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Saggio

La sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione nel diritto emergenziale “anti-Covid”

Marco Spadaro e Flavio Frasca, Avvocato in Siracusa e Dottore in giurisprudenza

28 Aprile 2021

Le vicende del capitale sociale sembrano essere diventate un “problema” nei momenti di crisi o di difficoltà dell’impresa. Il Legislatore pare essersene accorto e, nel tempo, per consentire all’impresa di superare tali momenti di crisi o di difficoltà, ha introdotto nell’ordinamento speciali regimi che consentono una deroga alle regole civilistiche che impongono l’adeguamento del capitale nominale a quello reale, la tempestiva ricapitalizzazione ovvero la trasformazione o lo scioglimento della società. Gli Autori si soffermano, dunque, sulle principali disposizioni derogatorie alla c.d. regola “ricapitalizza o liquida” le quali sembrano svilire la già precaria concezione del capitale sociale e le sue funzioni, analizzando in particolare la più recente disciplina emergenziale dettata dall'articolo 6, D.L. 23/2020, come recentemente novellato dalla Legge di Bilancio per l'anno 2021.
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1 . Introduzione. Il “problema” del capitale sociale nelle situazioni di crisi o di difficoltà dell’impresa
Nel sistema dell’allerta delineato dal Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (di seguito, per brevità, solo Codice della crisi o c.c.i.), le vicende del capitale sociale costituiscono uno dei più significativi indizi della presenza di una situazione di crisi dell’impresa. Il primo degli indici[1] elaborati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, ai sensi dell’art. 13, commi 1 e 2, c.c.i, è - infatti - il patrimonio netto negativo[2] o, per le società di capitali, al di sotto del limite di legge[3]. Come evidenziato nello stesso documento elaborato dall’ente delegato: «Il patrimonio netto diviene negativo o scende sotto il limite legale per effetto di perdite di esercizio, anche cumulate e rappresenta causa di scioglimento della società di capitali (art. 2484, co. 4 cod. civ.). Indipendentemente dalla situazione finanziaria, detta circostanza costituisce quindi un pregiudizio alla continuità aziendale, fintantoché le perdite non siano state ripianate e il capitale sociale riportato almeno al limite legale»[4].
In questa prospettiva (e limitando le considerazioni che seguono alle sole società di capitali), il capitale sociale nominale[5] (costituente una componente del valore del patrimonio netto[6] della società), con il sistema di regole civilistiche approntato per assicurarne la sua effettività rispetto al capitale reale[7] e la consistenza minima stabilita dalla legge, sembra esprimere alcune di quelle funzioni[8] che una parte della dottrina[9], già da tempo, gli assegna: la funzione informativa nei confronti dei creditori e dell’intero mercato, circa la consistenza del patrimonio e l’andamento gestionale della società[10]; la funzione di segnalare, e dunque, prevenire fenomeni di crisi[11], allertando amministratori, soci e terzi circa il verificarsi di una situazione di sovraindebitamento e il pericolo che il rischio di impresa possa traslarsi sui creditori[12]. 
Immediatamente dopo aver assolto a tali funzioni, tuttavia, le vicende del capitale sociale divengono un “problema” [13], tanto che il Legislatore del Codice della crisi, così come già in precedenza aveva fatto quello della (mini) riforma della Legge fallimentare, si preoccupa di favorire la composizione negoziale della crisi emersa, disinnescando la operatività proprio di quelle stesse regole volte a disciplinare le situazioni patologiche del capitale sociale.
Il riferimento è agli artt. 64 e 89, c.c.i., nonché all’art. 182-sexies L. fall.[14] i quali, in via temporanea, sospendono l’applicazione delle regole sul capitale sociale dettate dagli artt. 2446, commi 2 e 3, e 2482-bis, commi 4, 5 e 6 c.c., per il caso di sua riduzione obbligatoria, nonché dagli artt. 2447 e 2482-ter c.c., per la ipotesi di riduzione al di sotto del minimo legale, ed - inoltre - dispongono la sospensione dell’operatività della causa di scioglimento della società prevista dagli artt. 2448, n. 4, e 2545-duodecies c.c. Ciò allorquando la società in crisi abbia deciso di comporla presentando una domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, una proposta di accordo di ristrutturazione o una domanda di omologazione di quest’ultimo. La sospensione delle regole civilistiche ordinarie opera per un periodo di tempo ben delimitato, che va dal deposito della domanda di accesso alla procedura o della proposta di accordo sino all’omologazione (o al diverso epilogo negativo).
Come è noto, la neutralizzazione degli obblighi di ricapitalizzazione disposta dalle citate norme pone espressamente fine ad una preesistente incertezza[15] circa l’obbligo (o meno) delle società in crisi di ripristinare l’integrità del capitale sociale minimo, perduto in tutto o in parte, prima della presentazione di una domanda di concordato preventivo[16], ma ha anche il dichiarato fine di introdurre «un importante incentivo alla risoluzione delle situazioni di crisi di impresa»[17].
La riduzione del capitale sociale costituisce, infatti, spesso un ostacolo che si incontra nelle operazioni di risanamento e riorganizzazione delle imprese in crisi, rappresentato dalla necessaria messa in liquidazione della società a seguito di perdite che hanno portato il capitale al di sotto del minimo legale[18]. Come è stato condivisibilmente osservato, infatti, lo scioglimento e la liquidazione segnano il venir meno della continuità aziendale e rendono meno agevole l’acquisizione di nuove risorse finanziarie necessarie a mantenere l’impresa in funzionamento, «pregiudicando o, quanto meno, rendendo maggiormente problematica la predisposizione di un piano concordatario o di un accordo con i creditori che permetta all’impresa di rimanere sul mercato»[19].
Lo scopo della norma è anche quello di evitare onerose operazioni sul capitale per evitare che gli amministratori assumano responsabilità per effetto della prosecuzione dell’attività sociale che, se interrotta o sospesa, potrebbe compromettere il risanamento dell’impresa[20]. 
In tale contesto, siffatta soluzione al “problema” del capitale sociale non appare minare significativamente[21] le funzioni che, secondo la dottrina, sono proprie, in generale (per tutte le società commerciali), del sistema del capitale e, in particolare (per le società di capitali), del (sotto)sistema del capitale nominale minino[22].
Le funzioni informative e di segnalazione preventiva sono state assolte e, per il caso di accesso alla procedura con ricorso cd. in bianco o con riserva, le esigenze conoscitive interinali dei terzi sono ulteriormente garantite, ottemperando agli obblighi informativi periodici stabiliti dall’art. 44 c.c.i. e dall’art. 161, comma 8 L. fall. 
Le altre funzioni (in dottrina variamente declinate come: di garanzia[23], di moderazione e regolazione dell’attività sociale nell’interesse di terzi[24], di regolazione degli utili e di sopportazione delle perdite[25], di organizzazione[26], di prevenzione della traslazione del rischio di impresa[27]) non possono dirsi significativamente compromesse, atteso che la sospensione delle regole che le riguardano avviene per un periodo di tempo ragionevolmente assai breve e ben perimetrato, in cui la società opera in un regime di spossessamento attenuato e sotto la vigilanza degli organi concorsuali. Inoltre, in disparte il caso della soluzione liquidatoria pura del patrimonio sociale (e fatta salva l’adesione alla tesi di cui si dirà infra, al paragrafo 10), ai fini della omologazione, la società dovrà confezionare un piano che tenga necessariamente conto della necessità di ricostruire il capitale sociale minimo o di trasformare regressivamente la società[28], a pena di inammissibilità della soluzione negoziale proposta ai creditori[29]. 
Il capitale sociale ed il ricordato sistema di regole che ne presidiano alcune delle funzioni è apparso un “problema” anche in altri e diversi momenti di difficolta dell’impresa.
L'art. 41, comma 1-octies, D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159[30] (cd. Codice antimafia) stabilisce che per le società sottoposte a sequestro ai sensi dello stesso decreto, le cause di scioglimento per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, comma 1, n. 4), e 2545-duodecies c.c. non operino dalla data di immissione in possesso dell’amministratore giudiziario sino all'approvazione del programma di prosecuzione o ripresa dell’attività e, per lo stesso periodo, non si applichino gli art. 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482-bis, commi 4, 5 e 6, e 2482-ter c.c.
In questo caso, il “problema” del capitale sociale si pone per l’amministrazione giudiziaria, sia perché il sequestro può riguardare, in tutto o in parte, le partecipazioni sociali nella società sottocapitalizzata, sia perché ad essa amministrazione giudiziaria compete la gestione dell’azienda e/o della società oggetto della misura di prevenzione, nell’immediato e (almeno) fino all’approvazione del programma di continuazione o ripresa dell’attività da parte del tribunale. 
Lo scopo della norma, dunque, appare quello di evitare l’operatività delle regole anzidette per il tempo occorrente all’autorità giudiziaria a valutare se sussistano i presupposti per una prosecuzione o ripresa dell'attività dopo il sequestro e ad assumere le conseguenziali determinazioni (ivi compreso il reperimento dei mezzi e/o degli strumenti giuridici necessari per farvi fronte), senza compromettere la continuità aziendale ed evitando profili di responsabilità in capo all’amministrazione giudiziaria e/o ad eventuali amministratori di diritto, nominati e/o mantenuti tali nel periodo di gestione interinale. 
In buona sostanza, anche in questo caso, il capitale sociale e le citate sue regole vengono messi temporaneamente da parte per favorire la prosecuzione di una attività aziendale[31] che, seppur penalmente cautelata, ne è meritevole[32]. Anche in questo caso, tutto sommato, la soluzione al “problema” non appare compromettere le funzioni proprie del complesso sistema di regole che riguardano il capitale sociale, in considerazione del breve spazio temporale nel quale devono intervenire le relative decisioni e dei coevi controlli e gestione giudiziari[33]. 
Il “problema” del capitale sociale si è riproposto per i momenti di difficoltà delle società cd. start-up innovative e, ancora una volta, lo si è risolto neutralizzandone, a tempo, le ricordate dinamiche civilistiche.
L’art. 26, comma 1, del Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221, stabilisce che nelle società cd. start-up innovative il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo stabilito dagli artt. 2446, comma 2 , e 2482-bis, comma 4, c.c., sia posticipato al secondo esercizio successivo. Nelle start-up innovative che si trovino nelle ipotesi previste dagli artt. 2447 o 2482-ter c.c. l’assemblea convocata senza indugio dagli amministratori, in alternativa all’immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al minimo legale, può deliberare di rinviare tali decisioni alla chiusura dell’esercizio successivo. Fino alla chiusura di tale esercizio non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, comma 1, n. 4), e 2545-duodecies c.c. Se entro l’esercizio successivo il capitale non risulta reintegrato al di sopra del minimo legale, l’assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve deliberare ai sensi degli articoli 2447 o 2482-ter c.c.
La temporanea disattivazione delle regole del diritto societario in tema di riduzione del capitale sociale e di scioglimento nell’ambito della disciplina delle cd. start-up innovative ha lo scopo di agevolare l’avvio della società e di «rientrare fisiologicamente dalle perdite maturate nelle primissime fasi»[34]. 
In tempi di Covid-19, il capitale sociale è divenuto un “problema” di carattere generale, per la «situazione anomala che coinvolge anche imprese che, prima dell'epidemia, si trovavano in condizioni economiche anche ottimali, traducendosi in una patologica perdita di capitale che non riflette le effettive capacità e potenzialità delle imprese coinvolte. Di riflesso, e nonostante le massicce misure finanziarie in corso di adozione, si palesa una prospettiva di notevole difficoltà nel reperire i mezzi per un adeguato rifinanziamento delle imprese»[35]. 
In un contesto di misure emergenziali assai ampio e variegato[36], il Legislatore ha – dunque - rispolverato la consueta soluzione al “problema” del capitale sociale, varando una nuova fattispecie di sospensione a tempo degli obblighi di ricapitalizzazione: quella prevista dall’art. 6 del Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23 (di seguito, per brevità, Decreto Liquidità) [37]. Al riguardo è stato precisato che  «In questo quadro, la disposizione in esame mira a evitare che la perdita del capitale, dovuta alla crisi da COVID-19 verificatasi nel corso degli esercizi chiusi al 31 dicembre 2020, ponga gli amministratori di un numero elevatissimo di imprese nell’alternativa – palesemente abnorme – tra l’immediata messa in liquidazione, con perdita della prospettiva di continuità per imprese anche redditizie, e il rischio di esporsi alla responsabilità per gestione non conservativa ai sensi dell’articolo 2486 del codice civile. La sospensione degli obblighi previsti dal codice civile in materia di perdita del capitale sociale, per contro, tiene conto della necessità di fronteggiare le difficoltà dell’emergenza del COVID-19 con una chiara rappresentazione della realtà, non deformata da una situazione contingente ed eccezionale»[38].
La normativa dettata per fronteggiare gli effetti della pandemia da Covid-19, di cui si dirà infra e che sostanzialmente evoca quella già sopra esaminata, tende, dunque, ad evitare che una rappresentazione deformata della realtà - provocata dalla situazione di crisi generalizzata e contingente[39]- determini l'insorgere, in relazione ad un numero enorme di imprese, dell'obbligo di intervenire per ricapitalizzare ovvero accertare una causa di scioglimento[40]. E, in effetti, non sembra una forzatura affermare che, quella che in un contesto normale sarebbe una patologia, nell'attuale fase pandemica risulta essere una condizione che interessa gran parte degli operatori, quasi fisiologica, che rende inattendibili i tradizionali criteri di valutazione della “salute” di un’impresa[41]. 
Per quanto, anche in questi ultimi due casi (delle start-up innovative e delle imprese colpite dalla pandemia da Covid-19), la soluzione al “problema” del capitale sociale sia affidata a norme di contenuto sostanzialmente analogo a quelle previste nell’ambito delle discipline concorsuali e penali, diverso appare l’impatto della neutralizzazione di tali regole sul complessivo sistema del capitale sociale. 
La sospensione pro start-up innovative e quella anti Covid-19 avvengono in un contesto non soggetto ad alcun controllo giudiziario immediato (diretto o indiretto)[42] e nell’ambito di una gestione che rimane affidata agli stessi amministratori, senza alcuna particolare limitazione dei rispettivi poteri. Essi mantengono, infatti, i poteri di gestione ordinari e non necessariamente conservativi[43].
