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Previsioni economiche e consuntivi nel quadro della riforma delle procedure concorsuali*

Silvia Giacomelli, Capo della Divisione Economia e Diritto, Dipartimento di Economia e Statistica, Banca d’Italia

7 Febbraio 2022

*Scritto destinato all’Opera collettanea, a cura di Fondazione Nazionale Dottori Commercialisti e della rivista Diritto della Crisi, dal titolo “Ce lo chiede l’Europa”. Dal recupero dell’impresa in difficoltà agli scenari post-pandemia: 15 anni di riforme. Atti del XXVIII Convegno di Alba del 20 novembre 2021, organizzato da Associazione Albese Studi di Diritto commerciale.
L'autrice affronta funditus secondo un approccio macroeconomico il tema delle prospettive economico-finanziarie delle imprese in crisi, nel quadro delineato dall’Unione Europea.
Riproduzione riservata
1 . Le prospettive macroeconomiche e la situazione economico-finanziaria delle imprese
Il quadro macroeconomico attuale è decisamente migliore rispetto allo scorso anno. Nella figura 1 sono riportate le previsioni della Commissione europea pubblicate a novembre 2021 (Autumn 2021 economic forecast). 

Figura 1 - Tasso di crescita del PIL reale e contributi
 
Grafico

Fonte: European Commission, Autumn 2021 Economic forecast

Per l’anno corrente è prevista per l’Italia una crescita del 6%, per il 2022 una crescita superiore al 4%. Questi numeri sono in linea con le previsioni formulate nello stesso periodo dalla Banca d’Italia e dal governo. Secondo queste previsioni il livello di attività economica tornerebbe ai valori pre-crisi a metà del prossimo anno. 
Si è avuto dunque un rimbalzo molto forte, dopo il crollo del Pil registratosi nel 2020. Ciò è stato favorito, innanzitutto, dal riavvio delle attività economiche, in particolare dei settori che sono stati più colpiti dalle restrizioni alla mobilità e alla chiusura, come quelli dei servizi ed è stato reso possibile dalle misure di politica economica, che per entità sono state senza precedenti in epoca recente. Un ruolo importante è stato svolto dalle misure di sostegno al sistema produttivo. 
Il quadro è dunque positivo, ma esistono dei rischi al ribasso per queste previsioni nel breve termine. Un primo fattore di rischio è sicuramente legato alla possibilità di ripresa della pandemia, di cui stiamo già osservando alcuni segnali. Altri fattori derivano dalle strozzature dal lato dell’offerta che si stanno registrando in tanti settori e in tante economie e del connesso aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime. Nel medio periodo i rischi principali per il nostro Paese sono legati all’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e, più in generale, al possibile rallentamento degli scambi internazionali. 
Anche la situazione economico-finanziaria delle imprese è sensibilmente migliorata rispetto allo scorso anno, grazie alla ripresa della redditività e per il venir meno delle tensioni sul fronte della liquidità. 
Per illustrare l’evoluzione delle condizioni economico-finanziarie delle imprese è interessante innanzitutto considerare l’andamento dei fallimenti. Nella figura 2 è riportato l’andamento dei fallimenti dichiarati per anno.


Figura 2 -
Fallimenti dichiarati per anno

Grafico

Fonte: elaborazioni su dati Infocamere

Il grafico mostra innanzitutto che l’andamento dei fallimenti segue il ciclo economico: i picchi nell’ultimo decennio si sono avuti negli anni immediatamente successivi alla crisi del debito sovrano; con la ripresa dell’economia il numero di fallimenti è calato e prima della pandemia si era stabilizzato intorno a un numero pari a circa 11.000. Nel 2020 si è invece registrato un numero di fallimenti di circa il 30 per cento inferiore a quello del periodo pre-pandemico, nonostante il fortissimo calo della dell’attività economica. 
Questo andamento è illustrato anche nella figura 3, in cui sono riportate le variazioni trimestrali del tasso di crescita dei fallimenti rispetto al corrispondente trimestre del 2019. 



Figura 3 -
Fallimenti: variazioni trimestrali rispetto al 2019

Grafico
Fonte: elaborazioni su dati Infocamere

Nel grafico emerge con evidenza il forte calo del numero di fallimenti verificatosi durante il primo lockdown, anche per effetto dell’introduzione di una temporanea “moratoria sui fallimenti”. Si è verificato poi un rimbalzo nei mesi successivi, ma il tasso di crescita è rimasto sempre negativo, quindi il numero dei fallimenti è sempre rimasto su livelli inferiori a quelli precedenti la crisi pandemica. Neppure nel 2021 il numero di fallimenti si è riportato ai livelli del 2019, anzi i dati relativi al secondo e al terzo trimestre sembrano indicare un nuovo calo. 

Nelle figure 4 e 5 sono riportate rispettivamente le variazioni trimestrali del tasso di crescita delle altre procedure concorsuali (tra cui i concordati preventivi e gli accordi di ristrutturazione) e delle uscite volontarie (liquidazioni volontarie) rispetto al corrispondente trimestre del 2019. 

Figura 4 - Altre procedure concorsuali: variazioni trimestrali rispetto al 2019

Grafico
Fonte: elaborazioni su dati Ministero della Giustizia
 

Figura 5 - Uscite delle società di capitali: variazioni trimestrali rispetto al 2019

Figura
Fonte: elaborazioni su dati Infocamere

Gli andamenti sono molto simili a quelli osservati con riguardo ai fallimenti: anche nel caso delle altre procedure concorsuali si è verificato un forte calo durante il primo lockdown e una ripresa nei mesi successivi, che però è stata addirittura inferiore a quella dei fallimenti; andamenti simili si sono avuti con riguardo alle liquidazioni volontarie. 
Le misure di sostegno al sistema produttivo in vigore nel periodo considerato sembrano aver giocato un ruolo fondamentale nel determinare questi andamenti. Nelle figure 6 e 7 sono riportati dei grafici che forniscono indicazioni a sostegno di questa tesi. 
Nel primo grafico (7) è riportata la composizione settoriale delle imprese fallite nell’anno precedente la crisi e in quello immediatamente successivo. 

Figura 7 - Imprese fallite per settore di attività economica prima e dopo la pandemia

Figura
Fonte: T. Orlando e G. Rodano «L’impatto del Covid-19 sul fallimento e sull’uscita dal mercato delle imprese italiane», Banca d’Italia, Note Covid.


Il grafico indica che la composizione settoriale delle imprese fallite non presenta differenze rilevanti nel periodo precedente e in quello successivo allo scoppio della pandemia, nonostante la crisi pandemica abbia colpito i settori produttivi in misura molto diversa. Nel secondo grafico (8) è riportata la correlazione tra l’intensità dello shock subito dai vari settori, misurato dalla variazione del tasso di crescita dei ricavi, e il take-up delle misure di sostegno da parte delle imprese. 

Figura 8 -
Intensità dello shock da Covid-19 e take-up delle moratorie

Figura
Fonte: T. Orlando e G. Rodano «L’impatto del Covid-19 sul fallimento e sull’uscita dal mercato delle imprese italiane», Banca d’Italia, Note Covid.

Il grafico in particolare riguarda le moratorie sui prestiti, ma si ottengono risultati simili da un punto di vista qualitativo se si considera l’accesso ai prestiti con garanzie pubbliche o ai contributi a fondo perduto. Si vede chiaramente che l’utilizzo di queste misure è stato più intenso nei settori maggiormente colpiti. Nel complesso emerge dunque l’effetto positivo delle misure di sostegno nell’impedire l’insolvenza delle imprese, in particolare nei settori più colpiti dalla crisi. 
L’analisi degli andamenti della qualità del credito bancario fornisce ulteriori evidenze dell’effetto delle misure di sostegno. La figura 9 riporta il flusso di ingresso di nuovi prestiti deteriorati in rapporto a quelli in bonis

Figura 9 - La qualità del credito

Figura


Fonte: Banca d’Italia, Rapporto sulla Stabilità Finanziaria, 2, 2021; elaborazioni su dati Centrale dei rischi.

Anche con riferimento a questa variabile è evidente come l’andamento sia molto correlato con il ciclo economico. Emergono infatti chiaramente gli incrementi che ci sono stati nei due precedenti episodi di crisi: la crisi finanziaria globale e quella del debito sovrano hanno determinato un forte aumento dei tassi di ingresso dei crediti tra i deteriorati. Vediamo invece che nell’ultimo anno, nonostante la forte riduzione dell’attività economica, questo flusso si è attestato su livelli storicamente bassi (nell’ultima rilevazione è risultato pari all’uno per cento).
Il quadro rappresentato pur nel complesso positivo presenta però dei rischi di deterioramento.
Un primo insieme di rischi è legato alle evidenze appena illustrate sugli andamenti delle procedure concorsuali e, più in generale delle uscite delle imprese. Se consideriamo il biennio 2020-21 possiamo calcolare che si è determinato un gap di fallimenti pari a circa 5.000 casi (calcolato considerando la differenza tra i fallimenti nel 2019 e il numero di fallimenti in ciascuno dei due anni successivi). Se consideriamo anche il calo che si è avuto nelle altre procedure concorsuali, la gran parte delle quali è costituita da concordati liquidatori, il gap complessivo ammonta a circa 6.500 procedure concorsuali. Perché la presenza di questo gap desta preoccupazione? Per due ordini di motivi.
Un primo motivo è il gap indica che sono ancora sul mercato un certo numero di imprese che nel mondo pre-pandemico - in assenza dello shock, ma anche del sostegno pubblico - sarebbero presumibilmente uscite. Queste uscite, in particolare di imprese insolventi, potrebbero verificarsi nei prossimi mesi, e sommandosi a quelle correnti determinare un effetto di congestione nei tribunali nella loro gestione.
Un ulteriore fattore di preoccupazione è legato a considerazioni di medio-lungo periodo. Nell’ultimo biennio abbiamo assistito a una sorta di blocco del processo di uscita delle imprese dal mercato. L’uscita delle imprese meno efficienti e produttive è un evento assolutamente fisiologico da un punto di vista economico (infatti ogni anno tantissime imprese escono dal mercato). Questo processo consente la riallocazione delle risorse nel sistema produttivo a vantaggio delle imprese “migliori” e questo nel medio-lungo periodo è un fattore importante nel determinare la crescita della produttività del sistema. La permanenza di misure che incidono sui meccanismi di uscita oltre quanto necessario a ridurre l’impatto negativo della crisi pandemica nel breve periodo potrebbe dunque generare degli effetti non desiderati nel medio-lungo periodo.
Altri fattori di rischio sono legati all’aumento della leva finanziaria. Sappiamo che le misure a sostegno della liquidità, in particolare i prestiti garantiti, hanno consentito di superare le tensioni sulla fronte della liquidità, però, inevitabilmente, hanno determinato anche un aumento della leva finanziaria delle imprese. Abbiamo poi i fattori di rischio legati ai possibili shock negativi alla redditività delle imprese; in questa fase tali rischi sono collegati alla ripresa della pandemia, quindi a possibili riduzioni nella mobilità delle persone (imposte o volontarie) e a chiusure delle attività economiche. 
Infine, un ulteriore fattore di attenzione è legato alla definizione delle modalità di “ritiro” delle misure di sostegno. Poiché, come abbiamo visto, queste misure hanno attutito gli effetti negativi della crisi, per evitare che i risultati raggiunti siano annullati, è importante che il loro ritiro avvenga in maniera graduale in coerenza con l’evoluzione della complessiva situazione economica. L’eliminazione delle misure di sostegno è un processo già avviato ed è già possibile valutarne i primi effetti. I dati pubblicati nel Rapporto sulla stabilità finanziaria appena pubblicato (n. 2/2021) indicano che circa i 2/3 delle imprese che sono uscite dalle moratorie stanno pagando regolarmente e che circa 1/4 delle imprese con moratorie ha chiesto la proroga. Un segnale invece meno positivo emerge considerando che, tra le imprese beneficiarie di misure di sostegno (moratorie, prestiti garantiti e contributi a fondo perduto) quelle che hanno ancora moratorie in essere sono le più rischiose (in questo caso la misura considerata è la probabilità di default ricavabile dai modelli di valutazioni del credito delle banche)[1]. 
2 . Che cosa ci chiede l’Europa
Nell’ambito del diritto all’insolvenza l’Europa ci chiede due cose: 1) disporre di strumenti di ristrutturazione efficaci e 2) di procedure di liquidazione che garantiscano tempi brevi e tassi elevati di recupero per i creditori. Consideriamo questi due diversi ambiti partendo dagli strumenti di ristrutturazione. 
Qual era la situazione nell’utilizzo degli strumenti di ristrutturazione in Italia prima della pandemia? Nella figura 10 sono riportate alcune evidenze tratte dalle analisi che sono state condotte nell’ambito di un progetto di ricerca europeo coordinato, tra gli altri, da Lorenzo Stanghellini e da Christoph Paulus, al quale ha partecipato anche la Banca d’Italia. In particolare, nel grafico sono riportate le dimensioni di un campione di imprese che hanno utilizzato gli accordi ristrutturazione e i concordati preventivi in continuità. 


Figura 10
- Consistenza dell’attivo delle imprese prima dell’avvio della procedura

Figura

Fonte: A. Danovi, J. Donati, I. Forestieri, T. Orlando e A. Zorzi, “Procedure concorsuali in continuità aziendale: accordi di ristrutturazione e concordati preventivi in Italia”, Banca d’Italia, Quaderni di Economia e finanza, N. 574, luglio 2020.

Da questo grafico emerge un risultato molto importante: questi strumenti, in particolare gli accordi di ristrutturazione, sono tipicamente utilizzati da imprese medio-grandi. Questo risultato sembra indicare che i costi di accesso a queste procedure, sia per i debitori, sia per i creditori, sono elevati. Per favorire le ristrutturazioni appare dunque importante agire su questo fattore.
Un ulteriore elemento di grande interesse che è emerso da queste analisi è che tipicamente si arriva molto tardi a gestire la crisi con questi strumenti (ad esempio, per gli accordi di ristrutturazione abbiamo visto che l’avvio della procedura avveniva dopo circa 15 mesi da quando la relativa esposizione era già stata classificata come credito deteriorato). Infine, è emerso che le ristrutturazioni raramente sono risolutive: tipicamente esse prevedono proroghe e allungamenti delle scadenze dei prestiti, raramente riduzioni del debito, e ancor più raramente sono accompagnate da interventi sul piano industriale.
Il nuovo strumento della composizione negoziata agisce su alcuni dei fattori di ostacolo alle ristrutturazioni sopra indicati (ad esempio, può favorire la tempestiva emersione della crisi e ridurre i costi di accesso). Un ulteriore miglioramento del quadro giuridico potrà derivare dal recepimento in corso della Direttiva 2019/1023.
Un fattore di cui bisognerà tenere conto per valutare le prospettive future con riguardo alla gestione delle crisi attraverso operazioni di ristrutturazione del debito è che in questo settore stanno cambiando, dal lato dei creditori, gli attori in gioco.
Nella figura 11 sono riportate le evidenze dell’indagine annuale sulla cessione dei crediti della Banca d’Italia, dalla quale emerge un dato molto interessante: negli ultimi due anni di crisi, sebbene ci sia stato un calo della cessione dei crediti, sta crescendo la quota di cessioni di crediti deteriorati diversi dalle sofferenze, quindi sostanzialmente di crediti unlikely to pay (UTP). 


Figura 11
- Cessione di crediti deteriorati

Figura
Fonte: Banca d’Italia, Rapporto sulla Stabilità Finanziaria, 2, 2021; indagine annuale sulla cessione dei crediti deteriorati.

Questo ci indica che sempre di più nel futuro sul mercato agiranno nuovi player, diversi dalle banche, con i quali i debitori dovranno confrontarsi. L’auspicio è che entrino operatori in grado di apportare competenze specifiche e nuova finanza, favorendo in tal modo le ristrutturazioni. 
Con riguardo alle ristrutturazioni, dunque, i cambiamenti in corso con riguardo sia al quadro giuridico sia al mercato consentono di guardare con un certo grado di ottimismo al futuro.
La seconda cosa che ci chiede l’Europa è la riduzione dei tempi di recupero dei crediti attraverso le procedure giudiziali e su questo fronte la situazione è sicuramente più critica.
Nella figura 12 sono riportati i dati di un’indagine dell’autorità bancaria europea (EBA) condotta prima della pandemia, su un campione di banche europee. 
 

 |  Figura 12 - I tempi delle procedure di recupero in Europa


Figura

Fonte: European Banking Authority, «Report on the Benchmarking of National Loan Enforcement Frameworks», 2020.

