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Saggio

Interferenze tra sequestri, procedure esecutive, fallimento*

Lucio A. de Benedictis, Avvocato in Andria

14 Settembre 2023

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il presente scritto prende lo spunto da quanto recentemente deciso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte e reso pubblico con l’informativa provvisoria n. 8, senza avere altro scopo se non quello di tratteggiare i punti salienti della materia, alquanto ostica e contrastata, in attesa di leggere le motivazioni che le Sezioni Unite vorranno dare alla questione trattata e cioè se l'avvio della procedura fallimentare precluda o meno il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni attratti alla massa fallimentare non solo per i reati tributari specificamente oggetto della sentenza, ma anche di altre fattispecie simili.
Riproduzione riservata
1 . Il decisum delle Sezioni Unite
Le Sezioni Unite della Suprema Corte con informativa provvisoria n. 8 hanno reso noto il dispositivo dell’attesa sentenza n. 27738 del 16 maggio 2023 secondo la quale “L'avvio della procedura fallimentare non preclude il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni attratti alla massa fallimentare per i reati tributari”, così rispondendo alla questione controversa “Se, in caso di dichiarazione di fallimento intervenuta anteriormente alla adozione di provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari e riguardante beni attratti alla massa fallimentare, l'avvenuto spossessamento del debitore erariale per effetto dell'apertura della procedura concorsuale osti al sequestro stesso, ovvero se, invece, il sequestro debba comunque prevalere attesa la obbligatorietà della confisca cui la misura cautelare è diretta”[1]
La questione, come si vede, atteneva al particolare al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari, ma offre lo spunto per una rivisitazione, dal punto di vista civilistico, del punto nodale che interessa il civilista appunto: quando e come una misura di carattere penale possa interferire con un procedimento civile, principalmente fallimentare od esecutivo, e soprattutto se la misura adottata in sede penale possa avere o meno la prevalenza sulla proprietà e sui “vincoli” che ordinariamente possono essere apposti in sede civile (o addirittura sono preesistenti come le ipoteche) sui beni di pertinenza del soggetto ed in particolare sui diritti reali e se le regole con le quali tutti i civilisti si confrontano (anteriorità della trascrizione, stabilità dell’esecuzione forzata, ecc.) operino anche in questi casi.
Parliamo quindi delle c.d. interferenze, sempre più pregnanti e necessitanti di attenzione e che impongono un approccio multidisciplinare alla materia.
Tradizionalmente, le uniche “interferenze” con cui i civilisti si trovavano ad operare erano quelle tra procedure esecutive e concorsuali che insorgevano allorchè nel corso delle procedure esecutive si intersecavano procedure concorsuali (e viceversa in caso di creditori fondiari che si avvalevano della norma speciale di cui all’ art. 41, comma 2, del T.U.B.). E’ noto, infatti, che l’art. 51 L. fall. (ora art. 150 CCII) prescriveva il principio della intangibilità del patrimonio del debitore a far data dalla dichiarazione di fallimento (ora liquidazione giudiziale). In tali casi le procedure esecutive individuali erano destinate ad arrestarsi in virtù della vis actractiva di tutte le attività liquidative da parte del c.d. Tribunale Fallimentare, salvo il caso in cui i beni in vendita nelle procedure esecutive costituivano una mera comproprietà, ovvero, come accennato, in caso di creditore fondiario con tutta l’interpretazione giurisprudenziale che ne è seguita.
Successivamente, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 35/2005 (sovraindebitamento, accordi di ristrutturazione dei debiti, ecc.), la giurisprudenza si è dovuta anche occupare delle interferenze derivanti da tali procedure originando così il dibattito dottrinale e giurisprudenziale che ha sicuramente influito sulla scelta legislativa culminata con le c.d. misure protettive ampiamente normate nel CCII. 
Non vi era, però, un particolare dibattito sulle c.d. “interferenze” penali.
2 . Breve excursus della normativa penale succedutasi nel tempo sulle c.d. “interferenze”
Una ”interferenza” derivante da norme di ambito penalistico, riguardante più propriamente le procedure esecutive, è stata quella connessa dall’art. 20 della legge n. 44/1999 (sospensione dei procedimenti di rilascio e di esecuzione mobiliare ed immobiliare nei casi di usura), ma si tratta di un intervento limitato solo ai soggetti danneggiati da attività estorsive: misura molto specifica, per casi determinati e numericamente limitati.
Invece, maggior rilevanza – in termini numerici progressivamente aumentati - assume la normativa antimafia (L. n. 575/1965), approvata sull’onda del vivace fermento originatosi dalle stragi di mafia e tentativi dello Stato di arginare la criminalità organizzata, normativa nata con la specifica finalità di colpire i patrimoni “mafiosi”. Tale complesso di norme, tuttavia, in origine, si applicava unicamente ai soggetti indiziati di appartenere ad associazioni mafiose cui si potevano applicare le misure della sorveglianza speciale e del soggiorno obbligato. Nell’ambito di tale normativa vi era l’art. 2 sexies che si limitava genericamente a prescrivere che “Le procedure esecutive, gli atti di pignoramento e i provvedimenti cautelari in corso da parte della società Equitalia Spa o di altri concessionari di riscossione pubblica sono sospesi nelle ipotesi di sequestro di aziende o società disposto ai sensi della presente legge con nomina di un amministratore giudiziario”. 
