Saggio
La frode nel sovraindebitamento dopo la Legge n. 176/2020
Alessandro Farolfi, Giudice nel Tribunale di Ravenna
17 Giugno 2021
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Sommario:
Tanto premesso, volendo qui ricordare semplicemente alcuni esempi affrontati nella pratica giudiziaria di (ritenuta) frode, naturalmente applicando la L. n. 3/2012 nel testo antecedente le recenti modifiche, si può partire da una fattispecie nella quale si è assistito contemporaneamente anche ad uno spostamento di competenza territoriale nel corso di un procedimento che si è svolto in due momenti e contesti diversi. Primo momento: un soggetto sovraindebitato, proprietario di un immobile ad uso abitativo di pregio architettonico sottoposto a esecuzione forzata, propone una richiesta di apertura della liquidazione del patrimonio presso un ufficio giudiziario emiliano, dove egli in quel momento risiede e si trova il bene pignorato. Nell’ambito delle verifiche preliminari il giudice individua, attraverso un controllo di quelle che erano state le perizie depositate in sede esecutiva, che esistono altri gravami sull’immobile che non erano stati dichiarati dal ricorrente, né erano stati indicati nella relazione di accompagnamento da parte del gestore nominato dall’OCC felsineo. Tale verifica porta ad una declaratoria di inammissibilità per incompletezza della documentazione. Va qui aggiunto, incidentalmente, che le questioni relative alla presenza di (fortunatamente rari) contegni frodatori, spesso si intersecano con la problematica della inammissibilità di cui al citato art. 7 della L. n. 3/2012, con riferimento particolare alla produzione di documentazione che non consente di ricostruire in modo compiuto la situazione economico/patrimoniale e reddituale del soggetto sovraindebitato, così come richiesto dal comma 2 lett. d) di tale disposizione.
Il provvedimento di rigetto adottato in quel procedimento poteva certo essere reclamato (benché, ad avviso di chi scrive, nulla vieti che la domanda di apertura della liquidazione possa essere riformulata, semplicemente aggiungendo il materiale documentale mancante). Invece il debitore ha preferito spostare domicilio presso una casa di vacanza di un conoscente, che ne ha concesso la disponibilità in comodato, e riproporre la stessa domanda, aggiungendo qualche documento, facendo venire così in considerazione la competenza del Tribunale di Ravenna. Secondo momento: pur se la precedente fase processuale non era stata narrata in atti, tale circostanza è emersa perché il creditore bancario esecutante è intervenuto in questo nuovo procedimento, presentando delle osservazioni contrarie. Quest’ultimo, infatti, era venuto a conoscenza del procedimento in quanto interpellato dal nuovo OCC per presentare la relazione di accompagnamento, posto che il professionista/gestore aveva correttamente effettuato una verifica dell’attivo e del passivo della procedura, anche attraverso un’operazione di circolarizzazione, con invio di comunicazioni ai potenziali creditori e debitori per capire se la documentazione fosse attendibile. Il creditore che è intervenuto ha chiaramente manifestato tutta la propria insoddisfazione per questa duplice iniziativa del debitore esecutato, ma soprattutto ha messo in evidenza delle circostanze che non erano state evidenziate in atti: intanto l’immobile era stato, poco prima del pignoramento, gravato dalla stipula di un contratto di locazione di durata pluriennale in cui si dava atto che il canone era già stato anticipatamente pagato per tutti gli anni futuri del rapporto locatizio; il locatore inoltre non collaborava con il custode della procedura esecutiva al fine di consentire le visite dei soggetti potenzialmente interessati all’acquisto ed il conduttore non occupava effettivamente l’immobile; in altri termini era emersa una serie di circostanze non riferite dal debitore. Venivano quindi in considerazione elementi ostativi all’apertura della liquidazione del patrimonio sotto il duplice profilo sia dell’incompletezza documentale ex art. 7, sia della presenza di atti di frode che si desumevano da questi comportamenti contrari all’interesse dei creditori, così portando ad una rappresentazione decettiva della realtà e delle possibilità di procedere ad una liquidazione efficiente nell’interesse dei creditori, ex art. 14 quinquies. Peraltro, si può aggiungere che questa richiesta di liquidazione si appoggiava inoltre su un’offerta di acquisto di questo immobile formulata da un terzo “chiavi in mano”, senza alcuna previsione di competitività, per un prezzo fondato sull’andamento negativo della vendita forzata il cui esito – come anticipato – non era certo indipendente dai contegni ostruzionistici posti in essere dal debitore. Questo coacervo di elementi ha portato ad una dichiarazione di inammissibilità dell’istanza di apertura della procedura, con una decisione che non ha ricevuto alcun tipo di reclamo.
