Saggio
La sentenza del Landgericht Berlin di inammissibilità degli interessi negativi ed i presupposti per la produzione degli interessi sui debiti pecuniari*
Bruno Inzitari, Professore nell’Università Bocconi e già Professore ordinario nell’Università Milano-Bicocca
16 Marzo 2022
Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
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Il carattere del tutto nuovo ed insolito della questione potrebbe indurre a richiamare ironicamente la celebre frase ein Gespenst geht um in Europa e lo spettro in questo caso si è annunciato con la tentazione di applicare interessi negativi sui depositi della clientela bancaria.
La BCE nelle operazioni di deposito delle eccedenze di liquidità effettuate dalle banche commerciali presso la banca centrale (deposit facility) ha fissato per la prima volta nel giugno del 2014 un deposit rate negativo dello 0,1% successivamente confermato e leggermente aumentato.
Di qui il manifestarsi della tentazione secondo cui un analogo deposit rate negativo possa essere applicato anche a carico della clientela sulla liquidità raccolta e giacente sui conti e sui depositi.
A tal fine talune banche hanno apportato modifiche alle condizioni contrattuali che regolano i rapporti di conto corrente. Sono state così inserite clausole che prevedono a carico del cliente l’applicazione sulla parte di giacenza attiva eccedente un certo ammontare, la maturazione di un interesse positivo per la banca e negativo per il cliente. Questi si trova quindi onerato in proporzione dell’ammontare della liquidità di cui quale depositante è creditore verso la banca.
La prima significativa risposta viene dalla Germania e precisamente dal Landgericht Berlin (LG Berlin, Urteil vom 2.09.2021 - 16 O 43/21) con una recentissima pronuncia emessa a seguito di una specifica azione di classe promossa da una organizzata associazione di consumatori
La decisione è significativa non solo per la tematica che è stata oggetto della decisione ma si segnala anche per l’efficienza, linearità e rapidità del percorso, attraverso il quale sono stati esaminati e decisi interessi diffusi, quali quelli che fanno capo all’amplissima platea della clientela bancaria in relazione ad una fattispecie del tutto nuova e per molti versi problematica, quale quella degli interessi negativi.
A seguito della modifica unilaterale delle condizioni contrattuali effettuata nel settembre 2020 dalla banca berlinese Sparda-Bank attraverso l’inserimento di clausole di addebito degli interessi negativi sui conti che presentino giacenze superiori ad un determinato limite, l’associazione dei consumatori Bundesverband der Verbraucherzentralen (VZBV), ha nel novembre dello stesso anno intimato e quindi citato in giudizio la banca attraverso un’azione di classe nell’interesse indistintamente di tutta la clientela interessata avanti al Tribunale di Berlino per l’eliminazione delle clausole che la banca aveva appena allora introdotte.
A pochissimi mesi di distanza con la sentenza in parola, la decisione del Tribunale di Berlino.
Prima ancora di ogni altra considerazione sui termini e sul contenuto della decisione dei giudici della capitale tedesca, va rilevato che le modalità ed i tempi che hanno contrassegnato il sorgere, la trattazione e quindi la soluzione dell’intera vicenda che ha visto contrapposti le iniziative della banca con gli interessi della clientela risultano particolarmente significativi.
Il merito di questi risultato risiede sicuramente nell’adeguato sistema di class action che ha consentito l’immediata rilevazione da parte della associazione dei consumatori della modifica delle condizioni contrattuali potenzialmente lesiva di interessi della clientela bancaria. Di qui l’immediata valutazione della loro rilevanza e quindi, se del caso, la pronta applicazione dei rimedi, quali come in questo caso la dichiarazione di inefficacia delle clausole ritenute illegittime nell’interesse di tutta la clientela della banca.
Con le modifiche dei contratti apportate dalla banca ai contratti con la clientela, veniva previsto a carico del cliente l’addebito a titolo di compenso per la custodia dello 0,5% sulle giacenze attive superiori a euro 25.000 nei conti correnti e nei conti di deposito su giacenze superiori a euro 50.000.
Tali iniziative venivano giustificate adducendo la circostanza che i tassi di interesse negli ultimi anni risultano molto bassi, e che, per effetto della politica monetaria, la stessa Banca Centrale Europea applica un tasso di interesse negativo sulla liquidità ricevuta in deposito dalle banche nazionali.
L’applicazione dell’addebito a titolo di compenso per la custodia della liquidità giacente sul conto veniva quindi giustificata quale conseguenza, sostanzialmente speculare, dell’assunzione da parte delle banche dell’onere richiesto per le somme depositate presso la BCE.
Questo argomento viene contrastato dalle associazioni di consumatori sulla base della considerazione che solo una frazione della raccolta ricevuta viene dalle banche depositata presso la BCE e solo su una parte di essa vien poi concretamente applicato l’addebito da parte della BCE. Secondo le associazioni dei consumatori, infatti dai bilanci delle stesse banche risulterebbe che il volume dei prelievi effettuati a tale titolo sui conti della clientela sono nettamente superiori agli oneri che le banche hanno dovuto riconoscere alla BCE.
Il Tribunale di Berlino ha dichiarato l’illegittimità degli addebiti degli interessi negativi, genericamente denominati spese di custodia, Verwahrentgelte, dalle banche, condannando queste ultime alla restituzione di quanto addebitato a tutta la clientela della banca convenuta. Va segnalato che contemporaneamente la associazione dei consumatori VZBV, al fine di ottenere un orientamento uniforme in tutta la nazione, ha proposto la medesima azione presso diversi Tribunali della Germania, convenendo in giudizio le banche che nelle diverse regioni hanno modificato le condizioni contrattuali e addebitato alla clientela interessi negativi.
2. Le argomentazioni delle parti, come pure le motivazioni della sentenza muovono dall’inquadramento del contratto di conto corrente bancario Girovertrag, con il quale la banca assume la funzione di realizzare i servizi di pagamento e svolge tutte le connesse prestazioni di incasso e di trasferimento del danaro per conto del cliente.
L’introduzione nei contratti di deposito e conto corrente di clausole di addebito degli interessi negativi sulla raccolta darebbe luogo inoltre ad un inammissibile sistema di onerosità ingiustificato ed incompatibile con la natura e la funzione causale dei contratti di deposito bancario ma verrebbe in modo del tutto arbitrario a contraddire la necessaria correlazione che il regime degli interessi deve necessariamente avere con l’andamento del tasso di inflazione ed il rendimento dei titoli pubblici.
Basta considerare le recenti modificazioni del tasso legale degli interessi in Italia. Il decreto 13 dicembre 20 del Ministero dell’economia dal 1° gennaio 2021 ha portato il tasso degli interessi legali dal 0,01% al 1,25% con un aumento del precedente tasso di ben 125 volte.
La misura del tasso degli interessi legali dopo essere stata fissata nel testo originario del Codice civile al 5% e poi portata dal 1990 al 10% e poi dal 1997 di nuovo al 5% sino al 1997, dalla fine del secolo scorso viene fissata annualmente tenendo conto del rendimento medio dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e del tasso di inflazione registrato nell’anno.
Considerata la funzione generale di determinazione del costo del danaro secondo il tasso di interesse legale che viene determinato di anno in anno, risulterebbe del tutto contraddittorio ed ingiustificato che la liquidità monetaria raccolta dalla banca oltre a consentire alla banca di realizzare sulle somme della raccolta destinate ai finanziamenti interessi corrispettivi per le erogazioni di credito effettuate, potesse nello stesso tempo fornire ulteriori proventi nella forma di interessi negativi addebitati alla clientela.
5. L’obbligazione degli interessi dunque continua a richiamare l’attenzione degli interpreti non soltanto in relazione agli innumerevoli profili applicativi, quale da ultimo quello degli interessi negativi, ma anche in relazione della individuazione dei presupposti del sorgere della stessa obbligazione degli interessi[9]. Da questo l’emergere di una variegata serie di fattispecie di cui gli interessi negativi sono l’ultimo esempio, che richiedono una valutazione di ammissibilità della pretesa degli interessi in diversi e anche inaspettati ambiti.
L’820 c.c. collegando gli interessi alla teoria dei beni, stabilisce che il denaro può essere “fruttuoso” (così come con “linguaggio datato” afferma il Codice civile nel Libro terzo della proprietà) solo ed in quanto sia detenuto da altri - corrispettivo del godimento che altri abbia-, così recita il terzo comma dell’art. 820 c.c., e quindi giustifica la produzione degli interessi quale corrispettivo per il vantaggio tratto dal godimento di un capitale dovuto dal debitore pecuniario.
La mera esistenza dell’obbligazione pecuniaria non è sufficiente per il sorgere dell’obbligazione accessoria per interessi (legali o corrispettivi) calcolati sulla somma capitale dovuta.
Perché sorga dell’obbligazione degli interessi, debbono ricorrere specifici presupposti, quali principalmente l’esigibilità del credito pecuniario. Questa può sussistere solamente se il debitore pecuniario si trova nella posizione di poter legittimamente eseguire la prestazione pecuniaria o comunque se è effettivamente attuale l’obbligo di eseguire il pagamento, in quanto fintanto questo non sia esigibile ed attuale, l’obbligazione accessoria degli interessi non può sorgere.
Nell’indebito oggettivo di cui all’art. 2033 c.c., maturano interessi sul debito restitutorio solo se, nel ricevere la prestazione non dovuta, l’accipiens risultava in mala fede. Per l’accipiens infatti, solo da quel momento l’obbligo di pagamento restitutorio sarà attuale ed essendo l’accipiens stesso consapevole del carattere indebito di quanto ricevuto, il credito pecuniario sarà esigibile e, quindi, produttivo di interessi ex art. 1282 c.c.
Al contrario, la maturazione di interessi sul debito pecuniario restitutorio è esclusa allorquando l’accipiens era in buona fede nel ricevere e ritenere l’indebita prestazione. L’onere degli interessi può gravare sul debitore pecuniario, infatti, solo se questi è in grado di potersi liberare pagando il debito pecuniario, ma se, al contrario, l’ignoranza dell’esistenza del debito di restituzione gli impedisce di fare questa scelta liberatoria, il debito pecuniario restitutorio non può essere considerato esigibile nei confronti del debitore pecuniario accipiens e, conseguentemente, non può essere produttivo di interessi ai sensi dell’art. 1282 c.c..
Allo stesso modo e per le stesse ragioni, in caso di indebito soggettivo, ex art. 2036 c.c., non decorrono interessi sul debito pecuniario restitutorio sull’accipiens in buona fede.
Ed ancora, la mora del creditore pecuniario ex art. 1207 c.c. comporta la cessazione della maturazione degli interessi a carico del debitore pecuniario, in quanto lo stesso verificarsi della mora del creditore fa venir meno l’esigibilità del credito e, dunque, fa venir anche l’idoneità richiesta dall’art. 1282 c.c. perché il debito pecuniario possa produrre interessi.
Infine, significativo è quanto previsto nel mandato dall’art. 1714 c.c. Il debito pecuniario del mandatario connesso al pagamento delle somme riscosse per conto del mandante produce interessi dal giorno in cui il mandatario avrebbe dovuto fargliene la consegna. Questo perché il denaro riscosso e detenuto comporta certamente un obbligo di restituzione del danaro ma tale debito pecuniario non produce interessi e li può produrre solo dal giorno in cui è stata prevista la consegna delle somme, ossia è scattata, per accordi negoziali o per la natura dell’affare, l’esigibilità delle somme, con conseguente produzione solo da quel momento degli interessi in conformità all’art. 1282 c.c..
Quelle esemplificativamente descritte sono tutte fattispecie nelle quali, pur essendo sorto un debito pecuniario liquido e perfetto, se per un qualsivoglia motivo si verifica l’esclusione dell’esigibilità, nello stesso tempo e necessariamente non si verifica o cessa la maturazione degli interessi, siano essi legali o convenzionali.
L’art. 1499 c.c. conferma, inoltre, che non decorrono interessi sul debito pecuniario relativo al prezzo, quando questo non è ancora esigibile, ma lo stesso articolo aggiunge che, in quel caso, per giustificare la decorrenza degli interessi è necessaria una ulteriore circostanza, vale a dire il godimento da parte dell’acquirente della cosa compravenduta prima che abbia effettuato il pagamento del prezzo.
