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Saggio

Il sovraindebitamento e la babele della meritevolezza

Nicola Soldati, Professore associato di diritto dell’economia nell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna

25 Maggio 2021

Il tema della meritevolezza del debitore quale requisito di accesso alle procedure di sovraindebitamento diversamente declinato in ciascuna di esse rischia di generare dubbi sull’utilità stessa della presentazione di un ricorso.
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1 . Premessa
Nell’ambito di ogni procedura di sovraindebitamento il tema chiave è rappresentato dalla possibilità per il debitore, vuoi persona fisica, vuoi persona giuridica, di ottenere la liberazione dai propri debiti attraverso l’esdebitazione a cui consegue l’ottenimento del c.d. “refresh” e il ritorno ad una nuova vita “nuova”.
In assenza di un’effettiva possibilità di ottenere l’esdebitazione rischia di risultare radicalmente ridimensionato l’interesse del debitore, in particolare persona fisica, all’accesso al sovraindebitamento e, quindi, la ratio stessa dell’istituto rischia di essere frustrata dalle previsioni di un legislatore che, più o meno distrattamente, ha delineato in modo differente, e talvolta apparentemente illogico, l’accesso al beneficio dell’esdebitazione.
L’esdebitazione costituisce il comune denominatore di tutte le procedure di sovraindebitamento e le pone, peraltro, in linea con la recente Direttiva EU 1023/2019[1], che, sebbene non ancora trasposta nell’ordinamento italiano[2], lo dovrebbe essere attraverso il decreto legislativo correttivo del CCI recentemente presentato in bozza al Consiglio dei ministri nel mese di ottobre 2020, che sarà oggetto di valutazione e intervento anche da parte della nuova commissione nominata dal Ministero della Giustizia[3].
La sua ratio è quella di permettere ad ogni debitore di ottenere la propria esdebitazione con il conseguente c.d. “refresh”, liberato definitivamente dai propri debiti pregressi[4].
All’interno della legge n. 3 del 2012 il tema dell’esdebitazione è legato a doppio filo al concetto di meritevolezza del debitore: in altri termini, solo al debitore meritevole è concessa la liberazione dai debiti.
In vero, l’esdebitazione non era stata prevista al momento dell’entrata in vigore della legge n. 3 del 2012, infatti, è stata introdotta solamente in un momento successivo per il tramite del D.L. n. 179 del 2012[5] in seguito alle numerose critiche mosse nei confronti di un istituto che, privo dell’esdebitazione, era, di fatto, obiettivamente, svuotato del suo significato.
Il legislatore ha, quindi, esteso tale istituto anche all’interno delle procedure di sovraindebitamento per dare continuità alle previsioni contenute agli artt. 142-114 L. fall.[6], le quali regolano il procedimento di esdebitazione del fallito persona fisica volto all’ottenimento del beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti all’interno del fallimento[7]; tale previsione si è venuta ad affiancare, quale indice del cambiamento ideologico e della perdita del carattere afflittivo della legge fallimentare, alle modifiche relative alle incapacità personali del fallito[8].
Nel CCI, poi, l’esdebitazione risulta certamente di maggiore portata rispetto all’attuale regolazione all’interno della legge fallimentare, essendo stata ampliata dall’art. 278 la platea dei beneficiari, e, quanto meno, collocata, dal punto di vista sistematico, assieme alle norme in materia di sovraindebitamento e di liberazione dei debiti dell’incapiente.
Alla luce di tale previsione normativa, si può senza dubbio affermare che, oltre al consumatore, anche le imprese possono accedere all’esdebitazione in considerazione del rinvio contenuto al comma 3 dell’art. 278 CCI che, a sua volta, richiama il comma 1 dell’art. 1 per quanto attiene ai soggetti che possono, appunto, ottenere l’esdebitazione[9].
Al riguardo appare opportuno ricordare come l’intervento novellatore del Governo nel CCI è stato diretto anche a portare l’utilizzo dell’istituto dell’esdebitazione ad una diffusione simile a quella che ha già avuta in altri Paesi, avendo il legislatore fallito, fino ad oggi, il suo obiettivo di concorrere “attraverso la esdebitazione, alla ripresa dell’economia”[10].
L’ottenimento dell’esdebitazione è basato, non tanto in una forma di premialità soggettiva, quanto piuttosto nel consentire una nuova opportunità a tutti i soggetti schiacciati dal peso di un debito divenuto insopportabile.
