Il trust può essere proficuamente impiegato al servizio delle "rinnovate" procedure concordatarie preventive, per assicurarne un più agevole corso [2].
L’orizzonte delle recenti riforme della legge fallimentare è, all’evidenza, quello di confinare il fallimento al rango nobile di extrema ratio, a vantaggio dell’incentivazione delle procedure concorsuali c.d. minori, tra le quali, in primo luogo, quella del concordato preventivo.
Ora, una delle manchevolezze più avvertite nella disciplina di quest’ultimo istituto, ancora fino all’introduzione del c.d. "concordato in bianco" (con la L. 7 agosto 2012, n. 134 che ha convertito con modificazioni il D.L. 22 giugno 2012, n. 83), è stata rappresentata dall’impossibilità di proteggere il patrimonio dell’impresa in crisi dalle azioni individuali dei creditori, nel periodo immediatamente antecedente la formulazione della proposta concordataria.
L’esperienza ha mostrato, del resto, come le iniziative di singoli creditori, avviate immediatamente dopo la manifestazione della volontà del debitore di addivenire ad una soluzione concordata della crisi, avessero effetti deleteri sulla fattibilità del proponendo piano, "agitando" gli altri creditori, tanto da spingerli, a loro volta, ad agire "all’impazzata", rendendo sovente inservibile il piano e ineluttabile l’epilogo della dichiarazione di fallimento.
Il legislatore dell’agosto 2012 ha emendato questo deficit, donando vita nuova all’istituto fino ad allora piuttosto recessivo del concordato preventivo. È stata introdotta una disciplina fortemente premiale, volta a favorire la tempestiva denuncia della crisi da parte dell’impresa e la sua rapida emersione. L’imprenditore può oggi depositare il ricorso contenente la domanda di concordato riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo dell’art. 161 L. fall. entro un termine fissato dal giudice, compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile, sia pure in presenza di giustificati motivi, fino ad ulteriori sessanta giorni. In buona sostanza, l’impresa in crisi viene posta nell’opportunità di giovarsi, a mente del nuovo art. 168 L. fall., e sul presupposto del semplice deposito della domanda di concordato, degli effetti protettivi rappresentati dal "blocco" delle azioni individuali, esecutive e cautelari, per un lasso di tempo utile alla elaborazione di un piano adeguato a contrastare la crisi denunciata e a soddisfare le ragioni dei creditori.
Nel caso positivamente esitato dal tribunale romagnolo, il trust è apparso funzionale ad "impegnare" nella procedura prescelta beni di terzi, al fine di aumentarne l’efficienza e di irrobustire le prospettive di soddisfacimento dei creditori, promuovendone in certo modo il consenso.
Già in passato, peraltro, la giurisprudenza di merito aveva analizzato il trust costituito per l’esecuzione di un concordato ritenendone la piena ammissibilità [3]. E del resto, già la disciplina del concordato preventivo, nella versione partorita dall’emanazione del D.L. 11 marzo 2005, n. 35, convertito con L. 80/2005e svezzata dalle successive "miniriforme", non prevedeva più modelli predefiniti, lasciando ampio margine alla discrezionalità di chi al concordato ricorre. A voler scovare il filo conduttore che lega i ripetuti interventi del Legislatore fino all’ultimo, viene in rilievo un dato di sistema: il piano concordatario è stato "atipizzato". Non esiste più un modo soltanto di soddisfare i creditori, non è indicata, tra le tante, una "via maestra" per farlo. I creditori vanno soddisfatti in modo non irrisorio, ma possono esserlo in qualunque modo, sol che siano maggioritariamente favorevoli ad accogliere la proposta. La legge fallimentare non contempla più limiti in ordine agli strumenti utilizzabili dal debitore per rispettare il piano proposto ai creditori: è perciò che l’art. 160 L. fall. dispone che il concordato possa prevedere la soddisfazione dei crediti "attraverso qualsiasi forma".
In questa formulazione lata non v’è ragione di non far rientrare anche il trust. Anzi, i tentativi di percorrere nuove opportunità negoziali utili a garantire la tenuta, l’appetibilità e l’efficacia dei piani concordatari, non solo non sono interdetti, ma appaiono obiettivamente sollecitati.
In un contesto maggiormente ecclettico, il trust trova gioco facile, almeno sul piano delle sperimentazioni degli addetti ai lavori, sospinti a superare rapidamente le iniziali riserve. Il trust affiora in ambito concordatario come forma di "garanzia" del ceto dei creditori e come "modulo" di gestione della finanza esterna [4]. Proprio in quest’ultimo solco, si inserisce il caso vagliato dal Tribunale di Ravenna.
Ora, gli effetti preclusivi che l’ammissione al concordato preventivo svolge nei confronti di tutti i creditori concorsuali, sino alla fase dell’omologazione, non possono che riflettersi esclusivamente sul patrimonio del debitore, non potendo estendersi anche ai beni offerti dal terzo. Ne discende che le disponibilità patrimoniali che costui, estraneo alla procedura, ritiene di potere approntare per adempiere al concordato preventivo proposto dal debitore non si sottraggono alla garanzia generica dei suoi personali creditori. Il trust giova proprio ad isolare il patrimonio o i singoli beni da destinare ai creditori concordatari da parte dell’"estraneo", delineando per il trustee regole idonee ad assicurare, secondo un principio di trasparenza, sia la liquidazione dei cespiti conferitigli che il progressivo pagamento dei debiti sociali.