Il paese che è all’estrema destra della distribuzione, quello in cui le banche hanno riportato i tempi più lunghi per il recupero dei crediti per via giudiziale è l’Italia. È un ambito in cui è assolutamente necessario intervenire, non solo perché ce lo chiede l’Europa, ma perché è essenziale per il funzionamento del mercato del credito e quindi per il sistema economico nel complesso. 
Vorrei concludere con una riflessione sull’opportunità rappresentata dal PNRR (abbiamo visto che cosa ci chiede l’Europa, consideriamo ora che cosa ci dà l’Europa). Come noto, nei prossimi anni l’Italia avrà a disposizione una ingente quantità di risorse che possono essere utilizzate per la realizzazione di investimenti per modernizzare e rendere più competitivo il nostro sistema produttivo. Con le medesime finalità, nell’ambito del PNRR ci viene richiesto anche di realizzare riforme in molti ambiti del contesto istituzionale, tra i quali, la riforma della pubblica amministrazione, quella della giustizia e l’introduzione di misure a favore della concorrenza (tali riforme sono definite nel PNRR orizzontali e abilitanti).
Con riguardo alle misure di riforma della giustizia, nel PNRR presentato dal governo italiano sono previsti interventi di carattere normativo, inclusi quelli in materia di insolvenza, e misure di carattere organizzativo (tra cui il completamento della digitalizzazione del sistema e il rafforzamento delle strutture dell’ufficio del processo). Il PNRR prevede l’introduzione di milestones con riguardo all’attuazione delle riforme e di obiettivi di performance. In particolare, per quanto riguarda la giustizia, gli obiettivi di performance sono relativi a due componenti: 1) la riduzione dell’arretrato, in particolare di quello ultra-triennale; 2) la riduzione della durata dei procedimenti di contenzioso civile e commerciale. 
Le aspettative che le misure del PNRR possano condurre a miglioramenti sostanziali nel funzionamento della giustizia civile in Italia sono molto elevate. In questo contesto non è però scontato che questi miglioramenti possano riguardare in egual misure tutte le procedure e le attività condotte nei tribunali e in particolare le procedure di recupero dei crediti (esecuzioni e fallimenti) per le quali non sono previsti degli obiettivi specifici di riduzione delle durate. Ciò può trovare giustificazione per il fatto che tali procedure che non sono sotto il completo controllo del sistema giudiziario, vi sono anche altri attori e fattori che giocano un ruolo fondamentale nel determinarne l’efficacia: i professionisti e le condizioni del mercato. È tuttavia importante assicurare che, nonostante la mancata previsione di target, dalle riforme e dalle misure organizzative derivino significativi miglioramenti anche con riguardo alla gestione di tali procedure.
3 . Conclusioni
Siamo in una situazione in cui l’economia è in forte ripresa, le misure di sostegno che sono state adottate durante la crisi sono state molto efficaci nel contenere gli effetti della crisi pandemica. Questi due fattori stanno determinando un miglioramento della situazione economico finanziaria delle imprese, che però rimane soggetta ad alcuni rischi. In questa fase, la disponibilità di strumenti giuridici efficaci per la liquidazione e la ristrutturazione sarà particolarmente importante per affrontare le eredità negative che la crisi ci sta lasciando. È in corso un importante processo di riforma, è importante che le opportunità che ne derivano per migliorare il funzionamento delle nostre istituzioni economiche vengano pienamente colte.

Note:

[1] 
Sull’andamento dei fallimenti e, più in generale, delle uscite dal mercato delle imprese italiane dall’inizio della pandemia, si veda, più recentemente, Banca d’Italia, Nota Covid-19, 24 gennaio 2022, a cura di T. Orlando e G. Rodano, disponibile al link https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/note-covid-19/2022/nota_covid_fallimenti_ita_24_gen_2022.pdf

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