Ne consegue, quindi, che ogni limitazione all’accesso all’esdebitazione, a fronte dell’oggettiva difficoltà di individuare rigorosi criteri, sicuramente verificabili, in rapporto all’estrema varietà delle condizioni di vita che possono determinare situazioni individuali di grave indebitamento, rischia di generare un contenzioso dalle proporzioni difficilmente prevedibili o, altrimenti, finisce per restringere a tal punto la portata dell’istituto da frustrare sostanzialmente le finalità di politica economica ad esso sottese[11].
Le modifiche meritoriamente apportate alla legge 3 n. del 2012 in attesa dell’entrata in vigore del Codice della crisi dell’impresa e dell’insolvenza, per il tramite la legge di conversione del Decreto Ristori[12], hanno innovato l’equilibrio meritevolezza/esdebitazione, ma non sono riuscite a superare il limite dell’esdebitazione a domanda nella procedura di liquidazione dei beni.
2 . Il ruolo della meritevolezza nell’accesso all’esdebitazione
Come evidenziato già in premessa, per comprendere il rapporto tra meritevolezza ed esdebitazione all’interno delle quattro procedure oggi delineate dalla legge n. 3 del 2012, occorre porre l’attenzione su quelli che sono gli elementi basici che dovrebbero contraddistinguere un debitore meritevole da quello che meritevole non è (sempre secondo il testo di legge).
Un tema comune è rappresentato dalla modalità con cui il debitore ha assunto obbligazioni di natura pecuniaria, specialmente nei confronti degli istituti bancari mediante la sottoscrizione di contratti di mutuo o di finanziamento che gli abbiano consentito il c.d. accesso al credito bancario.
In termini generali, tale meritevolezza dovrebbe essere assente ogniqualvolta il debitore abbia assunto obbligazioni essendo consapevole, oppure avendo la ragionevole previsione, secondo un parametro di diligenza media, dell’impossibilità di adempierle; tali obbligazioni possono riguardare, in modo particolare, anche un ricorso al credito non proporzionato alle capacità patrimoniali del consumatore.
Ne consegue che la consapevolezza, ovvero la ragionevole previsione, dell’impossibilità di adempiere alle obbligazioni assunte depongono per l’esclusione della sussistenza di un accesso meritevole, ovvero proporzionato, al credito, con la conseguenza che dovrebbe essere negato al debitore l’accesso agli strumenti di negoziazione privata del credito laddove questi sappia, o avrebbe dovuto sapere, secondo il paramento della diligenza media, di non potere fare fronte ai debiti assunti.
Prima di esaminare i criteri di meritevolezza adottati per ciascuna procedura, è opportuno rammentare che l’accesso alle procedure di sovraindebitamento è diversamente consentito in relazione al fatto che il debitore sia, o meno, consumatore.
Infatti, alla luce della legge n. 3 del 2012 e, quindi, a differenza di quanto previsto dal CCI, il consumatore ha attualmente accesso a tutte le procedure, mentre il debitore non consumatore ha accesso solamente all’accordo con i creditori e alla liquidazione dei beni.
Questa precisazione risulta oltremodo opportuna in relazione all’interesse stesso del consumatore e del professionista a presentare domanda di sovraindebitamento per ottenere l’esdebitazione, poiché detto interesse risulta diversamente rilevante per le società che non hanno soci illimitatamente responsabili; infatti, per quelle che, al contrario, li hanno, il legislatore della riforma è intervenuto, con grande intelligenza, stabilendo che l’esdebitazione della società si estende a tutti i soci illimitatamente responsabili per i debiti sociali.
Alla luce di quanto sopra, il consumatore dovrà prestare particolare attenzione alla procedura che intende utilizzare poiché, come si vedrà nei paragrafi successivi, la meritevolezza, quale condizione di accesso, è diversamente declinata procedura per procedura, tanto da potersi affermare che, a parità di condizioni debitorie, l’esito può risultare diverso in base alla scelta di procedura effettuata dal debitore.
La Commissione Rordorf aveva posto particolare attenzione all’eterogeneità qualitativa dei soggetti destinatari, assai di sovente sprovvisti di una benché minima cultura economica e/o giuridica, tanto da renderli particolarmente vulnerabili all’accumularsi del debito, non senza dimenticare la crescente piaga della ludopatia che costituisce una delle principali cause di sovraindebitamento del consumatore[13].
E poiché, come già accennato, l’ottenimento dell’esdebitazione è basato, non tanto in una forma di premialità soggettiva, quanto piuttosto nel consentire una nuova opportunità a tutti i soggetti schiacciati dal peso di un debito divenuto insopportabile, ogni limitazione all’accesso all’esdebitazione, a fronte dell’oggettiva difficoltà di individuare rigorosi criteri, sicuramente verificabili, in rapporto all’estrema varietà delle condizioni di vita che possono determinare situazioni individuali di grave indebitamento, rischia di generare un contenzioso dalle proporzioni difficilmente prevedibili e, al contempo, rischia di frustrare sostanzialmente le finalità di politica economica ad esso sottese.
