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Norme fiscali non omogenee tra liquidazione controllata e liquidazione giudiziale

Secondo l’Amministrazione finanziaria alla liquidazione controllata si applicano le norme fiscali ordinarie del TUIR in materia di reddito d’impresa, senza interruzione del periodo d’imposta né applicazione del maxi-periodo d’imposta. 

Massimo Zuccato, Dottore Commercialista in Verona

27 Novembre 2024

Interpello Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 956-1729 del 21/11/2024 ha sancito che “in mancanza di specifiche disposizioni normative, in caso di liquidazione controllata (omissis) continuano a trovare applicazione le regole ordinarie per la determinazione del reddito imponibile e non si applica, in via estensiva, la disciplina di cui all’articolo 183 del TUIR”. 
Riproduzione riservata
1 . La disciplina concorsuale della liquidazione controllata
La procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato è disciplinata dagli articoli 268 e ss del CCII, nell’ambito del Capo IX del Titolo V rubricato “liquidazione giudiziale e liquidazione controllata”. 
L’istituto può essere aperto a seguito di ricorso al Tribunale che può essere richiesto o personalmente da parte del debitore in stato di sovraindebitamento, con l’assistenza dell’OCC, oppure da un creditore, nel caso in cui il debitore sia in stato di insolvenza. Trattandosi di procedura riferita a soggetto sovraindebitato, ne deriva che possa trovare applicazione esclusivamente ai soggetti meglio indicati all’art. 2, comma 1, lettera c) CCII (consumatore, professionista, imprenditore minore, imprenditore agricolo, start-up innovative e debitori non assoggettabili alla liquidazione giudiziale). 
Nel caso di presentazione del ricorso da parte di un creditore, l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati deve essere maggiore ad Euro 50.000 e deve essere allegata una relazione, redatta dall’OCC, che esponga una valutazione sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda, che illustri la situazione economico-patrimoniale e finanziaria del debitore, le cause dell’indebitamento e la diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni. 
Nel caso di ricorso da parte di un creditore, invece, non si avrà apertura della liquidazione controllata se l’OCC, su richiesta del debitore, attesta che non è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori. 
Con la sentenza di apertura della procedura, il Tribunale nomina il giudice delegato e il liquidatore, che ha un ruolo e svolge attività simili a quelle di un Curatore nella liquidazione giudiziale.
2 . La società in procedura ed oggetto dell’interpello
La società in nome collettivo per la quale è stata proposta istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate è stata posta in liquidazione controllata nel gennaio 2024, su richiesta di un creditore. 
Più in dettaglio, il creditore istante (nel caso specifico una società in fallimento) aveva depositato ricorso al Tribunale di Verona per la dichiarazione di liquidazione giudiziale ex art. 40 e 41 o, in subordine, per la dichiarazione di liquidazione controllata ex art. 268 CCII della società debitrice e dei soci illimitatamente responsabili, a seguito del mancato pagamento di un credito per spese legali liquidate in altra sentenza. 
All’udienza fissata ai sensi dell’art. 41 CCII, la società e i soci hanno eccepito, tra gli altri aspetti, la carenza dei presupposti di cui agli artt. 2 e 121 CCII, posto che la debitrice rientrava nella definizione di impresa minore. Alla luce di ciò, il Tribunale, rigettata la domanda svolta in via principale e volta all’apertura della liquidazione giudiziale della società, rilevato tuttavia lo stato di insolvenza della debitrice e l’esistenza di debiti scaduti e non pagati superiori ad Euro 50.000, ha disposto l’apertura della procedura concorsuale della liquidazione controllata.
3 . L’interpello
La società sottoposta a liquidazione controllata svolgeva attività di compravendita di beni immobili. Nell’ambito di tale attività -e in corso della procedura- la debitrice, proprietaria di un immobile, era intenzionata a cederlo tramite vendita competitiva. Le prospettive della cessione lasciavano prevedere un corrispettivo di vendita dell’immobile superiore al costo fiscale riconosciuto, con l’emersione, quindi, di una potenziale plusvalenza fiscale ai fini delle imposte dirette. Gli organi della procedura, quindi, si interrogavano circa la necessità di applicare alla liquidazione controllata le regole ordinarie di determinazione del reddito d’impresa ovvero se si potessero applicare le norme fiscali previste dal TUIR per la liquidazione giudiziale. Le condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione dell’applicazione o meno della tassazione in via ordinaria della eventuale plusvalenza patrimoniale tra il valore di vendita e il costo di acquisto (oltre agli oneri accessori) oppure l’applicazione delle norme tributarie riservate al fallimento prima, e alla liquidazione giudiziale poi derivavano, infatti, dal fatto che la società debitrice era sottoposta alla peculiare, e non ancora così comune, procedura di liquidazione controllata. 
Data tale incertezza, la procedura ha ritenuto indispensabile presentare interpello all’Agenzia delle Entrate ex art. 11, comma 1, lettera a) della legge 212/2000, c.d. Statuto del Contribuente. 
La procedura, nella soluzione proposta all’interno dell’interpello, ha rilevato come la relazione illustrativa all’art. 268 del CCII indichi che “la liquidazione controllata è il procedimento, equivalente alla liquidazione giudiziale, finalizzato alla liquidazione del patrimonio del consumatore, del professionista, dell’imprenditore agricolo, dell’imprenditore minore e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale, che si trovi in stato di crisi o di insolvenza”, ritenendo, quindi, che le procedure di liquidazione controllata e giudiziale potessero sostanzialmente ritenersi equipollenti, salve le differenze, di carattere soggettivo, dei debitori cui potevano accedervi. 
La soluzione indicata dal contribuente, quindi, proponeva che al caso in esame non dovessero essere applicati gli art. 85 e 86 del TUIR, in quanto la procedura di liquidazione controllata (c.d. procedura minore) doveva ritenersi equivalente alla procedura della liquidazione giudiziale (c.d. procedura maggiore). 
Per tale motivo, il contribuente, nell’ambito dell’interpello, proponeva l’applicazione anche alla società in liquidazione controllata, per estensione, dell’art. 183 TUIR, con necessaria determinazione del reddito di impresa relativo al maxi-periodo dall’inizio alla chiusura del procedimento concorsuale e fondato esclusivamente sulla differenza tra il residuo attivo e il patrimonio netto dell’impresa all’inizio della procedura concorsuale.
4 . La soluzione interpretativa dell’Agenzia delle Entrate
La risposta all’interpello fornita dall’Agenzia delle Entrate, invece, non ritiene che le due procedure (liquidazione controllata e liquidazione giudiziale) possano essere equiparate, nell’ambito della normativa fiscale del TUIR. Secondo il parere dell’Amministrazione finanziaria, infatti, non è “rinvenibile, nel CCII, un rinvio generale ed esplicito alla disciplina dettata per la liquidazione giudiziale (analogo a quello contenuto, nell’articolo 74, comma 4, del CCII per il concordato minore), essendosi limitato il legislatore ad effettuare sporadici rimandi a specifiche disposizioni”. 
Posta la mancanza di specifici rinvii normativi, secondo l’Amministrazione finanziaria, non è sufficiente, per equiparare le due procedure, quanto indicato nella relazione illustrativa ove la liquidazione controllata viene definita “equivalente” alla liquidazione giudiziale. Di conseguenza, secondo l’Agenzia delle Entrate, le disposizioni dell’art. 183 del Tuir possono trovare applicazione esclusivamente alla liquidazione giudiziale. 
Per l’Amministrazione finanziaria ne consegue che per i debitori assoggettati a liquidazione controllata “in mancanza di norme ad hoc, il reddito di impresa continua ad essere determinato secondo le regole ordinarie … , senza che trovino applicazione le previsione dell’articolo 183 del TUIR”. 