Un secondo caso che può essere opportuno ricordare in questa sede, è rappresentato da un’istanza nella quale ritornava il tema dell’incompletezza delle informazioni rese, sia di quelle date all’OCC, sia di quelle fornite al giudice al fine di consentire una valutazione corretta in sede di apertura della procedura. Anche in questa fattispecie, peraltro, l’elemento decettivo è stato scoperto non grazie alla relazione di accompagnamento all’OCC - perché anche in questo caso non si evidenziava formalmente nulla di anomalo - ma solo a fronte dell’intervento di un creditore (in questa ipotesi, si trattava dell’Agenzia delle Entrate). Era infatti accaduto che il padre del soggetto sovraindebitato (quest’ultimo a sua volta garante dei debiti del primo) avesse conferito in un trust tutto l’intero patrimonio, nominando come trustee un altro familiare e come beneficiario proprio il figlio, che aveva omesso di dichiarare questa situazione. Nella dotazione del trust era stato inoltre conferito l’usufrutto relativo ad un immobile di cui il figlio aveva mantenuto la sola nuda proprietà. In udienza si è provocato il contraddittorio su queste circostanze e, non essendo state fornite delle spiegazioni convincenti alle osservazioni avanzate del creditore, ciò ha portato ad un provvedimento – anche questo inedito - ostativo rispetto in questo caso all’omologazione di una proposta di accordo di composizione della crisi[12].
Ecco perché – volendo trarre una prima indicazione utile che va oltre la singola fattispecie - l’OCC non può “appiattirsi” sulle informazioni che gli vengono date dal debitore, anche se in alcuni casi assistito da proprio advisor o legale, ma deve svolgere una verifica critica e approfondita, deve accedere alle banche dati e deve controllare se ci sono pesi, controversie giudiziarie in corso, potenziali sopravvenienze passive, debiti fiscali o contributivi non dichiarati, ecc… (cfr. al riguardo l’importante disposizione di cui all’art. 15 co. 10 L. 3/2021). Inoltre, appare opportuno che l’OCC di un soggetto che ha cambiato recentemente residenza o sede compia una ricerca presso l’ufficio giudiziario e presso l’OCC del luogo provenienza: in tal caso potrebbero emergere certamente gli atti e documenti di un eventuale precedente “sfortunato” procedimento di esdebitazione, come pure eventuali procedimenti giudiziari non dichiarati dal debitore.
Con questa stessa metodologia di analisi è possibile affrontare un’ulteriore questione: quella della liquidazione senza beni, con soli redditi o crediti messi a disposizione dei creditori. Ora, pur essendoci stato un certo dibattito – per la verità più nella fase iniziale di applicazione delle disposizioni della L. 3/2021 – si deve certamente ritenere ammissibile questo tipo di procedura, anche se non si hanno beni da liquidare ma si hanno a disposizione soltanto flussi monetari da destinare ai creditori; questo perché, a parere dello scrivente, comunque in termini generali vi è una ratio più complessiva che è volta ad agevolare il ricorso a queste procedure piuttosto che ad impedirne l’utilizzo, sì che nei casi dubbi appare preferibile l’adozione di una interpretazione volta a favorire l’accesso a questi istituti piuttosto che ad escluderla[13]. Inoltre, la stessa lettera dell’art. 14 quinquies co. 2 lett. d) appare nel senso di ritenere non indispensabile la presenza di beni su cui eseguire le forme pubblicitarie legate all’ammissione alla procedura liquidatoria. Peraltro, la stessa introduzione dell’esdebitazione dell’incapiente (cfr. nuovo art. 14 quaterdecies) nel fondare la propria operatività sulla assenza di “utilità” dirette o indirette (e non certo sulla presenza o meno di beni liquidabili) appare un ulteriore e definitivo tassello nel senso dell’ammissione di procedure liquidatorio fondate esclusivamente su flussi monetari.
È chiaro che restano alcuni residui limiti all’accesso, che vanno tuttavia valorizzati nei soli casi strettamente necessari, e la presenza della “frode” è forse proprio il caso più importante, di cui occorre pertanto, in conclusione, cercare di tracciarne in confini.
Note: