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La conservazione degli effetti esdebitativi del piano del consumatore nella legge sul sovraindebitamento e nel codice della crisi e dell’insolvenza

Fernando Platania, Magistrato in Verona

19 Aprile 2021

L’opportuna introduzione nella Legge 3/12 di varie disposizioni del codice della crisi e dell’insolvenza volte a favorire, in un momento particolarmente delicato dell’economia nazionale, il ricorso a forme di componimento della crisi dei soggetti non sottoposti alla legge fallimentare, nonché a risolvere alcuni aspetti controversi emersi nella prassi giurisprudenziale, pur modificando significativamente la disciplina del sovraindebitamento, ha lasciato inalterata la regolamentazione degli effetti per i creditori dell’omologazione del piano o dell’accordo, che risulta, nel complesso, più idonea a garantire il buon esito delle procedure, rispetto a quella dettata dal codice.
Riproduzione riservata
1 . Introduzione
A seguito di sollecitazioni provenienti da più parti, e dopo un primo tentativo di modifica, non conclusosi positivamente per i temuti aggravi di costi per l’Erario collegati all’originaria proposta di estendere, nella esdebitazione dell’incapiente, il gratuito patrocinio all’attività dell’Organismo di composizione della crisi [1] (previsione poi in effetti esclusa dal testo definitivo successivamente approvato), la Legge 27 gennaio 2012 n. 3 è stata recentemente oggetto di diverse significative modifiche[2] che hanno comportato l’innesto di disposizioni contenute nel codice della crisi e dell’insolvenza ritenute utili per affrontare immediatamente gli effetti della crisi economica dipendente dall’emergenza sanitaria che ha colpito il nostro Paese[3].
L’intervento legislativo può sostanzialmente essere valutato in modo positivo, apparendo anche opportuna l’introduzione di norme che dànno convincente risposta ad alcune incertezze interpretative che la prassi di molti Tribunali aveva evidenziato[4]. Tuttavia, la novella non ha avuto il solo effetto (come probabilmente ipotizzava il legislatore) di anticipare l’entrata in vigore della parte più innovativa della disciplina prevista dal codice della crisi e dell’insolvenza, ma ha finito per dare del sovraindebitamento una regolamentazione per taluni aspetti significativamente migliore rispetto a quella dello stesso codice per effetto della opportuna conservazione, nel corpo della legge sul sovraindebitamento, di disposizioni non recepite dalla riforma concorsuale.
2 . L’esdebitazione nelle procedure del piano del consumatore e dell’accordo del debitore
Tra le più significative novità introdotte nella legge di conversione del decreto Ristori[5], v’è certamente quella, alla quale già si è fatto cenno, della previsione dell’esdebitazione dell’incapiente, che risolve la questione, su cui si erano formati contrastanti orientamenti[6], circa la possibilità, per chi non avesse avuto alcun bene, di accedere alla liquidazione. Grazie alla modifica, invece, anche l’incapiente, che non può offrire nessuna utilità ai suoi creditori, ricorrendone i presupposti di cui al nuovo art. 14 quaterdecies Legge 3/12, può ora ottenere l’esdebitazione[7].
Ma l’esdebitazione, intesa come cessazione dell’obbligo del debitore di adempiere alle obbligazioni (non soddisfatte), può legittimamente conseguire, altresì, anche (e soprattutto) all’omologazione del piano del consumatore o dell’accordo del debitore ancorchè tale effetto possa considerarsi definitivo solo a seguito del completo rispetto degli impegni assunti.
Per favorire la formazione e l’esecuzione del piano, la Legge 3/12 predispone (a far tempo dall’omologazione) una piuttosto completa rete di protezione del patrimonio del debitore; infatti, gli artt. 12, per l’accordo del debitore, e 14, per il piano del consumatore, prevedono che dalla data dell'omologazione i creditori con causa o titolo anteriore non possano iniziare o proseguire azioni esecutive individuali[8]. 