L’inertizzazione delle regole sul patrimonio netto negativo e la sospensione della relativa causa di scioglimento della società dovrebbero impedire l’operatività dell’indice primario di allerta elaborato dal CNDCEC, neutralizzando le ricordate funzioni di “campanello di allarme” del sistema del capitale nominale minimo[44]. Se la causa di scioglimento non opera e non vi è obbligo di ricapitalizzare per un dato tempo, non dovrebbe potersi trarre argomento da quell’indice per sostenere la esistenza di uno stato di crisi, potendo – al più - farsi ricorso all’utilizzo degli altri[45].
La sospensione delle regole civilistiche può essere assai lunga e, addirittura, può essere ricorrente. Secondo la norma anti Covid-19, la ricostruzione del capitale può avvenire entro cinque anni. Per le start-up innovative, la neutralizzazione delle citate regole è di un biennio, ma può non essere sporadica e ricorrere più volte nel corso della vita sociale, perché le stesse beneficiano di tale regime per tutto il tempo (cinque anni) in cui sono considerate tali dalla legislazione di riferimento. Per l’effetto, si consente alle società di operare sul mercato in condizioni di capitale sociale minimo ridotto o assente per un lungo periodo di tempo, con il pericolo anche di traslare sui creditori il rischio di impresa. In dottrina, già da tempo, si è segnalato che, nelle situazioni di crisi, «i soci hanno normalmente un forte incentivo economico ad investire in progetti imprenditoriali ad altissimo rischio, visto che il caso di risultato positivo i guadagni andranno a loro favore, mentre in caso di risultato negativo le perdite ricadranno sui creditori sociali, con conseguente partecipazione asimmetrica alla distribuzione de dei potenziali profitti e perdite»[46]. Ed ancora che «all'assottigliarsi del “netto” cresce l'incentivo dei soci a favorire scelte di investimento particolarmente rischiose nell'intento di recuperare le perdite in precedenza subite, giacché l'eventuale esito negativo graverebbe principalmente sui creditori, non avendo i soci più nulla da perdere essendo stato il loro investimento già “eroso” dalle perdite pregresse»[47].
La più recente evoluzione legislativa della soluzione al “problema” del capitale sociale nei momenti di difficoltà dell’impresa sembra, così, segnare un ulteriore passo verso il già segnalato “declino del sistema fondato sul capitale sociale”[48], il quale non sembra più fornire alcuna effettiva tutela ai creditori[49]. E di ciò sembra necessariamente doversi tener conto nella interpretazione della più recente disciplina anti Covid-19 che, almeno, ad una prima lettura non appare di agevole applicazione, ed anche nell’eventuale rimeditazione circa la portata applicativa delle regole (vecchie e nuove) dettate in materia dalle leggi sulla crisi d’impresa e dell’insolvenza.
2 . L’art. 6 del cd. Decreto Liquidità: Il testo originario della norma, i dubbi ermeneutici e le prime applicazioni
La sospensione anti Covid-19 della disciplina sulla riduzione del capitale sociale per perdite rilevanti è stata introdotta con il citato art. 6 del D.L. n. 23/2020. La disposizione è stata, poi, interamente riscritta dall’art. 1, comma 266, della Legge 30 dicembre 2020, n. 178 (cd. Legge di bilancio 2021).
Per meglio comprendere l’ambito di operatività della versione attuale della disposizione, appare utile prendere le mosse dal testo originario della norma e ripercorrere i dubbi ermeneutici e le difficoltà applicative emersi nel breve periodo della sua vigenza. Dubbi e difficoltà che, all’evidenza, hanno spinto il legislatore ad intervenire per riscrivere interamente la norma.
L’art. 6 del D.L. n. 23/2020, convertito con modificazioni dalla L. 5 giugno 2020, n. 40, nella sua versione originaria, stabiliva che «A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data del 31 dicembre 2020 per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quattro, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile».
Posto che la finalità dell'art. 6 del Decreto Liquidità era (ed è) quella di assicurare all’imprenditore un "safe harbour" ove riparare durante i tempestosi effetti della pandemia, il primo problema interpretativo che si era posto era quello di ben comprendere quanto tale protezione fosse estesa sotto il profilo spazio-temporale.  In particolare, per quali perdite operasse concretamente la sospensione degli obblighi civilistici in materia e fino a quando.
Poiché la norma trovava applicazione «A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data del 31 dicembre 2020 per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data», il suo ambito di operatività era legato al significato da attribuire alla locuzione «fattispecie verificatesi» nonché alla corretta individuazione e valenza delle date indicate a riferimento nella infelice formulazione legislativa.
Quanto al significato da attribuire alla formula «fattispecie verificatesi», in letteratura erano emersi due diversi orientamenti, potendo la norma riferirsi sia al momento del verificarsi delle perdite rilevanti, sia al momento in cui l’assemblea dei soci fosse stata convocata per approvare la situazione patrimoniale o il bilancio che ne accertava la presenza. 
Così, secondo una interpretazione estensiva della disposizione in commento, la «fattispecie» di cui al menzionato art. 6 doveva intendersi «verificatasi» nel momento in cui l’assemblea dei soci fosse stata convocata per accertare la presenza delle perdite rilevanti[50]. In questa prospettiva, che all’evidenza valorizzava la formazione progressiva della «fattispecie»[51], quest’ultima doveva ritenersi integrata alla ricorrenza dei suoi tre distinti elementi costitutivi tipici: la perdita qualificata del capitale sociale, la constatazione degli amministratori di tale perdita, la convocazione senza indugio dell'assemblea dei soci. Le perdite prese in considerazione dall’art. 6 del Decreto Liquidità potevano, dunque, essere non solo quelle verificatesi nel corso dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2020, ma anche quelle verificatesi antecedentemente (ad esempio nel corso dell’anno 2019) e portate all’attenzione dell’assemblea dei soci nel periodo considerato dall’art. 6. I sostenitori di questa tesi evidenziavano, infatti, che la ratio della norma era (anche) quella di tutelare le società per le perdite maturate anteriormente alla pandemia, che non potevano essere ripianate a causa della stessa[52]. 
Secondo un’interpretazione più restrittiva, maggiormente condivisa[53] e fatta propria anche dalla giurisprudenza di merito[54], la «fattispecie» doveva intendersi «verificatasi» nel momento in cui le perdite si fossero prodotte, con conseguente irrilevanza di perdite verificatesi anteriormente al periodo considerato dalla disposizione emergenziale[55]. Tale ricostruzione, sotto il profilo ermeneutico, veniva ritenuta la più in linea con la «voluntas legis di paralizzare per un determinato periodo di tempo le perdite cagionate dalla pandemia (così come emerge dalla relazione illustrativa e dalla relazione tecnica al Decreto, laddove si fa riferimento alla necessità di fronteggiare la ‘perdita dovuta alla crisi Covid 19’), e quindi quelle prodottesi dall’entrata in vigore del citato decreto legge, e non quelle anteriori che, per questo, nemmeno astrattamente si pongono in nesso di causalità con la crisi sopravvenuta di che trattasi»[56]. Secondo questa impostazione, dunque, il periodo da prendere in considerazione, quale momento di produzione delle perdite rilevanti, sarebbe stato esclusivamente quello intercorrente tra il 9 aprile 2020 ed il 31 dicembre 2020[57].
Quanto alla individuazione delle perdite effettivamente rilevanti, si discuteva se lo fossero solo quelle causalmente ascrivibili agli effetti della pandemia da Covid-19 ovvero indistintamente tutte le perdite verificatesi nel periodo di riferimento.
L’opinione prevalente predicava la rilevanza di tutte le perdite indistintamente emerse sino al 31 dicembre 2020, anche per la evidente difficoltà di discriminare quale ne fosse la effettiva causa o l’origine, diretta o indiretta[58]. Ma vi era anche chi propendeva per la necessità di un preciso nesso causale con gli effetti della pandemia[59].
Altro aspetto foriero di incertezze circa la operatività della originaria versione dell’art. 6 del Decreto Liquidità, come si è detto, concerneva i profili temporali legati alle date indicate nella norma.
Mentre si riteneva, pressoché pacificamente, che la data di entrata in vigore del decreto (09 aprile 2020) segnasse il dies a quo di operatività della sospensione degli obblighi di legge[60], non altrettanto uniformità di pensiero vi era circa il dies ad quem (del 31 dicembre 2020).
 Secondo un orientamento più restrittivo, dal giorno 1° gennaio 2021 gli obblighi temporaneamente sospesi avrebbero riacquistato efficacia, con conseguente immediato dovere di ridurre e di ripristinare il capitale secondo le regole ordinarie[61]. 
In base ad una interpretazione più estensiva, invece, gli effetti della sospensione emergenziale si sarebbero potuti protrarre fino all'assemblea di approvazione del bilancio dell'esercizio 2020, da tenersi dunque nel 2021, potendosi - così - continuare la gestione societaria senza intervenire sulle perdite qualificate già verificatesi e mantenendo di fatto una situazione di sottocapitalizzazione anche nel corso dell'esercizio 2021[62]. 
Dubbi vi erano anche riguardo al concreto operare della norma e le definitive sorti delle perdite di periodo sospese, sostenendo una parte della dottrina che «All’esaurimento della finestra temporale, riprende ad applicarsi l’ordinario regime, ma soltanto per le perdite maturate in futuro, vale a dire dal 1° gennaio 2021. Secondo l’art. 6 D.L. cit., per gli “esercizi chiusi” al 31 dicembre 2020 “non si applicano gli articoli…” vorrà significare che permarrà l’esenzione (ovviamente alla condizione che le perdite trovino causa nelle misure anti-pandemiche e tutto sia accaduto nel periodo detto) anche nei bilanci a venire, nei quali le perdite saranno sine die portate a nuovo, sinché non riassorbite»[63].
Controverso, infine, era il perimetro di operatività della sospensione della causa di scioglimento ex art. 2484, comma 1, n. 4, c.c. per la perdita del capitale sociale. Secondo alcuni, in considerazione del tenore complessivo delle disposizioni dettate dagli artt. 6 e 7 del D.L. n. 23/2020 in tema di continuità aziendale e di capitale sociale, volte a neutralizzare, per un periodo limitato, l’insieme delle norme volte ad imporre lo scioglimento e la liquidazione per il verificarsi di disequilibri finanziari o patrimoniali, si sarebbe dovuta ritenere sospesa anche la causa di scioglimento per sopravvenuta impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale derivante dalla  perdita della continuità aziendale[64].
In dottrina si conveniva, invece, sul fatto che, durante il periodo di sospensione, continuassero a trovare applicazione gli artt. 2446, comma 1, e 2482 bis, commi 1, 2 e 3, c.c. con conseguente l’obbligo per gli amministratori (in caso di capitale diminuito di oltre un terzo, ma non ancora interamente perduto), di convocare senza indugio l’assemblea per gli opportuni provvedimenti, di sottoporre ad essa una relazione sulla situazione patrimoniale della società con le osservazioni dell’organo  di controllo e di dare conto dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione[65]. Analogamente, nel caso di perdita integrale del capitale sociale, si predicava l’obbligo (apparentemente non sospeso) di predisporre una situazione patrimoniale aggiornata e di convocare, senza indugio, l’assemblea straordinaria[66].
3 . L’art. 6 del cd. Decreto Liquidità (segue): il testo novellato e il nuovo ambito di operatività
In pieno dibattito e poco prima che scadesse il termine (del 31 dicembre 2020) di operatività della disposizione, la citata Legge di bilancio 2021 ha interamente riscritto l’art. 6 del Decreto Liquidità. La norma recita oggi così: 
«1. Per le perdite emerse nell'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020 non si applicano gli articoli 2446, secondo e terzo comma, 2447, 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma, e 2482-ter del codice civile e non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile.
2. Il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo stabilito dagli articoli 2446, secondo comma, e 2482-bis, quarto comma, del codice civile, è posticipato al quinto esercizio successivo; l'assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate.
3. Nelle ipotesi previste dagli articoli 2447 o 2482-ter del codice civile l'assemblea convocata senza indugio dagli amministratori, in alternativa all'immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al minimo legale, può deliberare di rinviare tali decisioni alla chiusura dell'esercizio di cui al comma 2. L'assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve procedere alle deliberazioni di cui agli articoli 2447 o 2482-ter del codice civile. Fino alla data di tale assemblea non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile.
4. Le perdite di cui ai commi da 1 a 3 devono essere distintamente indicate nella nota integrativa con specificazione, in appositi prospetti, della loro origine nonché delle movimentazioni intervenute nell'esercizio».
Il testo novellato ha risolto alcune delle ambiguità precedenti, ma non altre.
Riguardo al perimetro di operatività della norma, il nuovo comma 1 dell’art. 6 precisa che la sospensione delle citate regole civilistiche opera per «le perdite emerse nell'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020» e non più per le «fattispecie verificatesi» nel periodo di riferimento.
La modifica non è risolutiva, perché la nuova locuzione è altrettanto ambigua[67]. 
Cosa di intende, infatti, per perdite «emerse»?
Stando al significato letterale dell’aggettivo utilizzato[68], dovrebbero rilevare le perdite risultate evidenti nell’esercizio in corso nel 2020. In tal senso l’emersione delle perdite potrebbe apparire coincidente con il momento in cui l’organo amministrativo ne abbia contezza, accertandole, e, dunque, in una fase certamente anteriore alla convocazione dell'assemblea ma anche (potenzialmente, di molto) successiva al momento dell’effettivo loro insorgere. L’ambito di operatività della norma potrebbe, così, comprendere anche perdite verificatesi negli esercizi precedenti al 2020 e dunque non riconducibili alla pandemia da Covid-19.
L’interpretazione della norma non può, però, trascurare la ricordata ratio dell’intervento emergenziale che, come si è detto, «mira a evitare che la perdita del capitale, dovuta alla crisi da Covid-19 verificatasi nel corso degli esercizi chiusi al 31 dicembre 2020, ponga gli amministratori di un numero elevatissimo di imprese nell’alternativa – palesemente abnorme – tra l’immediata messa in liquidazione, con perdita della prospettiva di continuità per imprese anche redditizie, e il rischio di esporsi alla responsabilità per gestione non conservativa ai sensi dell’articolo 2486 del codice civile» e i dubbi che erano sorti con l’impiego della formula «fattispecie verificatesi».
