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La transazione fiscale nel quadro dell’emergenza epidemiologica*

Dino Piccagli, Dottore Commercialista e Revisore Contabile in Mantova

3 Maggio 2020

*Contributo estratto da Dalla Crisi all’emergenza: strumenti e proposte Anti-Covid al servizio della continuità d’impresa, 2020, ebook presente in versione integrale nella sezione La Rivista/Speciali
Un’analisi puntuale della disciplina della transazione fiscale nell’ambito del concordato preventivo con continuità aziendale, condotta alla luce delle regole note e del “calendario” dettato dalla pandemia, con un’attenzione alle recenti “aperture” dell’Agenzia delle Entrate, tese ad ascrivere ai flussi derivanti dalla continuità aziendale natura di finanza endogena rilevante ai fini della comparazione con lo scenario fallimentare. 
Riproduzione riservata
1 . Premessa*
Non vi è dubbio che l’emergenza da COVID-19 rappresenti un contesto assolutamente impreve­dibile, senza precedenti e con ricadute pesantissime sul sistema economico e finanziario italiano ed internazio­nale. 
Lo Stato, nel tentativo di restituire slancio alle imprese in molti casi costrette ad una chiusura for­zata e prolungata ha predisposto una serie di misure molto importanti a sostegno dell’economia le ultime delle quali coordinate nel D.L. 08 aprile 2020 n. 23.
Ma se anche queste misure dovessero mostrarsi insufficienti o parzialmente efficaci, quali potran­no essere gli strumenti a disposizione delle aziende in crisi per evitare il fallimento?
Ad avviso dello scrivente, al fine di garantire continuità a quelle aziende che, traguardavano con sufficiente serenità il 2020 e che, improvvisamente si sono trovate in “crisi da COVID-19”, avranno un rilie­vo significativo i piani attestati (P.A.), gli accordi di ristrutturazione (A.D.R.) ed il concordato pre­ventivo con continuità aziendale (C.P.C.). 
Le norme che gli imprenditori in crisi si troveranno a dover applicare saranno quelle, conosciute, della attuale Legge fallimentare in quanto, l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, dato il contesto economico, è stata differita al 01 settembre 2021.
Nell’ambito della risoluzione della crisi d’impresa tramite concordato preventivo con continuità aziendale (art. 186-bis. L .fall.) e tramite A.D.R. (art. 182-bis L .fall.) già in data odierna, diviene molto importante cercare di defini­re correttamente i rapporti con il Fisco e con gli Enti previ­denziali in quanto, i crediti tributari e contributivi, a causa della scarsa reattività degli enti gestori nell’attività di controllo, spesso assumomo dimen­sioni assai rilevanti e percentualmente molto sensibili.
Questa tendenza non potrà che acuirsi nel contesto attuale, anche alla luce delle nuove norme previste per la sospensione (facoltativa) dei pagamenti fiscali e contributivi disposta dal D.L. n. 23 del 08/04/2020, in vigore dal 9 aprile 2020 [1] al fine di contrastare la ge­neralizzata e drammatica situazione di illiquidità attuale delle imprese e, futura, nel caso di una ri­presa tie­pida o sempre più ritardata dei ricavi di vendita. 
Per questa ragione si cercherà in questa sede di definire, senza alcun presunzione di esaustività, alcuni degli aspetti caratteristici della c.d. “transazione fiscale” spesso decisiva per la riuscita di molti concordati ed accordi di ristruttura­zione, evidenziando anche questioni ancora non univocamente risolte per permetterne una mi­gliore fruizione ed un più semplice inquadramento della procedura di risoluzione della crisi indi­viduata, in conformità alle attuali disposizioni di legge ed ai più recenti orientamenti dell’Agenzia delle Entrate.


*Un particolare ringraziamento al Dott. Giulio Andreani per l’interlocuzione concessa. 
2 . Il “trattamento dei crediti tributari e contributivi” nel concordato preventivo in continuità aziendale
La disposizione di cui all’art. 182-ter L. fall., rubricata dall’1 gennaio 2017 “Trattamento dei crediti tributari e contributivi” (precedentemente “transazione fiscale”, locuzione che ancora sopravvive nel riformato articolo, ai commi quinto e sesto) non rappresenta un istituto autonomamente utilizzabile ma vi può ricorrere l’imprenditore commerciale individuale o collettivo fallibile solo nei casi di concordato preventivo e A.D.R.
Il trattamento dei crediti tributari e contributivi è divenuto un istituto obbligatorio e non più fa­coltativo come nella previgente normativa, al quale occorrerà ricorrere in tutti i casi in cui vi siano crediti tributari o contributivi da soddisfare in via concordataria o tramite un A.D.R.
Costituiscono l’oggetto della transazione fiscale non tutti i tributi e contributi ma solo:
a)      i tributi ed i relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali ed 
b)      i contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligato­rie e i relativi accessori.
Le Agenzie fiscali alle quali fa riferimento l’art. 182-ter risultano essere:
  • Agenzia delle Entrate
  • Agenzia delle Dogane
  • Agenzia del Demanio
  • Agenzia del Territorio
Di conseguenza i tributi che possono rientrare nella proposta di trattamento dei crediti tributari e contributivi, sono, a titolo esemplificativo e non esaustivo:
  • IRPEF (ritenute, addizionali, imposta sostit., ecc.) + accessori (sanzioni, interessi)
  • IRES (IRPEG) + accessori (sanzioni, interessi)
  • IRAP + accessori (sanzioni, interessi)
  • IVA + accessori (sanzioni, interessi) [2]
  • Imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo, su successioni e donazioni, ecc. + ac­cessori (sanzioni, interessi)
Con la locuzione “contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assi­stenza obbligatorie e i relativi accessori” si intendono i: 
  • Contributi INPS, INAIL, ENPALS + accessori (sanzioni, interessi)
3 . L’analisi puntuale del dettato normativo e la relazione dell’esperto
Al fine di poter falcidiare i debiti tributari e contributivi, come sopra precisato, è divenuto obbli­gatorio depositare, insie­me alla proposta di trattamento, una relazione giurata redatta da un pro­fessionista (in possesso dei requisiti di cui all’Art. 67 co. 3 lett. d, L. fall.) attestante che la soddi­sfazione dei crediti tributa­ri e contributivi privilegiati proposta dal debitore non sia inferiore al va­lore di mercato dei beni o dei diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. 
Il professionista attestatore dovrà quindi redigere una relazione di stima, del tutto analoga a quella richiesta dall’art. 160, comma secondo, L. fall. per l’ipotesi di incapienza dell’attivo rispetto alla massa dei cre­ditori muniti di una causa di prelazione dalla quale emerga, a seguito della comparazione tra il pa­gamento proposto con la domanda di concordato e la soddisfazione ricavabile dall’alternativa fal­limentare, che la proposta concordataria sia maggiormente satisfattiva dei crediti tributari e con­tributivi. Il primo periodo del comma 1 dell’art. 182-ter L. fall., così recita:
Con il piano di cui all'articolo 160 il debitore, esclusivamente mediante proposta presentata ai sensi del presente articolo, può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali (…), se il piano ne prevede la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato at­tribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, indicato nella relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d).
La norma in questione ammette quindi la falcidia nei limiti previsti, riferendosi chiaramente ai soli crediti assistiti da privile­gio, mentre non prevede alcuna limitazione per la falcidiabilità e la dila­zionabilità di pagamento dei crediti tributari e contributivi chirografari, se non quella derivante dal rispetto di quanto prescritto dall’art. 160, ultimo comma, L. fall. e di quanto stabilito nel secondo periodo del comma primo del citato art. 182-ter che, a chiarimento, si riporta: 
“Se il credito tributario o contributivo è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali ga­ranzie non possono essere inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di pri­vilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie; se il credito tributario o contributivo ha natura chirografaria, il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari ovvero, nel caso di suddivisione in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole”.
Al pari di quanto previsto per la generalità dei crediti privilegiati, la condizione per proporre il pa­gamento parziale (o dilazionato) dei crediti tributari e contributivi è costituita dall’oggettiva inca­pienza del valore di realizzo attribuibile ai beni o diritti su cui sussiste la causa di prelazione verifi­cata e quantificata dal professionista attestatore.
All’esito di tale valutazione sarà dunque individuabile la quota di credito che potrà essere soddi­sfatta a seguito del realizzo dell’attivo e, per differenza, la quota residua degradata al chirografo la quale dovrà essere inserita in una apposita classe nella quale andranno a confluire anche i crediti tributari e contributivi “naturalmente” chirografi, come specificato dall’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 182-ter che si riporta: “Nel caso in cui sia proposto il pagamento parziale di un credito tributario o contributivo privilegiato, la quota di credito degradata al chirografo deve essere inserita in un'apposita classe”.
4 . Gli scenari da confrontare per la falcidia - finanza endogena ed esogena
L’aspetto più controverso che sino ad ora, ha limitato o reso meno fruibile l’istituto della “transa­zione fiscale” è rappresentato dalla considerazione sulla natura (finanza endogena od esogena) e sull’utilizzo (criterio di distribuzione) dei flussi di cassa che si generano in un concordato con con­tinuità aziendale. 
La posizione sul punto dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate si è espressa sul punto con la Circ. 16/E del 23/07/2018 [3] precisando come l’attestatore, nel redigere la sua relazione, debba “tenere conto anche del maggior apporto patrimo­niale rappresentato dai flussi o dagli investimenti generati dalla eventuale continuità aziendale oppure ottenuto all’esito dell’attività liquidatoria gestita in sede concordataria, che non costituisce una risorsa economica nuova ma deve essere considerata finanza endogena, in quanto, ai sensi dell’art. 2740 c.c. l’imprenditore è chiamato a rispondere dei debiti assunti con tutti i propri beni presenti e futuri”
L’amministrazione finanziaria ha sempre difeso questo assunto confortata dall’indirizzo giurispru­denziale, pedissequamente invocato in ogni sede, secondo cui (si riporta testualmente la nota massimazione della decisione del Trib. di Milano 15 dicembre 2016 [4]) “la prose­cuzione dell’attività di impresa in sede concordataria non può comportare il venir meno della garanzia patrimoniale del de­bitore che risponde dei suoi debiti con tutti i beni, presenti e futuri (art. 2740 c.c.) non creando la prosecuzio­ne dell’attività di impresa un patrimonio separato o riservato in favore di alcune categorie di creditori (anteriori o po­steriori alla domanda di concordato). Ne pare consentito azzerare in sede concordataria il rispetto delle cause le­git­time di prelazione (art. 2741 c.c.) che è un corollario della responsabilità patrimoniale.
Secondo l’AdE quindi, nell’operare la comparazione, l’attestatore deve partire dalla determinazio­ne di quanto ricavabile dalla liquidazione in ambito fallimentare ma a questo dato deve aggiun­gere il maggior apporto patrimoniale che deriva dall’esecuzione del concordato.
Da tale assunto discende che le risorse generate in continuità aziendale non pos­sono essere uti­lizzate liberamente dalla società debitrice ma potranno essere utilizzate solo nel rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazio­ne e sino all’esaurimento delle pretese creditorie dell’Erario giacché non sarà possibile pagare i creditori chirografari sino a quando non siano stati tacitati i creditori di grado poziore.