E’ poi disposto espressamente che il piano omologato sia obbligatorio per tutti i creditori le cui ragioni siano sorte anteriormente al momento in cui è stata eseguita la pubblicità di cui all'articolo 12 bis, comma 3, e, soprattutto ( art. 12 comma 3 per l’accordo, e art. 12 ter comma 2 per il piano del consumatore), che i creditori con causa o titolo posteriore non possano procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano che acquisiscono per tale via, uno statuto paragonabile a quello dei patrimoni separati.
La Legge 3/12, anche dopo la modifica, conserva, però, il piuttosto farraginoso sistema di cessazione degli effetti dell’omologazione articolato su molte ipotesi.  
Ai sensi dell’art. 11, comma 5,  l’accordo cessa di diritto di produrre i suoi effetti se entro novanta giorni il debitore non esegue integralmente i pagamenti dovuti, secondo il piano, alle amministrazioni pubbliche ed agli enti gestori di forma di previdenza; ai sensi dell’art. 12 la cessazione degli effetti consegue, altresì, al mancato pagamento dei crediti impignorabili nonché dei crediti di cui all’art. 7 comma 1 terzo periodo (tra i quali si annoverano i crediti iva, il cui mancato pagamento nei termini previsti, ancorchè non debba essere più integrale – per effetto delle pronunce della Corte Europea e della Corte Costituzionale recepite dal codice della crisi ed anche dalla riforma della legge sul sovraindebitamento - produce, pur sempre, l’effetto della cessazione degli effetti dell’accordo). E’, anche, previsto l’annullamento se la proposta sia frutto di azioni dolose ai danni dei creditori. 
Infine, ed è l’aspetto più rilevante ai fini di questo scritto, la cessazione degli effetti consegue alla risoluzione dell’accordo per inadempimento, ancorchè incolpevole, delle obbligazioni assunte dal debitore.
Per il consumatore, invece, gli effetti dell’omologazione del piano vengono meno per il mancato pagamento dei crediti impignorabili (ed anche dei crediti di cui all’art. 7 comma 1 terzo periodo prima ricordati) e, come per l’accordo, per inadempimento, seppur incolpevole. 
Come emerge dal sistema, sebbene la cessazione degli effetti del piano o dell’accordo possa, quindi, dipendere principalmente da inadempimenti del debitore  causati anche da fattori esterni, tuttavia la regolare esecuzione del piano risulta certamente favorita dalla segregazione patrimoniale dei beni destinati al soddisfacimento dei creditori anteriori che impedisce azioni esecutive su tali beni da parte dei creditori le cui ragioni di credito siano sorte successivamente alla presentazione della domanda[9]. Viene, quindi, garantito che il soddisfacimento dei creditori contemplati nel piano non possa essere ostacolato da eventuali azioni esecutive promosse sui beni destinati all’adempimento della proposta.
Il complessivo sistema emergente dalla Legge 3/12, nella sostanza tutela in modo adeguato sia i creditori, che possono contare in via esclusiva sul patrimonio destinato al loro soddisfacimento, sia i debitori che, in forza della relativa intangibilità dei beni da cui deve essere ricavato l’attivo da distribuire, possono ragionevolmente confidare di adempiere al piano senza interferenze di soggetti non vincolati agli effetti della omologazione. 
3 . La ristrutturazione dei debiti del consumatore ed il concordato minore nel codice della crisi
La disciplina del codice della crisi è, invece, diversa.
In primo luogo, il codice della crisi interviene sulle cause di cessazione degli effetti dell’accordo semplificando (opportunamente) il sistema, molto macchinoso della Legge 3/12. 
E’ prevista, infatti, solo l’ipotesi della revoca (art. 72, c.c.i.) dell’omologazione disposta dal giudice d’ufficio o su istanza di un creditore o di un qualsiasi altro interessato per atti di frode, simulazione di attività o passività inesistenti e per l’inadempimento degli obblighi previsti nel piano oppure, infine, quando il piano non sia più attuabile e non sia possibile modificarlo.
Nel codice della crisi, per tutti i sovraindebitati (consumatore o imprenditore minore), non è, invece, riprodotta la disposizione per la quale i beni oggetto del piano costituiscono un patrimonio separato. 
Del resto, nella prospettiva legislativa, che contempla, per i soggetti diversi dal consumatore, il ricorso alla procedura del concordato minore con continuità aziendale, il pagamento dei crediti, anche privilegiati, deve avvenire in via prevalente per mezzo dei flussi di cassa garantiti dalla prosecuzione dell’attività e non dalla liquidazione degli assets strategici dell’impresa (eventualmente gravati di garanzia a favore di taluno dei creditori). 
Rimane, invece, il divieto di azioni esecutive nella fase che precede l’omologazione, che si trasforma, successivamente, nell’obbligo del rispetto del piano concordatario per tutti i creditori anteriori i quali debbono necessariamente attendere lo sviluppo della procedura ed i tempi previsti nel piano omologato per ottenere i pagamenti nella misura promessa. 
Invece[10], i creditori, le cui ragioni sono sorte successivamente all’inizio della procedura di concordato minore e che, pertanto, godono del regime della prededucibilità (art. 6 lett. d, c.c.i.), sono liberi di agire esecutivamente[11] su tutti i beni del debitore (potendo far valere la prededucibilità anche nella fase esecutiva individuale, art. 6 co. 3 c.c.i.), non essendo limitati in alcun modo dagli effetti della procedura concorsuale alla quale sono completamente estranei. 
Conseguentemente, la necessaria continuazione dell’attività aziendale diretta (ma anche, in taluni casi, indiretta) espone il debitore al rischio che l’inadempimento delle obbligazioni contratte dopo la presentazione del ricorso si ripercuotano sulla procedura non ancora giunta al suo epilogo. La mancanza di una qualsiasi forma di segregazione del patrimonio del debitore, infatti, permette azioni esecutive dei creditori posteriori insoddisfatti, potenzialmente idonee ad ostacolare l’attività economica da cui ricavare i flussi di cassa destinati ai creditori.
A ben guardare, però, si tratta di una scelta obbligata, almeno per quanto riguarda l’imprenditore sovraindebitato, apparendo impossibile assicurare la continuità con la segregazione patrimoniale dei beni a favore dei creditori anteriori; verrebbe di fatto precluso all’imprenditore l’accesso alla nuova finanza ed in genere al credito (funzionale alla prosecuzione dell’attività)[12] e svuotata, altresì, di significato la prededucibilità attribuita ai nuovi crediti contratti in funzione della prosecuzione dell’impresa[13]. 
4 . La posizione del consumatore nel codice della crisi
Il consumatore non ha, invece, un significativo interesse all’accesso al credito dopo l’omologazione del piano, rappresentando la mancata segregazione patrimoniale dei beni destinati alla soddisfazione dei creditori concorsuali (estesa nel codice della crisi al consumatore probabilmente per una affrettata assimilazione della sua posizione con quella dell’imprenditore minore) una possibile fonte di traumatica cessazione della procedura a causa di azioni esecutive promosse a seguito di pur modesti inadempimenti di obbligazioni contratte successivamente all’apertura della procedura.
Né può costituire idoneo presidio a scongiurare ulteriori indebitamenti, il fatto che il piano debba necessariamente garantire la sufficienza dei mezzi per soddisfare le esigenze di vita del consumatore e della sua famiglia, non essendo previste nel codice, preclusioni al ricorso a nuovi debiti[14]. 
L’effetto dell’estensione (non adeguatamente valutata dal legislatore) della disciplina del concordato minore alla procedura riservata al  consumatore  (che, però, non è tenuto alla prosecuzione di una attività economica) crea certamente maggiori incertezze sulla tenuta e sostenibilità del piano anche per i creditori anteriori che per effetto di azioni (pienamente legittime) di estranei alla procedura possono vedere sottratte risorse, invece loro originariamente destinate, da soggetti che concorrerebbero anche nella successiva procedura di liquidazione controllata eventualmente disposta su iniziativa dello stesso debitore una volta revocata l’omologazione per l’accertata impossibilità di adempiere al piano (art. 73 c.c.i.)[15]. 