La ratio di tale norma consisteva nel fatto che l'interesse pubblico perseguito dalla normativa antimafia dovesse in ogni caso prevalere rispetto all'interesse meramente privatistico della par condicio creditorum
Anzi, nel caso di fallimento della persona fisica o giuridica attinta dal provvedimento cautelare[2] si verificava una vera e propria scissione tra la gestione societaria e quella dell’amministrazione giudiziaria dei beni in sequestro, gestioni che procedevano in autonomia l’una dall’altra, dato che l’amministratore giudiziario si riteneva non essere legittimato ad interloquire nei procedimenti concorsuali e viceversa, legittimazione che poi nel tempo ha ricevuto la sua affermazione[3].
In questa prima fase vi era una normativa applicabile limitatamente solo ai soggetti indiziati di appartenere ad associazioni mafiose e quindi un novero di soggetti limitato ad alcuni parti del territorio nazionale. 
Successivamente, dopo l’entrata in vigore della c.d. “legge Reale” (22 maggio 1975, n. 152), vi fu un allargamento - da un punto di vista meramente soggettivo - dell’applicazione di tale normativa. Seguì poi la legge "Rognoni - La Torre" (L. n. 13 settembre 1982 n. 646) che interveniva maggiormente sulle misure di prevenzione patrimoniale, prevedendo il sequestro e la confisca dei beni dei quali non fosse stata dimostrata la legittima provenienza, rinvenuti nella disponibilità diretta o indiretta dell'indiziato di appartenere ad una associazione di tipo mafioso.
Siamo comunque, in questa fase storica, di fronte ad una platea di soggetti passivi non particolarmente ampia e la giurisprudenza aveva dato una interpretazione anche abbastanza restrittiva dell’applicabilità delle misure di prevenzione a tali soggetti[4].
Ulteriore provvedimento rilevante, nell’ambito della genesi storica sulla normativa di prevenzione è quello di cui alla legge n. 356/1992 che introdusse la “nuova” confisca di prevenzione ex art. 12 sexies che per un lungo elenco di reati prevedeva “la confisca  del  denaro,  dei  beni  o  delle  altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza”, provvedimento ablativo esteso anche alle c.d. persone interposte, cioè utilizzate per polverizzare le ricchezze illecitamente accumulate con l’uso di prestanome e similari. 
Per ciò che ci riguarda, ai fini del presente scritto, è che le interferenze aumentavano perché non vi era più una ristretta platea dei soggetti destinatari, vale a dire quelli specificamente appartenenti ad associazioni mafiose, ma le misure patrimoniali venivano ora applicate anche a condannati per reati contro la pubblica amministrazione:  peculato (art. 314, comma 1, 316 e art. 322 bis c.p.),  malversazione  a  danno  dello  Stato (art. 316 bis c.p.),  indebita percezione  di  erogazioni  a  danno  dello  Stato (art. 316 ter c.p.),  concussione e corruzione  (art. 317, art. 318, art. 319 , art. 319 ter, art. 319 quater, art. 320, art. 321, art. 322 c.p.), nonché a reati caratterizzati da vincolo associativo inerenti la pubblica fede: contraffazione di marchi, disegni, brevetti, ecc. (art. 473 c.p.), introduzione nello stato di prodotti falsi (art. 474 c.p.), oppure reati contro industria e commercio: usurpazione della proprietà industriale od i prodotti agroalimentari (art. 517 ter e art. 517 quater c.p.), oppure reati inerenti la produzione o  commercio  di  materiale pornografico, riciclaggio, ecc.
Come si vede, a partire dal 1982, la platea dei soggetti passibili di sequestro si amplia notevolmente e quest’opera di “ampliamento” prosegue fino a giungere al codice antimafia (D.Lgs. n. 159/2011) che oggi consente l’applicabilità delle misure patrimoniali in generale “a tutti coloro che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi o che vivano dei proventi di attività delittuose” (art. 1). 
In particolare, con l’art. 4 D.Lgs. 159/2011 le “interferenze” si sono estese anche ai soggetti “indiziati” (non più necessariamente condannati). E non solo per i gravi reati innanzi indicati, ma anche ad esempio, per quelli indiziati ex art. 640 bis c.p. (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) e financo quelli indiziati ex art. 612 bis c.p.: stalker responsabili di atti persecutori, reato che con il fenomeno mafioso ha ben poco a che fare.
Ovviamente l’indicazione sequestro 12 sexies/confisca allargata è stata volutamente semplificata non essendo il tema del presente scritto la disamina di tali rilevanti fattispecie, né delle loro caratteristiche, né soprattutto delle conseguenze e della tutela dei diritti dei terzi (che già dopo la L. n. 161/2017 e la successiva L. 4 dicembre 2017, n. 172, oltre che nel D.Lgs. n. 21/2018, hanno introdotto al terzo appunto la possibilità di partecipare al procedimento prima preclusa), ma è stata indicata solo per far comprendere come l’ampliamento della normativa ha moltiplicato la possibilità per lo Stato di interferire pesantemente negli ordinari procedimenti esecutivi e concorsuali.
3 . Ratio della prevalenza della normativa penale
Ovviamente a seconda del punto di vista da cui ci si pone, la prevalenza dell’una o dell’altra “interferenza” ha una sua logica e ragione ispiratrice. Ad esempio, è stato sostenuto[5], a proposito della disciplina del D.Lgs.  n. 159/11, che “il decreto pone una disciplina troppo attenta ai diritti dei creditori, sottovalutando gli effetti che derivano alla funzionalità del giudizio di prevenzione: nel procedimento concorsuale la sentenza dichiarativa impone lo spossessamento dei beni ai danni del fallito con contestuale  intervento  degli  organi  dello  Stato  che  hanno  l’onere  di  soddisfare  i creditori  (salva  la  revoca  della  sentenza);  nel  procedimento  di  prevenzione  viene emesso un provvedimento cautelare (sequestro) che gradualmente assume stabilità fino  alla  confisca  definitiva  che  determina  sui  beni  la  caducazione  dei  diritti  del proposto e dei terzi intestatari. Per tutta la durata del procedimento di prevenzione, fino alla confisca definitiva, permane, dunque, una finalità conservativa del bene estraneo alla procedura fallimentare”.
