Prima di affrontare il contenuto del piano e le verifiche dell’attestazione in funzione del giudizio di fattibilità, occorre però soffermarsi sui requisiti di professionalità e di indipendenza che deve possedere l’attestatore. Da essi infatti dipende l’affidabilità del giudizio reso.
Quanto ai requisiti di professionalità, il Codice, con scelta forse opinabile in quanto non in grado di catturare le professionalità occorrenti, richiede l’iscrizione del professionista all’albo di cui all’art. 356 CCII, i cui requisiti non valorizzano le attività di attestazione svolte in precedenza, né la competenza maturata nel campo nella gestione della crisi. Richiede inoltre che il professionista sia iscritto nel registro dei revisori. Egli deve infine possedere i requisiti soggettivi previsti dall’art. 2 CCII, sanciti dall’art. 2399 lett. a) c.c., e non deve trovarsi nelle situazioni di cui all’art. 2382 c.c.
In ogni caso, è opportuno che il professionista svolga preventivamente un’autovalutazione in ordine alla propria professionalità (essa è richiamata dai Principi di attestazione approvati con delibera del CNDCEC del 16 dicembre 2020, §§ 2.2.2 e 2.2.3). Essa, ancorché non richiesta dalla norma, è volta ad accertare il concreto possesso delle competenze tecniche e delle disponibilità di tempo necessarie per lo svolgimento dell’incarico. È ben vero che il professionista può avvalersi di competenze esterne e farsi assistere, a proprie spese, da specialisti di settore, ma occorre comunque che egli sia in grado di valutarne criticamente l’operato. L’elevata specificità di taluni settori di attività richiede dunque che l’esperto abbia maturato un’adeguata conoscenza del settore; quest’ultima non potrebbe essere acquisita dal professionista solo in corso d’opera, considerati i tempi stringenti che egli deve assicurare, tenuto conto che la durata complessiva delle misure protettive è contingentata in un anno.
Altrettanto rilevante è la disponibilità di tempo. Il professionista deve essere in grado di approfondire il dossier, esaminare le carte, garantire la propria presenza al tavolo delle trattative, valutare le conseguenze degli atti e dei pagamenti che gli vengono sottoposti, esprimere i pareri che gli vengono richiesti. Per farlo egli può avvalersi di propri collaboratori ma il tempo resta comunque un fattore critico. Tant’è che i Principi di attestazione espressamente richiedono all’attestatore, prima di assumere l’incarico, di valutare la propria disponibilità di tempo (§ 2.2.2).
Accanto ai requisiti di professionalità si pongono quelli di indipendenza. Si tratta dei requisiti formali, di natura assoluta, specificamente indicati, ma anche dei requisiti sostanziali, di natura relativa, che gli permettono di esprimersi con indipendenza di giudizio e di essere affrancato da ogni possibile condizionamento od influenza del debitore o delle parti interessate.
La norma di riferimento richiede che l’attestatore sia in possesso dei requisiti di indipendenza di cui all’art. 2399 c.c. lett. b) e c) per tutte le società del gruppo del debitore. La norma gli chiede poi di non essere legato all’impresa e alle altre parti interessate dall’operazione da rapporti di natura personale o professionale; inoltre egli, ed i soggetti con i quali è unito in associazione professionale, non devono avere prestato negli ultimi 5 anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore, non essere stati membri degli organi di amministrazione o di controllo dell’impresa, né avere posseduto partecipazioni in essa.
Sotto il profilo dei requisiti formali di indipendenza, occorre osservare che, nei confronti delle altre parti interessate dall’operazione di regolazione della crisi e dell’insolvenza, e cioè dei creditori, degli ulteriori stakeholder (quali soci di minoranza, clienti, investitori, advisor) rilevano solo i rapporti di natura personale o professionale esistenti (ciò diversamente rispetto al debitore ed alle altre società del suo gruppo, nei cui confronti come si è visto, rilevano anche i rapporti intrattenuti nel quinquennio precedente e le cariche negli organi di amministrazione o controllo ricoperte).
Accanto ai richiamati requisiti formali di indipendenza si pongono quelli sostanziali, di natura relativa, volti ad assicurare l’indipendenza di giudizio e l’estraneità ad ogni possibile condizionamento od influenza. L’attestatore è chiamato a verificarne, caso per caso, la loro sussistenza. La fonte dell’obbligo discende dall’art. 2399, lett. c), c.c., ma prima ancora dal ruolo dell’incarico che impone l’assenza di condizionamenti di qualsiasi forma, tali da pregiudicare in concreto la necessaria indipendenza per la libera formazione del giudizio. I condizionamenti in questione possono derivare da rapporti personali, economici, di credito e finanziari con l’impresa, le società da questa controllate o che la controllano o con quelle sottoposte a comune controllo, ovvero con coloro che hanno interesse all’operazione, quando tali rapporti rischino di essere pregiudicati dal giudizio che l’attestatore è chiamato a rendere, così come dalla presenza del rischio che venga compromesso il ritorno economico della sua attività professionale.