In tale ottica, all’interno del testo della legge-delega il legislatore aveva deciso di optare per l’inserimento di requisiti negativi, al verificarsi dei quali non è consentito al debitore accedere ai benefici di legge: tali elementi ostativi sono costituiti dalla colpa grave, dalla malafede o dal compimento di atti di frode (art. 9, comma 1, lett. b)[14] con apertura alla procedura di esdebitazione anche per le persone giuridiche, purché non ricorrano ipotesi di frode ai creditori o volontario inadempimento del piano o dell’accordo (art. 9, comma 1, lett. i)[15].
3 . La meritevolezza nell’accordo con i creditori
L’art. 7 della legge n. 3 del 2012 delinea all’interno dei presupposti di ammissibilità della domanda di accordo un elenco di fattispecie che risultano ostative alla possibilità per il debitore di ritenere ammissibile la sua domanda.
Più in particolare, sono ostative all’ammissibilità la soggezione alle procedure concorsuali maggiori, l’avere fatto ricorso nei cinque anni precedenti alle procedure di sovraindebitamento, l’avere subito la risoluzione dell’accordo omologato o la revoca dell’omologazione, rispettivamente ai sensi degli artt. 14 e 14 bis, l’avere fornito documentazione che non consente al gestore di ricostruire compiutamente la situazione economica e patrimoniale del debitore, nonché l’avere già ottenuto l’esdebitazione per due volte.
Occorre evidenziare, al contempo, che, rispetto al piano del consumatore, il secondo comma alla lettera d) quater, come novellato, precisa che, limitatamente all’accordo di composizione della crisi, la proposta non è ammissibile quando risulti che il debitore abbia commesso atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.
Nell’ambito di questa procedura il soggetto chiamato a valutare i requisiti di ammissibilità è il gestore della crisi all’interno della relazione particolareggiata di cui all’art. 9, comma 3 bis, che attesta la fattibilità del piano.
Del pari, il gestore, sempre nella sua relazione, deve indicare se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto del merito creditizio del debitore.
Quest’ultima previsione appare alquanto curiosa, in quanto non è dato di comprendere quali strumenti abbia a disposizione il gestore per comprendere se l’intermediario finanziario abbia erogato credito dopo avere attentamente valutato il merito creditizio del soggetto finanziato, salvo non volere ipotizzare che ciò non possa che discendere da un mero calcolo matematico, sottraendo dalle entrate il complessivo delle rate in carico al debitore e valutando, così, la capacità di rimborso ovvero di sostenibilità finanziaria.
Orbene, tale valutazione risulta, quindi, alquanto semplice per il consumatore poiché il T.U.B. disegna un apposito articolo, il 124 bis T.U.B. a presidio proprio del consumatore, mentre tale valutazione risulta molto più articolata a complessa per il non consumatore, portando a valutazioni non dissimili da quelle che è chiamato ad effettuare il curatore o il commissario liquidatore per valutare le ipotesi di ricorso abusivo al credito nelle procedure concorsuali maggiori ex art. 218 L. fall.
In tali ipotesi, poi il soggetto finanziatore non potrà opporsi all’omologa conseguente al raggiungimento delle maggioranze necessarie di cui all’art. 10, alla luce dell’art. 12, comma 3 ter, che ha introdotto la previsione in base alla quale il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, anche se dissenziente, né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore.
Si può, quindi, affermare che la meritevolezza nella procedura di accordo con i creditori possa incentrarsi sostanzialmente sull’assenza di atti in frode ai creditori; atti che saranno oggetto di ricerca e segnalazione da parte del solo gestore della crisi il quale deve, in particolare, verificare gli atti di disposizioni compiuti dal debitore negli ultimi cinque anni, poiché il tribunale rimane estraneo ad ogni tipo di valutazione sul punto, salvo che non ritenga di intervenire per disconoscere le conclusioni del gestore, ovvero debba pronunciarsi sulle opposizioni presentate dai creditori in sede di omologazione dell’accordo, in quanto l’accertamento della presenza di atti in frode avviene in udienza.
In realtà, l’impostazione del legislatore appare assolutamente corretta in quanto il giudizio di convenienza economica è in capo al ceto creditorio il quale con il proprio voto o con il proprio silenzio, alla luce della relazione del gestore, esprime l’apprezzamento della proposta, e, quindi, accetta il piano presentato dal debitore in una dialettica debitore/creditore supervisionata dal tribunale e resa concretamente possibile dalle valutazioni effettuate dal gestore[16].
In virtù di tale dialettica non si comprende la ragione per la quale il legislatore del CCI abbia escluso il consumatore dall’accesso alla procedura di accordo costringendolo alla valutazione di meritevolezza dal giudice e sottraendolo, di conseguenza, da ogni possibilità di definire il proprio sovraindebitamento attraverso un accordo con i creditori, salvo in sede stragiudiziale, approfittando della nuova norma che “sterilizza” il voto dell’amministrazione finanziaria ai fini del computo delle maggioranze.
Ciò porta ad auspicare che la neo insediata Commissione Pagni, nominata dal Ministro della giustizia, reintroduca la possibilità per il consumatore di accedere alla procedura di accordo con i creditori.
Sempre con riferimento alla tipologia di procedura in parola, da ultimo, la novella ha introdotto una previsione di grande impatto che consente ai soci illimitatamente responsabili di ottenere l’esdebitazione per i debiti sociali a seguito dell’esdebitazione ottenuta dalla società.
Tale previsione risulta di particolare impatto pratico perché, grazie a tale intervento, certamente risulterà incentivato il ricorso all’accordo con i creditori da parte delle società di persone, evitando così la necessità per i soci illimitatamente responsabili di affiancare una domanda di sovraindebitamento, come persone fisiche, a latere di quella presentata dalla società per ottenere la liberazione dai debiti non soddisfatti nel concorso della procedura della società[17].
4 . La meritevolezza nel piano del consumatore
Anche per quanto attiene al piano del consumatore l’articolo di riferimento per l’individuazione dei presupposti di accesso è rappresentato dall’art. 7 della legge n. 3 del 2012.
Rispetto all’accordo con i creditori, i requisiti di ammissibilità rimangono gli stessi, tuttavia si aggiunge la previsione del secondo comma alla lettera d) ter la quale precisa che, limitatamente al piano del consumatore, la proposta non è ammissibile quando il consumatore ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode.
Risulta, quindi, evidente la profonda differenza di impostazione dettata dal legislatore tra le due procedure, che rende più ampio il sindacato da parte del tribunale chiamato ad indagare, caso per caso, sempre alla luce della relazione del gestore, la meritevolezza del consumatore ai fini stessi della fissazione di udienza.
Infatti, laddove il tribunale ritenga il consumatore non meritevole di accesso alla procedura, non procederà nemmeno alla fissazione dell’udienza di cui all’art. 12 bis.
Nel piano del consumatore risulta del tutto evidente un giudizio rafforzato sulla meritevolezza rispetto ad ogni altra procedura e conseguentemente un sindacato lasciato alla discrezione e alla sensibilità del singolo giudice[18]: la pratica ha dimostrato infatti, che, in modo particolare il ricorso al credito è molto spesso frutto di una totale incapacità di gestione del proprio patrimonio da parte del consumatore, vuoi per ignoranza, vuoi per situazioni patologiche quali la ludopatia, ovvero per sfuggire a fenomeni di usura[19].
La meritevolezza, in quanto tale, può essere individuata sia come un requisito di natura soggettiva sia come un requisito di natura oggettiva del ricorso al credito che, sulla base di tali parametri, deve essere ritenuto idoneo a giustificare l’omologa di un piano del consumatore.
Infatti, il ricorso del consumatore al piano deve trovare la sua giustificazione, dal punto di vista dell’elemento oggettivo, nella sussistenza di esigenze particolarmente meritevoli di tutela giuridica sostenute dalla attendibilità della documentazione allegata al ricorso; mentre, dal punto di vista dell’elemento soggettivo, il ricorso deve essere fondato sulla diligenza del debitore, al momento dell’assunzione delle obbligazioni, nel valutare la sussistenza della ragionevole prospettiva di poterle adempiere in quanto proporzionate alle proprie capacità economiche.
Pertanto, tema strettamente collegato alla valutazione di meritevolezza è costituito dall’accesso al credito, vale a dire, alla possibilità/facilità di ottenere finanziamenti che dovrebbe essere controbilanciato da parte dell’istituto erogante da una valutazione del merito creditizio[20], così come previsto dall’art. 124 bis del T.U.B.[21] e rimarcato dalla previsione contenuta al quinto comma dall’art. 283 CCI in base alla quale l’OCC nella sua relazione deve indicare se il soggetto finanziatore “abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore, valutato in relazione al suo reddito disponibile, dedotto l’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita”.
In realtà, però, come risulta evidente, l’indagine posta in essere dall’istituto erogante dipende in grande misura dalle informazioni rese dal consumatore, avendo le banche dati consultabili la possibilità di vedere solamente le obbligazioni contratte con i soggetti tenuti alla registrazione nelle banche dati, mentre rimangono del tutto estranee a tale possibilità tutte le obbligazioni contratte con privati o con società non tenute all’iscrizione in banche dati.
Parlando, poi, di credito al consumo è stato ampiamente evidenziato come il desiderio, ovvero la volontà, di acquistare, a tutti i costi, beni di consumo per il tramite di finanziamenti porta il consumatore, anche in modo non del tutto consapevole, a rammentare solo parte delle obbligazioni già contratte, o peggio, e qui sta il punto, a celare l’esistenza di altre obbligazioni già assunte poiché ritiene che solo ulteriori linee di credito siano in grado di risolvere i problemi suoi e dei componenti della sua famiglia[22], ottenendo l’esatto effetto contrario, una volta divenuto impossibile il rimborso delle somme ottenute a credito.
Inoltre, il tribunale deve valutare la mancanza di atti di disposizione patrimoniale di natura fraudolenta posti in essere dal debitore tali da renderlo immeritevole dei vantaggi che derivano dal buon esito della procedura e ciò indipendentemente dalla relativa idoneità decettiva.
A ciò si aggiunga che in giurisprudenza, in ogni caso, la preventiva valutazione del merito creditizio, al momento dell’erogazione del finanziamento da parte del creditore, non incide sulla validità del contratto, né sulla responsabilità del debitore ex art. 2740 c.c., poiché, in senso contrario, si potrebbe correre il rischio di introdurre una causa di elisione della garanzia patrimoniale a seguito dell’errata valutazione del merito creditizio, nel caso in cui il debitore abbia assunto l’obbligazione tacendo di comunicare al creditore una serie di circostanze che, se conosciute, lo avrebbero persuaso a negare l’accesso al credito[23].
Nella più recente giurisprudenza, peraltro, sta giustamente trovando spazio un orientamento in base al quale è stato affermato che la valutazione del merito creditizio da parte degli istituti di credito, ai fini della stipulazione di contratti di finanziamento, sarebbe elemento idoneo a rafforzare a valle il giudizio da parte del giudice in ordine alla meritevolezza del debitore[24].
Come evidenziato nella premessa di questo contributo, quindi, il tema cardine della valutazione di meritevolezza è costituito dalle modalità con cui il consumatore ha fatto accesso al credito, vale a dire, alle modalità e tempistiche con cui ha ottenuto finanziamenti, tema questo strettamente correlato, lato intermediario, alla valutazione del merito creditizio effettuata sul richiedente, ai sensi di quanto previsto dall’art. 124 bis del T.U.B.[25].
5 . La meritevolezza nella liquidazione dei beni
Nella procedura di liquidazione dei beni il giudizio di meritevolezza è sostanzialmente simile a quello dell’accordo con i creditori: l’art. 14 ter prevede, infatti, che il debitore che versa in stato di sovraindebitamento può presentare domanda di liquidazione dei beni quando ricorrono le condizioni di ammissibilità di cui all’art. 7, comma 2, lettere a) e b), vale a dire, quando è soggetto alle procedure concorsuali maggiori, ovvero ha fatto ricorso nei cinque anni precedenti alle procedure di sovraindebitamento.
La valutazione effettuata dal giudice in merito all’assenza di atti compiuti in frode ai creditori negli ultimi cinque anni costituisce un elemento preliminare ai fini dell’emissione del decreto di apertura della procedura di liquidazione.
Del pari il giudice, sempre ai fini dell’emissione del decreto di apertura, compie una valutazione della relazione particolareggiata redatta dal gestore della crisi che viene depositata dal debitore come documento allegato alla domanda di liquidazione dei beni.
Grazie alla relazione il giudice può, quindi, valutare le cause e le circostanze che hanno portato al sovraindebitamento.
De iure condendo è auspicabile che i requisiti di accesso del debitore alla liquidazione dei beni siano limitati il più possibile, se non del tutto esclusi, poiché non si comprende come una valutazione di meritevolezza, più o meno ampia, possa avere rilevanza in una situazione in cui il debitore mette a disposizione del proprio ceto creditorio tutto il proprio patrimonio e le utilità future e quota parte del proprio reddito per i successivi quattro anni.
Tale conclusione risulta del tutto in linea con la stessa ratio della norma introdotta nell’ambito di una legge per contrastare l’usura e con la disciplina dell’Unione Europea, che come ricordato in premessa, spinge per le ragioni già descritte per la c.d. seconda opportunità e la liberazione definitiva dai debiti.