Se invece ci si pone dal punto di vista civilistico[6] più volte sono stati paventati sospetti di incostituzionalità in relazione agli artt. 27 e 42 Cost., nonché al protocollo n. 1 della Cedu, dato che la disciplina del D.Lgs. n. 159/2011 è sostanzialmente espropriativa dei diritti dei creditori ante sequestro che solo nella comprovata buona fede (con onere della prova a proprio carico[7]) possono, dopo aver superato il vaglio della verifica dei crediti di cui agli artt. 57, 58 e 59 del D.Lgs. n. 159/2011, ottenere la soddisfazione – ove ne sussista capienza – del 60% del proprio credito (art. 53 D.Lgs. n. 159/2011).
Inoltre, si prescinde da una effettiva e giudizialmente accertata colpevolezza del soggetto a carico del quale la misura è stata irrogata. Pertanto, il terzo creditore individuale che agisce in executivis o la massa dei creditori in sede concorsuale contro chi è incorso in un procedimento di prevenzione, non ha alcuna possibilità, nel momento in cui decide di assumere un’obbligazione o di stipulare un contratto, di tutelarsi in alcun modo non potendo prevedere, sulla base degli ordinari mezzi di verifica della solvibilità del debitore, la “pericolosità” della sua operazione economica.  
Tanto anche perché la natura di tali provvedimenti di prevenzione non è connessa all’epoca di commissione del reato, bensì a quella successiva di applicazione della misura, cosicché il terzo che abbia avuto la sventura di aver avuto rapporti con l’indiziato, al momento della insorgenza dell’obbligazione non aveva alcun mezzo di conoscenza del rischio che andava ad assumere in quel momento.
Sulla natura di tale provvedimento cautelare, è stato sostenuto che il sequestro di prevenzione costituisce una misura di sicurezza atipica, “con funzione anche dissuasiva” (così si legge in Cass. Sez. Un. n. 920 del 17 dicembre 2003) e regolata non dalla legge in vigore al tempo della commissione del reato, bensì a quella dell’applicazione della misura di sicurezza. Questo perché è indispensabile che il Tribunale operi una “valutazione in termini di attualità della pericolosità sociale, da ricostruire in base alla legislazione in quel momento vigente, pur se entrata in vigore in epoca successiva al sorgere della pericolosità, o all'acquisizione dei cespiti patrimoniali oggetto di ablazione” (Cass., Sez. II Pen., 23 febbraio 2022, n. 6587).
La legge antimafia, infatti, ha la sua peculiare finalità di colpire il denaro ed i beni di chi non guadagna in modo lecito e questo in un’ottica di effettività del risultato porta ovviamente ad invadere diversi campi e porre in discussione una serie di principi a cui i civilisti sono legati (ad es. il giudicato che non ha valore assoluto perché va valutato alla stregua dei principi di buona fede del creditore e di strumentalità del credito alla liceità dell’attività, la prevalenza dello Stato sui diritti dei terzi, ecc.).
Orbene, per ciò che concerne il presente elaborato, che si ribadisce che non ha alcuna pretesa di completezza e specificità per ciò che concerne l’analisi della normativa penale distante anni luce dal campo di attività di chi scrive, la premessa era essenziale per la valutazione del contesto in cui operano queste “interferenze”. Se infatti, per effetto di uno specifico sequestro di prevenzione di cui alla legge n. 575/1975 le procedure esecutive e quelle concorsuali dovevano soggiacere limitatamente ai soggetti ivi specificamente indicati (mafiosi e indiziati di terrorismo), dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 159/2011, vi è un enorme numero di soggetti – anche solo semplicemente indiziati – che soggiace alle stringenti norme ivi previste e, per quanto riguarda le procedure esecutive o concorsuali all’art. 55 che tale D.Lgs. n. 159/2011 introduce.
3.1 . Le ipoteche precedentemente iscritte
Incidentalmente, opportuno appare un accenno alle iscrizioni ipotecarie che soccombono di fronte ai sequestri sulla base di identica ratio anche se in modo meno convincente. 
Se si legge, infatti, la motivazione della recente Cass. pen., Sez. I, Sent., (data ud. 08/03/2023) 28 aprile 2023, n. 17897, vediamo che la tendenza è sempre quella di sottoporre qualsivoglia vincolo alla prevalenza della normativa penale: “se è corretto affermare che il diritto reale di garanzia ipotecario costituito sul bene immobile in epoca antecedente al sequestro penale non è vanificato per il solo fatto dell'avvenuta esecuzione del sequestro preventivo, va in pari tempo ritenuto che il creditore ipotecario non sia legittimato a bloccare l'iter finalizzato alla confisca o chiedere la revoca della misura mentre il processo è pendente, allo scopo di svincolare il bene e restituirlo alla procedura esecutiva civile separatamente intrapresa: invero, la sua posizione giuridica non può considerarsi assimilabile a quella del titolare del diritto di proprietà (che invece comporta l'immediata restituzione del bene al titolare) e, pertanto, il suo diritto di sequela è destinato a trovare soddisfazione soltanto nella successiva fase della confisca (Sez. 2, n. 57407 del 23 ottobre 2018, Italfondiario Spa Rv. 274259 - 01; Sez. 3, n. 26273 del 10 maggio 2018, Italfondiario Spa , Rv. 273349 - 01; Sez. 3, n. 42464 del 10 giugno 2015, Banca Popolare di Marostica Soc.c.oop. p.a.r.l., Rv. 265392 - 01).” 
