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Saggio

Le misure transitorie “anti-Covid 19” *

Marco Spadaro, Avvocato in Siracusa

28 Febbraio 2022

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Lo scritto offre un’analisi approfondita delle regole transitorie che assicureranno l’innesto nel sistema degli istituti di nuovo conio. 
Riproduzione riservata
1 . Premessa
Il D.L. 118/2021 ha introdotto nuove misure, straordinarie e transitorie, volte a contenere gli effetti della pandemia sui concordati preventivi pendenti e, allo stesso tempo, ha esteso la operatività di una precedente disposizione, della stessa natura e avente lo stesso fine, emessa nel cd. periodo emergenziale.
In particolare, l’art. 21 ha modificato l’art. 9, comma 5-bis, del Decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (cd. Decreto Liquidità), convertito, con modificazioni, dalla Legge 5 giugno 2020, n. 40, estendendo al 31 dicembre 2022 il periodo entro il quale è consentito all’imprenditore in crisi di uscire dalla fase introdotta con il ricorso ai sensi dell’articolo 161, comma 6, l.fall. ricorrendo al piano attestato di cui all’articolo 67, comma 3, lettera d), l.fall.
L’art. 22 ha stabilito che sino al permanere dello stato di emergenza collegato alla pandemia da Covid-19, il termine di cui all’articolo 161, comma 6, l.fall. è compreso fra sessanta e centoventi giorni anche quando pende il procedimento per la dichiarazione di fallimento ed è prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni.
L’art. 23 ha sancito l’improcedibilità, fino 31 dicembre 2021, dei ricorsi per la risoluzione del concordato preventivo e dei ricorsi per la dichiarazione di fallimento proposti nei confronti di imprenditori che hanno presentato domanda di concordato preventivo con continuità aziendale ai sensi dell’articolo 186-bis l.fall., omologato in data successiva al 1° gennaio 2019.
Tutte le suddette disposizioni sono entrate in vigore il 25/08/2021, data di pubblicazione del D.L. 118/2021 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
2 . L’improcedibilità dei ricorsi volti alla risoluzione del concordato preventivo ed alla dichiarazione di fallimento del debitore
L’art. 23 del D.L. 118/2021 stabilisce, al comma 1, che sono improcedibili fino al 31 dicembre 2021 i ricorsi per la risoluzione del concordato preventivo e i ricorsi per la dichiarazione di fallimento proposti nei confronti di imprenditori che hanno presentato domanda di concordato ai sensi dell’articolo 186-bis l.fall., omologato in data successiva al 1° gennaio 2019. 
La norma rientra tra le misure cd. emergenziali che, a far data dall’anno 2020, sono state emanate per contrastare gli effetti dell’emergenza epidemiologica da Covid-19[1] ed ha lo scopo di contenere l’impatto della pandemia[2] sui concordati omologati dopo il 1° gennaio 2019 rispetto ai quali è ragionevole presumere una certa difficoltà, per gli imprenditori, di mantenere gli impegni assunti con la proposta, secondo il piano omologato[3].
La nuova disposizione si accompagna all’art.9, comma 1, del citato Decreto Liquidità, che stabilisce che i termini di adempimento dei concordati preventivi (nonché degli accordi di ristrutturazione, degli accordi di composizione della crisi e dei piani del consumatore omologati), aventi scadenza in data successiva al 23 febbraio 2020, siano prorogati di sei mesi. Invero tale proroga, per come evidenziato dallo stesso Legislatore dell’emergenza, dovrebbe avere già “evidenti riflessi anche sul meccanismo di risoluzione dei concordati ex art. 186 l.fall.”[4]. Come è stato opportunamente osservato, infatti, il differimento dei termini di adempimento dovrebbe trascinare con sé anche quello di emersione dell’eventuale inadempimento e, quindi, del diritto a chiedere la risoluzione del concordato[5]. Ma è noto quell’orientamento, assai consolidato, che ammette la possibilità di dichiarare risolto il concordato preventivo anche quando i termini finali di adempimento non siano ancora scaduti ma sia, comunque, emersa l’incapacità del debitore di soddisfare i creditori nella misura proposta ed omologata[6]. In caso di concordato con continuità aziendale, in particolare, è stato affermato che la risoluzione per inadempimento può avvenire anticipatamente quando l’analisi dei risultati della gestione economica della società non offra previsioni certe e ravvicinate di profitti da destinare all'adempimento delle obbligazioni concordatarie[7], sia evidente la mancata realizzazione degli obiettivi del piano e sia probabile, in base ad una ragionevole previsione, rimessa al prudente apprezzamento del giudice, che la proposta non possa più essere adempiuta[8]. L’art. 23 del D.L. 118/2021 tende, dunque, a neutralizzare temporaneamente iniziative di tal sorta, sul condivisibile presupposto che la gestione economica – finanziaria dell’impresa in continuità aziendale possa essere negativamente condizionata dalla pandemia e che, cessati o diminuiti gli effetti della stessa, il piano possa ritenersi ancora in “ragionevole corso di attuazione” [9]. 
Per effetto dell’applicazione delle citate due norme emergenziali, dunque, i termini di adempimento di tutti i concordati preventivi già omologati, aventi scadenza in data successiva al 23 febbraio 2020, sono prorogati di sei mesi. Per i soli concordati con continuità aziendale omologati dopo il 1° gennaio 2019 non può essere dichiarata la risoluzione per inadempimento e non può essere dichiarato il fallimento del debitore fino al 31 dicembre 2021. 
Stando alla dichiarata ratio della disposizione, l’improcedibilità di cui all’art. 23 dovrebbe riguardare i concordati in corso di esecuzione, anche per effetto della proroga dei termini di adempimento disposta dall’art. 9, comma 1, del Decreto Liquidità. Essa non dovrebbe riguardare, invece, i concordati i cui termini di adempimento siano già definitivamente scaduti alla data di entrata in vigore della norma (25/08/2021) e, dunque, ormai inadempiuti a quella data. Ove la norma dovesse ritenesse applicabile anche a questi concordati, allora dovrebbe ritenersi prorogato (per un periodo di tempo pari a quello per cui è stabilita l’improcedibilità) il termine di decadenza annuale stabilito dall’art. 186, comma 3, l.fall., per agire per la risoluzione, pena una irragionevole riduzione di quest’ultimo in pregiudizio ai creditori[10]. 
L’ambito di operatività dell’art. 23 del D.L. 118/2021 è limitato ai concordati preventivi con continuità aziendale, omologati ai sensi dell’articolo 186-bis l.fall. E ciò tanto nel caso di continuità aziendale diretta da parte del debitore, quanto in ipotesi di continuità cd. indiretta, attuata cioè mediante la cessione dell’azienda a terzi, unica essendo la disciplina[11]. La norma dovrebbe applicarsi anche ai concordati aventi natura mista cioè con piano che preveda sia la continuità aziendale che la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa. Sulla disciplina applicabile a tali concordati[12], di recente, è intervenuta la Corte di Cassazione, la quale ha chiarito che il concordato preventivo in cui sia prevista una qualsiasi consistenza di prosecuzione dell’attività aziendale è regolato nella sua interezza, salvi i casi di abuso, dalla disciplina speciale prevista dall’art. 186-bis l.fall.[13]. 
Il meccanismo processuale prescelto dal legislatore per inibire temporaneamente le azioni di risoluzione dei concordati e i ricorsi per la dichiarazione di fallimento è quello della improcedibilità. Al riguardo la nuova norma evoca l’art. 10, comma 1, del Decreto Liquidità, che sanciva l’improcedibilità delle istanze di fallimento depositate nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020. Si ripropongono, dunque, i medesimi dubbi già germinati da tale disposizione circa le concrete modalità operative del meccanismo inibitorio, potendosi predicare tanto la immediata dichiarazione formale di improcedibilità[14] quanto il mero rinvio della trattazione a data successiva al 31 dicembre 2021, anche previa sospensione cd. atipica del relativo procedimento. La prima soluzione dovrebbe essere quella più aderente al dato letterale della norma, anche se non può sottacersi che ragioni di economia processuale potrebbero giustificare il ricorso alla seconda soluzione[15].
L’improcedibilità dovrebbe riguardare tutti i procedimenti aventi ad oggetto la risoluzione di concordato o la dichiarazione di fallimento relativi a concordati omologati nell’anno 2019, a prescindere dalla data del deposito del relativo ricorso introduttivo. Essa dovrebbe, dunque, riguardare tanto i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore dell’art. 23 del D.L. 118/2021, tanto quelli introdotti in data successiva. Diversamente dall’art. 10, comma 3, del Decreto Liquidità, che sanciva l’improcedibilità dei ricorsi depositati nel periodo di tempo considerato dalla norma, infatti, il citato art. 23 non fa alcun riferimento alla data di deposito del ricorso introduttivo dell’azione inibita e fa generico riferimento ai procedimenti relativi a concordati omologati nell’anno 2019.
L’improcedibilità, come è noto, è rilevabile d'ufficio, e - dunque - può essere dichiarata senza necessità di alcuna domanda o eccezione delle parti. Secondo una parte della dottrina, essa potrebbe essere dichiarata anche senza convocare le parti[16].
L’art. 23 del D.L. 118/2021 sancisce l’improcedibilità anche dei soli ricorsi per la dichiarazione di fallimento proposti nei confronti di imprenditori che hanno presentato domanda di concordato con continuità aziendale omologato nell’anno 2019. La previsione normativa è dichiaratamente[17] volta ad evitare che, nonostante l’improcedibilità dei ricorsi per la risoluzione del concordato, possa essere ugualmente dichiarato il fallimento, in virtù di quell’orientamento giurisprudenziale che ritiene ammissibile l’iniziativa fallimentare a prescindere dell’intervenuta risoluzione del concordato[18]. La questione è, tuttavia, controversa[19] e, di recente, è stata ritenuta meritevole di rimessione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione[20] . La norma tende a regolare tali fattispecie proprio in attesa della decisione delle Sezioni Unite[21].
L’improcedibilità riguarda senza dubbio i procedimenti di risoluzione e di dichiarazione di fallimento incoati su iniziativa dei creditori e quelli volti alla dichiarazione di fallimento avviati su iniziativa del pubblico ministero. Potrebbe dubitarsi della operatività della norma nel caso di iniziativa fallimentare incoata dal debitore[22]. Il ricorso per auto fallimento potrebbe, infatti, in questi casi, costituire pacifica ammissione che il concordato non può più essere adempiuto e, stando alla dichiarata ratio della norma, non vi dovrebbero essere motivi ostativi alla dichiarazione di fallimento.
3 . L’estensione dei termini per il deposito della proposta e del piano nel concordato in bianco e del periodo di operatività del cd. piano attestato rafforzato
L’art. 22 ha stabilito che sino al permanere dello stato di emergenza collegato alla pandemia da Covid-19, il termine di cui all’articolo 161, comma 6, l.fall. sia compreso fra sessanta e centoventi giorni anche quando pende il procedimento per la dichiarazione di fallimento e sia prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni.
La norma ha lo scopo di favorire il confezionamento delle proposte di concordato e dei relativi piani, assicurando un termine maggiore al debitore anche quando pende istanza di fallimento nei suoi confronti, in considerazioni delle note difficoltà di predisporre tali documenti in una situazione di incertezza qual è quella attuale.
La disposizione, avente natura processuale, dovrebbe trovare applicazione per tutti i procedimenti avviati con ricorso ex art. 161, comma 6, l.fall. nei quali, alla data di entrata in vigore del D.L. 118/2021, non sia stato ancora concesso dal tribunale il termine per il deposito del proposta e del piano.
Come si è detto, l’art. 21 ha – invece - esteso al 31 dicembre 2022 il periodo entro il quale è consentito all’imprenditore in crisi di uscire dalla fase introdotta con il ricorso ex art. 161, comma 6, l.fall., ricorrendo al piano attestato di cui all’articolo 67, comma 3, lettera d), l.fall. La disposizione normativa è quella già introdotta dall’art. 9, comma 5-bis, Decreto Liquidità, rispetto alla quale non ci sono novità e valgono, dunque, le considerazioni che la dottrina ha già avuto modo di formulare[23].

Note:

[1] 
Per una puntuale ricostruzione delle misure urgenti dettate in materia di società ed enti nonché di giustizia civile, penale, amministrativa e contabile adottate dal Governo per contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, v. CNDCEC, Le disposizioni in materia di società, enti e giustizia, 2020, IV agg., in www.commercialisti.it. Per uno specifico approfondimento delle disposizioni emergenziali dettate per i procedimenti di concordato preventivo, v. G. Nardecchia, La legislazione emergenziale: il concordato preventivo, in Fall., 2020, 885 e ss.
[2] 
Sugli effetti della pandemia rispetto ai concordati preventivi in corso di esecuzione, v. A. Vivaldi, La continuità aziendale al tempo dell’emergenza: un’illusione o una sfida?, in Fall., 2020, 1215 e ss.; R. Baratta, Gli effetti della pandemia sui concordati preventivi omologati. Una possibile soluzione, in www.giustiziacivile.com; GUIOTTO, Il ruolo del commissario giudiziale nei concordati preventivi influenzati dalla pandemia da Covid-19, in Fall., 2020, 1025 e ss.; G. Corno - L. Panzani , I prevedibili effetti del Coronavirus sulla disciplina delle procedure concorsuali, in www.ilcaso.it.
[3] 
Cfr. Relazione illustrativa al Decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118.
[4] 
Cfr. Relazione illustrativa al Decreto-legge 08 aprile 2020, n. 23.
[5] 
Così testualmente G. Nardecchia, La risoluzione, in Fall., 2020, 1339.
[6] 
V. Cass. civ. Sez. VI-1, 29 maggio 2019, n. 14601, in Fall., 2019, 1124; Cass. civ. Sez. I, 20 giugno 2011, n. 13446, in Fall., 2012, 355; Cass. civ. Sez. I, 31 marzo 2010, n. 7942, in Fall., 2010, 1333; Cass. civ. Sez. I, 21 gennaio 1993, n. 709, in Dir. fall., 1993, II, 920. Anche la dottrina sembra convenire sulla possibilità di richiedere la risoluzione del concordato prima della scadenza del termine previsto per il pagamento dei creditori, durante la fase di esecuzione dello stesso (v. M. Arato, Il concordato preventivo, in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, (diretto da) O. Cagnasso e L. Panzani, Milanofiori Assago, 2016, III, 3784). Di inadempimento, infatti, si può parlare anche in chiave prospettica, nel senso che l’evento che impedisce di ritenere eseguibile il concordato può non essere attuale ma certo nel tempo (Così FABIANI, Il concordato preventivo, in Commentario del codice civile, (a cura di) A. Scialoja - G. Branca - F. Galgano , Bologna, 2014, 766).
[7] 
V. Trib. Prato, 12 novembre 2018, in Pluris.
[8] 
Così testualmente G. Nardecchia, La prededuzione e la lesione della par condicio creditorum, in Fall., 2018, 424.
[9] 
V. Cass. civ. Sez. VI-1, 11 dicembre 2017, n. 29632, in Fall., 2018, 731.
[10] 
Nella vigenza dell’art. 10, comma 3, del Decreto Liquidità, che sanciva l’improcedibilità delle istanze di fallimento depositate nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020, e con specifico riferimento alla decorrenza del termine annuale fissato dall’art. 10 l. fall.., è stato sostenuto che quest’ultimo termine subiva una sorta di sospensione ex lege per tutto il periodo della improcedibilità, (v. F. De Santis, La giustizia concorsuale ai tempi della pandemia, in Fall., 2020, 614-615; Negli stessi termini, S. Ambrosini, L’improcedibilità delle istanze di fallimento: ratio legis, tassatività della deroga e corollari applicativi, in www.ilcaso.it). V. anche App. Napoli, 09 marzo 2021, in Fall., 2021, 868.
[11] 
V. Cass. civ., Sez. I, 19 novembre 2018, n. 29742, in Pluris.
[12] 
Secondo l’orientamento prevalente dei giudici di merito, la disciplina applicabile al concordato preventivo il cui piano, oltre alla continuità aziendale, preveda altre azioni volte al soddisfacimento dei creditori va individuata mediante una comparazione quantitativa fra le fonti dell’attivo (v. Appello Firenze, 23 dicembre 2019, n.3101, in Fall., 2020, 572.; Trib. Arezzo, 13 luglio 2018, in Fall., 2018, 1358; Trib. Firenze 2 novembre 2016, in Fall., 2017, 118; Trib. Monza, 26 luglio 2016, in Fall., 2016, 1385; Trib. Pistoia 20 ottobre 2015, in www.ilcaso.it). Nell’ambito di questo orientamento vi è chi afferma che al fine di stabilire quale sia la disciplina applicabile ad un concordato preventivo avente natura “mista”, cioè che preveda sia la continuità aziendale che la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa, deve tenersi conto anche di quanto previsto dall’art. 84, comma 3, D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, recante il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza; può, dunque, qualificarsi con continuità aziendale e ritenersi regolato dall’art. 186-bis l. fall. il piano di concordato preventivo che preveda la soddisfazione dei creditori in misura prevalente con il ricavato prodotto dalla continuità aziendale, ivi compresa la cessione del magazzino, e detta prevalenza deve ritenersi sempre sussistente quando i ricavi attesi dalla continuità per i primi due anni di attuazione del piano derivino da un'attività d'impresa alla quale siano addetti almeno la metà della media dei dipendenti in forza nei due esercizi antecedenti il momento del deposito del ricorso (v. Trib. Milano, 13 febbraio 2020, in questa Fall., 2020, 713; Trib. Milano, 28 novembre 2019, in www.ilfallimentarista.it; Trib. Arezzo, 13 luglio 2018, in Fall., 2018, 1358). Secondo un diverso orientamento dei giudici di merito, nell’ipotesi di concordato preventivo avente natura mista, invece, il rapporto tra le due componenti attive compresenti nel piano - liquidatoria e continuativa dell’attività aziendale – sarebbe stato già valutato e risolto dal legislatore, non tanto in termini di prevalenza quantitativa dell’una o dell’altra componente bensì di una loro coessenziale funzionalizzazione al superamento della crisi secondo il regime unico e imperativo configurato dall’art. 186-bis l. fall. (così Trib. Massa, 29 settembre 2016, in questa Fall., 2016, 429). Tra i sostenitori della anzidetta teoria, cd. della “coesistenza” o della “combinazione” vi è anche chi ritiene che la componente liquidatoria del piano debba seguire le relative regole e quella in continuità rimanga sempre assoggettata alle disposizioni speciali di cui all’art. 186-bis l.fall. (v. Trib. Ravenna, 28 aprile 2015, in Fall., 2016, 77; Trib. Forlì, 24 dicembre 2014, in www.ilcaso.it). Il dibattito giurisprudenziale riflette quello della dottrina, ove si registra il pensiero di chi condivide il criterio della prevalenza economica (v. ARATO, Il concordato preventivo, in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, cit., 3544 – 3545; M. Fabiani, I nuovi vincoli alla proposta di concordato preventivo visti dal prisma di una “lettura difensiva”, in Fall., 2016, 577) e l’opinione di chi, invece, ritiene che l’applicazione delle norme connesse alla continuità aziendale debba avvenire ogni qualvolta si verifichi la fattispecie, anche se in modo parziale (v. L. Stanghellini, Il concordato con continuità aziendale, in Fall., 2013, 1230).
[13] 
v. Cass. civ., Sez. I, 15 gennaio 2020, n. 734, in Fall., 2020, 477 secondo cui “Il contesto normativo attuale non consente di ipotizzare un novero di possibili forme di concordato (liquidatorio, in continuità, misto con prevalenza dell'una o dell'altra componente) ma individua, più semplicemente, un istituto di carattere generale, regolato dalla L. Fall., artt. 160 e ss., e una ipotesi speciale rispetto ad esso, prevista dalla L. Fall., art. 186-bis.” e “La compresenza in piano di attività liquidatorie che si accompagnino alla prosecuzione dell'attività aziendale è dunque espressamente contemplata dal legislatore, all'interno della norma, speciale e derogatoria dei criteri generali, di cui alla L. Fall., art. 186-bis. Il che non lascia spazio a equivoci di sorta in merito al fatto che tale normativa governi la fattispecie (vale a dire che il concordato tradizionalmente definito come misto sia, nelle intenzioni del legislatore, un concordato in continuità che prevede la dismissione di beni)”.
[14] 
Con riferimento all’analogo meccanismo previsto dall’art. 10, comma 1, del Decreto Liquidità, così predicava una parte della dottrina v. G. Macagno, La legislazione d'emergenza e i processi fallimentari, in Fall., 2020, 703; S. Ambrosini, L’improcedibilità delle istanze di fallimento: ratio legis, tassatività della deroga e corollari applicativi, in www.ilcaso.it; seppur in termini dubitativi F. De Santis, La giustizia concorsuale ai tempi della pandemia, cit., 613. In giurisprudenza v. Trib. Novara, decreto presidenziale n. 21/2020, 14 aprile 2020, in www.tribunale.novara.giustizia.it; Trib. Firenze, indicazioni operative, 30 aprile 2020, in www.osservatorio-oci.org.
[15] 
Così auspicava, nel vigore dell’analogo art. 10, comma 1, del Decreto Liquidità, G. Limitone, Breve commento all’art. 11 decreto liquidità, in www.ilcaso.it.
[16] 
V. S. Ambrosini, L’improcedibilità delle istanze di fallimento: ratio legis, tassatività della deroga e corollari applicativi, cit.
[17] 
Cfr. Relazione illustrativa al Decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118.