In questo quadro di politica normativa, la legge n. 3 del 2012 continua, nonostante la novella, a differenza di quanto correttamente previsto dal CCI, ad imporre al debitore, all’esito della liquidazione dei beni, di sostenere ulteriori costi per accedere al tribunale al fine di richiedere la propria esdebitazione.
Tale impostazione bifasica della procedura di liquidazione dei beni appare del tutto incoerente con lo spirito della norma con la conseguenza che è stata la stessa giurisprudenza a dimostrarne la contraddizione in termini.
Infatti, può accadere che un debitore sovraindebitato abbia avuto accesso alla liquidazione dei beni e dopo essersi spogliato dell’intero proprio patrimonio e avere messo a disposizione dei creditori quota parte del proprio stipendio per quattro anni si veda negata l’esdebitazione poiché in tale sede, torna ad essere oggetto di valutazione la meritevolezza con cui è stato effettuato l’accesso al credito che lo stesso legislatore aveva deciso non fosse oggetto di valutazione ai fini dell’accesso alla procedura[26].
Orbene tale situazione che impone ex post una valutazione di meritevolezza in sede di istanza di esdebitazione risulta incongruente dal punto di vista sistematico poiché non si comprende, ancora una volta, che cosa il debitore possa fare di più che mettere a disposizione dei creditori l’intero proprio patrimonio. 
Ciononostante, l’art. 15, comma 2, afferma che l'esdebitazione è esclusa quando il sovraindebitamento del debitore è imputabile ad un ricorso al credito colposo e sproporzionato rispetto alle sue capacità patrimoniali.
Tale incongruenza sistematica appare ancora più evidente laddove si pensi che all’esito dell’accordo con i creditori e del piano del consumatore l’esdebitazione consegue automaticamente senza necessità di alcuna domanda da parte del debitore e anche del fatto che il CCI ha già rimediato a tale vulnus, pur avendo previsto al novellato art. 282[27] che l'esdebitazione non opera nelle ipotesi previste dall'art. 280, nonché nelle ipotesi in cui il debitore ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode.
Per cui ove la Commissione Pagni, nominata dal Ministro della giustizia, non pervenga ad un intervento sul CCI che consenta la sua entrata in vigore nel prossimo mese di settembre risulta auspicabile che voglia intervenire direttamente sulla legge n. 3 del 2012 per rimediare a tale discrasia, in attesa dell’entrata in vigore del CCI.
6 . La meritevolezza nella liberazione dei debiti dell’incapiente
La quarta procedura di sovraindebitamento, inserita nella legge n. 3 del 2012 dal Decreto Ristori e già presente nel CCI, è rappresentata dall’art 14 terdecies ed è dedicata all’esdebitazione del debitore incapiente[28].
La domanda di esdebitazione viene presentata dal debitore persona fisica meritevole per il tramite dell’organismo di composizione della crisi al tribunale competente[29], corredata della documentazione indicata al comma 3 dell’articolo in esame e dalla relazione dello stesso organismo.
In particolare, la relazione deve indicare le cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni, l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte, l’indicazione dell’eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori, nonché la valutazione sulla completezza ed attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda.
Occorre rilevare al riguardo l’importanza della previsione in base alla quale il ricorrente deve fornire l’indicazione degli stipendi, delle pensioni, dei salari e di tutte le altre entrate sue e dei componenti del suo nucleo familiare.
Altresì, l’organismo di composizione della crisi deve indicare nella propria relazione, se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento[30], abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore, valutato in relazione al suo reddito disponibile, dedotto l’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita; a tale fine, si ritiene idonea una quantificazione non inferiore a quella indicata al comma 2[31].
Il procedimento si conclude con un decreto emesso dal giudice adito che concede l’esdebitazione, valutata la sussistenza della meritevolezza e l’insussistenza di atti di frode, ovvero di dolo o colpa grave nella formazione dell’indebitamento[32].
Ai fini della concessione dell’esdebitazione, permane, quindi, anche in questa procedura una valutazione della meritevolezza del debitore con la precipua finalità di contrasto all’abuso nel ricorso alle procedure di sovraindebitamento e ciò, altresì, per una tenuta del sistema economico nazionale[33]; al riguardo, il legislatore ha imposto all’interno dell’articolo in parola, una valutazione che potrebbe essere chiamata di meritevolezza[34], anche se, in vero, la norma fa ricorso a requisiti il più possibile oggettivi, nel tentativo di evitare un’ingiustificata differente valutazione da tribunale a tribunale[35].
Al pari, quindi, di quando accade oggi[36], occorre domandarsi, analogamente a quanto previsto per il piano del consumatore, quali elementi potranno essere presi o dovrebbero essere oggetto di scrutinio da parte del giudice ai fini dell’accertamento della meritevolezza del debitore incapiente.