Il trust assurge così, su base privatistica, a mezzo di protezione immediata, già nell’avvio della procedura concordataria, degli interessi dei creditori di quest’ultima, permettendo di segregare a loro beneficio, non solo taluni beni del debitore proponente, ma, a maggior ragione, taluni cespiti del terzo, destinandoli in via esclusiva al soddisfacimento dei creditori che aderendo alla proposta ne sanciranno a maggioranza il buon esito.
Non va, peraltro, sottovalutato che l’attività del trustee, anziché valere a monetizzare le somme sufficienti a soddisfare i crediti, può servire, anche parzialmente, a consentire l’assegnazione di beni ai creditori ad estinzione delle rispettive pretese. Si è appena rammentato che l’art. 160 L. fall. prevede la soddisfazione dei crediti "attraverso qualsiasi forma": se è essenziale che il creditore venga soddisfatto in misura non irrisoria, è di contro irrilevante che lo sia per denaro contante o mediante un bene mobile o immobile stimato di equivalente valore.
Quando l’impresa entra in crisi l’agire dei creditori diviene patologicamente disgregato e scoordinato: ciascuno di essi è mosso da incentivi individuali, che lo sospingono ad un accesso repentino agli strumenti esecutivi e cautelari, con pregiudizio per la realizzazione dell’interesse collettivo. Il trust è strumento che agevola, almeno in linea di principio, il coordinamento dell’agire dei creditori, scongiurando gli effetti viziosi che si connettono ad iniziative esecutive individuali e disparate sul patrimonio dell’impresa in crisi. La disgregazione dei creditori in sede esecutiva conduce quasi sempre al risultato di una liquidazione parcellizzata e occasionale dei beni, orientata dalla mera contingenza e che sconta il rischio del minor risultato al maggior costo.
Senza considerare che le azioni espropriative e cautelari dei singoli creditori hanno molto spesso un risvolto del tutto distruttivo del valore azienda. Peraltro, la variabile incontrollata delle azioni esecutive individuali dei creditori è suscettibile di vanificare in nuce la stessa percorribilità dell’ipotesi concordataria: l’esecuzione del concordato viene preclusa ab origine dal fatto stesso che l’esperto chiamato ad attestare il piano concordatario è impedito ragionevolmente dal poterlo fare, proprio per l’inconsistenza patrimoniale correlata a beni che, nelle more dell’esercizio del suo mandato, vengono fatti oggetto di sequestro (prima) e pignoramento (poi), individualmente promossi dai creditori.
Il precedente ravennate testimonia come lo strumento del trust eccellentemente si configuri alla stregua di modalità di esecuzione del piano, cui il trustee darà corso nel rispetto dei doveri previsti dalle leggi regolatrici del modello internazionale che ne corredano la posizione soggettiva.
Nel contempo la fattibilità del piano concordatario, trasfusa nella relazione dell’esperto, sarà resa più sicura proprio in quanto le attività liquidatorie previste nel piano e le percentuali di soddisfacimento promesse ai creditori vengono atipicamente "garantite" proprio dalla costituzione del vincolo segregativo sui beni da liquidare.
Si noti bene: i creditori beneficiari del fondo in trust, non solo gli aderenti ma anche e soprattutto i dissenzienti, sono avvantaggiati dal congegno segregativo. La concreta riuscita del piano concordatario non verrà a dipendere dalla delega in bianco offerta al proponente in sede di voto e pedissequamente "blindata" dall’omologa, ma sarà fin da subito incisivamente assicurata dalla messa a disposizione di beni, dalle obbligazioni puntuali scolpite in capo al trustee dalla legge prescelta ex art. 6 Convenzione de L’Aja, dallo statuto della responsabilità tratteggiato da detta legge in testa al medesimo gestore, dal meccanismo surrogatorio che fa da pendant funzionale alla segregazione dei beni, dalla funzione di controllo variamente articolabile del guardiano, da una posizione giuridica soggettiva in capo a tutti i creditori, che da ontologicamente aleatoria se non eterea, è diviene sostanziale in ragione del vincolo sui beni creato dal trust.
Ora, i piani concordatari tanto più sono "credibili" in quanto prevedono, proprio come nel caso del precedente ravennate, l’apporto di "nuova finanza", anche sub specie di immobili. La segregazione di una somma di beni stimata funzionale alla fattibilità del piano concordatario, in capo ad un trustee, giova a comprimere il rischio delle azioni cautelari ed esecutive dei creditori del terzo, non interessati alla proposta di concordato, che in una situazione "ordinaria" potrebbero essere indotti ad agire uti singuli, non rilevando, rispetto a loro, l’operatività del divieto di cui agli art. 51 e 168 L. fall..