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Commento

Proroga della fase cd. in bianco del concordato preventivo durante il periodo emergenziale

Stefania Grasselli, Giudice delegato nel Tribunale di Cremona

18 Marzo 2021

Visualizza: Trib. Mantova, 21 gennaio 2021, Est. Gibelli

Visualizza: Trib. Milano, 29 dicembre 2020, Pres. Est. Paluchowski

I provvedimenti esaminati in parallelo (decreto del Tribunale di Mantova del 21 gennaio 2021, Est. Dott. Andrea Gibelli; decreto del Tribunale di Milano del 29 dicembre 2020, Est. Dott.ssa Alida Paluchowski) hanno concesso la proroga di cui all’art. 9, comma 4, del D.L. n. 23 dell’8 aprile 2020 (c.d. “Decreto Liquidità”) conv. con modif. dalla legge n. 40 del 5 giugno 2020, avendo già precedentemente accordato la proroga di cui all’art. 161, comma 6 L. fall., previo riconoscimento della sussistenza dei “concreti e giustificati motivi” richiesti dalla normativa emergenziale. La nota cerca di cogliere ratio e margini di applicabilità della norma emergenziale sulla proroga nel cd. “periodo finestra” del concordato in bianco.
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1 . Premessa
La normativa emergenziale con cui ci stiamo confrontando da ormai quasi un anno ha investito in modo importante il settore della cd. crisi d’impresa, collegato a filo doppio con l’andamento del sistema economico, non solo nazionale [1].
Uno dei primi interventi normativi che ha previsto disposizioni specifiche in materia di concordato preventivo ed accordi di ristrutturazione è stato il D. L. 23/2020, con gli artt. 9 e 10 [2].
In particolare, il comma 4 dell’art. 9 del cit. D.L. ha disposto [3]: “Il debitore che ha ottenuto la concessione del termine di cui all’articolo 161, comma sesto, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, che sia già stato prorogato dal Tribunale, può, prima della scadenza, presentare istanza per la concessione di una ulteriore proroga sino a novanta giorni, anche nei casi in cui è stato depositato ricorso per la dichiarazione di fallimento. L’istanza indica gli elementi che rendono necessaria la concessione della proroga con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto dell’emergenza epidemiologica COVID-19. Il Tribunale, acquisito il parere del Commissario giudiziale se nominato, concede la proroga quando ritiene che l’istanza si basa su concreti e giustificati motivi. Si applica l’articolo 161, commi settimo e ottavo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267” [4].
La ratio della norma sulla proroga “speciale”, in un contesto di completo sconvolgimento del mercato, è chiaramente pro debitore, rispondendo allo scopo di dilatare il tempo a disposizione delle imprese, chiamate a ricalibrare la proposta ed il piano di concordato preventivo all’ombra di una sopravvenienza dirompente ed inattesa [5]. 
Si scorge, anche nel tempo dilaniato dalla pandemia, l’urgenza di privilegiare al livello più alto il ricorso a soluzioni concordate per il componimento delle situazioni di crisi dell’impresa [6]. L’obiettivo della norma sulla proroga è di salvaguardare al massimo grado le procedure di concordato preventivo che nonostante l’irruzione dell’emergenza sanitaria ed economica conservino virtualmente una chance concreta di successo, perché l’avevano prima dello scoppio della crisi epidemica e rischiano di vederla compromessa proprio a causa di questa. Si vuole limitare fin dove possibile l’impatto negativo che ne deriverebbe sulla conservazione delle strutture imprenditoriali rilevanti ai fini del ciclo produttivo ed economico [7]. 
2 . La questione controversa
Attraverso il sistema dell’allungamento dei termini si offre al debitore una ciambella di salvataggio per riallineare i piani di concordato – in fase di redazione - alla nuova situazione economica causata da circostanze esogene [8].
Un punto oggetto di divergenze interpretative attiene al se, per ottenere la concessione della proroga di cui al comma 4, sia necessario o meno che la procedura di concordato sia pendente al 23.02.2020. 
A fronte di chi sostiene che la norma, in quanto inserita dal D.L. 23/2020 entrato in vigore il 9 aprile 2020 e non modificata dalla successiva legge di conversione del 5 giugno 2020, faccia esclusivo riferimento a concordati in bianco depositati prima dell’emergenza da Covid-19 e, quindi, già pendenti alla data del 23 febbraio, si sono affacciate nel diritto vivente ricostruzioni di segno diverso.
L’applicazione temporalmente ristretta della norma è apparsa in contrasto con le esigenze del sistema economico e con il già ricordato leit motiv dei più recenti interventi normativi, tutti tesi ad adeguare gli strumenti del diritto agli stravolgimenti repentini del mercato.
D’altronde, anche in considerazione del protrarsi della crisi, sia sanitaria che economica, appare irragionevole che il discrimen per la concessione della proroga di novanta giorni sia affidato al mero elemento temporale del deposito della domanda di concordato in bianco prima del 23 febbraio 2020; a maggior ragione, anzi, è probabile che il perdurare della situazione emergenziale abbia innescato un meccanismo vizioso andando a peggiorare una situazione già precaria, così travolgendone irrimediabilmente gli equilibri economici e, soprattutto, finanziari.
I vari settori del mercato hanno reagito in modo eterogeneo e si sono esposti a conseguenze di portata varia: la grande distribuzione, ad esempio, ha, almeno per i dati al primo trimestre del 2020, registrato un segno “più”; alcuni comparti, fra i quali la ristorazione ed il turismo (interessati da ripetute misure restrittive) hanno messo in mostra numeri negativi senza precedenti [9].
Certamente, le conseguenze dell’emergenza sono differenti a seconda della situazione su cui essa va ad incidere, anche perché detta situazione postula tempistiche diverse di reazione. In ciascun caso, tuttavia, il business plan predisposto, va in qualche modo rivisto perché basato su proiezioni non più ragionevolmente sostenibili.
3 . I provvedimenti di merito
I provvedimenti di merito oggetto di disamina prospettano un’interpretazione estensiva della norma, concedendo entrambi la proroga ex art. 9, comma 4, D.L. 23/2020 nel quadro di procedure di concordato preventivo in bianco introdotte in epoca successiva all’entrata in vigore della disposizione emergenziale.
Viene in evidenza, altresì, un altro elemento in comune: l’importanza riservata alla specifica valutazione degli elementi giustificativi addotti a sostegno della richiesta di fruizione della proroga ulteriore di novanta giorni.
L’art. 9, comma 4, D.L. 23/2020 richiede espressamente che nell’istanza si indichino “gli elementi che rendono necessaria la concessione della proroga con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto dell’emergenza epidemiologica COVID-19”, quindi, il tribunale, “acquisito il parere del Commissario giudiziale se nominato, concede la proroga quando ritiene che l’istanza si basa su concreti e giustificati motivi”. Non è quindi sufficiente, in virtù del chiaro disposto normativo, che, nell’invocare l’applicazione del “bonus temporale”, il debitore indichi genericamente il cambiamento dello scenario del mercato in cui si ritrova ad operare a causa del Covid-19. Per converso, è necessario che egli individui gli elementi di dettaglio che ne hanno modificato – magari fino a sovvertirle – le relazioni economiche, ne hanno alterato i flussi finanziari, ne hanno minato le concrete possibilità di adempimento delle obbligazioni correnti. Si tratta di veicolare all’attenzione del giudice, in altri termini, ogni circostanza specifica che nel proiettare un riflettore sulla realtà dell’impresa, valga a giustificare come funzionale alla salvezza di essa la concessione di un ulteriore spazio cronologico di comprensione della crisi. Il termine deve mostrarsi idoneo a dar “fiato” alla prospettiva concordataria, in aggiunta al termine originario e già prorogato.