Non vi è deroga alla ratio fondante l’intero impianto della normativa antimafia che non può essere limitato da vincoli preesistenti: “L’esistenza di ipoteche sui beni, o di altre forme di garanzia, non esclude la assoggettabilità a sequestro preventivo dei beni stessi, con la precisazione che il diritto di sequela possa e debba trovare soddisfazione nella successiva fase processuale, quella relativa alla confisca ed alla fase esecutiva della stessa” (così Cass. Sez. II pen. n. 22176 del 29 maggio 2014)
La Suprema Corte, in altri termini, ravvisa sì la necessità di tutelare il terzo estraneo alla condotta illecita altrui, purchè in buona fede, ma non sul bene oggetto di confisca “poichè con la confisca si determina la traslazione della proprietà del cespite in capo allo Stato”[8]. Tale tutela del terzo estraneo, beninteso, si applica nelle forme (limiti) e termini di cui all’art. 53 del D.Lgs. n. 159/2011.
Tale pronunzia è rilevante perché, previa la prova della indubbia buona fede, pone su un piano diverso il diritto di proprietà (costituzionalmente garantito) affermando che “soltanto il proprietario è titolare di un diritto che, in quanto connotato dall'attributo dell'assolutezza, si pone in una relazione di giuridica incompatibilità con il diritto vantato dallo Stato che, mediante il sequestro finalizzato alla confisca e, poi, con la disposizione della confisca, è funzionalizzato a conseguire (e consegue) a titolo derivativo la medesima situazione giuridica, vale a dire la proprietà, inerente allo stesso bene rivendicato dal terzo”[9].
Probabilmente sarebbe stato più breve il passo di ritenere – in caso di confisca – la sussistenza del diritto dello Stato di soddisfarsi sul controvalore di quel bene, lasciando inalterata la libera circolabilità dei beni, beninteso non a vantaggio di soggetti in qualche modo legati a chi è coinvolto nel procedimento che ha dato origine al sequestro o comunque abbia legami in qualche modo sospetti con lo stesso, ma solo ai terzi effettivamente estranei.
In tal modo la ratio di sottrarre alla criminalità - od a chi comunque vive con ricchezze illecitamente accumulate – sarebbe ugualmente raggiunta, ma senza incidere sulla libera circolazione dei beni od “attentare” ai principi della continuità delle trascrizioni, ordo temporalis ed art. 2915 c.c..
Tale riflessione, rinviene dall’inciso contenuto nella medesima pronunzia della Suprema Corte secondo cui “l'opponibilità del vincolo penale al terzo acquirente dipende dalla trascrizione del sequestro preventivo, che deve essere antecedente a quella del pignoramento immobiliare, in modo da rappresentare il presupposto per la legittimità della confisca, anche disposta successivamente all'acquisto: solo se la trascrizione del sequestro è successiva al pignoramento, il bene appartiene al terzo pieno iure, con conseguente impossibilità di disporre la confisca posteriormente all'acquisto di esso da parte del terzo aggiudicatario della vendita” (in motivaz. Di Cass. 17897/2023).
Se, dunque, l’anteriorità del pignoramento consente la libera trasferibilità del bene all’aggiudicatario, sarebbe probabilmente giusto – nei confronti dei terzi – che solo chi è coinvolto nel sequestro ne soffra le conseguenze e non anche i terzi: lo Stato dall’apprensione del bene o del suo controvalore, comunque soddisferebbe la ratio di sottrarre i beni a chi non ha diritto di mantenerli, ma senza danno per altri soggetti.
4 . Il titolo IV del D.Lgs. n. 159/2011 e le sorti delle procedure concorsuali ed esecutive sulla scorta del Codice della Crisi e dell’art. 104 bis disp. att. c.p.c.
In questo scenario, si pongono anche le norme del CCI che nella scelta legislativa della prevalenza delle misure cautelari anche atipiche adottate in sede penale, hanno ulteriormente ampliato il raggio d’azione del campo penale e da un certo punto di vista semplificato la medesima azione.
Infatti, prima del 2011 non vi erano disposizioni specifiche che riguardassero le esecuzioni e le procedure concorsuali ma solo contrasti giurisprudenziali risolti mediante interpretazione in base ai principi generali allorchè interveniva un sequestro nel corso di una procedura esecutiva o concorsuale. 
Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 159/2011 l’art. 55, redatto con modalità analoghe all’art. 51 L. fall., dispone che “A seguito del sequestro non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive. I beni già oggetto di esecuzione sono presi in consegna dall'amministratore giudiziario”. Vi è poi un secondo comma secondo cui “Le procedure esecutive già pendenti sono sospese sino alla conclusione del procedimento di prevenzione. Le procedure esecutive si estinguono in relazione ai beni per i quali interviene un provvedimento definitivo di confisca.  In caso di dissequestro, la procedura esecutiva deve essere iniziata o riassunta entro il termine di un anno dall’irrevocabilità del provvedimento che ha disposto la restituzione del bene”. Infine, al terzo comma è stabilito con riferimento ai giudizi pendenti che “Se il sequestro riguarda beni oggetto di domande giudiziali precedentemente trascritte, aventi ad oggetto il diritto di proprietà ovvero diritti reali o personali di godimento o di garanzia sul bene, il terzo, che sia parte del giudizio, è chiamato ad intervenire nel procedimento di prevenzione ai sensi degli articoli 23 e 57; il giudizio civile è sospeso sino alla conclusione del procedimento di prevenzione”.
Pertanto, qualsiasi ragione di credito (ante sequestro), da chiunque vantata, non può più farsi valere con le vie ordinarie e deve seguire la particolare normativa citata.
Ma questo ovviamente non è tutto, altrimenti non vi sarebbe stata ragione di particolare contrasto ed addirittura dell’intervento delle Sezioni Unite perché si pronunziassero sulla prevalenza dell’una o l’altra misura come di recente avvenuto con la sentenza n. 27738 del 16 maggio 2023 della quale è stata pubblicata l’informativa n. 8 di cui in premessa.
Questo perché occorre considerare la rilevanza nel contesto generale delle “interferenze” anche di un’altra fondamentale norma: l’art. 104 bis delle disp. att. c.p.p. 
Tale norma estende l’applicabilità delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 159/2011 anche ad una serie di casi ulteriori rispetto a quelli tipici previsti dall’art. 4 citato e, soprattutto, non riguarda i soli sequestri c.d. di prevenzione, ma anche ai sequestri preventivi “ordinari”.
Altre norme da considerare nel panorama delle “interferenze” sono: 
- l’art. 317 CCII a norma del quale “1. Le condizioni e i criteri di prevalenza rispetto alla gestione concorsuale delle misure cautelari reali sulle cose indicate dall'articolo 142 sono regolate dalle disposizioni del Libro I, titolo IV del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, salvo quanto previsto dagli articoli 318, 319 e 320. 2. Per misure cautelari reali di cui al comma 1 si intendono i sequestri delle cose di cui è consentita la confisca disposti ai sensi dell'articolo 321, comma 2, del codice di procedura penale, la cui attuazione è disciplinata dall'articolo 104 bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.”
- L’art. 318 CCII secondo cui “1. In pendenza della procedura di liquidazione giudiziale non può essere disposto sequestro preventivo ai sensi dell'articolo 321, comma 1, del codice di procedura penale sulle cose di cui all'articolo 142, sempre che la loro fabbricazione, uso, porto, detenzione e alienazione non costituisca reato e salvo che la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione e l'alienazione possano essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa. 2. Quando, disposto sequestro preventivo ai sensi dell'articolo 321, comma 1, del codice di procedura penale, è dichiarata l'apertura di liquidazione giudiziale sulle medesime cose, il giudice, a richiesta del curatore, revoca il decreto di sequestro e dispone la restituzione delle cose in suo favore
- L’art. 373 CCII che ha modificato l’art. 104 bis disp. att. c.p.p. il cui testo finale, per ciò che rileva ai fini del presente elaborato, è il seguente: “1-bis. Si applicano le disposizioni di cui al Libro I, titolo III, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni nella parte in cui recano la disciplina della nomina e revoca dell'amministratore, dei compiti, degli obblighi dello stesso e della gestione dei beni. In caso di sequestro disposto ai sensi dell'articolo 321, comma 2, del codice o di confisca ai fini della tutela dei terzi e nei rapporti con la procedura di liquidazione giudiziaria si applicano, altresì, le disposizioni di cui al titolo IV del Libro I del citato decreto legislativo
Ebbene: il titolo IV è costituito dagli artt. da 52 a 65 del D.Lgs. n. 159/2011 e, quindi, ciò significa che ogni qualvolta si disquisisce di un sequestro preventivo o di una confisca che riguardi aziende, società ovvero beni di cui sia necessario assicurare l’amministrazione giudiziaria, occorre considerare che i diritti dei terzi (art. 52), i limiti della garanzia patrimoniale del 60% per i crediti ante sequestro (art. 53), i criteri di prededucibilità (art. 54), il divieto di azioni esecutive (art. 55), la disciplina dei rapporti pendenti (art. 56), l’accertamento dei diritti dei terzi e relativi criteri (art. 57), le modalità di liquidazione dei beni (artt. 60 e ss.) ed i rapporti con le procedure concorsuali, soggiacciono a tali previsioni normative.
Non vi è più, quindi, rigidamente, come avveniva prima del CCII, una rigida divisione tra sequestri di prevenzione (che hanno sempre la prevalenza) e sequestri preventivi ordinari (non vi rientrano ovviamente i sequestri di tipo probatorio) quale limite alla improcedibilità delle procedure esecutive o quanto meno alla loro sospensione come prevista dall’art. 55 cit., ma dopo l’entrata in vigore del CCII, occorre prendere atto del fatto che la normativa antimafia si applica a tutti i sequestri, sia pure non in tutte le sue parti visto il disposto dell’art. 317 CCII.
Ciò posto, la domanda da porsi – dopo l’entrata in vigore del CCII che ha modificato l’art. 104 bis disp. att. c.p.p. ed ha fissato le condizioni e i criteri di prevalenza rispetto alla gestione concorsuale delle misure cautelari reali - è quale sia oggi l’influenza del sequestro in caso di pendenza di una procedura esecutiva od una concorsuale.
Sicuramente a tale domanda si può rispondere nel senso che il sequestro di prevenzione, in quanto misura che ha come naturale epilogo la confisca dei beni sottoposti a sequestro, è comunque preponderante e prevalente sulle esigenze dei singoli creditori privati e questo comporta in ogni caso la sospensione delle procedure esecutive e concorsuali limitatamente ai beni oggetto di sequestro, in quanto la eventuale confisca, che notoriamente costituisce atto di acquisto a titolo originario, travolge ogni cosa.
Allorchè invece, ci si trovi di fronte ad un sequestro preventivo (art. 321 c.p.p.) che non ha sempre come epilogo naturale la confisca, occorre verificare, in conformità all’insegnamento della dottrina più autorevole[10] se ci si trovi di fronte ad un sequestro di tipo impeditivo (art. 321, comma 1, c.p.p.), cioè di sequestro che serve ad evitare che il reato sia portato ad ulteriori conseguenze o che possa agevolare la commissione di altri reati che ha quindi finalità specificamente connesse al procedimento penale, ovvero ad un sequestro che abbia una funzione preventiva rispetto all’eventuale confisca (art. 321, comma 2, c.p.p.), perché con tale misura si anticipa il vincolo di indisponibilità sul bene già ad una fase anteriore alla condanna e conseguenziale confisca obbligatoria 
Nel primo caso, a mente dell’art. 317 CCII, occorrerà applicare le sole parti del D.Lgs. n. 159/2011 che concernono la figura ed i compiti dell’amministratore giudiziario e quindi la mera gestione dei beni in attesa dell’accertamento delle responsabilità, mentre nel secondo caso l’applicabilità del Titolo IV del D.Lgs. n. 159/2011 innanzi richiamato è piena e, quindi, anche la prevista prevalenza della procedura concorsuale.
La conseguenza è che in caso di procedura concorsuale successiva al sequestro i “beni assoggettati a sequestro o confisca sono esclusi dalla massa attiva fallimentare” (art. 63, comma 4, D.Lgs. n. 159/2011) e se questi sono gli unici beni costituenti la massa attiva “il tribunale, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, dichiara chiuso il fallimento” (art. 63, comma 6, D.Lgs. n. 159/2011), salva l’ipotesi di revoca del sequestro o della confisca. Se invece è il sequestro ad essere successivo alla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, il Tribunale deve disporre la separazione di tali beni dalla massa attiva del fallimento e la loro consegna all'amministratore giudiziario.
5 . Conclusioni
Questo è il quadro in cui si è inserita, a seguito dell’ordinanza di rimessione n. 7633 del 22 febbraio 2023, la decisione del massimo consesso della giurisdizione italiana che ha concluso – al momento solo con l’informativa provvisoria del dispositivo adottato, essendosi in attesa del deposito delle motivazioni - nel senso della prevalenza del sequestro.
Tanto in conformità alle conclusioni della Procura Generale che aveva chiesto affermarsi il seguente principio: “in caso di fallimento dichiarato anteriormente alla adozione del provvedimento cautelare di sequestro preventivo, emesso nel corso di un procedimento penale relativo alla commissione di  reati tributari, avente ad oggetto beni attratti alla massa fallimentare, l'avvenuto  spossessamento  del debitore erariale, indagato o, comunque, soggetto inciso dal provvedimento cautelare, per  effetto dell’apertura della procedura concorsuale non opera quale causa ostativa all’operatività del sequestro ai sensi dell'art. 12 bis, comma 1, del D.Lgs. n. 74/2000, secondo il quale la confisca e, conseguentemente il sequestro finalizzato ad essa, non opera nel caso di beni, pur costituenti il profitto o il prezzo dei reato, se questi appartengono a persona estranea al reato”[11].
Trattasi di controversia inerente reati tributari e focalizzata sulla obbligatorietà della confisca del profitto dei reati tributari, sul carattere sanzionatorio  della  relativa  confisca  per  equivalente   generica prevalenza dell’interesse statale e sull’interpretazione del dato relativo alla disponibilità dei beni da parte del fallito, che evidentemente dalla data della pronunzia concorsuale ne è stato privato, dati sui quali la pronunzia di rimessione ripercorrendo i vari orientamenti giurisprudenziali succedutisi, ha ritenuto di chiamare le Sezioni Unite della Corte a dirimere i contrasti, sulla base del seguente quesito: “se, in  caso  di  fallimento  dichiarato  anteriormente  alla  adozione  del provvedimento  cautelare  di  sequestro  preventivo,  emesso  nel  corso  di  un procedimento  penale  relativo  alla  commissione  di  reati  tributari,  avente  ad oggetto  beni  attratti  alla  massa  fallimentare,  l'avvenuto  spossessamento  del debitore  erariale,  indagato  o,  comunque,  soggetto  inciso  dal  provvedimento cautelare, per effetto della apertura della procedura concorsuale operi o meno quale  causa  ostativa  alla  operatività  del  sequestro  ai  sensi  dell'art.  12 bis, comma 1, del D.Lgs. n. 74/2000, secondo il quale la confisca e, conseguentemente il sequestro finalizzato ad essa, non opera nel caso di beni, pur costituenti il profitto o il prezzo del reato, se questi appartengono a persona estranea al reato
La Procura Generale, nella sua requisitoria scritta, oltre ai plurimi riferimenti giurisprudenziali, ha richiamato anche i lavori preparatori del CCII[12] evidenziando come “il  concorso  di  vincoli  di  natura  diversa  sui  medesimi  beni  è  stato  ritenuto ammissibile,  sul  piano  astratto,  e  pacificamente  ammesso  in  giurisprudenza,  ma, in  concreto,  ha  dato  luogo  a  esiti  pratici  non  soddisfacenti,  tanto  da  richiedere un intervento normativo volto a determinare condizioni e criteri di prevalenza delle   misure   adottate   in  sede   penale,  secondo   il   criterio   di   delega   recato   dal comma 1 dell'articolo 13 della legge n. 155/2017”.
E questo è indubbiamente un ulteriore tassello che si inquadra nell’ormai generale trend volto a ricomprendere tutti i sequestri nell’alveo della normativa antimafia al fine della maggior incisività dell’azione statale volta a colpire i patrimoni non realizzati legittimamente, con quello che viene ritenuto un ragionevole bilanciamento tra gli interessi dello Stato e quelli dei creditori in buona fede, dato che la normativa antimafia si occupa anche della tutela dei creditori, anche se con tempistiche non proprio congrue (dipendendo l’accertamento dei crediti dalle pronunzie giudiziali sulla confisca), cosa che inevitabilmente andrà ad avere un impatto sui termini di ragionevole durata del processo intesa come soddisfazione dei creditori in buona fede.
La decisione delle Sezioni Unite, quindi è stata nel senso di ritenere che “l'avvio della procedura fallimentare non preclude il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni attratti alla massa fallimentare per i reati tributari”. La motivazione chiarirà gli effetti e le modalità di tale prevalenza auspicando che tracci in qualche modo una via per la tutela ai terzi estranei e di buona fede.
Le procedure concorsuali, quindi, hanno il loro riferimento normativo e l’autorevole intervento delle Sezioni Unite. E nelle procedure esecutive, invece, che succede? 
È evidente che il GE ha meno poteri “cognitivi” del Tribunale che pronunzia in sede concorsuale ed è altrettanto evidente che lo stesso non potrà che soggiacere al disposto di cui agli articoli 104 bis, comma 1 quater e sexies, disp. att. c.p.p. per cui non potrà far altro che sospendere la procedura in attesa che il procedimento giunga o meno alla confisca, ovviamente per le procedure iscritte successivamente all’entrata in vigore del CCII.[13]
Tanto, nonostante l’imperativo dell’applicazione del principio dell’ordo temporalis previsto dall'art. 2915 c.c., secondo cui non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione gli atti che importano vincoli di indisponibilità, se non sono trascritti prima del pignoramento 
È indubbio, infatti, che ci si debba riferire ai principi generali per cui se il sequestro è stato trascritto (non è sufficiente la sua emissione) prima della trascrizione del pignoramento, la procedura esecutiva soccombe ed il GE non può che rigettare l’istanza di vendita ed estinguere l’estinzione della procedura con contestuale ordine di cancellazione della trascrizione del pignoramento.
Se, invece, il sequestro è stato trascritto dopo la trascrizione del pignoramento, allora il GE non può che provvedere alla sospensione della procedura esecutiva in attesa che intervenga una pronunzia sulla confisca od una revoca del sequestro medesimo. In quest’ultimo caso occorre riassumere la procedura esecutiva. Non vi è un termine specificamente indicato, ma anche qui occorre applicare i principi generali e, quindi, l’art. 627 c.p.c. 
In questo senso soccorre anche la giurisprudenza non lontana (Cass. civ., Sez. III, Sentenza, 10/12/2020, n. 28242 Est. De Stefano) secondo cui: “La speciale disciplina dettata dall'art. 55 del D.Lgs. n. 159/2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), come modificata dalla L. n. 161/2017, è applicabile esclusivamente alle ipotesi di confisca ivi previste o da norme che esplicitamente vi rinviano (come l'art. 104 bis disp. att. c.p.p.), con conseguente prevalenza dell'istituto penalistico sui diritti reali dei terzi che, solo se di buona fede, possono vedere tutelate le loro ragioni in sede di procedimento di prevenzione o di esecuzione penale; viceversa, la predetta disciplina non è suscettibile di applicazione analogica a tipologie di confisca diverse, per le quali, nei rapporti con le procedure esecutive civili, vige il principio generale della successione temporale delle formalità nei pubblici registri, sicché, ai sensi dell'art. 2915 c.c., l'opponibilità del vincolo penale al terzo acquirente in executivis dipende dalla trascrizione del sequestro (ex art. 104 disp. att. c.p.p.) che, se successiva all'acquisto, impedisce la posteriore confisca del bene acquisito dal terzo "pleno iure".”[14][15]
Anche Cass. civ., Sez. III, Ord., (data ud. 24/01/2022) 22/03/2022, n. 9231 ripercorrendo i contrasti giurisprudenziali precedenti alla citata Cass. 28242 non manca di rilevare la necessità o, meglio, l'esigenza di una maggiore tutela dei diritti dei terzi e, in particolare dell'aggiudicatario per trarre da quanto disposto dall’art. 2915 c.c. il principio secondo cui “l'opponibilità del vincolo penale al terzo acquirente dipende dalla trascrizione del sequestro (ex art. 104, disp. att. c.p.p.), che deve essere antecedente al pignoramento immobiliare venendo così a rappresentare il presupposto per la confisca anche successivamente all'acquisto. Diversamente, se la trascrizione del sequestro è successiva, il bene deve ritenersi appartenente al terzo pieno iure con conseguente impossibilità della confisca posteriore all'acquisto”. Si segnala anche Cass. civ., Sez. III, Sentenza, 08 febbraio 2019, n. 3709 che in un caso antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 159/2011, così statuiva: “Nel caso di sequestro penale o confisca disposti ex L. n. 575/1965 su un bene immobile oggetto di espropriazione forzata, l'interesse dello Stato a confiscare il bene prevale, secondo quanto disposto dall'art. 1, comma 194, della L. n. 228/2012, su quello del creditore a soddisfarsi sull'immobile, ma è sempre recessivo rispetto a quello del terzo che si sia reso aggiudicatario del bene, anche in via provvisoria, in data anteriore all'entrata in vigore della stessa L. n. 228/2012 (1 gennaio 2013), restando irrilevante la circostanza che l'erario abbia proposto opposizione di terzo con ricorso depositato anteriormente all'aggiudicazione, qualora la procedura esecutiva non sia stata tempestivamente sospesa.
