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La nozione di imprenditore e le categorie dell´impresa nel Diritto argentino

Mauricio Boretto, Professore titolare della cattedra di diritto fallimentare presso l'Università Nazionale di Cuyo (Argentina)

27 Dicembre 2023

Nonostante l’entrata in vigore del nuovo codice, che unifica la legislazione civile e commerciale, si può riaffermare senz'altro «l'autonomia» del diritto commerciale nel nuovo corpo normativo dal ponto di vista "scientifico", avendo oggetto e principi propri, così come l'autonomia "legislativa" per la sussistenza delle leggi commerciali complementari. Occorre tuttavia sottolineare le difficoltà che si presentano attualmente all'interprete per collocare la "materia commerciale" quando nel testo del nuovo codice non vi è stato un trattamento "nominalmente" differenziato. Prova di questo è trovare il concetto d' imprenditore ed impresa.
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1 . Nuovo diritto commerciale dal 2015: il codice civile e commerciale
[1] Il vecchio Codice del commercio è stato abrogato e il nuovo Codice civile e commerciale (dal 2015) non disciplina né al commerciante né agli atti commerciali, non esiste più un registro pubblico "commerciale" né società "commerciali", né il nuovo Codice ha un capitolo speciale per il diritto commerciale, né l'imprenditore né per l'impresa. 
Tuttavia, il diritto commerciale sussiste nel nuovo codice, come un "nuovo diritto commerciale"[2].
Infatti:
· il "commerciante" è stato sostituito dalla persona che svolge "attività economica organizzata" o è titolare di "un'impresa" o di "uno stabilimento commerciale, industriale, agricolo o di servizi”.
· L‘ "atto di commercio" è stato sostituito «dall'attività economica organizzata»
Come centro principale del diritto commerciale rimane "l'impresa"[3], senza la quale non vi è società: "Ci sarà società se una o più persone in forma organizzata secondo uno dei tipi previsti da questa legge, si obbligano a realizzare contributi per applicarli alla produzione o allo scambio di beni o servizi, partecipando dei profitti e sopportando le perdite" (articolo 1 legge 19550).
Le frontiere del diritto commerciale si allargano. Ad esempio: 
a) Si espande l'istituzione «dell'arbitraggio», che è una tipica istituzione mercantile
b) L’ esigenza di contabilità obbligatoria, proprio del diritto commerciale, si estende ad altri soggetti senza scopo di lucro e dove non esiste un ricorso abituale al credito.
c) L'obbligo di registrazione commerciale si estende alle associazioni civili.
Detto ciò, si dice che il diritto civile è stato "commercializzato".
Il diritto commerciale rimane invariato nelle leggi complementari al codice commerciale che continuano come leggi complementari al codice civile e commerciale della nazione, tra cui la legge fallimentare che subisce solo un impatto indiretto.
Spetta quindi riaffermare «l'autonomia» del diritto commerciale nel nuovo codice civile a carattere "scientifico", avendo oggetto e principi propri, l'autonomia "legislativa" per la sussistenza delle leggi commerciali complementari, e l'autonomia «docente» come derivazione delle precedenti.
Occorre tuttavia sottolineare le difficoltà che si presentano attualmente all'interprete per collocare la "materia commerciale" quando nel testo del nuovo codice non vi è stato un trattamento "nominalmente" differenziato.
2 . Dall'atto commerciale all'attività economica organizzata
Il diritto commerciale è una "categoria storica", apparsa in Occidente alla fine del Medioevo, che implica un processo costante che ha portato all'applicazione di una legge speciale, diversa dalla legge ordinaria o civile, a determinate persone e/o in determinate situazioni. 
A tal fine il diritto commerciale è composto da due tipi di norme: le "delimitative" e le "prescrittive".
Le norme "delimitative" sono quelle che stabiliscono in quali casi si applica la legge commerciale. Nel codice abrogato ne sono esempi le qualificazioni come "atti di commercio" (art. 8 codice commerciale), "commerciante" (art. 1 codice commerciale), "società commerciale" (art. 1 ley 19.550) e i preventivi descritti dal codice commerciale abrogato per applicare la legge commerciale ad alcuni contratti civili. 
Le norme "prescrittive" sono invece quelle che stabiliscono quali sono le conseguenze del l'applicazione della legge commerciale, quelle che consistevano essenzialmente nel l'imposizione di uno "statuto speciale" ai commercianti sotto forma di requisiti in materia di "registrazione commerciale" e "contabilità legale" (informazioni generali sulle loro attività) e soluzioni diverse per i contratti precedentemente duplicati (che erano regolati nel codice civile e nel codice di commercio, ad esempio la compravendita).
Nel nuovo Codice Civile e Commerciale, sebbene i contratti siano stati unificati, le norme "delimitative" sono i presupposti per tenere una contabilità obbligatoria (e conseguente registrazione previa), che nelle "persone umane" sono quelli che "...svolgono un'attività economica organizzata o sono titolari di un'impresa o di uno stabilimento commerciale, industriale, agricolo o di servizi". 
Ne consegue che il Codice, nonostante l'unificazione annunciata, ammette due categorie di "persone umane", una generale e l'altra speciale, soggette a obblighi contabili che, a loro volta, saranno necessariamente soggette anche ad una registrazione di background (pubblicità). 
Questa categoria "speciale" è a sua volta composta da tre categorie di persone umane:
1) Quelle che sono "imprenditori", nel senso di possedere un'impresa e
2) Quelle che svolgono un'attività economica organizzata,
3) Titolari di uno "stabilimento commerciale, industriale, agricolo o di servizi".
Ne consegue che non solo gli imprenditori fanno parte di questa particolare categoria di persone umane obbligate a tenere conti e registri, ma anche coloro che, non essendo tali, svolgono un'attività economica organizzata che non riesce a costituire un'impresa, o che possiedono solo uno stabilimento. 
Vuol dire che si è passati da una mercantilità per "interposizione nei cambiamenti", a scopo di lucro (atto di commercio), a una mercantilità dove ciò che interessa è "l'attività economica organizzata", in sé, o sotto forma di "impresa" o "stabilimento". 
Comunque, l'asse principale è la "impresa", come avvenne nel 1942 con il Codice Civile Italiano, anche se in quel codice rimase una regolamentazione specifica e differenziata per «l'imprenditore» nel libro su «Il Laboro». 
3 . L'impresa nel nuovo diritto commerciale
Dalla nuova regolamentazione derivante dal Codice Civile e Commerciale e dalla Legge Generale sulle Società, emergono importanti ruoli per la "impresa" come l´accentuazione del principio di protezione aziendale.
Infatti, va osservato che nel nuovo codice l'impresa è beneficiaria di una maggiore e particolare tutela in termini di continuità. 
Nel testo del nuovo CCCN sono così stabilite alcune norme di tutela dell'impresa, tra cui la non paralisi delle imprese che prestano servizi pubblici (art. 243), il "patto di eredità futura" per la continuazione del l'impresa familiare (art. 1010), la possibilità di indivisione forzata per la sua prosecuzione da parte degli eredi per dieci anni (art. 2330 punti b e c.) e l'attribuzione preferenziale dell'impresa in caso di divorzio (art. 499) e successione (art. 2380) a favore di coloro che hanno la vocazione per continuarla[4].
La protezione è molto chiara nella Legge Generale sulle Società (19.550 "riformata" dalla legge 26.994, che mette in vigore il nuovo codice civile) poiché con vari meccanismi la legge cerca di impedire che la società sia liquidata e quindi venga distrutto il valore della "impresa in corso". Essi sono: la generalizzazione dell'istituto della "riattivazione societaria" (art. 100 LGS), anch'essa regolata per le persone giuridiche private (art. 166 CCCN); l'abrogazione delle nullità liquidative per "atipicità" (art. 17 LGS); e il fatto che l'unica personalità sopravvenuta non sarà causale "espressa" di dissoluzione in alcun tipo sociale (art. 94 e 94 bis).
Inoltre, è opportuno sottolineare che l'intero sistema fallimentare è legato alla possibilità di ristrutturare e proseguire l'impresa in default. 
Infine, a livello di diritto penale e penale tributario si manifesta la tutela del proseguimento dell'impresa impedendo la sanzione di liquidazione quando si tratta di imprese utili. 
L'art. 304 del Codice Penale Argentino, per quanto riguarda il reato di riciclaggio di denaro, prevede sanzioni per le società di sospensione totale delle attività (inc. 2) e di cancellazione della personalità giuridica (inc..4º), ma nel suo ultimo paragrafo stabilisce che "Qualora sia indispensabile mantenere la continuità operativa dell'ente, o di un'opera, o di un servizio particolare, non si applicano le sanzioni di cui ai punti 2 e 4 precedenti". 
Simile formula presenta l'art. 14 della legge 24.769 in materia di diritto penale tributario.
4 . L’impresa come limite al frazionamento patrimoniale
Un altro importante ruolo dell'azienda nel diritto argentino è quello di segnare il limite del legittimo frazionamento patrimoniale. 
Infatti, la possibilità per una persona di scindere parte del suo patrimonio e sottrarlo all'azione dei suoi creditori, salvo ipotesi a fini specifici (ad esempio, tutela dell'abitazione - art. 244 CCyC -; trust con causa legittima - art. 1682 CCyC-), è subordinata al fatto che ciascuna parte sia destinata a un'azienda imprenditoriale. 
Tale è un'esigenza delle società (art. 1 Legge Generale sulle Società), dove la mancanza di attività imprenditoriale può comportare il rigetto della personalità giuridica per "fine extrasocietario" (art. 54 LGS). 
Inoltre, ciascuna di queste parti deve significare, al di là della sua diversa personalità giuridica, un'impresa "autosufficiente", cioè in grado di sostenersi economicamente con le proprie risorse.  
Tale è il risultato del regime fallimentare, che prevede l'estensione del fallimento "per confusione patrimoniale inscindibile» (art. 161 inc.3º legge fallimentare 24.522), il che allude, tra l'altro, al caso in cui una singola impresa e´occultata sotto forma di più soggetti giuridici distinti, dove l'insolvenza di una parte deve estendersi al tutto.
5 . L'impresa come confine tra la "società" e il "contratto associativo"
L'articolo 1 dell'attuale legge generale sulle società prevede che "Ci sarà società se una o più persone, in forma organizzata secondo uno dei tipi previsti da questa legge, si obbligano a realizzare apporti per applicarli alla produzione o allo scambio di beni o servizi, partecipando dei profitti e sopportando le perdite...".
Il regime delle società civili degli art. 1648 e seguenti del abrogato codice civile (legge 340), che non esigeva, per l'esistenza della società, la "forma organizzata", né l'applicazione dei apporti alla "produzione e scambio di beni e servizi", risulta che nell'attuale concetto legale della "società" è indispensabile l'"oggetto imprenditoriale", ossia l'esistenza di un'organizzazione per la produzione e lo scambio di beni e servizi[5].
A tale proposito, si noti che i requisiti per la costituzione di una "impresa" derivano dagli elementi richiesti dalla legge sulle società: "organizzazione" (forma organizzata) "attività economica permanente" (oggetto e durata), fine "lucro" (partecipazione ai risultati, ripartizione degli utili), orientamento al mercato (produzione e scambio di beni e servizi), professionalità (obbligo di diligenza nei confronti degli amministratori e della contabilità) e rischio imprenditoriale (responsabilità dei soci e scioglimento per perdite). 
Da parte sua, l'art. 1442 del Codice Civile e Commerciale, tra le disposizioni generali per i "contratti associativi", prevede che queste si applichino a qualsiasi contratto di collaborazione, di organizzazione o partecipativo, con comunità di fine, "che non sia società".
Va ricordato che la legge 26.994 trasferisce nel corpo principale del nuovo codice i contratti associativi che erano contenuti nella legge sulle società e nella legge 26.005, sopprimendo l'obbligo per le parti di essere imprenditori o società. 
Questi "contratti associativi" sono ora disciplinati in una sorta di "parte generale" dagli articoli da 1442 a 1447 del nuovo codice, le cui caratteristiche sono: avere per oggetto la collaborazione, l'organizzazione o la partecipazione, avere "comunità di fine" tra i suoi membri, non riconoscimento di personalità né di natura societaria, libertà di forme, pieni effetti tra le parti, anche nel caso in cui la loro iscrizione sia prevista e non abbia luogo. 
Vale a dire che, per la prima volta nel diritto argentino, e in una forma che consideriamo rivoluzionaria, si ammette in modo ampio e non tassativo la concertazione di affari associativi senza il rischio di essere considerati società.
Le specie espressamente regolamentate, senza essere limitative, sono quelle di "joint venture" (art. 1448), "partnership" (art. 1453), "unioni transitorie" (art. 1463) e "consorzi di cooperazione" (art.1470). Si tratta di una grande opportunità per condurre attività commerciali e, in particolare, per dare un quadro giuridico ai raggruppamenti di professionisti che non desiderano o non configurano una società con personalità differenziata. 
La grande sfida posta dalla legge è quella di poter differenziare, in una determinata situazione, quando ci troviamo di fronte a un'attività associativa "atipica" e quando ci troviamo di fronte a una società semplice "della Sezione IV" (legge generale sulle società 19550). Per questo dobbiamo tenere presenti gli elementi del business "società" che per la dottrina tradizionale erano:
a) "pluralità" di due o più persone, ossia deve essere un "contratto" e non può essere un atto unilaterale
b) "contributi in comune", di tutti e di ciascuno per formare un fondo che consenta di realizzare l'obiettivo proposto
c) "gestione comune", nel senso che ciascun partecipante ha il potere di amministrare o almeno di designare il fiduciario e di essere interiorizzato nell'andamento dell'attività. 
d) fortuna comune, il che significa che tutti vincono o perdono in proporzione a quanto concordato, senza che vi possano essere risultati diversi.
Agli elementi sopra menzionati, unitamente all'abrogazione delle società civili e alla sussistenza delle precedenti società "commerciali" (con l'esigenza di avere come attività "organizzata" "la produzione e lo scambio di beni e servizi", art. 1º LGS), si deve aggiungere un quinto requisito: e) l'attività imprenditoriale. Di conseguenza, per strutturare o configurare un "contratto associativo atipico" dell'art. 1442 del CCCN, che non costituisce società né soggetto di diritto, risulta necessaria l'assenza di uno o di alcuni dei requisiti di cui sopra.
Vale a dire che ogni associazione di due o più persone, a scopo di lucro, dove ci sono contributi per ottenere utili dalla sua applicazione, ma senza sfruttare un'impresa non sarà società e sarà inclusa in alcune delle figure dei "contratti associativi" non tipizzato, che nel codice sono contratti privi di personalità giuridica (articoli da 1442 a 1478 CCyC). 
Conclusione: in definitiva, a partire dalla legge 26.994, le società non si chiamano più "commerciali", ma devono essere tutte "imprenditrici" e, quando non c'è impresa ma ci sono altri elementi, si sarà di fronte a un "contratto associativo"[6].
6 . I concetti di "impresa" e di "imprenditore"
Dalla teoria economica e dalla scienza della gestione, la «impresa" è stata definita come l'"organizzazione" in cui il capitale e il lavoro sono coordinati e che, avvalendosi del processo amministrativo, produce e commercializza beni e servizi in un quadro di rischio; inoltre, mira ad armonizzare gli interessi dei suoi membri e mira a creare, mantenere e distribuire ricchezza tra di loro.
L'impresa anche è stata definita come "l'organizzazione tecnico-economica che si propone di produrre, mediante la combinazione di vari elementi -natura, lavoro e capitale- beni o servizi destinati al cambiamento (vendita) nella speranza di realizzare profitti, correndo i rischi per conto del datore di lavoro, vale a dire, di colui che riunisce, coordina e dirige questi elementi sotto la sua responsabilità"[7].
Lo stabilimento commerciale o avviamento sarà il suo elemento oggettivo in quanto può essere oggetto dell'attività di "trasferimento" disciplinata dalla legge 11.867 che implica, inoltre, una certa separazione patrimoniale tra creditori del "fondo" e creditori personali delle parti.
Il imprenditore sarà il suo elemento soggettivo, sia esso persona individuale o giuridica, come il soggetto che è titolare di tutti i rapporti giuridici e responsabile di essa in quanto la organizza, dirige, sfrutta e percepisce i suoi risultati. Uno stesso imprenditore può avere più imprese come unità produttive indipendenti.
I lavoratori, dal canto loro, saranno disciplinati dalle rispettive norme del lavoro, previdenziali e sindacali. 
Di conseguenza, il termine "impresa" è utilizzato in diritto in modo ambiguo in quanto, o designerà lo stabilimento commerciale o industriale, o farà riferimento al l'imprenditore titolare e responsabile del suo evento, o indicherà l'attività compiuta, In ogni caso è necessario distinguere la portata del l'espressione.
7 . Imprenditore
Il concetto di imprenditore si è evoluto nel mondo dalla situazione di imprenditore capitalista -come promotore, proprietario e amministratore- ad una concezione di imprenditore professionista, che solo promuove e amministra l'impresa, senza esserne il proprietario.  
In effetti, storicamente, le funzioni dell'imprenditore sono passate dall'essere il fornitore del capitale (teoria di Carlos Marx) ad altre: organizzatore dei restanti fattori di produzione, decisore all'interno della struttura aziendale, risk taker del business
Orbene, quando le funzioni descritte sono frammentate tra persone diverse, o quando l'imprenditore non apporta capitali perché lo prende in prestito da terzi, quando trasferisce il rischio attraverso molteplici strumenti giuridici (assicurazioni, opzioni, derivati, ecc.) e quando trasferisce l'organizzazione economica e le decisioni a consulenti, mandatari o dipendenti, 
Cosa definisce il imprenditore?
Ciò che lo definisce è "il centro" di una serie di contratti con i quali l'azienda acquisisce la sua configurazione.
Inoltre, per il diritto del lavoro ciò che definisce il imprenditore  è la "direzione e organizzazione del l'impresa".  Al riguardo dice la legge che è "colui che dirige l'impresa da sé, o per mezzo di altre persone, e con il quale si relazionano gerarchicamente i lavoratori, qualunque sia la partecipazione che le leggi assegnino a questi nella gestione e direzione dell'impresa" (art. 5º, seconda parte, Legge contratto di lavoro 20.744). Anche la legge sul lavoro riconosce al datore di lavoro la facoltà di organizzare economicamente e tecnicamente l'impresa (art. 64 LCT), il che implica i seguenti poteri: a) di organizzazione; b) di direzione; c) disciplinare; d) di variare unilateralmente alcune modalità del lavoro; ed e) di denunciare senza causa il contratto di lavoro.
Tuttavia, si noti che nel diritto del lavoro non sempre la nozione di «imprenditore" si identifica con quella di "datore di lavoro", in quanto vi sono datori di lavoro che non rivestono tale qualità.
In tal modo, il concetto di "imprenditore" permette di distinguere diverse categorie o ruoli che possono o meno coincidere in una stessa persona: 
- l'imprenditore "titolare", che è il soggetto titolare del l'impresa e responsabile dei suoi obblighi
- l'imprenditore "di gestione" che e’ chi dirige l’ azienda
- l'imprenditore "a rischio" che è l'azionista o socio della società.  
- Inoltre, occorre tener presente l'esistenza di un imprenditore "indiretto", come nel caso della persona umana controllante della società titolare della impresa, soggetto alle responsabilità societarie (art.54 legge generale sulle società 19.550) e alle responsabilità fallimentari (art.161 inc.2º legge fallimentare 24.522) pertinenti.
8 . Il concetto "contabile" di impresa nel nuovo codice
Anche se non ci sono più "commercianti" ci sono nuovi soggetti commerciali che sono quelli obbligati contabili. 
La regola di base in materia è l'art. 320 del codice civile e commerciale della nazione, il quale dispone: "Sono tenute a tenere una contabilità tutte le persone giuridiche private e coloro che svolgono un'attività economica organizzata o sono titolari di un'impresa o di uno stabilimento commerciale, industriale o di servizi. Qualsiasi altra persona può tenere la contabilità se richiede la sua iscrizione e l'abilitazione dei suoi registri o la rubricazione dei suoi libri, come stabilito in questa stessa Sezione. Fatte salve le leggi speciali, sono esclusi dagli obblighi previsti in questa Sezione le persone umane che sviluppano liberi professionisti o attività agricole e connesse non eseguite o organizzate sotto forma di impresa. Le attività finalizzate alla trasformazione o alla cessione di prodotti agricoli sono considerate connesse quando rientrano nel normale esercizio di tali attività. Possono anche essere esentate dalla tenuta della contabilità le attività che, per il volume del loro giro commerciale, risulta scomodo assoggettare a tali doveri secondo la giurisdizione locale".
Questo nuovo testo deve essere completato, in primo luogo, da altre disposizioni contabili dello stesso codice unificato e, in secondo luogo, da leggi speciali non abrogate dalla nuova legislazione prevista.
9 . I nuovi soggetti obbligati contabili
Nel nuovo universo normativo risulta che gli obbligati a tenere una contabilità possono essere raggruppati in quattro categorie:
- Le "persone giuridiche private", dove il fondamento dell'obbligo contabile deve essere ricercato, o nella sua ricorrenza abituale al credito (società e cooperative), o come forma di rendicontazione qualificata dall'amministrazione di interessi di terzi (gli altri casi).Gli "enti contabili determinati senza personalità giuridica" espressamente obbligati per legge, come nel caso dei Gruppi di Collaborazione, Unioni Transitorie e Consorzi di Cooperazione. Il fondamento dell'obbligazione contabile consisterebbe in una qualifica responsabilità degli amministratori e dei rappresentanti nei confronti dei partecipanti a tali contratti.
- Le "persone umane che svolgono determinate attività economiche", come l'esercizio di un'attività economica organizzata, la titolarità di una "impresa" e la titolarità di uno "stabilimento commerciale, industriale o di servizi". Il fondamento va ricercato nel "ricorso abituale al credito" proprio di queste attività.
- Gli "agenti ausiliari del commercio" disciplinati da norme speciali, come nel caso di martelli demolitori e broker. Il fondamento va ricercato nel suo collegamento, per intervento o facilitazione, con operazioni economiche che interessano terzi.
10 . Differenze tra "attività economica organizzata", "impresa" e "stabilimento commerciale"
Da un certo punto di vista, l'"attività economica organizzata" potrebbe identificarsi con l'"impresa", come risulta dall'art. 2082 del Codice Civile Italiano del 1942, e concettualizzare lo "stabilimento" come l'elemento materiale di quest'ultimo: la "hacienda" (art. 2555 dello stesso Codice). 
Tuttavia, nel nuovo codice civile e commerciale, si tratta di elementi diversi, nonostante il loro "aspetto". Infatti, essendo previste dall'art. 320 in modo differenziato le persone umane che svolgono una "attività economica organizzata", i titolari di "un'impresa" e i titolari di "uno stabilimento commerciale, industriale, agricolo o di servizi", a ciascuna di queste categorie economiche vengono assegnati contenuti differenziati. 
Tale conclusione è corroborata dalla circostanza che, inoltre, la legge stabilisce una diversa graduazione tra "attività economica organizzata" quando non è eseguita o organizzata in "forma d'impresa" di tanto in tanto, consentendo al libero professionista o al produttore agricolo di non essere tenuto a tenere una contabilità nel primo caso (art. 320, secondo comma).
Di conseguenza, la legge non identifica la titolarità di una "impresa" con la titolarità di uno "stabilimento", il che implica la possibilità che esista un'impresa senza stabilimento, ossia senza un "locale" che concentri i beni e i servizi. Vale a dire che la legge computa qui lo stabilimento "fisico", cioè in senso volgare e non in senso giuridico, per cui ci può essere "stabilimento" senza che questo sia necessariamente la «hacienda" di un'impresa. 
È per questo che, nell'ordinamento giuridico argentino, ci possono essere persone umane dedite a professioni liberali o dedite ad attività agricole (e connesse), che, pur avendo "attività economica organizzata" e possedendo un "locale o stabilimento" in senso volgare (ufficio o campo), non "eseguirli" o "organizzarli" sotto forma di "impresa" e, pertanto, non siano tenuti a tenere una contabilità. 
In definitiva, l'"attività economica organizzata" sarebbe il genere, e sia l'"impresa"  che lo stabilimento sarebbero due specie, diverse tra loro.
L'"attività economica organizzata", in quanto genere, comporta la ripetizione di eventi nell'ambito di un'organizzazione che funziona come unità indipendente dal suo titolare, con finalità o effetti economici. 
11 . Nuovi concetti derivanti dal codice civile e commerciale
[8] L‘ "attività economica organizzata", in quanto genere, comporta la ripetizione di eventi nell'ambito di un'organizzazione che funziona come unità indipendente dal suo titolare, con finalità o effetti economici. 
Da parte sua, la «impresa" richiede, oltre ad una "organizzazione economica", altri elementi aggiuntivi per diventare tale. In questa linea si può citare l'esigenza di "professionalità" e di avere come oggetto la "produzione di beni e servizi per il mercato". Si sostiene anche che nell'"impresa" c'è sempre "assunzione di rischio", che non è un requisito o un elemento fondamentale dell'"attività economica organizzata". 
Inoltre, occorre segnalare che per la dottrina, l'"impresa" richiede sempre "lavoro estraneo subordinato", quello che può non esistere nella semplice attività economica organizzata e svolta in forma unipersonale. 
Infine, un altro elemento che viene segnalato affinché l'attività economica organizzata abbia la rilevanza giuridica di una "impresa" è che questa raggiunga "una certa complessità", cioè una mera attività economica organizzata diventa "impresa" quando elementi che possiede già in forma incipiente si sviluppano o si combinano.
Al punto risulta applicabile al tema la tradizionale discussione sul carattere commerciale dell'"artigiano", che lavora personalmente, con o senza l'aiuto di operai o apprendisti sotto la sua direzione, nella fabbricazione di oggetti che vende o nella rifusione di oggetti di proprietà della sua clientela. 
Ricordiamo che è artigiano sia chi fabbrica o produce (falegname, fabbro, gioielliere, ecc.), sia chi effettua riparazioni (meccanico, affilatore, elettricista, idraulico, gasista, service, ecc.) in forma ambulatoriale o con il proprio locale. La dottrina contraddiceva la sua qualità di commerciante, applicando per differenziarlo un criterio quantitativo (a seconda che abbia o meno capitale, collaboratori e volume di fatturato) o qualitativo (secondo la misura del suo lavoro personale rispetto a quello dei suoi collaboratori), criteri oggi utili a differenziare "l'attività economica organizzata" dall'"impresa".
La giurisprudenza, in generale, aveva negato loro il carattere di commercianti, ritenendo che una differenza rilevante tra commerciante e artigiano fosse la mancanza di capitale e di credito del secondo, il che si corroborava con l'autorizzazione al fallito di esercitare "compiti artigianali" (art. 104 legge 24.522) nonostante il divieto di "esercitare il commercio" per la sua interdizione dalla data del fallimento (art. 238 della stessa legge). 
Stando così le cose, e per quanto riguarda lo "stabilimento"[9], occorre ricordare che esistono due nozioni: una "volgare" e una "tecnica" o "giuridica". Nella "volgare", stabilimento è la mera sede materiale delle attività del suo titolare (locale, ufficio, magazzino, edificio, ecc.). In diritto, lo stabilimento è definito come il "complesso di beni" organizzato dal datore di lavoro per l'esercizio della sua attività professionale, identificandosi con la "hacienda".
Per l'art. 1 della legge 11.867, che fa riferimento alla nozione «giuridica", sono elementi costitutivi del stabilimento commerciale o di un fondo di commercio sono: "... gli impianti, le scorte di merci, il nome e l'insegna commerciali, la clientela, il diritto al locale, i brevetti d'invenzione, i marchi di fabbrica, i disegni e modelli industriali, le distinzioni onorarie e tutti gli altri diritti derivanti dalla proprietà commerciale e industriale o artistica". 
Infine, avendo distinto il Nuovo Codice Civile e Commerciale allo "stabilimento" rispetto all'"impresa", diventa chiaro che si riferisce al senso "volgare".
12 . Il concetto di impresa nel nuovo Codice
Secondo quanto precede, e in conformità con la differenziazione contabile, nel nuovo Codice si può concepire l'"impresa", come una sorta di "attività economica organizzata" ma la cui configurazione richiede la presenza di elementi aggiuntivi e speciali che la differenziano.
A livello qualitativo e quantitativo, i seguenti elementi di differenziazione sarebbero:
a) professionalità nella direzione;
b) maggiore complessità organizzativa;
c) permanenza e abitualità;
d) assunzione del rischio;
e) utilizzazione di lavoro esterno, dipendente o collaborativo, per la prestazione stessa del servizio in grado di conferire neutralità al  fattore personale del suo titolare;
f) maggiore incidenza del capitale sui risultati;
g) scopo di lucro al di sopra delle esigenze economiche; e
h) il ricorso abituale al credito.
13 . Conclusioni e proposte interpretative sulla base del nuovo codice civile e commerciale
Esiste un "nuovo diritto commerciale" nel cui ambito la legge attribuisce grande importanza all'"impresa" come principale delimitatrice della materia commerciale, come istituzione soggetta ad una protezione accentuata nella sua continuità, come limite del frazionamento patrimoniale, come elemento necessario per la costituzione di una "società", come confine tra società e contratti associativi e come principale obbligato contabile nel caso di persone umane.
Ai fini contabili la legge considera in modo differenziato l'"attività economica organizzata" rispetto all'"impresa", in un rapporto di genere a specie, distinguendola anche dallo "stabilimento" in senso "volgare".
Il Codice regola un criterio "quantitativo" in materia di obblighi contabili quando fa riferimento ad "attività esentate (...) secondo il loro volume" (art. 320, in fine), seguendo in qualche modo i criteri quantitativi per la qualificazione come Micro, Piccole e Medie Imprese della legge 25.300 (Sulla base della quantità di personale occupato, valore delle vendite e valore degli attivi (art.1º), anche se in pratica sono stati definiti solo dal volume di fatturazione annuale secondo Comunicazioni della Segreteria PyMe della Nazione)
Il Codice regola un criterio "qualitativo" in materia di "libere professioni" e di "attività agricole" tenendo conto dei contributi "intellettuali" delle prime e dell'utilizzo della "natura" come risorsa nella produzione delle seconde.
Tutto ciò permette, a nostro avviso, di postulare i seguenti elementi quantitativi e qualitativi che non si presentano nella mera "attività economica organizzata" e sarebbero propri del l'"impresa" consentendo di differenziarla: 
a) professionalità nella sua direzione; 
b) maggiore complessità della sua organizzazione; 
c) permanenza e abitualità; 
d) assunzione di rischi; 
d) impiego di lavoro esterno, dipendente o collaborativo, per la prestazione stessa del servizio in grado di conferire neutralità al fattore personale del suo titolare; 
e) maggiore incidenza del capitale sui risultati; 
f) scopo di lucro rispetto all'attenzione ai bisogni; e 
g) ricorso abituale al credito.
Infine, la contabilità parte da un criterio di realtà economica riconoscendo i "fatti" al di sopra della loro qualificazione giuridica: in tal modo non vi è alcuna identificazione tra "attività economica organizzata" e "impresa".

Note:

[1] 
Dottore in Giurisprudenza presso l'Università Nazionale di Córdoba (Argentina). Professore titolare della cattedra di diritto fallimentare presso l'Università Nazionale di Cuyo (Argentina). Diritto privato Premio Castán Tobeñas assegnato dall` Accademia aragonese di legislazione e giurisprudenza (Spagna).  Premio Giovane Giurista dato dall'Accademia di Diritto e Scienze Sociali di Córdoba (Argentina). Specialista Curatore Fallimentare   ed Enti in insolvenza (Università Nazionale di Cuyo). Specialista in Diritto di Danni (Università Nazionale di Cuyo e Università Nazionale del Litoral). Vincitore del bando visiting proffesor/visiting researcher 2022/2023 Università degli studi di Bari Aldo Moro. Professore Ospite dall' Università di Salerno. Integrante del Comitato Editoriale in qualità di redattore della Rivista Italiana "Contratto e Impresa Europa”. Integrante dell`Istituto di Diritto Imprenditoriale dell`Accademia di Diritto e Scienze Sociali a Buenos Aires (Argentina).  Indirizzo  email: mauricioboretto@gmail.com.
[2] 
E. Favier Dubois, La Empresa en el Nuevo Derecho Comercial: Importancia, delimitación e implicancias legales y fiscales, file:///D:/EMPRESA%20Y%20EMPRESARIO%20FAVIER%20DUBOIS.html.
[3] 
H. Fargosi, La empresa y el proyecto de código Civil y Comercial, revista La Ley tomo 2012-F, página 1361.
[4] 
M. Boretto, Azienda familiare” (con speciale riferimento al Diritto argentino), in Dirittodellacrisi.it, 10/10/2023.
[5] 
D.R. Vítolo, Reformas a la ley general de sociedades 19.550, tomo I, Bs.As - Santa Fe, Ed. Rubinzal Culzoni, 2015, página 51.
[6] 
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[7] 
H.F. Alvarez, Administración. Un enfoque interdisciplinario y competitivo, Ed. Eudecor, Córdoba144., 2007, página. 144; L. Laborada Castillo y E.R. De Ouani, Fundamentos de gestión empresarial, Ed. Valletta Ediciones, Bs.As., 2009, página. 56; Enciclopedia Jurídica OMEBA -Tomo X, página 55.
[8] 
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[9] 
Á. Rojo, El establecimiento mercantil. Concepto. Clases. Elementos, en Curso de Derecho Mercantil, Uría-Menendez, Ed. Civitas, Madrid 1999, página 100.

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