La concessione, pertanto, passa inevitabilmente attraverso una valutazione accurata da parte degli organi della procedura in ordine all’effettiva esigenza di proroga, potendo il tribunale anche diversamente calibrare il termine da concedere (“sino a novanta giorni”) [10]. La cautela e la ponderazione si giustificano anche sulla scorta della considerazione per cui lo stato di crisi in cui versa un imprenditore che accede alla procedura concorsuale può non dipendere esclusivamente dalle restrizioni anti-Covid, il che implica che debba rigorosamente dimostrarsi il nesso causale tra queste ultime e lo stato di squilibrio economico che si intende contrastare e che deve suggerire come ragionevole un supplemento di riflessione e di elaborazione strategica. 
In particolare, la decisione assunta dal collegio meneghino si basa espressamente sulla valutazione della prova fornita dalla società debitrice sulla correlazione tra l’emergenza sanitaria e la sua incidenza negativa sul perfezionamento delle attività propedeutiche al raggiungimento di accordi con i creditori e, quindi, sulla preparazione del piano concordatario. Ancorché verosimile, infatti, che le relazioni commerciali abbiano subìto un’importante battuta d’arresto, affinché siano rilevanti per la concessione della proroga “speciale” devono essere documentalmente comprovate le specifiche ricadute verificatesi in concreto.
Dal provvedimento mantovano emerge, d’altro canto, con il riferimento alle “interlocuzioni MISE/Invitalia”, come l’epidemia abbia rallentato le dinamiche anche della pubblica amministrazione, in quanto la necessità di focalizzare l’attenzione sui problemi economici causati dal Covid-19 ha, da un lato, tardato l’emanazione di provvedimenti già messi in cantiere ma non ancora ultimati e, dall’altro, ingenerato la necessità di predisporre misure urgenti al fine di arginare l’emergenza economica ed, allo stesso tempo, di incentivare la ripresa del mercato [11].
Inoltre, il comma 4 del cit art. 9 aggiunge che rimane ferma l’applicazione dei commi 7 e 8 dell’art. 161 L. fall.. A tal proposito, giova ricordare che prima dell’intervento del D. L. 23/2020, si erano registrati dubbi interpretativi circa l’operatività della sospensione dei termini processuali rispetto agli obblighi informativi posti in capo al debitore dall’art. 161, comma 8, L. fall. ma, a seguito della specificazione sulla loro applicazione, ne appare evidente il superamento (art. 9, comma 4, ultimo periodo, D. L. 23/2020) [12].
Pertanto, l’organo giudicante, al fine di valutare se le dinamiche conseguenti alla pandemia hanno effettivamente influenzato negativamente l’attività volta alla predisposizione della proposta e del piano concordatario, ha a disposizione non solo quanto espressamente indicato nell’istanza, ma anche quanto risultante dalle periodiche informative depositate ex art. 161, comma 8, L. fall.: solo in presenza di un costante monitoraggio circa l’attività posta in essere, le diverse necessità intervenute e le reazioni del debitore a fronte del più generale contesto emergenziale, il tribunale potrà valutare la meritevolezza dell’istanza [13].
Profilo differente può essere quello attinente al contenuto degli obblighi informativi. A seconda della tipologia di attività, produttiva o commerciale, svolta e dell’intendimento dell’imprenditore (liquidatorio piuttosto che in continuità), le informazioni fornite al tribunale possono essere diversamente tarate, con conseguente flessibilità di valutazione da parte degli stessi organi della procedura [14].
In particolare, in ipotesi di concordato liquidatorio con cessione dei beni, il debitore può limitarsi a fotografare la situazione corrente, ossia a mostrare di non aver più svolto alcuna attività, essendo sufficiente l’allegazione degli estratti di conto corrente ovvero delle movimentazioni del periodo, al fine di evidenziare la stasi in cui si trova.
Discorso diverso e di maggiore interesse riguarda il caso del debitore che intenda proporre un concordato preventivo in continuità: egli dovrà rendere conto circa l’impatto che la situazione emergenziale sta dispiegando sulla sua specifica attività, in quanto non è scontato che la stessa abbia dovuto fermarsi o risentire dell’arresto del mercato, magari operando di un settore rimasto piuttosto uguale a se stesso.
Pertanto, qualora l’imprenditore intenda continuare direttamente lo svolgimento dell’attività aziendale, sarà opportuno informare circa l’andamento della stessa, la possibilità di avere comunque un supporto amministrativo per la gestione ordinaria o l’eventuale necessità di porre in essere delle attività di straordinaria amministrazione, per le quali è sempre e comunque necessaria la previa autorizzazione del tribunale.
Ma anche nei casi di continuità indiretta spetterà al debitore informare gli organi della procedura circa l’andamento della gestione dell’affittuaria e, soprattutto, circa il corretto e puntuale pagamento dei canoni di affitto o qualsivoglia ulteriore utile informazione.
Aspetto, quello degli obblighi informativi, preso esplicitamente in considerazione dai giudici milanesi che, a seguito della concessione della proroga, specificano che durante tale periodo permangono gli obblighi originariamente già disposti, riservandosi di disporre l’immediata abbreviazione del termine qualora dovesse emergere che l’attività compiuta sia manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano concordatario. 
4 . Conclusioni
I decreti di merito esaminati, quindi, si pongono in sintonia con la volutas legis di un organo parlamentare che, nella materia concorsuale, non ha voluto vedere nell’emergenza Covid-19 una sorta di panacea dello stato di crisi, ma il cui intento è, piuttosto, quello di congelare il più possibile le realtà, anche e soprattutto quelle in crisi, al fine di attendere il più generale andamento del mercato ed evitare, così, che l’imprevisto della pandemia possa aggravare la situazione di strutture economiche che, altrimenti, potrebbero risanare la propria crisi [15].
Il minimo comun denominatore tra gli interventi normativi emergenziali e gli approcci ermenutici proposti si ravvisa, pertanto, nella volontà di applicare il preminente principio del favor concordatis, inteso nella sua accezione di continuità dell’attività aziendale, principio già inaugurato con la riforma della legge fallimentare.
È pacifica, infatti, la preferenza accordata a questa soluzione nel codice della crisi d’impresa, che relega esplicitamente il concordato liquidatorio a soluzione residuale e solo al verificarsi di specifiche condizioni [16].
Peraltro, come si legge nella relazione illustrativa del codice, il concordato in continuità aziendale è l’opzione che la nuova disciplina della crisi valorizza maggiormente, in quanto finalizzata al recupero della capacità dell’impresa di rientrare, ristrutturata e risanata, nel mercato. Continuità che, si precisa, deve essere intesa in senso oggettivo e non soggettivo e, quindi, ciò che rileva è che l’attività di impresa possa continuare anche dopo la conclusione della procedura, prescindendo dall’identità dell’imprenditore.
L’intento perseguito dal legislatore è indubbiamente quello di incentivare la conservazione del valore dell’azienda, favorendo la prosecuzione dell’attività d’impresa e la salvaguardia dei livelli occupazionali. Tale obiettivo trova eco anche nella normativa emergenziale e nella conseguente applicazione che, mediante un approccio ermeneutico meno restrittivo e finalizzato a salvaguardare le realtà produttive, mettono a disposizione meccanismi volti a diluire l’imminente difficoltà in vista della valorizzazione della continuità aziendale, così ottimizzando l’elasticità dell’ordinamento.

Note:

[1] 
Una prima lettura articolata e sistematica del quadro normativo emergenziale si rinviene soprattutto in C. D’Arrigo, G. Costantino, G. Fanticini e S. Saija, Legislazione d’emergenza e processi esecutivi e fallimentari, I quaderni di in Executivis, su www.inexecutivis.it.