Questo orientamento è stato oggetto di numerose critiche e molte sono state le decisioni in senso opposto [5] le quali hanno invece considerato le risorse originate dalla prosecuzione dell’attività di impresa, risorse esogene o esterne e, proprio per il fatto di non derivare dalla liquidazione dell’attivo patrimoniale esistente alla data di deposito della domanda di concordato, liberamente disponibili per il debitore ossia libere di poter essere utilizzate in sede concordataria senza dover rispettare l’ordine delle cause legittime di prelazione al pari di un apporto esterno al suo pa­trimonio.
A conforto di questa tesi sta il fatto che, se il professionista attestatore nella sua valutazione di convenienza dovesse tener conto anche dei flussi finanziari generati dalla continuità aziendale o comunque del maggior valore derivante dall’attuazione del piano concordatario in quanto finanza endogena, questo surplus dovrebbe essere destinato integralmente al soddisfacimento dei creditori privilegiati sino alla concorrenza del loro ammontare con la conseguenza che in caso di incapienza dell’attivo si renderebbe obbligatorio un apporto esterno di nuove risorse finanziarie per la soddi­sfazione dei creditori chirografari.
Ciò varrebbe affermare che, nel caso di ricorso alla transazione fiscale, che già di per sé sottende un attivo patrimoniale concordatario incapiente, la presenza di un apporto esterno divente­rebbe una condi­zione di ammissibilità della proposta concordataria pur in assenza di una precisa disposizio­ne di legge in tal senso. 
A miglior specifica: non potendosi utilizzare i flussi finanziari generati dal­la prosecu­zione dell’attività in quanto destinati ai creditori privilegiati, non residuerebbero risorse per soddi­sfare, nemmeno parzialmente, i creditori chirografari con l’assurdo che questi ultimi sa­rebbero quindi chiamati a votare una proposta che non prevede per loro alcuna percentuale di soddisfa­zione e la medesima non potrebbe essere attuata anche nel caso di un trattamento dei crediti tri­butari e con­tributivi più favorevole rispetto all’alternativa fallimentare [6].   
La nuova posizione sul punto dell’Agenzia delle Entrate
Rispetto a tale originaria posizione, per la verità sempre meno difendibile, l’Agenzia delle Entrate ha ultima­mente mutato orientamento [7], e con documento interno, afferma finalmente che, nono­stante non sia in discussione la natura “endogena” dei flussi di cui trattasi, di essi non va tenuto conto ai fini della comparazione con lo scenario fallimentare.
Questa precisazione è estremamente importante ed opportuna perché chiarisce senza lasciare spa­zi interpretativi i termini del problema.
Il professionista dovrà comparare il pagamento offerto con il soddisfacimento discendente dall’alternativa liquidazione fallimentare, senza tener conto di scenari non realizzabili in tale circo­stanza, qual è appunto quello della prosecuzione dell’attività attraverso modalità e interventi che sono attuabili solo nel concordato preventivo, e dunque senza considerare i flussi suscettibili di essere generati solo da tale attività.
L’Agenzia ha espresso inoltre parere favorevole all’adozione di una disciplina meno rigida circa la distribuzione ai creditori dei flussi generati dalla prosecuzione dell’attività aziendale sostenendo che il credito erariale può soffrire una compressione rispetto a quanto previsto in applicazione degli artt. 2740 e 2741 c.c. purché suddetto credito venga trattato meglio dei creditori privilegiati di rango inferiore e dei chirogra­fari [8].
Questi mutati orientamenti devono essere colti in senso ampiamente positivo se si considera che, dall’entrata in vigore della riformata “transazione fiscale” (01/01/2017) ed anche successivamente ai chiarimenti contenuti nella circolare 16/2018, esistevano non poche perplessità legate alla corretta impostazione da attribuire ad un concordato in continuità soprattutto nei casi, peraltro frequenti, di un debito tributario e contributivo così elevato da non poter trascurare la volontà dell’Agenzia delle Entrate.
Il poter considerare i flussi prodotti dalla prosecuzione aziendale con maggiore libertà a patto che il Fisco venga trattato meglio dei creditori privilegiati di rango inferiore e dei chirogra­fari ha risolto in maniera definitiva anche i dubbi interpretativi relativi al trattamento da riservare ai creditori strategici.