Partendo da una ricostruzione letterale della norma appare evidente come l’indagine da parte del tribunale debba avere ad oggetto, in primo luogo, l’assenza di atti di disposizione patrimoniale di natura fraudolenta posti in essere dal debitore tali da renderlo immeritevole dei vantaggi che derivano dal buon esito della procedura e ciò indipendentemente dalla relativa idoneità decettiva degli stessi.
In secondo luogo, il tribunale deve verificare se il debitore ha assunto colposamente o dolosamente obbligazioni di natura pecuniaria essendo consapevole, oppure avendo la ragionevole previsione, secondo un parametro di diligenza media, dell’impossibilità di adempierle; tali obbligazioni possono riguardare anche un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali.
Ne consegue che la consapevolezza, ovvero la ragionevole previsione, dell’impossibilità di adempiere alle obbligazioni assunte depongono per l’esclusione della sussistenza di un accesso meritevole, ovvero proporzionato, al credito da parte del debitore con la conseguenza che il tribunale dovrebbe precludere l’accesso all’esdebitazione del consumatore incapiente.
Infatti, come detto, il settimo comma dell’articolo in parola prevede che il giudice concede con decreto l'esdebitazione, previa assunzione delle informazioni ritenute utili, e valutata la meritevolezza del debitore e verificata, a tal fine, l'assenza di atti in frode e la mancanza di dolo o colpa grave nella formazione dell'indebitamento.
Tale decreto deve, poi, indicare con quali modalità e in quale termine il debitore deve presentare, a pena di perdita del beneficio concesso, la dichiarazione annuale nel caso in cui intervengano sopravvenienze rilevanti.
Il decreto è comunicato al debitore e ai creditori: questi ultimi hanno la possibilità di proporre opposizione entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione; in caso di opposizione, il giudice convoca gli opponenti e il debitore, oppure provoca tra gli stessi un contraddittorio scritto e, quindi, conferma o revoca il provvedimento sull’esdebitazione con decreto motivato soggetto a reclamo[37]; allo stesso modo è reclamabile da parte del debitore il decreto con cui il tribunale nega allo stesso l’esdebitazione.
Da ultimo, il legislatore ha ritenuto opportuno stabilire che, nelle procedure di esdebitazione del debitore incapiente, i compensi spettanti all’organismo di composizione della crisi siano ridotti della metà[38].
Anche, quindi, con riferimento a quest’ultima procedura rimangono immutati i dubbi espressi nei paragrafi precedenti e, in particolare, rispetto alla liquidazione dei beni, e più in particolare, di cosa possa fare di diverso il debitore incapiente rispetto a quanto accade appunto nella liquidazione dei beni, non avendo alcuna utilità, diretta o indiretta, da offrire ai creditori.
L’inevitabile conseguenza di una mancata esdebitazione dell’incapiente porta a fare sì che lo stesso continui ad essere oggetto di procedure esecutive individuali da parte dei creditori, aggravando, in questo modo, il carico di lavoro dei tribunali, e facendolo permanere in un “limbo debitorio” che lo costringerebbe a fare ricorso ai crediti al di fuori dei canali legali, continuando a vivere nel “sommerso” con il conseguente impatto negativo sul sistema economico nazionale, ovvero, più semplicemente suggerendogli di attendere l’uscita dalla finestra temporale dei cinque anni oggetto di esame da parte del gestore della crisi.
Visto che all’incapiente è concessa una sola volta nella vita la possibilità di ottenere l’esdebitazione, sarebbe stato maggiormente congruo dal punto di vista sistematico, stante l’eccezionalità della norma, prevedere condizioni di accesso meno stringenti, quanto meno rispetto alla procedura di liquidazione dei beni.
7 . Conclusioni
Il maggiore dubbio che permane quando si parla di meritevolezza per l’accesso alle procedure di sovraindebitamento è rappresentato dal fatto che, per quanto il legislatore abbia tentato di oggettivizzarne i requisiti, permane sempre in capo al giudice, in modo particolare nel piano del consumatore e nell’esdebitazione dell’incapiente, una discrezionalità che può avere come effetto quello di ritenere meritevoli, ovvero non meritevoli, i debitori a parità di condizioni da tribunale a tribunale.
Per lo meno questa appare essere la conclusione che si può trarre dalle pronunce dei tribunali fino ad oggi edite.
Se, da un lato, quindi, la discrezione del giudice permette e ha permesso, in moti casi e soprattutto in alcuni tribunali di “allargare le maglie” della procedura, anche prima della novella della legge n. 3 del 2012, permettendo l’accesso ad un maggiore numero di debitori, dall’altro lato si assiste in alcuni casi ad un formalismo che rischia di penalizzare proprio il sovraindebitato.