5 . Conclusione
Il sistema risultante dalla Legge 3/12 anche dopo l’introduzione di varie disposizioni tratte dalla riforma della legge concorsuale, produce nel suo complesso una stabilità degli effetti dell’omologazione del piano del consumatore maggiore rispetto a quella emergente dalla regolamentazione del codice della crisi e dell’insolvenza che ha disciplinato in modo unitario le posizioni di tutti i sovraindebitati pur non accumunati da identici interessi.
Il tempo che manca all’entrata in vigore del codice potrebbe essere utilizzato per eliminare questa non giustificabile incongruenza del sistema quanto meno introducendo, a tutela dell’interesse generale alla conclusione positiva della procedura, la possibilità di imporre al consumatore, anche d’ufficio, stringenti limitazioni all’accesso al credito idonee a limitare il rischio di ulteriori inadempienze. 

Note:

[1] 
In particolare era stato proposto in sede di conversione del D.L. 14 agosto 2020 n.104 un emendamento all’art. 62 bis che riproduceva in gran parte la modifica della Legge 3/12 poi effettivamente introdotta, contenente la previsione dell’ammissione al gratuito patrocinio per i compensi dovuti all’organismo di composizione della crisi sulla quale era stato espresso, però, parere negativo dalla Ragioneria Generale dello Stato. Rimane, però, irrisolto il problema su chi debba gravare il costo per l’attività svolta dall’ OCC per l’incapiente che per definizione non è in grado di fornire a nessun creditore, nemmeno prededucibile, alcuna utilità. 
[2] 
Per effetto della legge 18 dicembre 2020, n. 176, di conversione del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137 (Decreto Ristori). 
[3] 
Non sono state fino ad oggi, invece, accolte le richieste di prevedere una sospensione automatica delle procedure esecutive in corso a somiglianza di quanto previsto per il concordato preventivo, potendo ad oggi la sospensione essere disposta solo a seguito di discrezionale provvedimento del giudice dopo la presentazione del ricorso. Solo quando entreranno in vigore le misure di allerta (destinate ad operare anche per gli imprenditori non sottoposti a liquidazione giudiziale, ma non per il consumatore) potranno disporsi, con provvedimento giudiziale, alcune misure cautelari anche nella fase della composizione concordata della crisi idonee a salvaguardare l’integrità patrimoniale dell’imprenditore nel tempo occorrente per la presentazione del ricorso. 
[4] 
Ci si riferisce alla possibilità di proseguire nel pagamento del mutuo per la casa di abitazione e l’inserimento nel piano del debito per cessione dello stipendio. Per un esame completo della legge sul sovraindebitamento e delle sue molte problematiche, Fabio Cesare, Chiara Volpecina, Sovraindebitamento dalla tutela del debitore al recupero del credito, Torino, 2021. 
[5] 
La legge di conversione è la n. 17 del 18 dicembre 2020.
[6] 
In giurisprudenza, ha negato l’accesso alla procedura di liquidazione in mancanza di beni, Trib. Mantova, 18 giugno 2018 n. 43 in Il Caso.it 10 luglio 2018; favorevoli Trib. Verona 21 dicembre 2018 in Il Caso.it 25 gennaio 2019 e Trib. Matera, 24 luglio 2019 in Il Caso.it 7 febbraio 2020. 
[7] 
In questa sede non può trattarsi della formulazione piuttosto ambigua della disposizione che esclude l’incapiente dalla possibilità di ricorrere alla esdebitazione qualora possa offrire utilità in prospettiva futura. 
[8] 
Mentre il divieto di inizio o prosecuzioni delle azioni cautelari o di acquisto di diritti di prelazione sul patrimonio del debitore scatta, per chi chiede l’omologazione del piano, già con la presentazione della domanda.
[9] 
Semmai il punto debole di tale sistema è rappresentato dalla difficoltà di prevedere una efficace forma di pubblicità per segnalare la destinazione dei beni e crediti a soddisfacimento delle sole ragioni dei creditori anteriori; l’art. 12 bis, come novellato, prevede che il giudice, una volta omologato il piano del consumatore, disponga una adeguata forma di pubblicità ma non fornisce indicazioni ulteriori. 
[10] 
In dottrina si ritiene tuttavia che anche il concordato con cessione dei beni determini l’effetto della segregazione patrimoniale dei beni del debitore sui quali i creditori successivi non potrebbero agire esecutivamente; Giacomo D’Attorre, concordato preventivo e responsabilità del debitore (in particolare paragrafo 5) intervento al Convegno dei professori di diritto commerciale, Roma 21-22 febbraio 2014. Ma la posizione della giurisprudenza è diversa come verrà illustrata successivamente. Comunque una simile posizione però non può ritenersi condivisibile nell’ottica del concordato in continuità aziendale fatta propria dalla riforma. 
[11] 
Cass. 22 Maggio 2019, n. 13850, in Il caso.it 7.6.2019 per la quale nulla osta alla procedibilità di una domanda di fallimento presentata, dopo l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, da un creditore che ad esso sia rimasto estraneo poiché  diversamente opinando, si finirebbe infatti per privare quest’ultimo - che a quell’accordo ha legittimamente scelto di non aderire - di una fondamentale forma di tutela del proprio credito, da coordinare con gli interessi degli altri creditori aderenti all’accordo, in funzione della garanzia patrimoniale del debitore ex art. 2740 c.c. e del correlato principio della par conditio creditorum di cui all’art. 2741 c.c.. Tali principi possono trovare, a maggior ragione, applicazione anche con riferimento alla posizione dei creditori estranei all’accordo omologato per le ragioni di credito sorte dopo la presentazione della domanda. Inoltre è rimessa alla scelta del creditore agire con l’azione esecutiva individuale piuttosto che con l’istanza di fallimento per l’apertura di una procedura concorsuale.
[12] 
Va segnalato che l’impianto della Legge 3/12 prevede l’introduzione di limitazioni all’accesso al credito al consumo, all’utilizzo di carte di pagamento elettroniche ed alla stipula di contratti di finanziamento; l’art. 8 prevede espressamente la possibilità di introdurre tali limitazioni per il solo accordo ( al quale può accedere anche il consumatore) e non per il piano ( riservato al solo consumatore); in realtà, nel vigore della Legge 3/12 non v’è una ragione per tale distinzione sicchè deve ritenersi ben ammissibile che anche il consumatore proponga una autolimitazione all’accesso al credito anche quando faccia ricorso al piano. 
[13] 
Cass 10/01/2018 n. 380 “I crediti nascenti da nuovi contratti che, pur se non espressamente contemplati nel piano concordatario, siano stipulati dal debitore, in corso di esecuzione del concordato preventivo omologato, ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano medesimo e dell’adempimento della proposta, devono ritenersi sorti in funzione della procedura e vanno ammessi in prededuzione allo stato passivo del fallimento consecutivo, dichiarato per effetto della risoluzione del concordato”; Cass. 09/09/2016 n. 17911 “I crediti sorti in esecuzione del concordato preventivo sono prededucibili nel successivo fallimento se conformi al piano approvato dai creditori ed omologato dal tribunale”.
[14] 
Sulla questione dell’accesso al credito dopo l’omologazione, il sistema della Legge 3/12 è contraddittorio; infatti l’art. 8 comma 3, prevede che nella (sola) proposta di accordo possano essere indicate eventuali limitazioni all'accesso al mercato del credito al consumo, all'utilizzo degli strumenti di pagamento elettronico a credito e alla sottoscrizione di strumenti creditizi e finanziari. Nella sostanza le eventuali limitazioni all’accesso al credito per il periodo successivo all’omologa possono essere disposte dal giudice su richiesta del debitore solo se questi ricorre alla procedura dell’accordo; in realtà l’esigenza di una possibile limitazione all’accesso al credito potrebbe essere ancor più pressante per il consumatore che fa ricorso alla procedura del piano. 
[15] 
Ai sensi dell’art. 6 c.c.i. i crediti sorti successivamente all’omologazione del piano del consumatore non dovrebbero, però, godere del regime della prededuzione nella successiva procedura perché non funzionali al mantenimento della gestione del patrimonio.

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