Le domande tardive nella liquidazione del sovraindebitato
Giuseppe Limitone, Giudice delegato nel Tribunale di Vicenza
18 Marzo 2021
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La legge 3/2012 non ha previsto una specifica disciplina per il caso in cui la domanda sia proposta oltre il termine indicato, come avviene per le insinuazioni passive nel fallimento (artt. 101 ss L. fall.).
Ne sono derivate alcune contrapposte opzioni giurisprudenziali.
Da un lato, il Tribunale di Ancona ha così statuito: “Nella procedura di liquidazione del patrimonio del debitore ex lege n. 3/2012 devono ritenersi inammissibili le domande d’insinuazione tardiva, avendo il Legislatore compiutamente disciplinato la materia della formazione del passivo, senza farne menzione e dovendosi da ciò ritenere che la legge abbia voluto riservare alla scelta discrezionale del liquidatore, cui è riservata l’indicazione del termine ultimo entro cui presentare le domande di partecipazione al concorso, la fissazione del limite cronologico per l’insinuazione al passivo”[1].
Dall’altro lato, si è ritenuto invece che: “Posto che il mancato rispetto del termine fissato dal liquidatore ai sensi dell’art. 14-sexies legge n° 3 del 2012 non comporta decadenza, devono considerarsi ammissibili le domande di insinuazione al passivo della procedura di liquidazione ex legge 3 del 2012 che siano pervenute dopo la scadenza del termine fissato dal liquidatore, ma prima che questi abbia predisposto e comunicato agli interessati il progetto di stato passivo” [2].
In questo senso si è pronunciata anche la dottrina, secondo cui “Qualora al liquidatore pervengano domande di partecipazione tardive, in quanto posteriori rispetto al termine da lui stesso scandito nell’avviso comunicato, non essendo stabilita la perentorietà del termine, non può essere preclusa ai creditori intempestivi la possibilità di partecipare ai riparti. Rimane oscura la disciplina degli effetti prodotti dalla domanda tardiva: non è chiaro se e come reagisca su tale disciplina la colpevolezza o meno del ritardo; così come non chiaro è il meccanismo procedurale attraverso il quale debba avvenire l'ammissione tardiva [3].
Nel silenzio normativo, si applica pertanto la regola generale della soddisfazione dei creditori nell’ordine di arrivo (qui primi veniunt), attesa la natura meramente ordinatoria del termine fissato dal liquidatore per la presentazione delle domande di ammissione al passivo, per cui le domande tardive devono reputarsi ammissibili, quanto meno entro il tempo utile per poter partecipare ai riparti, e devono essere esaminate con la stessa modalità prevista per le domande tempestive, come avviene per il fallimento, in cui si forma un elenco delle tardive, che vengono esaminate dal G.D. ai fini dell’integrazione dello stato passivo.
È alla disciplina fallimentare, infatti, che bisogna ricorrere in analogia, attesa la medesima ratio legis, per colmare le lacune della L. 3/2012, vieppiù nella procedura di liquidazione, che altro non è che una sorta di mini fallimento, attesi i caratteri di universalità oggettiva e soggettiva che, almeno tendenzialmente, la caratterizzano.
Ne consegue che il ritardo incolpevole del creditore gli consentirà di recuperare nei riparti successivi ciò che ha perduto in quelli anteriori e che, al contrario, il creditore colpevolmente in ritardo dovrà accontentarsi di quel che troverà ancora non distribuito.
Nel caso di ritardo incolpevole e insufficienza dell’attivo a rimettere in pari il creditore tardivo, quest’ultimo potrà rivalersi su chi ha causato il ritardo, analogamente a quanto avviene nel fallimento (Cass. 7 dicembre 2007 n. 25624).
Il decreto correttivo ha opportunamente introdotto una specifica disciplina per le domande tardive, regolate, in mancanza, dal principio: “qui primi veniunt”, sicché, finché non siano esaurite tutte le ripartizioni dell'attivo della liquidazione, la domanda tardiva è ammissibile solo se l'istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile e se trasmette la domanda al liquidatore non oltre sessanta giorni dal momento in cui è cessata la causa che ne ha impedito il deposito tempestivo. Quando la domanda risulta manifestamente inammissibile perché l'istante non ha indicato le circostanze da cui è dipeso il ritardo o non ne ha offerto prova documentale o non ha indicato i mezzi di prova di cui intende valersi per dimostrarne la non imputabilità, il giudice delegato dichiara con decreto (reclamabile ex art. 124 CCII) l'inammissibilità della domanda (cfr. gli artt. 273 e 208, co. 3, CCII).
Neppure la legge n. 176/2020, c.d. “emendamento PESCO”, che ha anticipato alcune norme del CCII in materia di sovraindebitamento ha previsto nulla per le domande tardive che, pertanto, fino all’entrata in vigore del CCII, saranno disciplinate in via analogica (e mutatis mutandis) dai principi e dalla legge fallimentare, combinate con la disciplina del CCII come risultante dal Decreto Correttivo del 6 novembre 2020, che pure è espressione di principi aventi matrice comune con la legge fallimentare.