[2] 
M Ferro, La sopravvivenza della legge fallimentare al Coronavirus: il limbo della giustizia concorsuale dopo il D.L. 23/2020, in www.quotidianogiuridico.it del 10 aprile 2020, ha definito queste norme come appartenenti “al ‘pacchetto di mischia’ … destinate, per la loro connotazione anche ordinamentale, ad interferire sul funzionamento del servizio giustizia e dei processi, con qualche improvvida incertezza sovrappositiva e inutili costi di organizzazione”. Ha altresì evidenziato come il legislatore, ancora una volta, abbia puntato la propria scommessa sul debitore, riconoscendogli una peculiare condizione di temporanea irresponsabilità mediante concessione imperativa del fattore tempo.
[3] 
L’art. 9 D.L. 23/2020, nella sua originaria versione, rubricato “Disposizioni in materia di concordato preventivo e di accordi di ristrutturazione” così disponeva: “1. I termini di adempimento dei concordati preventivi e degli accordi di ristrutturazione omologati aventi scadenza nel periodo tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2012 sono prorogati di sei mesi.
2. Nei procedimenti per l’omologazione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione pendenti alla data del 23 febbraio 2020 il debitore può presentare, sino all’udienza fissata per l’omologa, istanza al tribunale per la concessione di un termine non superiore a novanta giorni per il deposito di un nuovo piano e di una nuova proposta di concordato ai sensi dell’articolo 161 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 o di un nuovo accordo di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Il termine decorre dalla data del decreto con cui il Tribunale assegna il termine e non è prorogabile. L’istanza è inammissibile se presentata nell’ambito di un procedimento di concordato preventivo nel corso del quale è già stata tenuta l’adunanza dei creditori ma non sono state raggiunte le maggioranze stabilite dall’articolo 177 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
3. Quando il debitore intende modificare unicamente i termini di adempimento del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione deposita sino all’udienza fissata per l’omologa una memoria contenente l’indicazione dei nuovi termini, depositando altresì la documentazione che comprova la necessità della modifica dei termini. Il differimento dei termini non può essere superiore di sei mesi rispetto alle scadenze originarie. Nel procedimento per omologa del concordato preventivo il Tribunale acquisisce il parere del Commissario giudiziale. Il Tribunale, riscontrata la sussistenza dei presupposti di cui agli articoli 180 o 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, procede all’omologa, dando espressamente atto delle nuove scadenze.
4. Il debitore che ha ottenuto la concessione del termine di cui all’articolo 161, comma sesto, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, che sia già stato prorogato dal Tribunale, può, prima della scadenza, presentare istanza per la concessione di una ulteriore proroga sino a novanta giorni, anche nei casi in cui è stato depositato ricorso per la dichiarazione di fallimento. L’istanza indica gli elementi che rendono necessaria la concessione della proroga con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto dell’emergenza epidemiologica COVID-19. Il Tribunale, acquisito il parere del Commissario giudiziale se nominato, concede la proroga quando ritiene che l’istanza si basa su concreti e giustificati motivi. Si applica l’articolo 161, commi settimo e ottavo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
5. L’istanza di cui al comma 4 può essere presentata dal debitore che ha ottenuto la concessione del termine di cui all’articolo 182-bis, comma settimo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Il Tribunale provvede in camera di consiglio omessi gli adempimenti previsti dall’articolo 182-bis, comma settimo, primo periodo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e concede la proroga quando ritiene che l’istanza si basa su concreti e giustificati motivi e che continuano a sussistere i presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di cui all’articolo 182-bis, primo comma del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.”. 
[4] 
Con la successiva legge di conversione n. 40 del 05.06.2020, il testo dell’art. 9 è stato così modificato: “1. I termini di adempimento dei concordati preventivi, degli accordi di ristrutturazione, degli accordi di composizione della crisi e dei piani del consumatore omologati aventi scadenza in data successiva al 23 febbraio 2020 sono prorogati di sei mesi .
2. Nei procedimenti di concordato preventivo e per l’omologazione degli accordi di ristrutturazione pendenti alla data del 23 febbraio 2020 il debitore può presentare, sino all’udienza fissata per l’ omologazione , istanza al tribunale per la concessione di un termine non superiore a novanta giorni per il deposito di un nuovo piano e di una nuova proposta di concordato ai sensi dell’articolo 161 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 o di un nuovo accordo di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 182 –bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Il termine decorre dalla data del decreto con cui il Tribunale assegna il termine e non è prorogabile. L’istanza è inammissibile se presentata nell’ambito di un procedimento di concordato preventivo nel corso del quale è già stata tenuta l’adunanza dei creditori ma non sono state raggiunte le maggioranze stabilite dall’articolo 177 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
3. Quando il debitore intende modificare unicamente i termini di adempimento del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione deposita sino all’udienza fissata per l’ omologazione una memoria contenente l’indicazione dei nuovi termini, depositando altresì la documentazione che comprova la necessità della modifica dei termini. Il differimento dei termini non può essere superiore di sei mesi rispetto alle scadenze originarie. Nel procedimento per omologazione del concordato preventivo il Tribunale acquisisce il parere del Commissario giudiziale. Il Tribunale, riscontrata la sussistenza dei presupposti di cui agli articoli 180 o 182 -bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, procede all’ omologazione , dando espressamente atto delle nuove scadenze.
4. Il debitore che ha ottenuto la concessione del termine di cui all’articolo 161, comma sesto, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, che sia già stato prorogato dal Tribunale, può, prima della scadenza, presentare istanza per la concessione di una ulteriore proroga sino a novanta giorni, anche nei casi in cui è stato depositato ricorso per la dichiarazione di fallimento. L’istanza indica gli elementi che rendono necessaria la concessione della proroga con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto dell’emergenza epidemiologica COVID-19. Il Tribunale, acquisito il parere del Commissario giudiziale se nominato, concede la proroga quando ritiene che l’istanza si basa su concreti e giustificati motivi. Si applica l’articolo 161, commi settimo e ottavo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
5. L’istanza di cui al comma 4 può essere presentata dal debitore che ha ottenuto la concessione del termine di cui all’articolo 182 -bis , comma settimo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Il Tribunale provvede in camera di consiglio omessi gli adempimenti previsti dall’articolo 182 -bis , comma settimo, primo periodo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e concede la proroga quando ritiene che l’istanza si basa su concreti e giustificati motivi e che continuano a sussistere i presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di cui all’articolo 182 -bis , primo comma del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
5 -bis . Il debitore che, entro la data del 31 dicembre 2021, ha ottenuto la concessione dei termini di cui all’articolo 161, sesto comma, o all’articolo 182 -bis , settimo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, può, entro i suddetti termini, depositare un atto di rinuncia alla procedura, dichiarando di avere predisposto un piano di risanamento ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d) , del medesimo regio decreto n. 267 del 1942, pubblicato nel registro delle imprese, e depositando la documentazione relativa alla pubblicazione medesima. Il tribunale, verificate la completezza e la regolarità della documentazione, dichiara l’improcedibilità del ricorso presentato ai sensi dell’articolo 161, sesto comma, o dell’articolo 182 -bis , settimo comma, del citato regio decreto n. 267 del 1942.
5 -ter . Le disposizioni dell’articolo 161, decimo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, non si applicano ai ricorsi presentati ai sensi dell’articolo 161, sesto comma, del medesimo regio decreto n. 267 del 1942 depositati entro il 31 dicembre 2020.” 
[5] 
M Ferro, loc. cit., ha evidenziato come il legislatore, ancora una volta, abbia puntato la propria scommessa sul debitore, riconoscendogli una peculiare condizione di temporanea irresponsabilità mediante concessione imperativa del fattore tempo. 
[6] 
Il nuovo codice dell’impresa e dell’insolvenza, la cui entrata in vigore è stata posticipata al 1 settembre 2021 dall’art. 5 dello stesso D.L. 23/2020, relega d’altronde ad ipotesi recessiva e residuale quella del concordato liquidatorio, agevolando quello in continuità, sia diretta che indiretta.
[7] 
In tal senso cfr. G.Nardecchia, “La legislazione emergenziale: il concordato preventivo”, in Il Fall., 2021, 7, pag. 885. 
[8] 
Così si esprimono M. Irrera ed E. Fregonara, La crisi d’impresa e la continuità aziendale ai tempi del Coronavirus, in www.ilcaso.it 
[9] 
L’Area Studi Mediobanca nell’agosto 2020 ha pubblicato l'Impatto della pandemia COVID-19 sui dati 1H 2020 delle multinazionali industriali mondiali e delle società industriali e di servizi del FTSE MIB, in base al quale è emerso che il fatturato delle oltre 150 multinazionali industriali esaminate è in contrazione del - 6,6% rispetto al primo semestre 2019, in crescita solo per le WebSoft (+ 17,6%), per la GDO (+ 9,6%), trainata dall’e-commerce e per il settore elettronico (+ 5,6%), che ha beneficiato dell’aumento del livello globale di digitalizzazione. Sul FTSE MIB, nel primo semestre dell’anno sono stati persi € 50mld di ricavi (-2 5,3% rispetto all’1H 2019) e € 42mld (- 11,2%) di capitalizzazione, nonostante la ripresa nel secondo trimestre. In http://www.mbres.it.
[10] 
A sottolineare l’assenza di automatismo, anche in considerazione dell’esplicito richiamo all’art. 161, comma 6, l. fall. e, quindi, al costrutto interpretativo che lo circonda, si è altresì ritenuto opportuno che l’istanza sia corredata da una illustrazione rappresentativa, da parte del debitore, dell’impiego che intende fare della dilazione temporale e, dunque, dalla rappresentazione, almeno per sommi capi, del nuovo piano o accordo. M. Ferro, Riapertura dei concordati e degli accordi di ristrutturazione: le proroghe eccezionali del DL 23/2020, in www.quotidianogiuridico.it del 14 aprile 2020.
[11] 
Anche l’attesa della pubblicazione delle modalità operative dei diversi incentivi rappresenta, se comprovata, una plausibile motivazione valutabile ai fini della concessione della proroga di cui all’art. 9, comma 4, D.L. 23/2020. Si veda, ad esempio, come le modalità di accesso al cd. Fondo salvaguardia imprese, previsto dall’art. 43 del D. L. n. 34 del 19.05.2020, siano state pubblicate solo con il decreto del MISE del 20.01.2021. 
[12] 
A seguito dell’emanazione del D.L. n. 11 dell’8 marzo 2020, che ha previsto solo che il “differimento urgente delle udienze e sospensione dei termini nei procedimenti civili, penali, tributari e militari”, in assenza di ulteriori specificazioni, vi sono stati diversi approcci giurisprudenziali, soprattutto in materia concorsuale, poiché ci si è chiesti quale fosse l’impatto delle predette norme sui concordati preventivi, specialmente in pendenza dei c.d. “concordati con riserva” o “concordati in bianco”. Sul punto cfr. F. Lamanna,Le misure temporanee previste dal Decreto Liquidità per i concordati preventivi e gli accordi di ristrutturazione, in Il Fallimentarista, 14 aprile 2020. V. Anche G. Lazoppina, Disposizioni del c.d. “Decreto Liquidità”: fallimento, concordato preventivo ed accordi di ristrutturazione, in Il Fallimentarista, 10 aprile 2020.
[13] 
L’instaurazione della procedura di concordato preventivo in bianco mette il debitore in una situazione cd. automatic stay che, tuttavia, non lo esime dal continuare a porre in essere tutte le necessarie attività gestorie dell’azienda, siano esse di ordinaria o straordinaria amministrazione, quest’ultime previa la necessaria autorizzazione del tribunale. L’attività di informazione che, quindi, il debitore è chiamato a porre in essere periodicamente nei confronti degli organi della procedura, più che attività processuale, a cui collegare la sospensione, può essere vista come un corollario della continuazione dell’attività d’impresa.
[14] 
La norma non specifica in maniera puntuale quali informazioni il debitore sia obbligato a fornire, salvo precisare che devono riguardare anche la gestione finanziaria dell’impresa, così lasciando al tribunale discrezionalità in ordine al loro contenuto, discrezionalità che non potrà non tener conto della dimensione dell’impresa, della complessità delle trattative con i creditori, nonché delle passività ed attività risultanti dai bilanci. I vincoli informativi imposti al debitore possono, quindi, essere individuati, di volta in volta, a seconda della concreta domanda di concordato ed, a maggior ragione, potranno essere diversamente valutati in questa congiuntura. 
[15] 
Sul punto P. Valente e N. De Bortoli, Coronavirus: profili di rischio per le imprese e approcci alla “clinica d’impresa”, in Fisco, 2020, 16, 1520, ha osservato che nell’attuale contesto di emergenza pandemica ogni impresa dovrebbe considerari “in potenziale crisi” e che i radicali mutamenti negli equilibri di mercato, nonché le conseguenze derivanti dalla contrazione dei consumi, dall’instabilità economica e dalle perturbazioni di carattere finanziario, suggeriscono immediate analisi delle strategie di business, mediante sottoposizione a stress test dinamico dell'azienda.
[16] 
Ai sensi dell’art. 84 c.c.i.i., “1. Con il concordato preventivo il debitore realizza il soddisfacimento dei creditori mediante la continuità aziendale o la liquidazione del patrimonio.
2. La continuità può essere diretta, in capo all'imprenditore che ha presentato la domanda di concordato, ovvero indiretta, se è prevista dal piano la gestione dell'azienda in esercizio o la ripresa dell'attività da parte di soggetto diverso dal debitore in forza di cessione, usufrutto, conferimento dell'azienda in una o più società, anche di nuova costituzione, o a qualunque altro titolo, ovvero in forza di affitto, anche stipulato anteriormente, purché in funzione della presentazione del ricorso, ed è previsto dal contratto o dal titolo il mantenimento o la riassunzione di un numero di lavoratori pari ad almeno la metà della media di quelli in forza nei due esercizi antecedenti il deposito del ricorso, per un anno dall'omologazione. In caso di continuità diretta il piano prevede che l'attività d'impresa è funzionale ad assicurare il ripristino dell'equilibrio economico finanziario nell'interesse prioritario dei creditori, oltre che dell'imprenditore e dei soci. In caso di continuità indiretta la disposizione di cui al periodo che precede, in quanto compatibile, si applica anche con riferimento all'attività aziendale proseguita dal soggetto diverso dal debitore.
3. Nel concordato in continuità aziendale i creditori vengono soddisfatti in misura prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale diretta o indiretta. La prevalenza si considera sempre sussistente quando i ricavi attesi dalla continuità per i primi due anni di attuazione del piano derivano da un'attività d'impresa alla quale sono addetti almeno la metà della media dei lavoratori in forza nei due esercizi antecedenti il deposito del ricorso. A ciascun creditore deve essere assicurata un'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile. Tale utilità può anche essere rappresentata dalla prosecuzione o rinnovazione di rapporti contrattuali con il debitore o con il suo avente causa.
4. Nel concordato liquidatorio l'apporto di risorse esterne deve incrementare di almeno il dieci per cento, rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale, il soddisfacimento dei creditori chirografari, che non può essere in ogni caso inferiore al venti per cento dell'ammontare complessivo del credito chirografario.”.

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