Quanto invece al mutuo di cui all’art. 1815, primo comma, c.c. ma anche l’art. 1825 c.c. in materia di conto corrente, la decorrenza degli interessi compensa il vantaggio conseguito dal mutuatario dall’avvenuta detenzione della somma di denaro mutuata e conferma, anche in questo caso, che il presupposto per la decorrenza degli interessi risiede in un vantaggio conseguente al godimento di un capitale.
Risulta quindi confermato che il credito pecuniario produce interessi soltanto se è effettivamente esigibile. Mancando l’esigibilità il credito pecuniario non è affatto idoneo a produrre interessi corrispettivi o legali o di qualsiasi altro tipo[10].
Alla maturazione degli interessi a carico del fallito nel corso della procedura concorsuali si oppongono inoltre ulteriori ragioni connesse alla natura ed alla causa giustificatrice del sorgere della obbligazione per interessi. Sono ragioni di natura civilistica, le quali si confrontano con la disciplina fallimentare in relazione alla situazione in cui versa il debitore fallito nella procedura concorsuale.
Va considerato a questo riguardo il profilo della esigibilità del credito, richiesto dall’art. 1282 c.c., quale presupposto per il sorgere dell’obbligazione degli interessi e, nello stesso tempo, la circostanza della non esigibilità del credito nei confronti del debitore fallito durante la procedura concorsuale. Da questo discende l’esclusione della stessa configurabilità della fattispecie degli interessi post-fallimentari a carico del debitore fallito.
Gli interessi di cui si ipotizza la maturazione nel corso del fallimento costituirebbero un’obbligazione accessoria verso il debitore fallito del credito pre-fallimentare sorto nei suoi confronti prima del fallimento. Ma tale credito per capitale sorto prima della dichiarazione di fallimento non è in alcun modo esigibile nel corso del fallimento nei confronti del debitore fallito. Esso è del tutto privo della qualità di esigibilità, in quanto una volta aperta la procedura di fallimento, né il creditore può richiedere al debitore il pagamento, né il debitore, quand’anche volesse, potrebbe eseguire il pagamento.
Al debitore, una volta aperta la procedura concorsuale, è tassativamente preclusa la possibilità di adempiere alle obbligazioni sorte prima della dichiarazione di fallimento, alla cui soddisfazione provvede, nelle forme del concorso tra i creditori, la procedura. Con l’apertura del fallimento il credito diviene tassativamente inesigibile nei confronti del debitore e le condizioni di esigibilità mai si verificano nel corso della procedura. Al debitore fallito è precluso, anzi è fatto divieto, di pagare crediti sorti prima della dichiarazione di fallimento, al punto che il compimento di un tale atto configurerebbe il reato di cui all’art. 216, comma terzo, l.f. e, in ogni caso, il pagamento eseguito dopo la dichiarazione di fallimento sarebbe comunque inefficace ai sensi dell’art. 44 l.f.
Non appare quindi possibile configurare l’esistenza di un credito esigibile da parte di tutti i creditori che partecipano al fallimento, in quanto nessuno di essi potrebbe pretendere dal debitore il pagamento, né tantomeno agire esecutivamente verso il debitore, considerato l’intervenuto divieto di azioni esecutive individuali di cui all’art. 51 l.f.
La possibilità della maturazione degli interessi durante il fallimento a carico del debitore fallito è esclusa perché la fattispecie produttiva degli interessi richiede che il soggetto che si assume essere obbligato al pagamento degli interessi, si trovi nella condizione giuridica di poter effettuare il pagamento del debito per capitale, in quanto è dal mancato colpevole adempimento di questa obbligazione per capitale che sorge l’obbligazione accessoria agli interessi.
In conclusione perché sia possibile la produzione degli interessi è necessario che sussista una effettiva esigibilità del credito da parte del creditore, presupposti che non ricorrono peri depositi effettuati dalla clientela presso la banca, per il debito fallimentare cui è tenuto il fallito come pure nelle accennate diverse ipotesi.
Note: