c.p.c.»); Trib. Napoli, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 17 marzo 2016, cit. (secondo cui «è indubbio che il socio non abbia alcuna cautela tipica che gli consenta, in luogo di quella innominata, di ottenere dall’amministratore di poter visionare, consultare e di poter estrarre copia delle scritture contabili e dei documenti dell’amministrazione (anche ove esistenti presso terzi)»). Sulla necessità di utilizzare lo strumento atipico stante la mancanza di forme tipiche di tutela cautelare del diritto de quo, cfr. anche Trib. Roma, Sez. III, ord. 18 agosto 2016, cit.; Trib. Roma, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 7 agosto 2017, cit.; Trib. Napoli, Sez. di Frattamaggiore, ord. 10 luglio 2010, cit.
Una diversa soluzione è stata, invece, offerta dal Tribunale di Catania (con una pronunzia – non edita – poi riformata in sede di reclamo da Trib. Catania, ord. 3 marzo 2006, cit.) che ha optato per l’utilizzabilità, nella materia de qua, del sequestro probatorio ex art. 670, n. 2, c.p.c. e per la conseguente inammissibilità del ricorso allo strumento cautelare atipico di cui all’art. 700 c.p.c.
[13] 
Questo il testo della disposizione: «Il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario: (...) di libri, registri, documenti, modelli, campioni e di ogni altra cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, quando è controverso il diritto alla esibizione o alla comunicazione, ed è opportuno provvedere alla loro custodia temporanea». 
[14] 
Sul sequestro ex art. 670, n. 2, c.p.c. come strumento di tutela del diritto alla prova, cfr. B. SASSANI, Lineamenti del processo civile italiano, Milano, 2017, p. 676; M. CANTILLO-F. SANTANGELI, Il sequestro nel processo civile, Milano, 2003, p. 449 ss. 
[15] 
Cfr. Trib. Roma, Sez. III, ord. 18 agosto 2016, cit.; Trib. Roma, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 24 luglio 2017, cit.; Trib. Roma, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 7 agosto 2017, cit. 
[16] 
Così Trib. Brescia, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 13 marzo 2015, cit. Sostanzialmente nello stesso senso Trib. Roma, Sez. III, ord. 18 agosto 2016, cit.; Trib. Roma, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 7 agosto 2017, cit. Cfr. anche Trib. Nocera Inferiore, ord. 13 ottobre 2005 («... nel caso in esame sussiste anche il requisito del periculum in mora, quale pericolo di verificazione di danno grave ed irreparabile, derivante dal tempo necessario per l’espletamento del giudizio ordinario, in quanto, in assenza di controllo delle scritture contabili, il ricorrente potrebbe trovarsi completamente estromesso da qualsiasi valutazione circa la legittimità dell’amministrazione della società alla quale partecipa»), in Giur. comm., 2007, p. 159, con nota di M. MENICUCCI, Il “contenuto” del controllo del socio nella società a responsabilità limitata
[17] 
In questo senso Trib. Catania, ord. 3 marzo 2006, cit. Cfr. anche Trib. Milano, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 8 giugno 2017, in www.giurisprudenzadelleimprese.it., secondo cui «il rifiuto di consentire o anche solo (…) di completare la dovuta ostensione documentale, risolvendosi di fatto in una compressione attuale e non altrimenti rimuovibile del diritto di informazione del socio non gerente, integra necessariamente e inevitabilmente, specie se immotivato, un pregiudizio non altrimenti riparabile ai suoi diritti amministrativi». 
[18] 
Trib. Torino, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 6 luglio 2015, in www.giurisprudenzadelleimprese.it.
[19] 
Trib. Napoli, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 17 marzo 2016, cit. 
[20] 
Questo il testo della norma: «le disposizioni di cui al presente articolo e al primo comma dell’articolo 669-novies non si applicano ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’articolo 700 e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile o da leggi speciali, nonché ai provvedimenti emessi a seguito di denunzia di nuova opera o di danno temuto ai sensi dell’articolo 688, ma ciascuna parte può iniziare il giudizio di merito». 