Probabilmente tali pronunzie, alla luce della decisione della Sezioni Unite in commento, potranno essere oggetto di rivisitazione, ma porre in dubbio il principio dell’anteriorità significa creare un grave vulnus nel sistema civilistico a presidio della libera circolabilità dei beni.
Ultimo riferimento, pregnante perché segna un vulnus al principio di stabilità è quello dell’aggiudicatario colluso. È noto che l’unico caso di revoca dell’aggiudicazione previsto dal codice di rito è quello di cui al disposto dall’art. 586 c.p.c. per effetto del quale “avvenuto il versamento del prezzo, il giudice dell’esecuzione può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto”.
Anche qui la normativa antimafia ha lasciato il segno, dato che l’art. 26 del D.Lgs. n. 159/2011 punisce l’intestazione fittizia, per cui non possono soccorrere i principi di stabilità di cui all’art. 2915 c.c. così come interpretati da Cass., Sez. Unite, 28 novembre 2012, n. 21110. Tale norma così recita: “Quando accerta che taluni beni sono stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi, con il decreto che dispone la confisca il giudice dichiara la nullità dei relativi atti di disposizione
Pertanto, ove dovesse essere accertato che l’aggiudicatario sia colluso con il soggetto che abbia subito la misura cautelare finalizzata alla confisca, nemmeno l’aggiudicazione resa nel procedimento esecutivo potrà salvare l’acquisto dello stesso.

Note:

[2] 
Così ad es. Cass. civ., Sez. VI, 04/11/2014, n. 23461 e Cass. civ., Sez. I, 14/12/2016, n. 25736.
[3] 
V. artt. 317 e ss. D.Lgs. n. 159/2011.
[4] 
V. sul punto le ampie considerazioni contenute nello scritto di P. Tancredi – Le misure di prevenzione patrimoniali antimafia - in http://www.adir.unifi.it/rivista/2010/tancredi/cap1.htm#n9.
[5] 
V. F. Menditto, Confisca di prevenzione e tutela dei terzi creditori. un difficile bilanciamento di interessi, in Diritto Penale Contemporaneo 2015 - https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/d/4043-confisca-di-prevenzione-e-tutela-dei-terzi-creditori-un-difficile-bilanciamento-di-interessi.
[6] 
V. S. Mazzamuto, La tutela dei terzi di buona fede nella confisca antimafia: le ultime novità legislative e giurisprudenziali,in Jus Civile, http://www.progettoinnocenti.it/dati/362223%20-%20Salvatore%20Mazzamuto.pdf.
[7] 
Sul punto v. L. Salati in https://blog.ilcaso.it/news_1049 a commento di T. MI del 15/01/2021 con la quale, il Giudice penale ambrosiano decidendo due incidenti di esecuzione riuniti aventi ad oggetto la confisca di un immobile pignorato, ha rigettato quello promosso dalla società cessionaria del credito assistito da ipoteca (iscritta, ça va sans dire, prima del sequestro preventivo) per assenza di buona fede e affidamento colposo circa la solvibilità del mutuatario resosi poi responsabile del reato di previsto e punito dall'art. 12, comma 5 bis, D.Lgs. n. 286/1998 e accolto quello promosso dall’aggiudicatario dell’immobile subastato per esserne divenuto proprietario prima della pronuncia della confisca.
[8] 
Così si legge in Cass. pen., Sez. I, 21/01/1992, in Riv. Pen. economia, 1992.
[9] 
Così si legge in Cass. pen., Sez. I, Sent., (data ud. 08/03/2023) 28/04/2023, n. 17897.
[10] 
V. F. Menditto: L’amministrazione giudiziale dei beni sequestrati e confiscati – l’esecuzione della confisca – cap. XXV – pag. 988 e ss. in Riforma Cartabia: la nuova giustizia penale di Castronuovo Donato, Donini Massimo, Mancuso Enrico Maria, Varraso Gianluca (Wolters Kluver Italia - 03/2023).
[13] 
Anche se su questo punto va richiamata in Cass. pen. – sez. 3^ - 2/2/22 secondo cui “la differita entrata in vigore di una legge agli effetti per cui essa è emanata non esclude che una norma definitoria contenuta nella stessa legge, venuta ad esistenza e a conoscenza con la sua promulgazione e pubblicazione, possa essere utilizzata ai fini dell'interpretazione di una norma, di immediata applicazione, contenuta in altra legge (Sez. 1, n. 2540 del 14/10/1985, Marion, Rv. 171111 - 01; Sez. 1, n. 1726 del 31/05/1985, Ricci, Rv. 170057 - 01; Sez. 1, n. 645 del 07/03/1985, Bassano, Rv. 168615 - 01).”. Non sarebbe quindi dirimente l’entrata in vigore del CCII che ha modificato l’art. 104 bis disp. att. c.p.p. ma la data in cui la legge medesima è stata promulgata.
[14] 
Principio questo applicabile anche al giudizio di divisione, a mente di Cass. civ., Sez. III, Sent., (data ud. 24/01/2023) 10/03/2023, n. 7169 – Est. Tatangelo).
[15] 
Sulla anteriorità si veda quanto dedotto nella nota n. 6 ove si richiama L. Salati in https://blog.ilcaso.it/news_1049  a commento di T. Milano del 15/01/2021.

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