Finalmente anche la Corte di Cassazione (Cass. 20602/2022) si accorge della “palese frizione tra la costruzione che ammette il Curatore fallimentare all’eccezione di prescrizione presuntiva, negando al contempo al preteso creditore di avvalersi del giuramento, ed il principio di parità delle parti, «cardine della disciplina del giusto processo»”
Nella recentissima sentenza in commento, la SC enuncia il seguente principio di diritto:
«A fronte dell’insinuazione al passivo fallimentare di un credito maturato in forza di un rapporto riconducibile alla previsione dell’articolo 2956, n. 2, c.c., eccepita dal curatore fallimentare la prescrizione presuntiva e deferitogli dal preteso creditore il giuramento decisorio, la dichiarazione del curatore di non essere a conoscenza se il pagamento sia avvenuto o meno, costituisce mancato giuramento».
Fa piacere leggere che anche la SC -a volte- avverte che un suo orientamento è ormai diventato anacronistico.
La recente pronuncia della SC ha il coraggio di ribaltare una giurisprudenza della Corte di cassazione - al giorno d’oggi incomprensibile ed irragionevole - che, difronte al potere del curatore fallimentare di avvalersi dell’eccezione di prescrizione presuntiva, nega(va) la possibilità di deferire al medesimo curatore il giuramento decisorio.
Chi scrive condivide in pieno (e ha provato invano a sostenere per anni tale tesi dinanzi ai giudici di merito) le parole del Supremo Collegio che – per la loro chiarezza e logicità - si riportano verbatim: “Le criticità che l’orientamento così riassunto provoca sono evidenti. La disciplina delle prescrizioni presuntive trova tra l’altro applicazione, ai sensi dell’articolo 2956, numero 2, c.c., con riguardo al diritto dei professionisti al compenso per l’opera prestata e per il rimborso delle correlative spese, opera di cui, evidentemente, è tutt’altro che raro che gli imprenditori commerciali abbiano a servirsi, sicché ricorre con larga frequenza, nella pratica, il caso del professionista che, nell’insinuarsi al passivo del fallimento, si veda opporre dal Curatore fallimentare la prescrizione presuntiva. In tale frangente il preteso creditore, a fronte dell’indirizzo giurisprudenziale riassunto, è sostanzialmente disarmato e posto con le spalle al muro; dinanzi all’eccezione di prescrizione presuntiva, difatti, la legge gli riserva esclusivamente il ricorso al giuramento, per tale ragione talora definito in dottrina come «necessario», ai sensi dell’articolo 2960 c.c. Ma, se il preteso creditore non può avvalersi, per le ragioni già viste, del deferimento del giuramento decisorio, le sorti della lite parrebbero segnate”.
La sentenza in commento - quindi - cerca di ristabilire il principio di parità delle parti in causa (cardine della disciplina del giusto processo), alle quali vanno accordati strumenti tecnico-processuali idonei ad influire sulla formazione della decisione giurisdizionale.
E lo fa partendo da una considerazione tanto banale quanto condivisibile: la prescrizione presuntiva nasce in contesti storici e commerciali non più attuali; tale istituto risponde(va) al bisogno di un particolare tipo di creditori di essere pagati subito, ed all’abitudine dei debitori di pagare certi debiti senza lungo ritardo e senza chiedere quietanza.
Però, oggi siamo nel 2022 e viviamo nel mondo dei pagamenti elettronici tracciabili.
Ergo, è meglio rivedere una lettura anacronistica del dato normativo piuttosto che continuare a tollerare una distorsione della realtà (posizione non paritaria delle parti) così evidente.
Se chi eccepisce la prescrizione presuntiva afferma implicitamente (ma ineluttabilmente) di aver pagato e se al creditore è dato soltanto deferire il giuramento, allora - si legge ancora nella sentenza in commento - è palese che l’eccezione di prescrizione presuntiva ed il deferimento del giuramento decisorio vanno di pari passo: simul stabunt simul cadent.
Non sarebbe conforme al sistema, perciò, ammettere che il debitore possa eccepire la prescrizione presuntiva e che il creditore non possa, beninteso utilmente, almeno in potenza, avvalersi del giuramento decisorio.
Calando i ragionamenti sulla prescrizione presuntiva e sul giuramento decisorio nell’ambito della verifica dei crediti fallimentare, la Corte mostra ancora quell’indispensabile “senso pratico” che – ad avviso dello scrivente – non dovrebbe mai mancare anche nei ragionamenti dei giudici di legittimità.
Il Supremo Collegio è consapevole che la «dichiarazione di ignorare» del curatore è quella che realisticamente, fisiologicamente, è più facile attendersi.
Realisticamente, il curatore non ha modo di sapere se il credito avverso il quale egli formula l’eccezione è stato o non è stato pagato. Anche perché se egli avesse rinvenuto la quietanza del pagamento non avrebbe ragione di eccepire (o almeno di eccepire soltanto) la prescrizione presuntiva, potendosi avvalere della risolutiva eccezione di pagamento.
Riconoscere alla dichiarazione del curatore di non sapere se il pagamento è stato o no effettuato il valore di giuramento prestato in senso favorevole al giurante significherebbe, dunque, vanificare l’effettività dello strumento attribuito al creditore a fronte dell’eccezione di prescrizione presuntiva, e dunque rompere l’equilibrio tra i due corni, che invece simul stabunt simul cadent.
Concludendo, la SC afferma che “Una volta riconosciuto il potere di formulare l’eccezione di prescrizione presuntiva in capo al curatore, e la correlativa possibilità di deferirgli il giuramento de scientia, … occorre ammettere che la «dichiarazione di ignorare» produce nei confronti del curatore gli stessi effetti che la medesima dichiarazione ha in caso di giuramento de veritate.