Ed allora il significato da attribuire alla nuova locuzione impiegata dal legislatore dovrebbe essere quello di perdite (qualificate e rilevanti) «emerse», nel senso di venute ad esistenza ovvero maturate[69], nell'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020 e, dunque, di competenza economica di quest’ultimo[70]. In tal modo, l’ambito di operatività dell’art. 6 del Decreto Liquidità rimarrebbe confinato a quelle perdite verificatesi in conseguenza della crisi da Covid-19 o quanto meno ad essa riconducibili con una certa probabilità.
L’«esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020» dovrebbe essere quello che va dal 01 gennaio 2020 al 31 dicembre 2020 per le società con esercizio sociale che coincide con l’anno solare, ovvero quello che intercetta anche l’anno 2021 per le società con esercizio sociale non coincidente con l’anno solare[71].
Più chiaro appare, invece, il profilo temporale di operatività della norma. La sospensione delle regole civilistiche in materia, limitatamente alle perdite come sopra individuate, perdura fino alla chiusura del quinto esercizio successivo, secondo un meccanismo procedimentale descritto ai commi 2 e 3 del novellato art. 6. 
In particolare, il termine entro il quale le perdite devono essere ripianate o devono, comunque, essere adottati i provvedimenti richiesti (quali la riduzione del capitale sociale, la sua ricostituzione o la trasformazione societaria) è rinviato sino al momento in cui si terrà l’assemblea chiamata alla approvazione del bilancio del quinto esercizio successivo. In concreto, dunque, sarà l'assemblea che approverà il bilancio dell'esercizio 2025 a dover prendere i provvedimenti necessari.  
Circa l’ambito di operatività della norma, occorre dare conto anche di una diversa interpretazione. Secondo autorevole dottrina, infatti, ciascuno dei tre commi dell’art. 6 del Decreto Liquidità avrebbe una portata autonoma. Per l’effetto, il comma 1 dell’art. 6 escluderebbe la necessita di un qualsiasi intervento sugli effetti delle perdite rilevanti emerse nell'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020. Queste, dunque, rimarrebbero «definitivamente “segregate” e registrate separatamente (in una sorta di “conto di memoria”)». I commi 2 e 3 dell’art. 6, invece, regolerebbero «le perdite emerse prima o dopo l'esercizio di riferimento, per le quali i meccanismi di adeguamento obbligatorio del capitale continuerebbero a trovare applicazione, ma con la ricordata sensibile dilatazione dei termini entro i quali si dovrà procedere alla relativa modifica statutaria»[72].
Tale opzione, determinando anche delle radicali modifiche all’impianto comune in tema di perdita del capitale sociale, non convince perché trascura la ricordata ratio della norma e la chiara volontà del legislatore emergenziale di regolare in via temporanea e provvisoria il fenomeno, senza incidere sul regime ordinario[73]. Invero la norma andrebbe letta unitariamente: il comma 1 sancisce la disattivazione di talune regole sul capitale sociale, i commi 2 e 3 definiscono la durata di tale disattivazione e i relativi meccanismi procedimentali, il comma 4 fissa precisi obblighi informativi rispetto alla nuova fattispecie.
Quanto alla individuazione delle perdite effettivamente rilevanti, anche alla luce delle recenti modifiche intervenute al testo dell’art. 6, deve convenirsi con chi predica la necessità che esse debbano essere causalmente ascrivibili agli effetti della pandemia da Covid-19[74]. Depongono in tal senso la collocazione sistemica della norma nell’ambito di una serie di misure volte a fronteggiare gli effetti della pandemia[75], la esplicita volontà del legislatore in tal senso[76], le precisazioni terminologiche del novellato l’art. 6 che, attribuendo rilevanza alle «perdite emerse», le ha definitivamente confinate tra quelle verificatesi nel solo anno 2020 in cui si è verificata la crisi da Covid-19. Ed ancora la nuova disposizione di cui al comma 4 dello stesso art. 6 che prescrive agli amministratori di specificare, nella nota integrativa al bilancio, l’«origine» delle perdite “congelate”. Tale precetto implica che l’organo amministrativo non può limitarsi a dare genericamente atto che trattasi di perdite emerse nell'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020, ma deve specificare la natura delle stesse e da cosa esse siano effettivamente derivate, con ciò esprimendosi la necessità di un preciso nesso causale tra perdite ed effetti della pandemia. E non può certo negarsi che le perdite rilevanti ben potrebbero derivare anche da sistemazioni contabili che nulla hanno a che vedere con la gestione in tempi di Covid-19, come - ad esempio – le variazioni delle rimanenze o gli effetti delle perdite su crediti dovuti a eventi straordinari o particolari, estranei alle vicende Covid-19, che germinino perdite di esercizio non riconducibili agli effetti della pandemia.
4 . Il regime di sospensione in caso di perdite che diminuiscono il capitale sociale di oltre un terzo (ma non sotto il minimo legale)
Nel caso di perdite che abbiano ridotto il capitale sociale di oltre un terzo (ma non sotto la soglia minima di legge), la sospensione degli obblighi civilistici opera e perdura automaticamente. Il comma 2 dell’art. 6 stabilisce, infatti, che il termine entro il quale tali perdite devono risultare diminuite a meno di un terzo è posticipato al quinto esercizio successivo; l'assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. 
Per quanto l’inertizzazione degli obblighi di riduzione del capitale operi automaticamente, non viene meno l’obbligo degli amministratori e, nel caso di loro inerzia, dell’organo di controllo (se esistente) di rilevare le perdite e convocare senza indugio l'assemblea, secondo quanto previsto dagli art. 2446, comma 1, e 2482-bis, commi 1, 2 e 3 c.c., la cui operatività non è sospesa[77]. Come è stato puntualmente evidenziato, la ragione per cui tali obblighi non sono sospesi va individuata della esigenza di rilevare sempre la corretta situazione dell’impresa e di informarne i soci, specie in un particolare momento di difficoltà qual è quello derivante dagli effetti della nota pandemia[78]. La ratio degli obblighi informativi stabiliti dalle citate disposizioni è, infatti, quella di garantire che l'assemblea, in una materia che attiene alla vita stessa della società, sia dettagliatamente ed adeguatamente informata sulla reale situazione patrimoniale della società medesima[79].
Gli amministratori devono, quindi, rilevare le perdite, convocare senza indugio l’assemblea per gli opportuni provvedimenti, sottoporle una relazione sulla situazione patrimoniale della società con le osservazioni dell’organo di controllo e dare conto dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione[80]. 
La rilevazione delle perdite deve avvenire con la tempestività che impone l’art. 2086 c.c., prescrivendo in capo all’organo amministrativo un dovere di monitoraggio continuo della situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società[81]. Dovere particolarmente accentuato in un contesto generalizzato di difficoltà qual è quello derivante dalla nota pandemia[82]. 
La convocazione dell’assemblea deve avvenire senza indugio e, dunque, secondo la prescrizione dell’art. 2631 c.c. entro trenta giorni o nel termine minore fissato nello statuto.
La relazione depositata deve rappresentare la situazione patrimoniale aggiornata[83] a una data il più possibile prossima a quella dell'assemblea[84].
L’assemblea dei soci potrà limitarsi. a prendere atto della situazione verificatasi e della automatica sospensione quinquennale dei relativi adempimenti civilistici[85] ovvero potrà deliberare di intervenire volontariamente[86] e ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate, non essendo questa opzione in alcun modo preclusa ed anzi oggi espressamente prevista dal comma 3 dello stesso art.6 per il caso (più grave) di perdite che abbiano azzerato o ridotto il capitale sociale al di sotto del minimo legale. La giurisprudenza, peraltro, ha già da tempo sancito la legittimità delle decisioni assembleari di volontaria riduzione nominale del capitale sociale per adeguamento al patrimonio netto, pur in assenza di specifici obblighi di legge, adottando - in questi casi - un modello procedimentale predefinito che offra adeguate garanzie di protezione ai soci e ai terzi e che, nel silenzio del legislatore, può essere ricavato, ai sensi dell'art. 12, secondo comma, disp. prel., c.c.., dai principi generali desumibili dall'art. 2446 c.c.[87].
5 . Il regime di sospensione in caso di perdite che riducono il capitale sociale sotto il minimo di legge o lo azzerano
Nel caso di perdite che abbiano ridotto il capitale al disotto del minimo di legge o lo abbiano azzerato, la sospensione non opera automaticamente. 
Ai sensi del comma 3 dell’art. 6 del Decreto Liquidità, infatti, l’organo amministrativo deve convocare senza indugio l'assemblea dei soci. Questa può procedere all'immediata riduzione del capitale sociale e al suo contemporaneo aumento a una cifra non inferiore al minimo legale ovvero può deliberare di rinviare tale decisione alla chiusura del quinto esercizio successivo. L'assemblea che approva il bilancio di tale quinto esercizio deve procedere alle deliberazioni di cui agli artt. 2447 o 2482-ter c.c. 
Ogni determinazione è, dunque, rimessa all’assemblea dei soci che è libera di deliberare anche l’immediata riduzione del capitale e la ricapitalizzazione al di sopra del minimo legale, ad esempio al fine di usufruire degli incentivi fiscali attualmente vigenti[88].
Quanto agli obblighi di tempestiva rilevazione delle perdite e di convocazione dell’assemblea, valgono le considerazioni di cui sopra, con la precisazione che il ritardo dell’organo amministrativo potrebbe essere causa di responsabilità ex art. 2485 c.c. [89]
Il comma 3 dell’art. 6 citato sembra porre l’assemblea dei soci di fronte ad un’unica alternativa: immediata riduzione del capitale e contemporaneo aumento dello stesso fino al minimo legale ovvero rinvio di tale decisione alla chiusura dell'esercizio di cui al comma 2. Invero, nonostante il dato testuale, deve ritenersi sempre possibile per l’assemblea deliberare la trasformazione della società ovvero il suo accesso ad una procedura di composizione negoziale della crisi, beneficiando in tal caso della sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione prevista dagli artt. 182-sexies L. fall. o 64 e 89, c.c.i, ovvero, ancora, procedere allo scioglimento ed alla messa in liquidazione della società. L’art. 6 del Decreto Liquidità aggiunge, infatti, unicamente un’ulteriore opzione (il rinvio) rispetto alla necessità (normalmente immediata) di ricapitalizzare, ferme restando, per volontà dell’assemblea, tutte le altre soluzioni già concretamente praticabili.
Se l’assemblea dei soci decide di avvalersi dello speciale regime di cui all’art. 6 e, dunque, rinviare ogni determinazione alla chiusura del quinto esercizio successivo, non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale. Tale beneficio opera automaticamente senza necessità di alcuna iniziativa volta a ripianare le perdite e/o a garantire una loro riduzione nel medio/lungo periodo[90].
L'inoperatività della causa di scioglimento è un corollario inevitabile della sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione, non potendosi ragionevolmente ammettere «uno scioglimento della società per la mancata adozione delle deliberazioni “salvifiche” previste dall’art. 2447 c.c. in presenza di una norma di legge che l'obbligo di adottare queste ultime ha disattivato»[91], tanto più se si considera che la giurisprudenza prevalente prevede che gli effetti dello scioglimento conseguano agli adempimenti pubblicitari incombenti sugli amministratori ai sensi dell'art. 2484 comma 3 c.c.[92].
Per quanto riguarda le società cooperative, l’art. 6 del Decreto Liquidità stabilisce che non operi la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui all’art. 2545-duodecies c.c. Invero tale ultima disposizione non contempla tra le cause di scioglimento la riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale, ma solo la sua perdita integrale e ciò, all’evidenza, in considerazione della inesistenza di un capitale sociale minimo e della sua fisiologica variabilità, legata al numero dei soci ed al valore delle quote. La fattispecie regolata dall’art. 6 del Decreto Liquidità è destinata, dunque, ad operare solo nel caso di azzeramento del capitale sociale. Quanto alle modalità operative, si ritiene comunemente che le società cooperative possano legittimamente ricorrere ad un aumento del capitale sociale secondo le modalità proprie delle società di capitali e, dunque, a seguito di una deliberazione dell’assemblea straordinaria[93].
6 . Il “congelamento” delle perdite rilevanti per i successivi esercizi: obblighi informativi
Per effetto della sospensione automatica degli obblighi di adeguamento del capitale nominale a quello reale e per effetto della sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione conseguente a delibera dalla assemblea, in caso azzeramento o di riduzione del capitale sotto il minimo, le perdite rilevanti emerse nell'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020 vengono, di fatto, “congelate” per i successivi esercizi e, con tale estensione del cd "periodo di grazia", si consente alle imprese colpite dagli effetti della pandemia di "rimanere in vita" sino al quinto esercizio successivo.
Il comma 4 dell’art. 6 del Decreto Liquidità stabilisce precisi obblighi informativi al riguardo: le perdite “congelate” devono essere distintamente indicate nella nota integrativa con specificazione, in appositi prospetti, della loro origine nonché delle movimentazioni intervenute nell'esercizio. La ratio della previsione dovrebbe essere quella di tenere distinte le perdite da Covid-19, che beneficiano delle previsioni di cui all’art. 6 citato, dalle eventuali perdite successive.
Essendo sospeso l’obbligo di intervenire sulle perdite da Covid-19, esse non dovrebbero cumularsi o comunque rilevare rispetto ad eventuali perdite emerse negli esercizi successivi a quello in corso al 2020. Quest’ultime dovrebbero essere considerate autonomamente e trattate secondo le regole ordinarie, non potendo beneficiare (anche per cumulo) dello speciale regime di cui all’art. 6 del Decreto Liquidità. Se rilevanti, le perdite degli esercizi successivi dovrebbero comportare l’obbligo dell’organo amministrativo e dell’assemblea di intervenire. 
Il comma 4 dell’art. 6, prescrivendo l’indicazione delle perdite “congelate” nella nota integrativa, sembra trascurare l’ipotesi in cui tale documento possa non corredare il bilancio. È il caso delle cd. microimprese, il cui bilancio, redatto ai sensi dell’art. 2435-ter c.c., potrebbe non essere accompagnato dalla nota integrativa. Invero, in considerazione della ratio, della portata e della rilevanza delle deroghe di cui all’art. 6 del Decreto Liquidità, sembra agevole sostenere che il comma 4 della stessa norma abbia introdotto uno specifico dovere informativo in capo all’organo amministrativo, con conseguente obbligo di quest’ultimo di corredare sempre il bilancio, qualunque ne sia la forma, con un apposito documento contenente le suddette indicazioni e, in generale, ogni altra informazione rilevante[94].
Nella nota integrativa deve essere indicata l’«origine» delle perdite “congelate”. Come si è già detto sopra, la previsione normativa, in tal senso, sembra dare conforto alla tesi di chi predica la necessità di un preciso nesso causale con gli effetti della pandemia. In questa prospettiva, la disposizione ha anche la finalità di responsabilizzare l’organo amministrativo circa la esatta e veritiera individuazione delle perdite rilevanti e la corretta applicazione della norma per evitare abusi. E ciò anche in considerazione del fatto che lo speciale regime di cui all’art. 6, come è stato già segnalato, è destinato a operare in un contesto non soggetto ad alcun controllo giudiziario immediato (diretto o indiretto)[95] e i rimedi risarcitori non possono che essere postumi.
7 . Il “congelamento” delle perdite rilevanti per i successivi esercizi: effetti
Le perdite rilevanti verificatesi nell’esercizio in corso nell’anno 2020 sono solo “congelate” ma non anche cancellate. L’art. 6 del Decreto Liquidità sospende, infatti, gli obblighi di intervenire sul capitale sociale intaccato da tali perdite, ma ciò non significa che tali perdite non esistano e non rilevino ad ogni altro effetto previsto dalla legge.
È opinione comune, quindi, che il “congelamento” delle perdite da Covid-19 impedisca di distribuire utili ai soci sino a che le stesse non siano state eliminate. Mantengono pieno vigore, pertanto, i divieti sanciti dagli artt. 2433, comma 2 e 2478-bis, comma 5, c.c.
Le perdite da Covid-19 rilevano anche ai fini della determinazione dei limiti all’emissione di obbligazioni di cui agli artt. 2412 e 2413 c.c.[96].
È sempre stata assai controversa la possibilità di procedere ad un aumento a pagamento del capitale sociale, senza prima ridurne il valore nominale in misura corrispondente alle perdite accertate[97]. Oggi, poiché è espressamente sospeso l’obbligo di procedere a una riduzione del capitale per le anzidette perdite rilevanti, può convenirsi sulla legittimità di eventuali operazioni di aumento di capitale a pagamento, assunte nel periodo regolato dall’art. 6 del Decreto Liquidità, che non siano precedute dalla riduzione del capitale sociale a copertura delle perdite “congelate” anche qualora, in esito a tale aumento, il patrimonio netto della società permanga inferiore ai due terzi del capitale sociale o inferiore al minimo legale[98]. Analoghe considerazioni dovrebbero valere per le altre operazioni sul capitale o con effetti sul capitale sociale, che richiederebbero il rispetto delle predette disposizioni, ove applicabili[99].
8 . Il “congelamento” delle perdite rilevanti per i successivi esercizi: doveri degli amministratori
Il tema degli obblighi incombenti sugli amministratori che si trovano a gestire un’impresa nell'attuale contesto di grave crisi economica[100], in presenza di un patrimonio netto negativo e di una (seppur temporaneamente neutralizzata) causa di scioglimento della società è assai complesso, anche per le notevoli implicazioni pratiche che comporta e la necessità di contemperare le contrapposte esigenze di tutela dei creditori e degli altri stakeholders, da un lato, e di assicurare ai medesimi amministratori un margine di libertà di azione tale da poter gestire e perseguire nel contempo un progetto di risanamento, la cui attuazione implica generalmente l'assunzione di un certo grado di rischio[101] , d’altro lato.
Come si è detto, le perdite rilevanti verificatesi nel 2020 sono solo “congelate” e non anche cancellate. L’organo amministrativo non dovrebbe, quindi, trascurare l’esistenza di una situazione di crisi (quanto meno di ordine) patrimoniale e dovrebbe orientare l’informazione ai soci e ai terzi nonché la gestione a criteri di prudenza e di conservazione del patrimonio sociale. 
Quanto agli obblighi informativi può senz’altro affermarsi che questi siano stati esplicitamente rafforzati dalle norme emergenziali e, segnatamente, dalla previsione di cui al comma 4 dell’art. 6. In tale senso depone anche la permanente operatività degli artt. 2446, comma 1, c.c. e 2482-bis, commi 1, 2 e 3, c.c. nonché il meccanismo semiautomatico previsto dal comma 3 dell’art. 6, che subordina la neutralizzazione degli obblighi di ricapitalizzazione a una decisione consapevole ed informata dell’assemblea dei soci.
Un’informazione particolarmente pregnante a beneficio di soci, creditori e terzi costituisce, dunque, il contraltare della non operatività degli obblighi di riduzione del capitale e di ricapitalizzazione nonché della possibilità di proseguire l'attività d'impresa anche in assenza di capitale sociale per un lungo periodo di tempo. 
In questa prospettiva, può convenirsi con chi sostiene la necessità di «maggiori accortezze» anche nella redazione nelle relazioni già prescritte dalla legge in capo agli amministratori, specie in occasione dell’approvazione dei bilanci degli esercizi ricompresi nel c.d. quinquennio di grazia, ove andrebbero fornite «precise informazioni e aggiornamenti sulle misure adottate e i provvedimenti attuati, nonché sulle linee programmatiche da attuare per far sì che le perdite emerse possano essere riassorbite a chiusura del quinto esercizio successivo»[102].
Quanto agli obblighi connessi alla gestione dell’impresa, la situazione appare più complessa.
La nuova disposizione nulla prevede in ordine agli obblighi gestionali in capo agli amministratori nella situazione e nel periodo di riferimento[103].  Nella relazione illustrativa all'art. 6 del Decreto Liquidità si legge che la ratio della norma è quella di «evitare di porre gli amministratori dinanzi all'alternativa palesemente abnorme di scegliere tra la messa in liquidazione ed il rischio di esporsi alla responsabilità per gestione non conservativa ex art. 2486 c.c.»[104]. 
La volontà del legislatore sembrerebbe, quindi, quella di escludere temporaneamente la operatività dell'art. 2486, comma 1, c.c., sebbene questo non sia poi espressamente richiamato tra le norme disattivate. Una parte della dottrina ne dubita[105], sostenendo che non si possa prescindere dall’osservanza della regola conservativa posta dall’art. 2486 c.c. e questo sul rilievo che il legislatore non ha espressamente previsto alcuna deroga e/o modifica al regime di responsabilità degli amministratori per una precisa scelta, più che per una dimenticanza[106], nonché in considerazione del fatto che l'assenza di ogni controllo pubblicistico - diversamente da quanto previsto nell’analogo caso di cui all’art. 182-sexies L. fall. - lascia intendere il permanere della responsabilità ex art. 2486 c.c. in capo agli amministratori [107].
Invero la inapplicabilità dell’art. 2486, comma 1, c.c., il quale stabilisce che, al verificarsi di una causa di scioglimento, gli amministratori mantengono il potere di gestire la società ai soli fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale, è diretta conseguenza della sospensione della operatività della causa di scioglimento, che ne è – appunto – il presupposto. E ciò in conformità alla esplicita volontà del legislatore[108].
Per le stesse ragioni deve ritenersi non operativo, al verificarsi dei presupposti di cui all’art. 6 del Decreto Liquidità, l’art. 2485, comma 1, c.c. che impone all’organo amministrativo di accertare senza indugio il verificarsi della causa di scioglimento e procedere alla relativa iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese.
Ciò non significa, come è stato efficacemente osservato da attenta dottrina, che «l’organo amministrativo possa continuare a gestire imperterrito la società secondo le modalità ordinarie, dimentico del fatto che una perdita rilevante si è comunque verificata»[109]. Il deficit patrimoniale impone, comunque, una gestione diligente e prudente, orientata a salvaguardare tanto gli interessi della società e dei creditori sociali quanto quelli dei soci, in ossequio a ogni altra regola (non sospesa) che governa l’azione dell’organo amministrativo, specie nelle situazione di crisi[110].
In buona sostanza, l’art. 6 del Decreto Liquidità disattiva (indirettamente) taluni doveri specifici dell’organo amministrativo (quelli previsti dai citati artt. 2485 e 2486 c.c.) ma non anche gli obblighi generali e tutti gli altri obblighi specifici[111] che, secondo la legge e lo statuto, regolano la gestione della società. 
Non sono sospesi, in particolare e per quanto qui di rilievo, il dovere generale di diligenza di cui agli artt. 2392 e 2476, comma 1 c.c.[112] e i doveri che ne sono specifica declinazione, aventi natura di vere e proprie «clausole generali del diritto societario»[113]: il dovere di agire in modo informato sancito dagli artt. 2381 e 2475 c.c. e il dovere di rilevare tempestivamente la crisi dell'impresa e la perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale, sancito dall’art. 2086 c.c. [114].
Così come non è sospeso l’obbligo generale di conservazione dell’integrità del patrimonio sociale sancito dagli artt. 2394 e 2476, comma 6, c.c.
In relazione a tali doveri, gli amministratori sono e saranno tenuti (nel periodo di riferimento) a gestire con criteri maggiormente conservativi rispetto a quelli propri di una situazione normale[115], programmando ogni opportuna azione volta a superare, nel periodo di tempo consentito dalla legge, la situazione di sottocapitalizzazione verificatasi[116], monitorando costantemente gli indicatori finanziari e la complessiva situazione della società, senza ritardare il ricorso - al verificarsi di una situazione di crisi -  ad uno degli strumenti di regolazione (negoziali o concorsuali, ma anche endosocietari) idonei a comporla[117], ivi compresa la domanda di autofallimento. 
Al riguardo va ricordato che non è sospesa l’applicazione delle norme penali che presidiano l’attività degli amministratori, pur incidendo comunque la sospensione ex art. 6 del Decreto di Liquidate su talune fattispecie di rilevanza penale che possono essere integrate dalla violazione degli obblighi (temporaneamente sospesi) di cui agli artt. 2446, 2447, 2482-bis e 2482-ter c.c. In particolare, è stata autorevolmente rilevata la riduzione contenutistica della protezione penale garantita dalle fattispecie di cui agli artt. 223, comma 2, n. 2, 224, n. 2, 217, comma 1, n. 4 e 224, n. 1 L. fall.[118].
9 . Sospensione anti Covid-19 degli obblighi di ricapitalizzazione e rapporto con le altre fattispecie di sospensione previste dall’ordinamento
In caso di accesso alla procedura di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione, l’esistenza di perdite “congelate” per le quali già operi la temporanea disapplicazione delle norme del codice civile relative alla riduzione o perdita del capitale sociale e di quella che configura quale causa di scioglimento la perdita del capitale sociale ai sensi dell’art.6 del Decreto Liquidità, esclude la operatività dell’art. 182-sexies L. fall. e, in futuro, degli artt. 64 e 89 c.c.i. Ciò non esclude, però, (salvo quanto si dirà infra al paragrafo 10) l’obbligo della società proponente di prevedere ed esplicitare nella proposta e nel piano con quali modalità provvederà alla ricapitalizzazione, qualora la scadenza del “periodo di grazia” intervenisse in pendenza della fase di esecuzione del piano.  
Trattandosi di norma speciale, di più ampio favore per l’impresa, l’art. 6 del Decreto Liquidità dovrebbe trovare applicazione anche nel caso di perdite da Covid-19 che riguardino società start-up innovative, prevalendo sul regime di cui all’art. 26, comma 1, D.L. 179/2012.
10 . La prosecuzione dell’attività in assenza di capitale sociale minimo dopo l’omologazione del concordato preventivo e dell’accordo di ristrutturazione
Come si è detto al paragrafo 1, la più recente evoluzione legislativa della sospensione delle norme sulla riduzione e la ricostituzione del capitale sociale nei momenti di crisi e difficoltà dell’impresa (che consente, oggi, la prosecuzione dell’attività in assenza di capitale minimo e di alcun controllo pubblicistico diretto ed immediato, anche per un lungo periodo di tempo) induce a rimeditare la portata applicativa delle regole (vecchie e nuove) dettate in materia dalle leggi sulla crisi d’impresa e dell’insolvenza[119]. 
Secondo gli artt. 64 e 89 c.c.i (così come secondo l’art. 182-sexies L. fall.) le regole civilistiche in tema di conservazione del capitale sociale e di scioglimento della società per riduzione o perdita dello stesso, non trovano applicazione sino all'omologazione del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione.
Occorre chiedersi, quindi, cosa accada dopo l’omologazione e per effetto della stessa. 
Secondo l’opinione prevalente, venuta meno la sospensione degli obblighi di procedere alla ricapitalizzazione o alla trasformazione in altro tipo della società, le relative disposizioni civilistiche tornerebbero pienamente operative. Qualora, anche in esito alla contabilizzazione delle eventuali sopravvenienze attive generate dalla falcidia concordataria, dovesse persistere la riduzione del capitale al disotto del minimo legale o il suo azzeramento, scatterebbe l’obbligo di ricapitalizzazione o di trasformazione regressiva della società, sotto pena del verificarsi della causa di scioglimento[120].
Secondo un diverso orientamento, invece, l’operatività delle anzidette disposizioni civilistiche rimarrebbe sospesa anche dopo l’omologazione, fino alla completa esecuzione del concordato[121] o dell’accordo.
Invero, se si accetta l’idea che le misure di cui agli artt. 64 e 89 c.c.i. hanno le finalità (protettive)[122] di assicurare il buon esito dell’iniziativa assunta dal debitore per la regolazione della crisi o dell'insolvenza e si prende atto che tutte le suindicate misure, nel loro complesso, contribuiscono a segnare il “declino del sistema fondato sul capitale sociale”[123], che non sembra più fornire alcuna effettiva tutela ai creditori[124], potrebbe predicarsi anche una neutralizzazione, post omologazione, degli obblighi civilistici di ricostruzione del capitale o trasformazione della società, con conseguente inoperatività della relativa causa di scioglimento per perdite, per effetto di quanto previsto dalla proposta di concordato o dall’accordo di ristrutturazione approvati dai creditori[125].
La proposta o l’accordo, infatti, potrebbero non prevedere (esplicitamente o implicitamente, tacendo sulla questione) la ricostituzione del capitale minimo o la trasformazione regressiva della società nella fase di esecuzione del piano. Se si trattasse di una proposta o di un accordo di natura liquidatoria, la mancata ricapitalizzazione o trasformazione della società potrebbe ritenersi superflua e irrilevante anche perché sarebbe coerente[126] e, comunque, compatibile con lo stato di sostanziale liquidazione in cui la stessa società verrebbe a trovarsi durante la fase esecutiva della programmata composizione negoziale della crisi o dell’insolvenza; se, invece, il piano omologato prevedesse la continuità aziendale, la prosecuzione dell’esercizio dell’impresa (secondo il medesimo tipo sociale ma in assenza di capitale minimo) potrebbe ritenersi convenzionalmente assentita dai creditori e la disciplina negoziale potrebbe prevalere (neutralizzandola) su quella civilistica. 
In fondo, come si è ampiamente evidenziato nel presente contributo, la continuazione dell’attività aziendale in deroga alle citate disposizioni civilistiche sul capitale sociale e sullo scioglimento della società per perdite è fenomeno ormai ampiamente conosciuto dal nostro ordinamento (cfr. art. 6 del Decreto Liquidità in commento; art. 26 del D.L. 179/2012, convertito con modificazioni dalla L. 221/2012; art. 4 comma 9 del D.L. 3/2015, convertito con modificazioni dalla L. 33/2015; art. 41, comma 1-octies, D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159). Senza trascurare che il diritto dell'Unione europea non impone agli Stati di adottare la regola “ricapitalizza o liquida”[127] e che il sistema conosce il fenomeno delle società a responsabilità limitata con capitale (sostanzialmente inesistente) di un euro.
Tale impostazione risulterebbe coerente con il citato rilievo che, in effetti, l’esistenza di un capitale sociale minimo non sembra approntare più una significativa tutela ai creditori. Come è stato già puntualmente evidenziato, l’esistenza di un capitale minimo non garantisce, di per sé, le ragioni dei creditori perché esso non è mai in alcun modo correlato all'ammontare complessivo dei debiti che la società ha o può avere[128]: oggi esempio lampante ne è la anzidetta società con capitale di un euro. Né il capitale sociale fornisce sempre adeguata e tempestiva informazione ai creditori sulla effettiva situazione della società: per quanto la riduzione del capitale costituisca un «segnale di allarme» dell’approssimarsi di una crisi[129], non può escludersi la esistenza di una grave situazione di difficoltà pur in presenza di un patrimonio netto ampiamente positivo[130].
Invero, la effettiva protezione per i creditori è data dagli strumenti di autotutela contrattuale che gli stessi riescono ad azionare per garantire il soddisfacimento dei propri crediti[131]. 
E allora, in questo contesto, potrebbe ammettersi una deroga convenzionale alle disposizioni civilistiche sulla conservazione del capitale sociale, quale strumento negoziale di (auto)protezione prescelto (rectius: accettato) dai creditori concorsuali per assicurarsi la massima recovery nell’ambito del processo di risanamento proposto dal loro debitore, rispetto ad alternative meno favorevoli. Tale opzione non pregiudicherebbe le ragioni dei creditori volontari non concorsuali, poiché gli stessi sarebbero liberi di decidere se contrarre o meno con la società priva di capitale minimo. Né pregiudicherebbe le ragioni dei creditori cd. involontari perché le ragioni di questi dovrebbero essere sempre e comunque garantite da appositi fondi rischi previsti dal piano per passività potenziali derivanti dalla specifica attività svolta[132]. 
Un tale meccanismo negoziale, quand’anche si ritenessero imperative ed inderogabili le norme del diritto societario preposte alla conservazione del capitale sociale, si sostanzierebbe, di fatto, nella rinunzia da parte dei creditori a far valere le responsabilità derivanti dall’inosservanza degli obblighi di cui agli artt. 2446, 2447, 2482-bis, 2482-ter, 2485 e 2486 c.c. ivi compresa quella per la prosecuzione dell’attività aziendale, in assenza di capitale minimo, per tutta la durata del piano e l’esecuzione dello stesso[133]. 
Secondo questa impostazione, quindi, le misure previste dagli artt. 64 e 89 del Codice accompagnerebbero la società (ed i suoi amministratori), con finalità protettive, sino all’omologazione. Conseguita quest’ultima, alle anzidette misure protettive, si sostituirebbe la volontà negoziale consacrata nell’accordo approvato, fino alla completa esecuzione del piano.  

Note:

[1] 
v. Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (di seguito, per brevità, CNDCEC) , Crisi d’Impresa. Gli indici dell’allerta, 2019, in www.commercialisti.it. Addirittura, per le imprese costituite da meno di due anni, l’unico indice che rileva è il patrimonio netto (negativo). 
[2] 
Invero, come è stato autorevolmente affermato, nel caso del patrimonio netto non dovrebbe parlarsi di indice (da intendersi come «grandezza quantitativa di sintesi, costruita generalmente tramite il rapporto o la relazione tra due o più quantità») ma di indicatore, con «valenza on/off”» di una situazione di crisi, v. RANALLI, Le misure di allerta. Dagli adeguati assetti sino al procedimento avanti all’OCRI, Milano 2019, 119. 
[3] 
Secondo lo stesso CNDCEC gli indici rappresentati dal patrimonio netto e dal DSCR a sei mesi (il quale esprime la capacità dell’impresa di generare flussi di cassa liberi al servizio del debito che deve essere pagato nell’arco temporale di sei mesi) sono in grado di intercettare tutte le situazioni di crisi rilevanti.
[4] 
v. CNDCEC Crisi d’Impresa. Gli indici dell’allerta, 2019, in www.commercialisti.it.
[5] 
Il capitale sociale nominale è quella grandezza pecuniaria prescelta dai soci al momento della costituzione della società ed indicata nell’atto costitutivo. 
[6] 
Il patrimonio netto è costituito dalla somma tra il capitale sociale nominale e le riserve aumentato degli utili e diminuito delle perdite. 
[7] 
Il capitale reale è costituito dalla somma dei valori dei beni, conferiti o acquisiti nell’esercizio dell’attività sociale, e deve eguagliare il capitale nominale.
[8] 
Come evidenziato da FERRI Jr., Struttura finanziaria dell'impresa e funzioni del capitale sociale, in Riv. not., 2008, 741 e ss., le funzioni del capitale sociale possono essere plurime e sono legate alle varie discipline normative che lo riguardano, tanto che le varie funzioni sono individuate sempre al fine di ricostruire l'una o l'altra disciplina, ovvero di interpretare l'una o l'altra regola.
[9] 
Per una puntuale ricognizione dei vari orientamenti in dottrina v. FERRI jr, Struttura finanziaria dell’impresa e funzioni del capitale sociale, cit. 
[10] 
v. SPOLIDORO, voce Capitale sociale, in Enc. dir., Milano, 2000, 222, il quale osserva che «Il capitale dunque informa i creditori soltanto sulla serietà e sulla misura dell’impegno dei soci (come tali) nella società; nello stesso senso attraverso le sue vicende (aumenti e riduzioni) e grazie alla pubblicità che a tali vicende occorre dare, esso fornisce una prima informazione sommaria (completata analiticamente dai bilanci) sulla consistenza patrimoniale e sull’andamento gestionale della società; esso inoltre consente di valutare l’equilibrio finanziario della società; ed infine permette di determinare entro quali limiti – e dunque con che rischio per i creditori – i soci (come soci) potranno ricevere attribuzioni patrimoniali da parte della società, o divenirne creditori in concorso con i terzi (fornitori, clienti, finanziatori esterni, ecc.)». In tal senso cfr. anche FERRI jr, Struttura finanziaria dell’impresa e funzioni del capitale sociale, cit., p. 753. 
[11] 
cfr. MIOLA, La tutela dei creditori ed il capitale sociale: realtà e prospettive, in Riv. soc., 2012, 237 e ss., il quale evidenzia che le regole sulla conservazione del capitale sociale assolvono anche alla funzione di “segnale di allarme” dell'approssimarsi di una crisi, a favore dei creditori e del mercato e che, nella sostanza, può ritenersi configurabile «una sorta di sequenza logica e temporale che parte dai rimedi adottati in presenza di perdite del capitale sociale, attraverso la sua riduzione e/o la continuazione dell'attività d'impresa, in genere accompagnate dall'adozione di misure di risanamento, ed arriva all'emergere dei presupposti per l'apertura di una procedura concorsuale». In tale prospettiva, secondo lo stesso Autore, il «verificarsi di una causa di scioglimento tipizzata, quale è quella disposta per le vicende relative al capitale sociale, si presta a costituire, infatti, una tecnica per affrontare la crisi di impresa che è idonea ad ottimizzarne gli effetti in quanto consente, qualora essa intervenga tempestivamente e non si presentino, sin dall'inizio o nel corso della liquidazione, i presupposti per richiedere la dichiarazione di fallimento o l'adozione di una procedura di soluzione concordata della crisi, che i creditori trovino pieno soddisfacimento nell'attivo residuo della società. Lo scioglimento diviene, in questo caso, un rimedio idoneo a prevenire ulteriori distruzioni di valore che conducano all'insolvenza ed a consentire, viceversa, la conservazione dei valori residui dell'attivo, salvaguardando al contempo la realizzazione dei diritti dei creditori, sia attraverso l'informazione, sia mediante l'imposizione di cautele gestionali». Sembrano convenire sulla funzione preventiva dell’insolvenza della regola “ricapitalizza o liquida” pure ENRIQUES e MACEY, Raccolta di capitale di rischio e tutela dei creditori: una critica radicale alle regole europee sul capitale sociale, in Riv. soc., 2002, 78 e ss.. Contra FERRI jr, Struttura finanziaria dell’impresa e funzioni del capitale sociale, cit., p. 741 e ss.. il quale nega la ricorrenza di tale funzione. 
[12] 
v. SPADA, Un numero che detta regole, in Riv. not., 2014, 437 e ss., secondo il quale il capitale sociale nominale è un circuito d’allarme che, al verificarsi di un sovraindebitamento, impone precisi obblighi agli amministratori ivi compreso quello di interrompere l’iniziativa quando il patrimonio netto sia in disavanzo rispetto alla cifra indicata nell’atto costitutivo. 
[13] 
v. SALAMONE, Crisi patrimoniali e finanziarie nella legislazione emergenziale del Paese di Acchiappacitrulli. Note sugli articoli 5-10 d.l. n. 23/2020 in materia di diritto delle società di capitali e procedure concorsuali, in www.dirittobancario.it, 3, il quale osserva che «il capitale nominale nelle situazioni critiche – e soprattutto ora nelle situazioni straordinarie – è sempre più il problema che la soluzione». 
[14] 
L’art. 182-sexies L. fall. è stato introdotto dall’art. 33 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134. 
[15] 
I contrapposti orientamenti di dottrina e giurisprudenza sulla questione sono ben riepilogati da ARIANI, Disciplina della riduzione del capitale per perdite in caso di presentazione di domanda di concordato preventivo, in Il Fall., 2013, 114. 
[16] 
v. Relazione al disegno di legge per la conversione del D.L. n. 83/2012, in www.parlamento.it. , ove (sub art. 33) si dà atto che «la norma recepisce un orientamento interpretativo diffuso in tema di concordato preventivo (per la verità formatosi soprattutto con riguardo al concordato liquidatorio piuttosto che rispetto a quello con continuità aziendale) ma lo estende anche al procedimento di ristrutturazione di cui all'articolo 182-bis, commi primo e sesto». 
[17] 
Così testualmente la Relazione al disegno di legge per la conversione del D.L. n. 83/2012, cit. Negli stessi termini anche la Relazione illustrativa al D. Lgs. n. 14/2019 in www.osservatorio-oci.org. 
[18] 
v. MIOLA, Riduzione e perdita del capitale di società in crisi: l’art. 182 sexies L. fall., in Riv. dir. civ., 2014, 175; BACCETTI, La gestione delle società̀ di capitali in crisi tra perdita della continuità̀ aziendale ed eccessivo indebitamento, in Riv. soc., 2014, 568 ss. 
[19] 
v. CALANDRA BUONAURA, La gestione societaria dell’impresa in crisi, in Società, banche e crisi d’impresa, Liber amicorum Pietro Abbadessa, (diretto da) CAMPOBASSO, CARIELLO, DI CATALDO, GUERRERA, SCIARRONE ALIBRANDI, Milanofiori Assago, 2014, III, 2600, il quale osserva anche che «Qualche perplessità può sollevare l’estensione della disapplicazione della regola dell’adeguamento del capitale nominale a quello reale nelle ipotesi previste dagli artt. 2446 2° co. e 2482-bis 4° co, c.c. poiché in tali casi non si pone un problema di liquidazione della società che possa pregiudicare l’accesso alle procedure di risanamento dell’impresa. Probabilmente la decisione di “sospendere” l’applicazione anche di queste disposizioni deriva dalla considerazione che non appare utile imporre l’adeguamento del capitale in caso di mancata riduzione a meno di un terzo delle perdite accertate entro l’esercizio successivo quando occorre attendere l’esito del concordato o dell’accordo di ristrutturazione per sapere quale sarà la struttura patrimoniale e finanziaria della società da cui dipende l’entità della sua capitalizzazione». 
[20] 
v. PLATANIA, Le modifiche al capitale sociale, in Fallimento, soluzioni negoziate della crisi e disciplina bancaria dopo le riforme del 2015 e 2016, (diretto da) AMBROSINI, Bologna, 2017, 562.
[21] 
v. ARIANI, Disciplina della riduzione del capitale per perdite in caso di presentazione di domanda di concordato preventivo, cit.,  120, secondo cui la procedura di concordato preventivo è idonea a tutelare tutti gli interessi che sono tutelati dalla disciplina della riduzione del capitale sociale in presenza di perdite. Così anche Trib. Ancona, 12 aprile 2012, in Il Fall. 2013, 110. 
[22] 
Distingue così le funzioni del capitale sociale FERRI jr, Struttura finanziaria dell’impresa e funzioni del capitale sociale, cit., 753 ss. 
[23] 
v. BENOCCI, Capitale e operazioni sul capitale, in Digesto, 2007 (agg. 2012), secondo il quale «il capitale sociale nominale costituisce la quota di risorse che i soci si sono obbligati a non distrarre dall'attività sociale» e, dunque, «il capitale sociale nominale è la quota di capitale sociale reale, ossia la quota di patrimonio netto, non distribuibile tra i soci e in grado di rappresentare per i creditori sociali una garanzia patrimoniale supplementare rispetto a quella assicurata dal patrimonio netto». Negli stessi termini FERRARA jr e CORSI, Gli imprenditori e le società, Milano, 1987, 244.
[24] 
cfr. FERRARA jr e CORSI, Gli imprenditori e le società, cit., 245; Così anche MONTAGNANI, Disciplina della riduzione del capitale: impresa o legislatore in crisi ?, in Giur. comm., 2013, 4, 754 ss. 
[25] 
v. SALAMONE, Crisi patrimoniali e finanziarie nella legislazione emergenziale del Paese di Acchiappacitrulli. Note sugli articoli 5-10 d.l. n. 23/2020 in materia di diritto delle società di capitali e procedure concorsuali , cit. 3.
[26] 
cfr. MIOLA, La tutela dei creditori ed il capitale sociale: realtà e prospettive, cit.  237 e ss., secondo il sistema di regole «mira ad organizzare l'attività sociale, conciliando l'interesse dei soci alla remunerazione del loro investimento con quello dei creditori a non subire le condotte opportunistiche dei primi nell'impiego del patrimonio sociale, e dunque ad evitare distorsioni del regime di autonomia patrimoniale perfetta proprio delle società di capitali». 
[27] 
cfr. STRAMPELLI, Capitale sociale e struttura finanziaria nella società in crisi, in Riv.soc., 2012, 605 ss. secondo cui la regola ex artt. 2447 e 2482-ter c.c. ha «la funzione di prevenire l'impropria traslazione del rischio d'impresa a carico dei creditori, che il legislatore ritiene si produca ove il patrimonio netto si riduca al di sotto della cifra del capitale minimo. L'attivazione della regola “ricapitalizza o liquida” è, infatti, legata non al concretizzarsi dell'effettivo pregiudizio dei creditori, che ha luogo soltanto qualora la capacità solutoria della società sia compromessa o sia destinata ad esserlo entro breve, bensì all'esigenza (che assume dunque portata preventiva rispetto al concretizzarsi dell'insolvenza) di conservare un investimento minimo a titolo di capitale di rischio, sì da determinare un incentivo ai soci a promuovere la corretta gestione dell'impresa sociale». 
[28] 
v. MIOLA, Riduzione e perdita del capitale di società in crisi: l’art. 182 sexies L. fall., cit., 201-203; D’ATTORRE, I limiti alla disciplina societaria sulla perdita di capitale, in www.ilfallimentarista.it, 2012.
[29] 
Sul tema v. GUERRERA, Le competenze degli organi sociali nelle procedure di regolazione negoziale della crisi, in Riv. soc., 2013, 1135. In giurisprudenza cfr. Trib. Verona 21 luglio 2016, in www.ilcaso.it, secondo cui «l’eventuale mancanza di capitale sociale, almeno nei minimi di legge, una volta avvenuta l’omologa va valutata alla stregua di un impedimento giuridico all’omologazione» del concordato in continuità. V. anche Trib. Monza 11 novembre 2014, in Dir. fall., 2015, 676 ss.
[30] 
L'art. 41, comma 1-octies, D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è stato introdotto dall’art. 14, comma 2, lett. b), L. 17 ottobre 2017, n. 161. 
[31] 
v. TOLA, Le società di capitali nell’emergenza, in Borsa e tit. cred., 2020, 4, 527; Sul tema cfr. anche CHIONNA, I rapporti di impresa nella “novella” 2017 al Codice antimafia e l'amministratore giudiziario del beni “aziendali”, in Riv. soc., 2018, 616 ss.
[32] 
v. CHIONNA, I rapporti di impresa nella “novella” 2017 al Codice antimafia e l'amministratore giudiziario del beni “aziendali”, in Riv. soc., 2018, 616 ss.
[33] 
Secondo l'art. 41, D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, il tribunale dovrebbe approvare il programma di prosecuzione o di ripresa dell'attività (con le necessarie determinazioni in ordine alle vicende del capitale) entro un arco temporale di sei mesi. 
[34] 
cfr. Relazione illustrativa al Decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179. 
[35] 
cfr. Relazione illustrativa al Decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23.
[36] 
Per una puntuale ricostruzione delle misure urgenti dettate in materia di società ed enti nonché di giustizia civile, penale, amministrativa e contabile adottate dal Governo per contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, v. CNDCEC, Le disposizioni in materia di società, enti e giustizia, 2020, IV agg., in www.commercialisti.it.
[37] 
v. LATELLA, Legislazione ‘‘Covid’’ e finanziamento delle società: quale ruolo per il capitale legale? in Giur. it., 2020, 2338, il quale evidenzia che «Con cadenza ormai abituale, l’impatto delle crisi sulla produzione normativa di settore si manifesta, anzitutto, con una rottura dell’opzione ‘‘ricapitalizza o liquida’’; prevedendo cioè la sospensione delle regole sul ripianamento delle perdite e, quindi, di fatto snaturando il capitale della sua funzione regolatrice (delle tutele, degli obblighi, o più semplicemente dell’equilibrio patrimoniale imposto dalla legge)». 
[38] 
cfr. Relazione illustrativa al Decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23.
[39] 
La legge di Bilancio 2021, con la riscrittura dell’art. 6 del Decreto Liquidità, sembra prendere atto del fatto che molte delle situazioni e delle problematiche apparse contingenti potranno avere conseguenze anche nel lungo termine. In tal senso, non poche erano state le reazioni critiche della dottrina nei confronti delle prime misure emergenziali adottate, ritenute talvolta dei palliativi inefficaci o poco lungimiranti. V. IRRERA, Le novità in tema di procedure concorsuali nella conversione in legge del decreto Liquidità (ovvero quando i rimedi sono peggiori del male o inefficaci), in Crisi d'Impresa e Insolvenza, 2020. 
[40] 
Invero vi è chi ha evidenziato che «Fingere che non ci siano perdite e che persista una prospettiva (di continuità) probabilmente compromessa (si spera, non irrimediabilmente) non è propriamente offrire una fedele rappresentazione della realtà», così SPIOTTA, La (presunzione di) continuità aziendale al tempo del covid-19, in Crisi d’Impresa e Insolvenza, 2020, 8. 
[41] 
Sulla inefficacia o anche artificiosità dei comuni indicatori della crisi se presi in considerazione nell'ambito dell'attuale pandemia, cfr., DIMUNDO, La "messa in quarantena" delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull'art. 6 del "Decreto Liquidità", in Crisi d'Impresa e Insolvenza, 2020. Sul medesimo tema, con riguardo agli indicatori previsti dal nuovo CCI, ABRIANI - PALOMBA, Strumenti e procedure di allerta: una sfida culturale(con una postilla sul Codice della crisi dopo la pandemia da Coronavirus), in www.osservatorio-oci.org, 2020, 12 ss. 
[42] 
v. IRRERA - FREGONARA, La crisi d’impresa e la continuità aziendale ai tempi del coronavirus, in Il diritto dell'emergenza: profili societari, concorsuali, bancari e contrattuali, Torino, 2020, 31.
[43] 
v. DATTORRE, Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale ed obblighi degli amministratori di società in crisi, in Il Fall., 2020, 600. 
[44] 
Peraltro lo stesso CNDCEC, Crisi d’Impresa. Gli indici dell’allerta, 2019, cit., stabilisce già che non si tenga conto del patrimonio netto nel caso delle start-up innovative. In questo caso «L’indice di crisi risiede dunque, in presenza di debito attuale o derivante dagli impegni assunti, nella capacità di ottenere le risorse finanziarie per la prosecuzione dell’attività di studio e di sviluppo, laddove un momento di criticità è costituito dalla sua sospensione per almeno 12 mesi. Per la misurazione dell’indice si ricorre pertanto al DSCR, tenendo conto del fabbisogno finanziario minimo per la prosecuzione dell’attività di studio e sviluppo del progetto. L’assenza di ricavi ed i risultati economici negativi, di converso, non hanno rilevanza determinante al fine di individuare lo stato di crisi».
[45] 
Secondo DATTORRE, Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale ed obblighi degli amministratori di società in crisi, cit., 600, la riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale continua a rilevare così che «che gli amministratori ed i componenti degli organi di controllo, pur in presenza della sospensione della regola “capitalizza o liquida”, devono confrontarsi con gli altri obblighi che trovano applicazione in presenza dello stato di crisi». 
[46] 
Così AGSTNER, Gli azzardi morali dei soci nelle s.r.l. in crisi, in Società banche e crisi d’impresa, Liber amicorum Pietro Abbadessa, (diretto da) CAMPOBASSO, CARIELLO, DI CATALDO, GUERRERA, ALIBRANDI, Milanofiori Assago, 2015, 2484.
[47] 
v. STRAMPELLI, Capitale sociale e struttura finanziaria nella società in crisi, cit. 605 ss.
[48] 
v. CAMPOBASSO, Il futuro delle società di capitali, in Banca, borsa e tit. cred., 2019, 138 ss., il quale ravvisa i segni del declino del sistema del capitale sociale anche dalle specifiche deroghe alla disciplina della riduzione del capitale per perdite dettate per le cd start-up innovative. Così anche STRAMPELLI, Capitale sociale e struttura finanziaria nella società in crisi, cit. 605 ss., con riguardo alla sospensione ex art. 182-sexies legge fall., ritenuta significativa di una «netta “svalutazione” dell'istituto del capitale sociale quale elemento del sistema di protezione dei creditori in situazioni di crisi».
[49] 
Cfr. ENRIQUES - MACEY, Raccolta di capitale di rischio e tutela dei creditori: una critica radicale alle regole europee sul capitale sociale, in Riv. soc., 2002, 78 ss. 
[50] 
v. BORIO, "Decreto Liquidità": disposizioni in materia societaria; il caso specifico della riduzione del capitale, in Federnotizie, 21 aprile 2020. Cfr. anche Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 191, Sospensione della disciplina in tema di riduzione obbligatoria del capitale a copertura di perdite, nel periodo dell’emergenza Covid-19 (artt. 2446, 2447, 2482-bis e 2482-ter c.c.; art. 6 d.l. 23/2020), 16 giugno 2020.
[51] 
cfr. D'ATTORRE, Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale ed obblighi degli amministratori di società in crisi, cit., il quale evidenzia che «lo scioglimento della società non interviene automaticamente al momento in cui si verifica la riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale, ma solo a seguito della mancata adozione delle deliberazioni ex art. 2447, che fungono da condizione sospensiva della causa di scioglimento».
[52] 
BORIO, "Decreto Liquidità": disposizioni in materia societaria; il caso specifico della riduzione del capitale, cit. 
[53] 
BUSANI, Il 2020 come “anno di grazia” per le perdite da COVID-19, in Società, 2020, 538; TOLA, Le società di capitali nell'emergenza, cit. 527 ss.; DIMUNDO, La "messa in quarantena" delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull'art. 6 del "Decreto Liquidità", cit., 28; ZARI, Tra Decreto Liquidità e Liquidità codicistica: il crepuscolo del capitale sociale?, in www.ilfallimentarista,it; FONDAZIONE NAZIONALE DEI COMMERCIALISTI, Le disposizioni in materia di società, enti e giustizia (d.l. “Cura Italia” n.18/2020 convertito, d.l. “Liquidità” n. 23/2020 convertito, d.l. “Giustizia” n. 28/2020 e d.l. “Rilancio” n. 34/2020), 10 giugno 2020, 46. 
[54] 
v. Trib. Catania, 27 maggio 2020, in Società, 2020, 945. 
[55] 
v. DIMUNDO, La "messa in quarantena" delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull'art. 6 del "Decreto Liquidità", cit., 27, secondo cui «Se l'eccezionale sterilizzazione delle norme sul capitale è stata voluta dal legislatore per congelare le perdite che siano effetto della pandemia, e se il blocco delle attività che ne è conseguito ha preso avvio nella prima metà del marzo di quest'anno, pare allora coerente che le situazioni rilevanti, e meritevoli del trattamento di favore predisposto, siano soltanto quelle prodottesi dopo l'entrata in vigore del Decreto, e non anche quelle anteriori, che sono verosimilmente prive di qualsiasi nesso causale con la crisi da Covid-19». 
[56] 
Così testualmente Trib. Catania, 27 maggio 2020, cit.; FONDAZIONE NAZIONALE DEI COMMERCIALISTI, Le disposizioni in materia di società, enti e giustizia (d.l. “Cura Italia” n.18/2020 convertito, d.l. “Liquidità” n. 23/2020 convertito, d.l. “Giustizia” n. 28/2020 e d.l. “Rilancio” n. 34/2020), cit., 46, secondo cui deve «deve riscontrarsi l’esistenza di un nesso causale tra le perdite registrate e lo stato di emergenza”». Cfr. anche Relazione illustrativa al Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23. 
[57] 
Secondo BROGI, Diritto Emergenziale della Crisi d'Impresa all'Epoca del Covid-19, in www.osservatorio-oci.org, 2020, «Probabilmente, nel riferirsi alle fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data il legislatore ha inteso il periodo 1° gennaio-31 dicembre 2020”». 
[58] 
v. VENTORUZZO, Continuità aziendale, perdite sul capitale e finanziamenti soci nella legislazione emergenziale da Covid-19, in Società, 2020, 533; STRAMPELLI, La preservazione (?) della continuità aziendale nella crisi da Covid-19: capitale sociale e bilanci nei decreti “Liquidità” e “Rilancio”, in Riv. soc. 2020, 353 ss. Così sembrerebbero orientati anche IRRERA - FREGONARA, La crisi d’impresa e la continuità aziendale ai tempi del coronavirus, in Il diritto dell'emergenza: profili societari, concorsuali, bancari e contrattuali, i quali evidenziano che, comunque, «la sospensione degli obblighi non sembra subordinata alla prova di principio di causa-effetto tra pandemia e perdita del capitale». 
[59] 
v. Trib. Catania, 27 maggio 2020, cit. In dottrina, v. DIMUNDO, La "messa in quarantena" delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull'art. 6 del "Decreto Liquidità", cit., 29. Cfr. anche  CNDCEC, Le novità dei decreti sull’emergenza da Covid-19 (d.l. “cura Italia” n. 18/2020 e d.l. “Liquidità” n. 23/2020), in www.commercialisti.it, 2020, 121, secondo cui «per poter fruire delle summenzionate facilitazioni, che consentono di derogare alle ordinarie regole previste nel codice civile, deve riscontrarsi l’esistenza di un nesso causale tra le perdite registrate e lo stato di emergenza, per come dichiarato dal legislatore». 
[60] 
v. DIMUNDO, La "messa in quarantena" delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull'art. 6 del "Decreto Liquidità", cit., 27; D'ATTORRE, Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale ed obblighi degli amministratori di società in crisi, cit., 538; ZARI, Tra Decreto Liquidità e Liquidità codicistica: il crepuscolo del capitale sociale?, cit..
[61] 
Così DIMUNDO, La "messa in quarantena" delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull'art. 6 del "Decreto Liquidità", cit., 30, secondo cui «non esistono ragionevoli dubbi sul fatto che, dal 1 gennaio 2021, esse riacquistino tutto il loro vigore, sia pure con riferimento alla situazione patrimoniale economica e finanziaria della società venutasi medio tempore a creare»; D'ATTORRE, Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale ed obblighi degli amministratori di società in crisi, cit., 539, STRAMPELLI, La preservazione (?) della continuità aziendale nella crisi da Covid-19: capitale sociale e bilanci nei decreti “Liquidità” e “Rilancio”, cit., 353 ss. 
[62] 
V. BUSANI, Il 2020 come anno “di grazia” per le perdite da COVID-19”, cit. 953, secondo cui «il 2021 sarà un "anno di grazia" per qualsiasi situazione di perdita ("oltre il terzo") che si trascini in avanti dal 2020». Negli stessi termini, IRRERA - FREGONARA, La crisi d’impresa e la continuità aziendale ai tempi del coronavirus, in Il diritto dell'emergenza: profili societari, concorsuali, bancari e contrattuali, cit. 31, i quali osservano che «ipotizzando che l’esercizio – come è comune che accada – coincida con l’anno solare, l’assemblea di approvazione del bilancio dovrà essere convocata nei successivi centoventi giorni e potrà esporre - ai sensi della norma emergenziale in esame - anche un patrimonio netto negativo; l’assemblea dei soci non sarà - a quella data - tenuta alla ricapitalizzazione, ma un tale obbligo con tutta probabilità sussisterà invece a partire dal giorno successivo all'approvazione del bilancio stesso ossia a fine aprile del 2021». 
[63] 
v. SALAMONE, Crisi patrimoniali e finanziarie nella legislazione emergenziale del Paese di Acchiappacitrulli. Note sugli articoli 5-10 d.l. n. 23/2020 in materia di diritto delle società di capitali e procedure concorsuali , cit., 22. 
[64] 
cfr. D'ATTORRE, Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale ed obblighi degli amministratori di società in crisi, cit., 599 . Così sembra predicare anche SPIOTTA, La (presunzione di) continuità aziendale al tempo del covid-19, cit. 
[65] 
v. BUSANI, Legislazione emergenziale inapplicabile alle perdite ante Covid-19, in Società, 2020, 949; DIMUNDO, La "messa in quarantena" delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull'art. 6 del "Decreto Liquidità", cit., 27; D'ATTORRE, Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale ed obblighi degli amministratori di società in crisi, cit., 538; ZARI, Tra Decreto Liquidità e Liquidità codicistica: il crepuscolo del capitale sociale?, cit.
[66] 
v. DIMUNDO, La "messa in quarantena" delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull'art. 6 del "Decreto Liquidità", cit., 16; D'ATTORRE, Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale ed obblighi degli amministratori di società in crisi, cit., 538.
[67] 
Dubita del significato della locuzione persino il Ministero dello Sviluppo Economico che, con lettera circolare prot. 26890 del 29 gennaio 2021, ha osservato che «Il riferimento, in primo luogo, alle <<perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020>>, anziché alle <<fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data [del 31 dicembre 2020]>> sembra chiarire che oggetto della norma sono solo le perdite emerse nell’esercizio 2020 (o negli esercizi non solari ricomprendenti la data del 31 dicembre 2020). Sembra da escludersi, pertanto, che la disposizione possa riguardare perdite relative ad esercizi antecedenti, come inizialmente da alcuni ipotizzato, restando le stesse assoggettate, di conseguenza, al regime generale (anche in tema di scioglimento ex art. 2484, n. 4, c.c.)». Lo stesso MISE ha trasmesso la citata circolare al «Ministero della Giustizia per le eventuali precisazioni di competenza che intenda assumere». Cfr. anche CNDCEC e la FONDAZIONE NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, La sospensione degli ammortamenti ai sensi del decreto “agosto” e la disciplina delle perdite ai sensi del decreto “Liquidità” in www.commercialisti.it.
[68] 
Secondo il vocabolario Treccani, emergere significa venire a galla o salire in superficie, innalzarsi o apparire al disopra di una superficie uniforme o del livello delle cose circostanti; in senso figurativo significa anche risultare evidente, venire alla luce.
[69] 
Così anche BUSANI, Quinquennio di grazia per le perdite emerse nel 2020, in Società, 2021, 203, il quale  - tuttavia - sembra attribuire alternativo rilievo anche al momento in cui è avvenuto l’accertamento contabile delle perdite; v. ABRIANI- BUTTIGNON, Legge di bilancio 2021 e patrimonio netto di bilancio nelle società di capitali in Italia: spunti per il superamento di un paradigma, in www.ilsocietario.it; SOTTORIVA-CERRI, La proroga della sospensione della disciplina sulla riduzione obbligatoria del capitale nella legge di bilancio 2021, in www.ilsocietario.it.
[70] 
v. DONATI, Le società senza patrimonio netto: riflessi concorsuali del nuovo art. 6, D.L. “Liquidità” in Il Fall., 2021, 463. 
[71] 
Ne dubita DONATI, Le società senza patrimonio netto: riflessi concorsuali del nuovo art. 6, D.L. “Liquidità”, cit., il quale ritiene che l’art. 6 del Decreto Liquidità si applichi solo alle società con esercizio sociale coincidente con l’anno solare e predica l’applicazione analogica della norma nel caso di esercizio non coincidente con l’anno solare, ma “a cavallo” di quest’ultimo.
[72] 
v. ABRIANI- BUTTIGNON, Legge di bilancio 2021 e patrimonio netto di bilancio nelle società di capitali in Italia: spunti per il superamento di un paradigma, cit. 
[73] 
Per una puntuale critica della tesi cd “autonomista”, v. DONATI, Le società senza patrimonio netto: riflessi concorsuali del nuovo art. 6, D.L. “Liquidità”, cit.  462. 
[74] 
v. Trib. Catania, 27 maggio 2020, cit. In dottrina, v. DIMUNDO, La "messa in quarantena" delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull'art. 6 del "Decreto Liquidità", cit., 29; SALAMONE, Crisi patrimoniali e finanziarie nella legislazione emergenziale del Paese di Acchiappacitrulli. Note sugli articoli 5-10 d.l. n. 23/2020 in materia di diritto delle società di capitali e procedure concorsuali , cit., 22. Cfr. anche  CNDCEC, Le novità dei decreti sull’emergenza da Covid-19 (d.l. “cura Italia” n. 18/2020 e d.l. “Liquidità” n. 23/2020), in www.commercialisti.it, 2020, 121. 
[75] 
Per una puntuale ricostruzione delle misure urgenti dettate in materia di società ed enti nonché di giustizia civile, penale, amministrativa e contabile adottate dal Governo per contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, v. CNDCEC, Le disposizioni in materia di società, enti e giustizia, cit. 
[76] 
cfr. Relazione illustrativa al Decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23.
[77] 
La permanenza di tali obblighi informativi è coerente con quanto imposto dall'art. 58 della Direttiva 2017/1132/CE, a norma del quale nel caso di perdita grave del capitale sociale - la cui soglia non può essere fissata in misura maggiore alla metà del capitale sottoscritto - l'assemblea deve essere convocata nel termine previsto dalla legislazione degli Stati membri, per esaminare se sia necessario sciogliere la società o prendere altri provvedimenti. 
[78] 
cfr. BUSANI, Quinquennio di grazia per le perdite emerse nel 2020, cit., 206. 
[79] 
v. Cass. civ. Sez. I,  17 novembre 2005, n. 23269, in Società, 2006, 303; Cass. civ. Sez. I, 02 aprile 2007, n. 8222, in Società, 2008, 462.
[80] 
[1] v. BUSANI, Legislazione emergenziale inapplicabile alle perdite ante Covid-19, cit. 949, DIMUNDO, La "messa in quarantena" delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull'art. 6 del "Decreto Liquidità", cit., 27; D'ATTORRE, Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale ed obblighi degli amministratori di società in crisi, cit., 538; ZARI, Tra Decreto Liquidità e Liquidità codicistica: il crepuscolo del capitale sociale?, cit.
[81] 
v. di recente Trib. Milano, 18 ottobre 2019, in Giur. it, 2020, 363. In dottrina, cfr. FORTUNATO, Continuità aziendale, bilanci e crisi da pandemia, in Giur. comm., 2021, 35 ss.; CAGNASSO, Denuncia di gravi irregolarità : una primissima pronuncia sul nuovo art. 2086 c.c. in Giur. it, 2020, 368; JORIO, La determinazione del danno risarcibile nelle azioni di responsabilità, in Giur. comm., 2011, I, 152.
[82] 
v. Trib. Trieste 01 marzo 2018 Società, 2018, 1256.
[83] 
Circa il grado di aggiornamento della relazione deve aversi riguardo al caso di specie, tenendo in considerazione variabili quali la dimensione della società, la conseguente complessità dei rilevamenti contabili, il verificarsi di eventi rilevanti che facciano ritenere non più aggiornata la relazione. In tal senso, cfr., Cass. civ. Sez. I,  17 novembre 2005, n. 23269, cit.; Cass. civ. Sez. I, 02 aprile 2007, n. 8222, cit. V., anche, POSITANO, sub. art. 2446, in Codice delle società, (diretto da) NAZZICONE, Milano, 2018, 936-937.
[84] 
 v. Cass. civ. Sez. I, 08 giugno 2007, n. 13503, in Società, 2007, 349. 
[85] 
v. DIMUNDO, La "messa in quarantena" delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull'art. 6 del "Decreto Liquidità", cit., 26, osserva che «Considerata l’eccezionale disapplicazione delle norme disposta dall’art. 6 del Decreto, i soci non saranno peraltro tenuti ad adottare alcun provvedimento sul capitale, potendo limitarsi a prendere atto della maturazione della perdita, e discutere l’approntamento di un programma di risanamento o di nuovi piani di politica industriale e finanziaria».
[86] 
v. VENTORUZZO, Continuità aziendale, perdite sul capitale e finanziamenti soci nella legislazione emergenziale da Covid-19, cit. 533; STRAMPELLI, La preservazione (?) della continuità aziendale nella crisi da Covid-19: capitale sociale e bilanci nei decreti “Liquidità” e “Rilancio”, cit. 353 ss.
[87] 
v. Cass. civ. Sez. I, 13 gennaio 2006, n. 543, Foro It., 2006, 6, 1, 1789, in una fattispecie di riduzione facoltativa e volontaria del capitale sociale per perdite inferiori al terzo.
[88] 
Segnatamente può richiamarsi il credito d'imposta previsto dai commi 263 e 264 dell'art. 1 della Legge di Bilancio di cui possono beneficiare le società che, se in possesso dei requisiti previsti dalle norme, deliberino operazioni di aumento di capitale ed effettuino il conferimento entro il 30 giugno 2021. 
[89] 
Sui profili di responsabilità degli amministratori ex art. 2485 c.c., v. VAIRA, Scioglimento e liquidazione delle società di capitali, in Comm. Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2004, 2054.
[90] 
cfr. SPIOTTA, La (presunzione di) continuità aziendale al tempo del covid-19, in www.ilcaso.it.
[91] 
Così DIMUNDO, La "messa in quarantena" delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull'art. 6 del "Decreto Liquidità", cit., 14.
[92] 
Cfr., VAIRA, Scioglimento e liquidazione delle società di capitali, in Comm. COTTINO, BONFANTE, CAGNASSO, MONTALENTI, III, Bologna, 2004, p. 2038; DIMUNDO, La "messa in quarantena" delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull'art. 6 del "Decreto Liquidità", cit., 12; FABIANI, Il diritto della crisi e dell'insolvenza, Bologna, 2017, 395.
[93] 
v. DI CECCO, La variabilità del capitale delle cooperative e gli aumenti senza ingresso di nuovi soci, in Società, 1999, 584; MARASÀ, Profili in tema di finanziamento delle cooperative e di finanziamento della cooperazione nella L. n. 59 del 1992, in Riv. not., 1993, 1119.
[94] 
Cfr. anche CNDCEC e la FONDAZIONE NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, La sospensione degli ammortamenti ai sensi del decreto “agosto” e la disciplina delle perdite ai sensi del decreto “Liquidità”, cit., 25, secondo cui  «Nei bilanci redatti secondo le previsioni delle micro imprese di cui all’art. 2435-ter c.c., gli amministratori saranno tenuti a redigere la relazione ex art. 2446 c.c., o ex art. 2482-bis c.c., con i contenuti precedentemente evidenziati. Considerato il tenore letterale di tali disposizioni, l’obiettivo di adeguata informazione ai soci potrà essere raggiunto accompagnando il bilancio dalla relazione sulle perdite, redatti secondo gli accorgimenti utili per supplire all’assenza della nota integrativa e della relazione sulla gestione».
[95] 
v. IRRERA - FREGONARA, La crisi d’impresa e la continuità aziendale ai tempi del coronavirus, in Il diritto dell'emergenza: profili societari, concorsuali, bancari e contrattuali, Torino, 2020, 31.
[96] 
cfr. VENTORUZZO, Continuità aziendale, perdite sul capitale e finanziamenti soci nella legislazione emergenziale da Covid-19, cit., 533. 
[97] 
Per una puntuale ricostruzione degli opposti orientamenti di dottrina e giurisprudenza sulla questione nonché delle prassi, v. BUSANI e MANNELLA, Juventus F.C. e ‘‘dintorni’’: l’aumento del capitale sociale in presenza di perdite, in Società, 2011, 1291 ss.; QUATRARO, ISRAEL, D’AMORA, QUATRARO, Trattato teorico pratico delle operazioni sul capitale, Milano 2001, 431 ss.