5 . Considerazioni sul trattamento dei c.d. “creditori strategici”
Per quanto sino ad ora affermato, il soddisfacimento proposto per i crediti tributari privilegiati, in termini di percentuale, tempi di pagamento ed eventuali garanzie offerte, non può essere meno conveniente rispetto a quello proposto ai creditori del medesimo rango o di rango inferiore, mentre il soddisfacimento proposto per i crediti tributari aventi natura chirografaria, o degradati in chirografo, non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari ovvero, nel caso di suddivisione in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole.
Questo aspetto è conciliabile con la previsione dell’art. 182-quinquies, comma 5? 
L'art. 182-quinquies, comma 5, consente al debitore di chiedere al Tribunale di essere autorizzato a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, comma 3, lett. d), attesta che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell'attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori.
Il pagamento dei crediti anteriori viene autorizzato prescindendo dalla natura del credito (il più delle volte chirografaria) al solo fine di permettere la continuità nella fornitura di beni o servizi e quindi in deroga all'ordine delle cause di prelazione previste dalla legge.
Il dubbio lecito consisteva nel valutare, in assenza di una norma specifica, se tali pagamenti potessero costituire una violazione dell’obbligo di trattamento non deteriore dei crediti fiscali e contributivi.
In riferimento a tale aspetto, l’Agenzia delle Entrate ha confermato la legittimità della deroga del principio del divieto di trattamento deteriore dei crediti tributari a favore dei "creditori strategici", in ragione della essenzialità del loro apporto alla gestione dell'impresa e della salvaguardia della sua prosecuzione. Chiaramente, l’essenzialità delle prestazioni rese dai creditori strategici, deve essere dimostrata in maniera oggettiva, precisa e tangibile nell’ambito della apposita relazione dell’esperto.
6 . La procedura di certificazione dei crediti tributari
Il comma 2 dell'art. 182-ter “L'agente della riscossione, non oltre trenta giorni dalla data della presentazione, deve trasmettere al debitore una certificazione attestante l'entità del debito iscritto a ruolo scaduto o sospeso. L'ufficio, nello stesso termine, deve procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni e alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità, unitamente a una certificazione attestante l'entità del debito derivante da atti di accertamento, ancorchè non definitivi, per la parte non iscritta a ruolo, nonchè dai ruoli vistati, ma non ancora consegnati all'agente della riscossione”.
La certificazione citata ha lo scopo di permettere la verifica dell'esatta quantificazione dei debiti tributari e contributivi e viene rilasciata, si ribadisce in circolare 16/2018, senza pregiudizio dell'ulteriore attività accertatrice sempre possibile per l’AdE.
Nell'ambito del concordato preventivo, l'ammontare dei crediti tributari da certificare è quello esistente alla data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese [9]. 
La stessa regola vale anche in caso di presentazione della domanda "con riserva", prevista dal comma 6 dell'art. 161, senza considerare eventuali debiti posteriori.
La procedura da seguire per tale definizione, che di seguito si cerca schematicamente di rappresentare, non è agevole e va condotta, in primis dall’advisor finanziario (interessato alla verifica del peso e dell'incidenza del voto dell'AdE rispetto al raggiungimento delle maggioranze necessarie per l'approvazione della proposta concordataria) ed in seguito, dal professionista attestatore (interessato oltre che al riscontro del “peso”, soprattutto alla espressione della convenienza della proposta transattiva rispetto al ricavabile dallo scenario fallimentare), verificando le seguenti fattispecie:
·         debiti tributari e contributivi che sono già stati affidati dagli Enti al concessionario per la riscossione e sono già iscritti a ruolo;   
·         debiti tributari e contributivi che sono già stati affidati dagli Enti al concessionario per la riscossione e non sono ancora stati iscritti a ruolo;   
Queste due fattispecie vengono riepilogate nell’estratto di ruolo richiedibile al concessionario per la riscossione,
·         debiti tributari e contributivi ancora non affidati dagli Enti al concessionario per la riscossione;   
·         debiti tributari e contributivi non scaduti risultanti dalle dichiarazioni ancora non presentate e liquidate dagli uffici (per questa ragione, assieme alla proposta di transazione, occorre presentare all’AdE le dichiarazioni relative ai periodi di imposta i cui termini non risultano ancora scaduti e da accertare);  
·         debiti tributari e contributivi in contenzioso (emergono richiedendo il certificato dei carichi pendenti fiscali [10] all’AdE).  