[21] 
Trib. Milano, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 7 luglio 2017, n. 1618, in www. giurisprudenzadelleimprese.it; Trib. Brescia, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 13 marzo 2015, cit.; Trib. Torino, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 15 ottobre 2013; Trib. Venezia, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 22 maggio 2015, cit.; Trib. Pavia, Sez. I, ord. 1° agosto 2007, in Giur. merito, 2008, p. 2273, con nota di V. SANGIOVANNI, op. cit.; Trib. Milano, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 29 settembre 2015; Trib. Milano, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 10 giugno 2013, in www.giurisprudenzadelleimprese.it; Trib. Napoli, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 17 marzo 2016, cit.
È interessante notare come in quest’ultima pronunzia citata si sia provveduto non solo ad autorizzare il ricorrente (e/o i professionisti da questi incaricati) ad accedere, per la consultazione (e l’estrazione di copia) dei documenti richiesti, nei locali adibiti alla custodia degli stessi, ma anche a designare un ufficiale giudiziario (abilitato, ex art. 68, 3° comma, c.p.c., ad avvalersi, ove necessario, della forza pubblica) con l’incarico di vigilare sul corretto compimento delle operazioni autorizzate.
[22] 
Entrambi gli ordini – «di consentire (...) la consultazione (...), ponendo a disposizione tutta la documentazione amministrativa, contabile o fiscale richiesta» – sono contenuti in Trib. Napoli, Sez. di Frattamaggiore, ord. 10 luglio 2010, cit.
Ed anche in questa pronunzia (si veda la nota precedente) si è provveduto – oltre ad autorizzare il socio (e/o i professionisti da questi incaricati) ad accedere, per la consultazione (e l’estrazione di copia) della documentazione richiesta, nei locali della società – a designare un ufficiale giudiziario (abilitato, ex art. 68, 3° comma, c.p.c., ad avvalersi, ove necessario, della forza pubblica) con l’incarico di guidare le operazioni autorizzate.
[23] 
Cfr. Trib. Roma, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 10 luglio 2017; Trib. Roma, Sez. III, ord. 18 agosto 2016, cit.; Trib. Bari, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 24 maggio 2013, cit.; Trib. Torino, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 6 luglio 2015, cit. 
[24] 
Cfr. Trib. Milano, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 13 maggio 2017. 
[25] 
Questa la lettera del predetto 1° comma dell’art. 68 c.p.c.: «Nei casi previsti dalla legge o quando ne sorge necessità, il giudice, il cancelliere o l’ufficiale giudiziario si può fare assistere da esperti in una determinata arte o professione e, in generale, da persona idonea al compimento di atti che egli non è in grado di compiere da sé solo». 
[26] 
Cfr. Trib. Catania, ord. 3 marzo 2006, cit. (nella specie, era stato nominato, quale ausiliario, un notaio). 
[27] 
Su questa categoria, cfr. F.P. LUISO, Diritto processuale civile, vol. III, Il processo esecutivo, Milano, 2017, p. 229 ss.; B. CAPPONI, Manuale di diritto dell’esecuzione civile, Torino, 2016, p. 374. 
[28] 
Accedono alla tesi della configurabilità di obblighi di fare anche Trib. Milano, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 28 ottobre 2016, cit., e Trib. Napoli, Sez. di Frattamaggiore, ord. 10 luglio 2010, cit.
In generale, sulla eseguibilità ai sensi degli artt. 612 ss. c.p.c. (esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare) della sentenza di «condanna alla messa a disposizione o al rilascio delle informazioni rappresentate dal documento», cfr., in dottrina, A. PROTO PISANI, Note in tema di diritto sostanziale e di diritto processuale all’esibizione, in Riv. dir. proc., 1996, p. 577, e B. FICCARELLI, Esibizione di documenti e discovery, Torino, 2004, p. 302.
[29] 
Cfr., in generale, su tale corollario, F.P. LUISO, Diritto processuale civile, vol. III, cit., p. 232; M. BOVE, Esecuzione forzata per consegna o rilascio, 2013, in www.treccani.it
[30] 
In questa ipotesi, invero, anche a voler ammettere, relativamente alle copie della documentazione richiesta, la configurabilità di un obbligo di consegna, detta consegna dovrebbe, in ogni caso, essere preceduta dal compimento di una attività – quella di riproduzione dei documenti – certamente riconducibile agli obblighi di fare. 