[98] 
cfr. SOTTORIVA-CERRI, La proroga della sospensione della disciplina sulla riduzione obbligatoria del capitale nella legge di bilancio 2021, cit.; CONSIGLIO NOTARILE DI MILANO, Massima 196 (Sospensione della disciplina in tema di riduzione obbligatoria del capitale a copertura di perdite, nel periodo dell’emergenza Covid-19 (artt. 2446, 2447, 2482-bis e 2482-ter c.c.; art. 6 D.L. n. 23/2020), del 23 febbraio 2021.
[99] 
Così testualmente CONSIGLIO NOTARILE DI MILANO, Massima 196 (Sospensione della disciplina in tema di riduzione obbligatoria del capitale a copertura di perdite, nel periodo dell’emergenza Covid-19 (artt. 2446, 2447, 2482-bis e 2482-ter c.c.; art. 6 d.l. n. 23/2020) , cit.
[100] 
Sul tema v. SACCHI, La responsabilità gestionale nella crisi dell’impresa societaria, in Giur. comm., 2014, I, 304 ss.; RORDORF, Doveri e responsabilità degli amministratori di società di capitali in crisi, in Società, 2013, 669 e ss.; MONTALENTI, La gestione dell’impresa di fronte alla crisi tra diritto societario e diritto concorsuale, in Riv. dir. soc., 2011, 820 ss. 
[101] 
Sul generale ma connesso tema della portata effettiva della c.d. business judgment rule in situazioni di crisi dell'impresa v.  ROSSI, Dalla crisi tipica ex cci alle persistenti alterazioni delle regole di azione degli organi sociali nelle situazioni di crisi atipica; in www.ilcaso.it. Sulla specifica questione cfr., D'ATTORRE, Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale ed obblighi degli amministratori di società in crisi, cit. 601; VENTORUZZO, Continuità aziendale, perdite sul capitale e finanziamenti nella legislazione emergenziale da Covid-19, cit., 523,  il quale sottolinea che, nel definire il concreto contenuto degli standard di diligenza nella gestione, debba guardarsi alla situazione concreta, non potendosi chiaramente ignorare una situazione di tensione dal punto di vista della liquidità.
[102] 
v. CNDCEC e la FONDAZIONE NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, La sospensione degli ammortamenti ai sensi del decreto “agosto” e la disciplina delle perdite ai sensi del decreto “Liquidità”, cit., 25.
[103] 
Il silenzio del legislatore sulla questione è stato stigmatizzato dalla dottrina. v. SALAMONE, Crisi patrimoniali e finanziarie nella legislazione emergenziale del Paese di Acchiappacitrulli. cit.
[104] 
cfr. Relazione illustrativa al Decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23.
[105] 
v. GALLETTI, Il diritto della crisi sospeso e la legislazione concorsuale in tempo di guerra, in www.ilfallimentarista.it, il quale ha definito una «curiosa dimenticanza» del legislatore il mancato richiamo dell’art. 2486 c.c. ed ha paventato il rischio che la scelta di disinnescare la norma e la logica di fondo che la governa possa portare a conseguenze «potenzialmente più catastrofiche dello stesso virus».
[106] 
Diversamente da quanto avvenuto in altri ordinamenti, come in quelli di Regno Unito, Australia, Singapore. Sul tema, v. CORNO - PANZANI, La disciplina dell'insolvenza durante la pandemia da Covid-19. Spunti di diritto comparato, con qualche riflessione sulla possibile evoluzione della normativa italiana, in www.ilcaso.it;  ENRIQUES, Per un diritto societario resistente alle pandemie, in Riv. dir. soc., 2020, 701 ss.; VAN ZWIETEN, The wrong target? COVID-19 and the Wrongful Trading Rule, in www.law.ox.ac.uk.
[107] 
Cfr., STRAMPELLI, La preservazione (?) della continuità aziendale nella crisi da Covid-19: capitale sociale e bilanci nei decreti “Liquidità” e “Rilancio”, cit.  
[108] 
Così anche DONATI, Le società senza patrimonio netto: riflessi concorsuali del nuovo art. 6, D.L. “Liquidità”, cit.  464; BUSANI, Quinquennio di grazia per le perdite emerse nel 2020, cit., 206; D'ATTORRE, Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale ed obblighi degli amministratori di società in crisi, cit. 601; cfr.. anche CORNO - PANZANI, La disciplina dell'insolvenza durante la pandemia da Covid-19. Spunti di diritto comparato, con qualche riflessione sulla possibile evoluzione della normativa italiana, cit. i quali, pur auspicando l'adozione di norme atte ad escludere la responsabilità degli amministratori almeno nei casi di colpa lieve, sottolineano come la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione svolga una funzione in parte analoga.
[109] 
Così DIMUNDO, La "messa in quarantena" delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull'art. 6 del "Decreto Liquidità", cit., 9.
[110] 
Così DIMUNDO, La "messa in quarantena" delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull'art. 6 del "Decreto Liquidità", cit., 9. In tal senso anche D'ATTORRE, Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale ed obblighi degli amministratori di società in crisi, cit. 600.
[111] 
Sulla distinzione tra obblighi generali di gestione e obblighi specifici, v. Cass., 23 marzo 2004, n. 5718, in Società, 2004, 1517. In dottrina v. RESCIGNO, La responsabilità gestoria: profili generali, in Le società a responsabilità limitata, (a cura di) IBBA e MARASA’, Milano, 2020, 1768.
[112] 
Cfr.. RESCIGNO, La responsabilità gestoria: profili generali, in Le società a responsabilità limitata, (a cura di) IBBA e MARASA’, cit. 1770, il quale evidenzia che per quanto, nelle s.r.l., l’art. 2476 c.c. non faccia espresso obbligo di diligenza nell’espletamento dell’attività amministrativa, quest’obbligo può ritenersi sussistente ex art 1176 c.c.
[113] 
Così testualmente BALESTRA, Le azioni di responsabilità nelle procedure concorsuali, Milano, 2016, 38; RESCIGNO, La responsabilità gestoria: profili generali, in Le società a responsabilità limitata, (a cura di) IBBA e MARASA’, cit. 1775.
[114] 
In argomento, tra i tanti contributi, cfr., SPOLIDORO, Note minime sulla "gestione dell'impresa" nel nuovo art. 2086 c.c. (con una postilla sul ruolo dei soci, in Riv. soc., 2019, 253 ss. 
[115] 
Cfr., Benvenuto, Effetti sulla materia concorsuale del d.l. 8 aprile 2020 n. 23, in www.ilcaso.it, il quale osserva che il rischio da scongiurare è che gli amministratori continuino a gestire l'impresa facendo gravare sui soli creditori il rischio insito ed inevitabile che si corre quando si cerca di risollevarsi.
[116] 
Per una puntuale indicazione dei doveri degli amministratori in tal senso v. ABRIANI- BUTTIGNON, Legge di bilancio 2021 e patrimonio netto di bilancio nelle società di capitali in Italia: spunti per il superamento di un paradigma, cit.
[117] 
In letteratura si ritiene che l’adozione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale prescritta dall’art. 2086 c.c. non debba consistere solo e necessariamente nel ricorso alle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza previste dalla legge, ma possa consistere anche nell’utilizzo di strumenti diversi (come un aumento di capitale o un finanziamento soci o un’operazione straordinaria) che conduca allo stesso risultato. Sul tema v. ABBRIANI - ROSSI, Nuova disciplina della crisi d’impresa e modificazioni del codice civile: prime letture, in Società, 2019, 395 e ss. ; D'ATTORRE, Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale ed obblighi degli amministratori di società in crisi, cit.
[118] 
DI VIZIO, Le ombre e gli specchi delle norme sul dissesto societario. I riflessi penali delle moratorie societarie del D.L. liquidità n. 23/2020, in www.osservatorio-oci.org.
[119] 
Le seguenti riflessioni sono tratte dal contributo di SANTANGELI – SPADARO, commento agli artt. 64 e 89 c.c.i. in Codice della crisi di impresa, (a cura di) SANTANGELI, Milano, 2021, in corso di pubblicazione. 
[120] 
v. PLATANIA, Le modifiche al capitale sociale, in Fallimento, soluzioni negoziate della crisi e disciplina bancaria dopo le riforme del 2015 e 2016, (diretto da) AMBROSINI, Bologna, 2017, 581; FABIANI, Riflessioni precoci sull’evoluzione della disciplina della regolazione concordata della crisi d’impresa, in www.ilcaso.it, 2012, 22; CALANDRA BUONAURA, La gestione societaria dell’impresa in crisi, in Società, banche e crisi d’impresa, Liber amicorum Pietro Abbadessa, (diretto da) CAMPOBASSO, CARIELLO, DI CATALDO, GUERRERA, SCIARRONE ALIBRANDI, Milanofiori Assago, 2014, III, 2600, DIMUNDO, La sospensione dell’obbligo di ridurre il capitale sociale per perdite rilevanti nelle procedure alternative al fallimento, in Fall., 2013, 1169; D’ORAZIO, La riduzione o perdita del capitale della società in crisi, FERRO – BASTIA – NONNO, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione, Milanofiori Assago, 2013, 849.
[121] 
[1] v. QUATRARO - D’AMORA – ISRAEL - QUATRARO, Trattato teorico pratico delle operazioni sul capitale, cit. 789.
[122] 
V. PLATANIA, Le misure protettive e cautelari nel codice della crisi, in www.ilfallimentarista.it, 3; LEUZZI, Cautela e protezione dell’impresa nelle procedure concorsuali, I quaderni di in executivis, la rivista telematica dell’esecuzione forzata, 2019, 148; LAMANNA, Il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Milano, 2019, I, 143. Contra FABIANI, Le misure protettive nel codice della crisi, in Foro it., 2019, 227 ss., secondo il quale la sospensione ex artt. 64 e 89 c.c.i. non sembra poter rientrare a pieno titolo nella definizione di misure protettive di cui all'art. 2 del Codice «in quanto non si comprende come tale previsione corrisponda al bisogno di evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza. Le questioni relative alla tenuta del capitale sociale nulla hanno a che vedere con le potenziali azioni dannose poste in essere dai creditori».
[123] 
Cfr. CAMPOBASSO, Il futuro delle società di capitali, in Banca borsa titoli di credito, cit. 138 ss.; STRAMPELLI, Capitale sociale e struttura finanziaria nella società in crisi, cit. 605 ss.
[124] 
Cfr. ENRIQUES-MACEY, Raccolta di capitale di rischio e tutela dei creditori: una critica radicale alle regole europee sul capitale sociale, cit., 78 ss.
[125] 
Contra D’ATTORRE, Speciale Decreto Sviluppo - I limiti alla disciplina societaria sulla perdita di capitale, 2012, in www.ilfallimentarista.it, il quale osserva che “L'obbligo di rispettare le previsioni in tema di capitale sociale minimo non potrebbe essere legittimamente pretermesso o sospeso da una condizione del piano di concordato che preveda la facoltà̀ per la società̀ debitrice di continuare ad operare, in deroga agli artt. 2484, n. 4, 2545-duodecies e 2486 c.c., dopo l'omologazione e per tutto il tempo della esecuzione. Per vero, il piano di concordato, approvato dalla maggioranza dei creditori ed omologato dal Tribunale è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura (art. 184, comma 1, L. fall.), ma non può pregiudicare le posizioni e gli interessi di eventuali creditori successivi al decreto. Proprio tale situazione si verificherebbe laddove il piano di concordato prevedesse la facoltà per la società di operare sul mercato senza il capitale minimo, ledendosi in tal modo le ragioni dei creditori sociali e dei terzi tutelati dalle norme in materia di riduzione del capitale sociale per perdite. D'altra parte, la deroga all'operare delle norme societarie può operare nei casi previsti dalla legge e non pare esservi spazio per allargarne il campo di operatività.”.
[126] 
v. PLATANIA, Le modifiche al capitale sociale, cit., 560. 
[127] 
Così CAMPOBASSO, Il futuro delle società di capitali, cit., 138 ss, il quale evidenzia che “l'art. 58 dir. Ue 2017/1132 prevede soltanto che in caso di perdita grave del capitale sottoscritto, l'assemblea deve essere convocata, «per esaminare se sia necessario sciogliere la società o prendere altri provvedimenti»” .
[128] 
V. ENRIQUES-MACEY, Raccolta di capitale di rischio e tutela dei creditori: una critica radicale alle regole europee sul capitale sociale, cit.
[129] 
Così MIOLA, Riduzione e perdita del capitale di società in crisi: l’art. 182 sexies L. fall., cit., 185.
[130] 
V. CALANDRA BUONAURA, La gestione societaria dell’impresa in crisi, cit. 2597; STRAMPELLI, Capitale sociale e struttura finanziaria nella società in crisi, cit. 605 ss. 
[131] 
V. ENRIQUES-MACEY, Raccolta di capitale di rischio e tutela dei creditori: una critica radicale alle regole europee sul capitale sociale, cit. 
[132] 
Osservano ENRIQUES-MACEY, Raccolta di capitale di rischio e tutela dei creditori: una critica radicale alle regole europee sul capitale sociale, cit., che per i creditori involontari, una volta divenuti tali, i casi sono due: o la società è ancora solvibile nonostante la responsabilità in cui è incorsa, o non lo è più. In entrambi i casi, per essi, il capitale sociale e le sue regole non hanno alcun ruolo. 
[133] 
Peraltro, secondo la lettura corrente dell’art. 2484 c.c., lo scioglimento della società non avviene automaticamente al momento in cui si verifica la riduzione del capitale sociale, ma solo a seguito della mancata adozione delle delibere di reintegrazione dello stesso o trasformazione della società, le quali pertanto fungono a tutti gli effetti quali (ulteriori) condizioni sospensive della causa di scioglimento (v. BONECHI, sub art. 2484 c.c., in Codice delle società, (a cura di) ABRIANI, Milanofiori Assago, 2016, 2118; ANGIOLINI, sub. art. 2484 c.c., in Commentario del codice civile, (diretto da) GABRIELLI, Milanofiori Assago, 2016, 946; POSITANO, sub art. 2447 c.c., in Codice delle società, (diretto da) NAZZICONE, Milano, 2018, 945) Qualora, pertanto, l’adozione di dette deliberazioni non avvenisse, perché esclusa dal piano approvato dai creditori, lo scioglimento rimarrebbe comunque sospeso anche durante la fase esecutiva del concordato o dell’accordo di ristrutturazione. 

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