I pregiudizi in questione potrebbero, altresì, derivare da situazioni di condizionamento psicologico nei confronti del debitore (e delle società da questo controllate o che lo controllano o sottoposte a comune controllo), ovvero di coloro che hanno comunque un interesse all’operazione; potrebbero, infine, derivare da rapporti di natura personale con tali soggetti, sempre se tali da impedire all’attestatore una serena espressione del proprio giudizio. In altre parole, non è pertanto sufficiente, in questi casi, l’esistenza di un rapporto professionale, patrimoniale o personale, ma occorre che esso sia in grado di incidere sulla libertà di giudizio dell’attestatore.
Con riferimento alle sole terze parti (rectius, ai soggetti diversi dall’impresa, dalle sue controllanti, dalle sue controllate o dalle società sottoposte al comune controllo ed i creditori interessati) che hanno un interesse all’operazione e alle quali il professionista sia legato da rapporti di natura professionale, occorre inoltre che il loro interesse sia in contrasto con la obiettività del giudizio richiesto all’attestatore. Il che può verificarsi, ad esempio, allorquando le terze parti abbiano un interesse ad ottenere il giudizio favorevole dell’attestatore, pur in assenza dei presupposti per l’attestazione di veridicità dei dati aziendali, di fattibilità del piano e di idoneità della proposta ad assicurare un trattamento non deteriore dei creditori. Si verifica altresì quando le parti in questione abbiano interesse a che l’attestatore ometta di rilevare taluni elementi di criticità del piano o comunque informazioni rilevanti per l’espressione l’adesione consapevole da parte dei creditori.
In ogni caso perché possa esservi un pregiudizio dei requisiti sostanziali di indipendenza occorre comunque, a parere di chi scrive, che le terze parti interessate abbiano un interesse confliggente con quello di un’obiettiva espressione dei giudizi richiesti al professionista. Non costituiscono, in via di principio, situazione di pregiudizio gli eventuali ruoli di componente di organi di controllo o dell’organismo di vigilanza di cui al d.lgs. 231/2001, e finanche di amministratore indipendente, presso una terza parte che ha interesse all’operazione, in quanto tali ruoli presuppongono essi stessi, per propria natura, la ricorrenza di una condizione di indipendenza nella realtà nella quale l’incarico è rivestito. E ciò a prescindere dalla magnitudo dell’interesse di cui è portatore l’ente presso il quale l’attestatore riveste tali cariche.
Avendo tali requisiti natura relativa, essi, come già detto, devono essere accertati, caso per caso, attraverso un’autovalutazione da parte del professionista, consistente in una disamina puntuale dei rischi per l’indipendenza derivanti dai rapporti conclusi o in essere. Trattasi, in astratto, dei rischi per l’indipendenza derivanti da: (i) eventuali situazioni di interesse personale nei confronti del debitore, o di soggetti ad esso correlati, ovvero di possibili condizionamenti da parte degli stessi; (ii) un’eventuale, eccessiva, confidenzialità con il debitore e con sue parti correlate; (iii) un eventuale rischio di auto-riesame di giudizi e valutazioni già rese a soggetti terzi rispetto al debitore, nel momento in cui l’attestatore sia stato chiamato a svolgere attività di verifica rispetto ai risultati di una prestazione svolta dallo stesso professionista, o da altro soggetto appartenente alla sua rete; (iv) eventuali attività lavorative svolte in precedenza presso una parte interessata, se da esse derivino aspettative di nuovi incarichi; (v) possibili influenze, anche solo psicologiche, e condizionamenti da parte degli advisors e dei legali del debitore, in particolare quando uno o più di questi soggetti presentino un interesse ad ottenere un giudizio favorevole da parte dell’attestatore. La categoria dei professionisti e degli advisor che operano nel settore della crisi d’impresa è assai circoscritta, per cui non è infrequente la presenza degli stessi professionisti e advisor, con ruoli anche diversi, su una molteplicità di dossier. Tale circostanza non impedisce però a priori al professionista di esercitare la propria funzione assicurando trasparenza ed indipendenza di giudizio.