[18] 
Secondo l’orientamento prevalente, in assenza di un esplicito divieto di legge, è ammissibile la dichiarazione di fallimento del debitore, senza la preventiva risoluzione del concordato preventivo, quando, nella fase esecutiva di quest’ultimo, si manifesti l’incapacità di pagare i debiti anteriori al concordato ovvero insorga una nuova insolvenza per incapacità di pagare i debiti contratti dopo l’apertura della procedura e l’omologa dello stesso concordato (cfr. App. Messina, 20 febbraio 2020 e Trib. Bergamo, 24 giugno 2020, entrambe in Pluris; Trib. Perugia, 07 febbraio 2019, in Fall., 2019, 395; Trib. Rovigo, 07 dicembre 2017, n. 86 in Fall., 2018, 253; Trib. Treviso, 10 gennaio 2017, in www.unijuirs.it; Trib. Napoli Nord 13 aprile 2016 in Dir. Fall., 2016, 5, 1338; Trib. Nola, 17 marzo 2016 in Fall., 2017, 973; In dottrina, negli stessi termini, G. D'Attorre, Concordato omologato e fallimento successivo, in Dir. Fall., 2016, 1349 e ss.; G. Nardecchia, La risoluzione del concordato preventivo, in Fall., 2012, 264; RAGO, L’esecuzione del concordato preventivo, in Fall., 2006, 1098). Tale procedimento di risoluzione andrebbe attivato, previamente o concorrentemente, solo se il creditore istante intendesse far valere non il credito nella misura ristrutturata (e dunque falcidiata) ma in quella originaria (v. Cass. civ., sez. I, 17 luglio 2017, n. 17703, in Pluris).
[19] 
Secondo un opposto indirizzo (v. App. Firenze, 16 maggio 2019, in Pluris,; Trib. Padova, 30 marzo 2017 in Fall., 2017, 862; Trib. Pistoia 20 dicembre 2017, in www.ilcaso.it) deve escludersi la possibilità di dichiarare il fallimento senza la preventiva risoluzione del concordato. L’effetto esdebitatorio conseguente all’omologazione del concordato farebbe, infatti, venir meno lo stato di crisi o d’insolvenza che ne era il presupposto e, per poter addivenire ad una dichiarazione di fallimento, non è, quindi, sufficiente l’inadempimento del concordato ma occorre necessariamente la sua risoluzione, che detta insolvenza fa rivivere (sul tema v. A. Ratti e A. Pezzano, L’irrealizzabile esecuzione del concordato preventivo: il fallimento senza risoluzione, in Fall., 2018, 731 ss.; S. Ambrosini, La risoluzione del concordato preventivo e la (successiva?) dichiarazione di fallimento: profili di ricostruzione del sistema, in www.ilcaso.it; F. Lamanna, Fallimento dell’impresa in concordato senza previa risoluzione: un problema ancora aperto, in www.ilfallimentarista.it).
[20] 
V. Cass. civ., Sez. I, 31 marzo 2021, n. 8919, in Pluris).
[21] 
Cfr. Relazione illustrativa al Decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118.
[22] 
In giurisprudenza si ritiene ammissibile l’istanza di auto fallimento del debitore che abbia ottenuto l’omologazione del concordato rimasto poi inadempiuto, a prescindere dalla sua risoluzione v. Trib. Modena 1° agosto 2016, in www.ilcaso.it; Trib. Treviso 10 gennaio 2017, in www.fallimenti&società.it; Trib. Napoli Nord 13 aprile 2016, in Dir. fall., 2016, II, 1338. Ma vi è e anche chi ne dubita, perché lo stesso debitore che “potrebbe surrettiziamente optare per l’autodichiarazione di fallimento, profittando delle indissolubili falcidie concordatarie per poi rimuovere l’insolvenza con un concordato fallimentare” v. M. Ratti e A. Pezzano, L’irrealizzabile esecuzione del concordato preventivo: il fallimento senza risoluzione, cit., 748.
[23] 
v. M. Fabiani, Il piano attestato di risanamento “protetto”, in Fall., 2020, 877 e ss.; N. Abriani e P. Rinaldi, Emergenza sanitaria e tutela proporzionata delle imprese: oltre la domanda “tricolore”, in www.ilcaso.it; S. Ambrosini, La rinuncia al concordato preventivo dopo la legge (n. 40/2020) di conversione del “Decreto liquidità”: nascita di un “ircocervo”?, in www.ilcaso.it; M. Irrera, Le novità in tema di procedure concorsuali nella conversione in legge del decreto liquidità (ovvero di quando i rimedi sono peggiori del male inefficaci), in www.ilcaso.it.

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Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

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  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
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  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

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