Se non vi è perfetta corrispondenza tra l'importo dei crediti dichiarato dal debitore e quello certificato dal Fisco è possibile integrare e rettificare la proposta. 
Se il debitore non rettifica la proposta, l'Agenzia può agire in via ordinaria, come qualsiasi altro creditore [11], per l'accertamento del maggior credito rivendicato e, in caso di esclusione dal voto del suo credito per tale differenza, può opporsi all'esclusione in sede di omologazione del concordato. 
Nel caso sussistano crediti tributari in contestazione, la proposta dovrà prevedere lo stanziamento di un’apposita riserva a presidio del rischio di soccombenza. 
In questa ipotesi [12], indipendentemente dal voto favorevole o contrario espresso dall'Amministrazione finanziaria, il trattamento del debito tributario (privilegiato o chirografario) proposto in sede di concordato va applicato all'ammontare risultante dalla pronuncia che definisce il giudizio relativo al credito contestato, in quanto i crediti in contenzioso rappresentano comunque crediti sorti anteriormente all'apertura della procedura e vanno dunque soddisfatti secondo le regole del concorso.
7 . La valutazione della proposta di transazione da parte dell’Agenzia delle
Sempre nella Circ. 16/E del 23/07/2018, è stato altresì chiarito che l’attestazione del professioni­sta di cui all’art. 182-ter L. fall. non vincola l’Amministrazione Finanziaria ad esprimere un voto favorevole. l’Agenzia delle Entrate, analogamente agi altri creditori, potrà, infatti, votare negati­vamente, ma solo nel caso in cui i valori di liquidazione contenuti nella relazione del profes­sionista appaiano sottostimati oppure incompleti, o qualora il piano non appaia fattibile (insostenibile). 
Per contro, qualora la richiesta di trattamento dei crediti tributari risulti completa, documentata e adeguatamente argomentata, l’Amministrazione finanziaria ancorchè non vincolata, nell’espressione del voto, si troverà con limitati margini di discrezionalità [13].
8 . Non necessità di ricorrere a più professionisti per le diverse attestazioni
L’Agenzia delle Entrate, nella circolare 16/2018 ha inoltre, precisato come l’art. 182-ter L. fall. non pretenda che l’attestazione relativa al pagamento parziale dei debiti tributari sia redatta distinta­mente dalla relazione di cui all’art. 161, co. 3, L. fall. (attestazione della veridicità dei dati aziendali e fattibilità del piano), né da quella giurata di generale falcidia dei debiti privilegiati; il professioni­sta può essere unico e, pertanto, predisporre un unico documento nel quale sia effettuato il con­fronto tra l’ipotesi concordataria e quella liquidatoria, e da cui emerga che la prima soddisfi l’Amministrazione Finanziaria in misura superiore alla seconda. 
9 . Conclusioni sulla “transazione fiscale” nel concordato preventivo in continuità aziendale
Si può pertanto concludere che, ai fini dell’approvazione della proposta di transazione fiscale formulata nell’ambito di un concordato preventivo in continuità:
  • la comparazione, fra il soddisfacimento dei debiti fiscali offerto con la proposta di transa­zione fiscale e quello alternativamente conseguibile dal Fisco mediante la liquidazione del patrimonio dell’impresa, può essere eseguita senza far concorrere tali flussi alla formazio­ne di detto patrimonio;
  • è sufficiente prevedere un trattamento dei crediti fiscali più vantaggioso di quello destina­to ai crediti privilegiati di grado inferiore e a quelli chirografari, purché sia al tempo stesso migliore rispetto al soddisfacimento che tali crediti riceverebbero mediante l’alternativa li­quidazione;
·         per i creditori strategici, in ragione della essenzialità del loro apporto alla gestione dell'impresa e della salvaguardia della continuità aziendale si può derogare al divieto di trattamento deteriore dei crediti tributari se, inoppugnabilmente attestato;
  • in caso di contenzioso tributario in essere, la proposta deve contenere riserve capienti per permettere il pagamento dell’importo che verrà definito in funzione delle previsioni di soddisfo relative alla natura del credito (credito tributario privilegiato o chirografario - defalcato o naturale – inserito in apposita classe); 
  • il parere dell’attestatore non vincola l’Agenzia delle Entrate nell’espressione del voto ma l’amministrazione finanziaria, nel caso di una attestazione irreprensibile ha limitati margini di discrezionalità e deve adeguatamente motivare l’eventuale diniego;
  • l’attestatore può essere unico e redigere un unico documento diviso in più parti.
10 . Cenni sul “trattamento dei crediti tributari e contributivi” negli A.D.R.
L’intero impianto del trattamento dei crediti tributari e contributivi sino ad ora esposto è applicabile al concordato preventivo ed anche all’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182-bis ma, in quest’ultimo caso, con qualche distinguo.
Nell’A.D.R. i creditori possono liberamente e singolarmente prevedere un trattamento dei loro crediti differenziato, indipendentemente da quello convenuto con il debitore dagli altri creditori, privilegiati di grado superiore o inferiore o chirografari che siano.
Restano comunque fermi anche in ipotesi di A.D.R.: 
  • il divieto di trattamento deteriore dell’erario; 
  • la necessità che il soddisfacimento dei crediti fiscali proposto sia più conveniente di quello discendente da qualsiasi altra soluzione concretamente praticabile [14]  
e questo ultimo aspetto costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale.
·         Nell’ A.D.R. la data di riferimento della certificazione dei crediti tributari è quella di presentazione della proposta di transazione fiscale, fatto salvo l'aggiornamento reso necessario dall'eventuale mancato pagamento di debiti tributari successivi.
Altra differenza non meno importante nel trattamento dei crediti tributari e contributivi fra C.P.C. e A.D.R. è costituita dal fatto che:
  • Nel C.P.C., qualora gli enti votino negativamente o non votino, il concordato viene omo­logato in ogni caso se sono state raggiunte le maggioranze previste e la transazione fiscale contenuta in proposta assume piena efficacia.
  • Nell’A.D.R. qualora gli enti non aderiscano o non esprimano la loro volontà rispetto alla proposta di transazione, nel caso in cui l’accordo raggiunga comunque la maggioranza del 60%, l’omologazione dell’accordo non riguarderà gli enti con la conseguenza che la tran­sazione fiscale contenuta non assumerà efficacia per cui gli enti dovranno essere pagati in­tegralmente nei 120 gg. successivi all’omologa.

Note:

[1] 
Il D.L. n. 23 del 08 aprile 2020 ha disposto la sospensione dei versamenti fiscali e contributivi in scadenza ad aprile e maggio 2020 per i soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi inferiori o superiori a 50 milioni di euro, a condizione di aver subito una diminuzione dei ricavi o dei compensi di almeno il 33% per i primi e del 50% per i secondi raffrontato con i corrispondenti mesi dell’anno 2019 relativi: alle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilato e alle trattenute relative all'addizionale regionale e comunale, che i predetti soggetti operano in qualità di sostituti d'imposta; all’imposta sul valore aggiunto; ai contributi previdenziali e assistenziali, e ai premi per l'assicurazione obbligatoria.
[2] 
Il problema della infalcidiabilità dell’IVA e delle ritenute è stato superato in senso positivo dalla Sent. Corte di Giustizia Europea del 07/04/2016, in https://bit.ly/2ySzJik 
[3] 
Circ. 16/E del 23/07/2018, https://bit.ly/2xljkCA 
[4] 
Trib. Milano 15 dicembre 2016, in www.ilcaso.it
[5] 
Si riportano fra le molte, Trib. Milano 03 novembre 2016, Trib. Treviso 16 novembre 2015, Trib. Rovereto 13 ottobre 2014, tutte in www.ilcaso.it
[6] 
In questo senso anche S. Morri, La vexata quaestio del trattamento dei crediti tributari e la transazione fiscale, in Il Fallimentarista, 25 marzo 2020. 
[7] 
Vedasi l’esaustivo elaborato di G. Andreani – A. Tubelli, in Il Fisco, n. 39/2019, 3741; Id, “La transazione fiscale alla luce dei più recenti indirizzi dell’agenzia delle Entrate”, 25 settembre 2019 - https://bit.ly/2Vk13xw 
[8] 
Sul tema della vantaggiosità si veda anche l’importante lavoro di A. Di Falco-G. Rocca, Il nuovo trattamento dei crediti tributari e contributivi secondo il codice della crisi e dell’insolvenzaI Quaderni n. 79 - S.A.F. - https://bit.ly/2XqAJEr 
[9] 
Art. 168 L. fall. co. 1: Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore.
[10] 
Il certificato carichi pendenti dell’Agenzia delle Entrate è un certificato di regolarità fiscale che attesta principalmente l’esistenza di eventuali contestazioni, sia in essere sia già definite con l’Agenzia delle Entrate, per le quali i debiti non sono stati soddisfatti.
[11] 
V. G. La Croce, Crediti contenziosi, accantonamenti e fattibilità del piano di concordato, in Il Fallimento, 2019, 1, 56, lavoro nel quale l’autore in premessa al commento della Sent. Cass. civ. Sez. I Ord., 13 giugno 2018, n. 15414 definisce il rapporto di specialità fra le norme del diritto tributario e del diritto fallimentare un rapporto di perfetta equipollenza, privo di reciproche interferenze: sulla determinazione dell'an e del quantum del credito erariale è il diritto tributario a dettare le regole, mentre il suo soddisfacimento concorsuale, nell'entità così determinata, avverrà esclusivamente secondo le regole del diritto fallimentare. 
[12] 
Si rimanda al punto 5.1.5 della circolare n. 16/E/2018 – Il trattamento dei tributi oggetto di contenzioso - 
[13] 
Vedasi G. Sgaravato – E. Sgaravato, Brevi note in tema di transazione fiscale, in Dir. e Prat. Trib., 2019, 1, 378, lavoro nel il quale viene commentata la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n. 26135 del 2017 che accoglieva il ricorso promosso dalla ricorrente avverso il provvedimento di diniego alla proposta di transazione fiscale avanzata all'Amministrazione finanziaria ai sensi dell'art. 182-ter l. fall., ritenendo non sufficientemente e genericamente motivato tale diniego. 
[14] 
Il perimetro dell'attestazione è, pertanto, più ampio di quello delineato per la transazione fiscale nel concordato preventivo. In buona sostanza, secondo la norma attuale, l’attestatore dovrà dimostrare di fatto tutte le alternative possibili con un relativo commento e dovrà spiegare come è arrivato alla conclusione della convenienza dimostrando, per tutte le ipotesi, l’impatto finanziario a favore dell’ente. L’art. 63 CCII (d.lgs. n. 14 del 2019) prevede, con decorrenza da quando entrerà in vigore, che l’alternativa da considerare sia costituita unicamente dalla liquidazione giudiziale dell’impresa debitrice.

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