[31] 
Peraltro, va ricordato che l’art. 669 duodecies c.p.c. attribuisce al giudice della cautela il compito di determinare discrezionalmente le modalità di attuazione tanto delle misure aventi ad oggetto gli obblighi di consegna, quanto delle misure aventi ad oggetto gli obblighi di fare.
Questo il testo del predetto art. 669 duodecies c.p.c.: «Salvo quanto disposto dagli articoli 677 e seguenti in ordine ai sequestri, l’attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto somme di denaro avviene nelle forme degli articoli 491 e seguenti in quanto compatibili, mentre l’attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare avviene sotto il controllo del giudice che ha emanato il provvedimento cautelare il quale ne determina anche le modalità di attuazione e, ove sorgano difficoltà o contestazioni, dà con ordinanza i provvedimenti opportuni, sentite le parti. Ogni altra questione va proposta nel giudizio di merito».
[32] 
Sulla (non univoca) nozione di tutela cautelare anticipatoria, cfr. F.P. LUISO-B. SASSANI, Sub art.669-octies c.p.c., in ID., La riforma del processo civile, Milano, 2006, pp. 221-222; B. SASSANI, Lineamenti del processo civile italiano, cit., p. 673; F.P. LUISO, Diritto processuale civile, vol. IV, I processi speciali, Milano, 2017, p. 225 ss.; C. CONSOLO, Le prefigurabili inanità di alcuni nuovi riti commerciali, in Corr. giur., 2003, p. 1519; C. MANDRIOLI-A. CARRATTA, Diritto processuale civile, vol. IV, Torino, 2015, pp. 293-294, nt. 56; A. CARRATTA, Profili sistematici della tutela anticipatoria, Torino, 1997, passim; A. CARRATTA, I nuovi riti speciali societari fra «decodificazione» e «sommarizzazione», in L. LANFRANCHI-A. CARRATTA (a cura di), Davanti al giudice. Studi sul processo societario, Torino, 2005, p. 129 ss.; F. AULETTA, Le denunce di nuova opera e di danno temuto dopo la l. 80/05, in Foro it., 2006, V, pp. 224-225; S. MENCHINI, Le modifiche al procedimento cautelare uniforme e ai processi possessori, in C. CONSOLO-F.P. LUISO-S. MENCHINI-L. SALVANESCHI, Il processo civile di riforma in riforma, Milano, 2006, p. 78 ss.; G. BALENA, La disciplina del procedimento cautelare «uniforme», in G. BALENA-M. BOVE, Le riforme più recenti del processo civile, Bari, 2006, p. 333 ss.; R. CAPONI, Provvedimenti cautelari e azioni possessorie, in Foro it., 2005, V, p. 137; R. CAPONI, La nuova disciplina dei procedimenti cautelari in generale (l. n. 80 del 2005), in Foro it., 2006, V, p. 71 ss.; S. RECCHIONI, Diritto processuale cautelare, Torino, 2015, p. 83 ss.; G. COSTANTINO, Il nuovo processo commerciale: la tutela cautelare, in Riv. dir. proc., 2003, p. 656 ss.; A. SALETTI, Il nuovo regime delle misure cautelari e possessorie, Padova, 2006, p. 25 ss.; A. SALETTI, in B. SASSANI (a cura di), La riforma delle società. Il processo, Torino, 2003, pp. 223-224; A. SALETTI, Le misure cautelari a strumentalità attenuata, in G. TARZIA-A. SALETTI (a cura di), Il processo cautelare, Padova, 2015, p. 293 ss.; A. PANZAROLA-R. GIORDANO, Dei provvedimenti d’urgenza. Art. 700-702, Commentario del codice di procedura civile, a cura di S. CHIARLONI, Bologna, 2016, p. 58 ss.; M.F. GHIRGA, Le nuove norme sui procedimenti cautelari, in Riv. dir. proc., 2005, p. 791 ss.; L. SALVANESCHI, La domanda e il procedimento, in G. TARZIA (a cura di), Il processo cautelare, Padova, 2004, pp. 326-327; M. MARINELLI, Note in tema di tutela cautelare nel nuovo rito societario, in Corr. giur., 2004, pp. 1249-1250; A.A. ROMANO, Riflessioni sui provvedimenti cautelari nel nuovo processo societario, in Riv. dir. proc., 2004, p. 1191 ss.;
G. ARIETA-F. DE SANTIS, Diritto processuale societario, Padova, 2004, pp. 385-386; R. TISCINI, I nova del procedimento cautelare societario: la cosiddetta strumentalità attenuata e il cosiddetto giudizio abbreviato, in Giur. it., 2004, pp. 2212-2213; M. FABIANI, Il rito cautelare societario (contraddizioni e dubbi irrisolti), in Riv. dir. proc., 2005, p. 1185 ss.; C. CARIGLIA, L’ordinanza cautelare di sospensione dell’efficacia della delibera condominiale in seguito alla riforma dell’art. 1137 c.c., in Giusto proc. civ., 2013, p. 1180 ss.; L. QUERZOLA, Tutela cautelare e dintorni: contributo alla nozione di «provvedimento anticipatorio», in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, p. 798 ss.; L. QUERZOLA, La tutela anticipatoria fra procedimento cautelare e giudizio di merito, Bologna, 2006, p. 18 ss.; C. DELLE DONNE, L’attuazione delle misure cautelari, Roma, 2012, p. 5 ss.; U. COREA, Autonomia funzionale della tutela cautelare anticipatoria, in Riv. dir. proc., 2006, p. 1265; S.A. VILLATA, Impugnazioni di delibere assembleari e cosa giudicata, Milano, 2006, p. 503 ss.; E. DALMOTTO, Articolo 669 octies c.p.c. – Provvedimento di accoglimento, in Le recenti riforme del processo civile. Commentario, diretto da S. CHIAR- LONI, Bologna, 2007, p. 1245 ss.; F. CARBONARA, Limiti oggettivi dell’«anticipazione» giuridica, «strumentalità attenuata» ed ulteriori riflessioni in tema di provvedimenti cautelari nel nuovo rito societario, in L. LANFRANCHI-A. CARRATTA (a cura di), op. cit., p. 373 ss.; M. COMASTRI, Sub art. 669 octies c.p.c., in A. BRIGUGLIO-B. CAPPONI (a cura di), Commentario alle riforme del processo civile, Padova, 2007, p. 176 ss.; L. GUAGLIONE, in F. CIPRIANI-G. MONTELEONE (a cura di), La riforma del processo civile, Padova, 2007, p. 483 ss.
[33] 
Sulla necessità, nella materia in esame, di questa prospettazione, cfr., in giurisprudenza, Trib. Roma, ord. 12 ottobre 2009, in Giur. comm., 2011, p. 659, con nota di D. D’ADAMO, La compatibilità tra l’azione di accertamento del diritto previsto dall’art. 2476, comma 2, c.c. e i provvedimenti d’urgenza ex art. 700 c.p.c. 
[34] 
Come è noto, l’art. 669 octies, ultimo comma, c.p.c. stabilisce che «l’autorità del provvedimento cautelare non è invocabile in un diverso processo». 
[35] 
Sulla sussumibilità nel genus delle misure cautelari anticipatorie dei provvedimenti cautelari che impongono quei medesimi “doveri di fare o di astenersi” che possono essere previsti nella sentenza di merito, cfr. F.P. LUISO-B. SASSANI, op. cit., p. 221. In argomento, cfr., anche, M. COMASTRI, op. cit., p. 177.
[36] 
Come è noto, ancora aperta è la questione relativa all’individuazione dell’ambito di operatività del menzionato art. 669 octies, 6° comma, c.p.c., essendo controverso se il principio di strumentalità attenuata ricavabile da detta norma riguardi tutti i provvedimenti ex art. 700 c.p.c. o solo quelli idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito. Sulla delicata problematica, cfr., per tutti, C. CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, vol. I, Le tutele: di merito, sommarie ed esecutive, Torino, 2012, pp. 279-280; G. BALENA, op. cit., p. 337 ss.; S. MENCHINI, op. cit., p. 78 ss.; F.P. LUISO-B. SASSANI, op. cit., pp. 222-223; F.P. LUISO, Diritto processuale civile, vol. IV, cit., pp. 228-229; S. RECCHIONI, Diritto processuale cautelare, cit., p. 85 ss.; A. SALETTI, Il nuovo regime delle misure cautelari e possessorie, cit., p. 15 ss.; A. SALETTI, Le misure cautelari a strumentalità attenuata, cit., p. 287 ss.; P. BIAVATI, Prime impressioni sulla riforma del processo cautelare, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, p. 564 ss.; A. PANZAROLA-R. GIORDANO, Dei provvedimenti d’urgenza. Art. 700-702, in Commentario del codice di procedura civile, cit., p. 53 ss.; L. QUERZOLA, Tutela cautelare e dintorni: contributo alla nozione di «provvedimento anticipatorio», cit., p. 794 ss.; L. QUERZOLA, La tutela anticipatoria fra procedimento cautelare e giudizio di merito, cit., p. 18 ss.; E. DALMOTTO, op. cit., p. 1248 ss.; M. COMASTRI, op. cit., p. 178 ss.; L. GUAGLIONE, op. cit., pp. 482-483. 
[37] 
Cfr. Trib. Napoli, Sez. di Frattamaggiore, ord. 10 luglio 2010, cit. 
[38] 
L’autonomia del diritto di controllo ex art. 2476, 2° comma, c.c. rispetto a «quello di promuovere l’azione di responsabilità sociale» è espressamente riconosciuta da Trib. Napoli, Sez. di Frattamaggiore, ord. 10 luglio 2010, cit. 
[39] 
In generale, sull’astratta ammissibilità in linea di principio e sulla possibile utilità della tutela cautelare dichiarativa, cfr., in dottrina, C. MANDRIOLI-A. CARRATTA, op. cit., pp. 367-368; L. DITTRICH, Il provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., in G. TARZIA-A. SALETTI (a cura di), op. cit., p. 272 ss.; F. SANTANGELI, Il provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. e la manutenzione del contratto, in Riv. dir. proc., 2006, pp. 85-87, ed in www.judicium.it; F. TOMMASEO, Provvedimenti di urgenza, in Enc. dir., XXXVII, Milano, 1988, p. 872; D. D’ADAMO, op. cit., p. 662 ss.; I. ZINGALES, Provvedimento amministrativo nullo e tutela civile dichiarativa, Roma, 2014, p. 101 ss.; In giurisprudenza, cfr. Trib. Cagliari, ord. 24 gennaio 2008, in Riv. giur. sarda, n. 1, 2008, p. 111.
Dubbi sulla possibilità di riconoscere una utilità funzionale alla tutela cautelare dichiarativa vengono, invece, espressi da G. SAMORÌ, La tutela cautelare dichiarativa, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1995, p. 949 ss., e da L. BACCAGLINI, Provvedimento d’urgenza e anticipazione dell’effetto di accertamento della pronuncia di merito. Una questione non ancora sopita, in Resp. civ. prev., 2005, p. 830 ss. In giurisprudenza, per l’affermazione dell’incompatibilità della tutela di mero accertamento con la struttura e la funzione dei provvedimenti d’urgenza ex art. 700 c.p.c., cfr., tra le altre, Corte App. Torino, ord. 9 giugno 2000, in Dir. ind., 2002, p. 276.
[40] 
Va evidenziato che in dottrina sono state avanzate riserve sulla idoneità di un siffatto provvedimento cautelare ad evitare il pregiudizio «nei sensi imposti dall’art. 700 c.p.c.». In tal senso, cfr. D. D’ADAMO, op. cit., p. 666, secondo cui: «non è dato comprendere in che modo il mero accertamento, in via d’urgenza, del diritto del socio di visionare la documentazione contabile e del diritto di estrarne copia possa salvaguardare la parte, nell’attesa della definizione del giudizio di merito». 
[41] 
Cfr. F. TOMMASEO, op. cit., p. 872; I. ZINGALES, Provvedimento amministrativo nullo, cit., pp. 105-106.
[42] 
Soluzione, questa, che, alla luce di quanto osservato nella nota 36, rende dubbia la possibilità di sussumere tale misura cautelare tra quelle idonee a mantenere l’efficacia in caso di mancato inizio o di estinzione del giudizio di merito. 
[43] 
Cfr. Trib. Milano, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 28 ottobre 2016, cit.; provvedimento, questo, contenente l’ordine di consentire al socio ricorrente di consultare i documenti sociali e di estrarne copia. 