L’Amministrazione finanziaria, infine, prende atto che dalla delega alla riforma fiscale, emerge una volontà legislativa volta ad equiparare il trattamento fiscale tra tutti gli istituti disciplinati dal CCII, distinguendoli esclusivamente tra istituti liquidatori o di risanamento. Tuttavia, l’Amministrazione Finanziaria non può che rilevare che “all'attualità, a quanto consta, lo schema del decreto legislativo delegato che dovrebbe contenere la revisione del regime impositivo dei redditi (IRPEF e IRES) e (anche) le previsioni relative alla disciplina fiscale degli istituti disciplinati dal CCII è stato solo approvato ''in esame preliminare'' dal Consiglio dei Ministri”. 
Conseguentemente, mancando specifiche disposizioni normative, alla liquidazione controllata “continuano a trovare applicazione le regole ordinarie per la determinazione del reddito imponibile e non si applica, in via estensiva, la disciplina di cui all'articolo 183 del Tuir”. 
L’interpello dell’Amministrazione Finanziaria è tanto più rilevante se si considera che la posizione indicata non riguarda solamente il tema dell’assoggettabilità o meno di una plusvalenza alla tassazione ordinaria ma, più genericamente, implica che l’intero articolo 183 del TUIR non possa trovare, per il momento, applicazione alla liquidazione controllata.
5 . Conclusioni
La similitudine, non solo nomenclativa, tra le due procedure concorsuali è sicuramente molto evidente e derivante da molteplici fattori. Tra gli altri, ad esempio: 
- la disciplina di entrambi gli istituti è riportata nel medesimo titolo del CCII denominato, per l’appunto, “liquidazione giudiziale e liquidazione controllata”; 
- la relazione illustrativa al CCII, come sopra menzionata, esplicita chiaramente che “la liquidazione controllata è il procedimento, equivalente alla liquidazione giudiziale, finalizzato alla liquidazione del patrimonio del consumatore, del professionista, dell’imprenditore agricolo, dell’imprenditore minore e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale, che si trovi in stato di crisi o di insolvenza”. 
A distanza ormai di 5 anni rispetto all’emanazione del CCII, Vi è ancora uno scollamento con la disciplina fiscale, in particolare proprio nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento. Tali norme, non presenti nella vecchia legge fallimentare, ma introdotte dalla Legge n. 3 del 2012, sono state trasfuse, pur se con modifiche ed aggiornamenti, nel CCII senza la necessaria e contestuale evoluzione della normativa fiscale. 
Come rilevato dall’Agenzia delle Entrate, l’attuazione della legge delega potrebbe (e dovrebbe) sanare tale distonia, nel caso in cui venissero approvati i decreti attuativi specifici alla materia. 
Non si può rilevare come, rebus sic stantibus, l’interpretazione prospettata dall’Agenzia, quantomeno nel caso esaminato dall’interpello, potrebbe provocare un deprimento alle aspettative di recovery dei creditori della procedura. È evidente, infatti, che nel caso in esame le somme ricavabili dalla liquidazione dell’attivo (e, di conseguenza, disponibili per il riparto finale a favore dei creditori) verrebbero ridotte dagli importi dovuti a titolo di imposte dirette sulla plusvalenza di cessione. D’altra parte, però, applicandosi la normativa ordinaria di determinazione del reddito d’impresa, si potrebbero ipotizzare costi fiscalmente deducibili che, invece, non avrebbero avuto rilevo con l’applicazione dell’articolo 183 del TUIR. 
In conclusione, però, non si può non rilevare che, stante l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, allo stato si assista ad un diverso trattamento nell’ambito dell’imposizione diretta tra debitori (imprenditori, anche sotto forma di società e loro soci illimitatamente responsabili) che si trovino sostanzialmente nella medesima situazione (ovvero uno stato di insolvenza, con conseguente assoggettamento ad una procedura liquidatoria di carattere “non volontario”) che si ripercuote, alla fine, in una differente soddisfazione dei loro creditori.

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