[44] 
Cfr. R. SICLARI, Infungibilità: tra il dare e il fare, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2015, p. 595; I. ZINGALES, Pubblica amministrazione e limiti della giurisdizione tra principi costituzionali e strumenti processuali, Milano, 2007, p. 110. 
[45] 
Cfr. R. METAFORA, L’esecuzione degli obblighi di fare (fungibili) e di non fare, in www.judicium.it, p. 9; A. POLICE, Inottemperanza della P.A. ai provvedimenti del giudice ordinario (in materia di pubblico impiego) ed esecuzione in forma specifica, in Dir. proc. amm., 2003, pp. 954-955; I. ZINGALES, Pubblica amministrazione e limiti della giurisdizione tra principi costituzionali e strumenti processuali, cit., p. 111. 
[46] 
Cfr. A. POLICE, Inottemperanza della P.A. ai provvedimenti del giudice ordinario (in materia di pubblico impiego) ed esecuzione in forma specifica, cit., pp. 954-955; I. ZINGALES, Pubblica amministrazione e limiti della giurisdizione tra principi costituzionali e strumenti processuali, cit., p. 110. 
[47] 
Cfr., con specifico riferimento all’attività della pubblica amministrazione, B. SASSANI, Impugnativa dell’atto e disciplina del rapporto. Contributo allo studio della tutela dichiarativa nel processo civile e amministrativo, Padova, 1989, pp. 45-46.
[48] 
Può risultare utile ricordare che la giurisprudenza amministrativa ammette, in linea di principio, l’eseguibilità coattiva, attraverso commissari ad acta, delle pronunzie adottate a tutela del diritto di accesso agli atti della pubblica amministrazione. Cfr., per tale affermazione, Cons. Stato, Sez. V, 25 giugno 2010, n. 4068; Cons. Stato, Sez. VI, 26 giugno 2003, n. 3853; TAR Lazio-Roma, Sez. III, 23 aprile 2013, n. 4062; TAR Lazio-Roma, Sez. I, 4 aprile 2014, n. 3730. 
[49] 
Questo il testo della norma:
[I]. «Con il provvedimento di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle controversie di lavoro subordinato pubblico o privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’articolo 409».
[II]. «Il giudice determina l’ammontare della somma di cui al primo comma tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile».
[50] 
Sul tema della adottabilità, in fase cautelare, della misura ex art. 614 bis c.p.c., cfr., per tutti, M. BOVE, La misura coercitiva di cui all’art. 614-bis c.p.c., in www.judicium.it; S. RECCHIONI, L’attuazione forzata indiretta dei comandi cautelari ex art. 614-bis c.p.c., in Riv. trim. dir. proc. civ., 2014, p. 1477 ss.; E. MERLIN, Prime note sul sistema delle misure coercitive pecuniarie per l’attuazione degli obblighi infungibili nella l. 69/2009, in Riv. dir. proc., 2009, p. 1548; C. MANDRIOLI-A. CARRATTA, op. cit., p. 200; S. CHIARLONI, Misure coercitive [dir. proc. civ.], in www.treccani.it; S. VINCRE, Le misure coercitive ex art. 614 bis c.p.c. dopo la riforma del 2015, in Riv. dir. proc., 2017, p. 377 ss.; B. GAMBI- NERI, Attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare, in Foro it., 2009, p. 323.
[51] 
Cfr. B. CAPPONI, Ancora su astreinte e condanna civile, in www.judicium.it, 2017; S. VINCRE, op. cit., p. 368 ss. 
[52] 
La rubrica, precedentemente alle modifiche del 2015, era la seguente: “Attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare”.
[53] 
Con l’esplicita previsione, però, della inapplicabilità della disposizione «alle controversie di lavoro subordinato pubblico o privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’articolo 409». 
[54] 
Nella versione antecedente al 2015 mancava il riferimento «all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro», e ci si riferiva esclusivamente al “provvedimento di condanna”. 
[55] 
E l’ammontare della somma – specifica il 2° comma dell’art. 614 bis c.p.c. – viene determinato dal giudice alla luce «del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile». 
[56] 
Cfr. Trib. Milano, Sez. specializzata in materia di impresa, ord. 28 ottobre 2016, cit.

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