Infatti, una lettura eccessivamente rigorosa dei requisiti di accesso richiesti dalla legge n. 3 del 2012 avrebbe come inevitabile conseguenza quella di limitarne l’accesso alle procedure ai soli casi in cui il sovraindebitamento sia frutto di fatti del tutto sopravvenuti e imprevedibili, casi certamente assai numerosi, ma che non rappresentano il quadro entro il quale intendeva muoversi il legislatore quando nel 2012 ha varato le norme in tema di sovraindebitamento, che, vale la pena sempre ricordare, sono state volutamente inserite in una normativa per contrastare l’usura e i fenomeni malavitosi ad essa legati.
Tale lettura, invero, non pare tenere conto della ratio nella norma e dell’esigenza, ad essa sottesa, di consentire l’esdebitazione anche al consumatore che non può accedere alle altre procedure concorsuali, né tiene conto del fatto che il sovraindebitamento spesso non è un fenomeno istantaneo, ma è il frutto di un percorso di graduale indebitamento.
A fronte del fatto che il Ministro della giustizia ha deciso di porre mano ad un’ulteriore revisione del CCI per il recepimento della Direttiva 1023/2019 e per permettere l’entrata in vigore alla prefissata data del 1° settembre 2021, è caldamente auspicabile che l’attenzione del legislatore cada anche in tema di meritevolezza nell’ottica di uniformazione tra procedure e di oggettivizzazione della stessa.

Note:

[1] 
Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza e esdebitazione, e che modifica la Direttiva (UE) 2017/1132, (direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza), in G.U.C.E., 26 giugno 2019, n. L. 172/18. All’interno delle definizioni contenute all’art. 2 della Direttiva, per “esdebitazione integrale” si intende “l’impossibilità di far valere nei confronti di un imprenditore i debiti che possono essere liberati, oppure la cancellazione dei debiti insoluti che possono essere liberati in quanto tali, nel quadro di una procedura che può prevedere la realizzazione dell’attivo o un piano di rimborso o entrambe le opzioni”. In dottrina, si rinvia a: L. Panzani, Il preventive restructuring framework nella Direttiva, 2019/1023 del 20 giugno 2019 ed il codice della crisi, in dirittobancario.it, 2019; S. Pacchi, La ristrutturazione dell’impresa come strumento per la continuità nella Direttiva del Parlamento europeo e del consiglio 2019/1023, in Dir. fall., 2019, p. 1259; S. Bianconi, La direttiva europea su ristrutturazione preventiva e esdebitazione e il nuovo codice della crisi d’impresa, in Bancaria, 2019, p. 57.
[2] 
La trasposizione nell’ordinamento interno della Direttiva è contemplata all’interno della Legge di delegazione europea 2019-2020. Il disegno di legge è stato approvato dalla Camera dei Deputati il 31 marzo 2021. Il testo ora torna in seconda lettura al Senato dove era stato già approvato (in prima lettura) il 29 ottobre 2020. Il provvedimento era stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 23 gennaio 2020. Dopo le modifiche apportate dalla Camera dei Deputati, il testo si compone di 29 articoli e un allegato A nel quale sono indicate 39 direttive europee, tra cui la Direttiva in parola.
[3] 
D.M. 22 aprile 2021, recante Nomina della Commissione per l’elaborazione di proposte di interventi sul “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”.
[4] 
L. Modica, Effetti esdebitativi (nella nuova disciplina del sovraindebitamento) e favor creditoris, in Contratti, 2019, p. 471; S. Pagliantini, Il sovraindebitamento del consumatore. Studio critico sull’esdebitazione, Giappichelli, Torino, 2018; F. Di Marzio e F. Macario (a cura di), Autonomia negoziale e crisi d’impresa, Giuffrè, Milano, 2010. Di notevole rilievo le parole di F. Macario, Sovraindebitamento e procedure di esdebitazione per i debitori “non fallibili”, in Osserv. dir. civ. e comm., 2012, p. 218 il quale afferma che “In sede di prime valutazioni della nuova disciplina, il quesito fondamentale è sulla sua effettività, ossia se questa rafforzi o indebolisca il sistema, tanto in termini giuridici quanto – e forse prioritariamente, in questo particolare frangente – in chiave economica generale, evidenziandosi in tal senso l’esigenza di valutare la vicenda dell’esdebitazione del debitore civile anche alla luce dell’analisi economica del diritto (in particolare, della behavioral law & economics) e in considerazione della c.d. “democratizzazione” del credito al consumo (di recente riformato in Europa, per opera della direttiva 2008/48/C, recepita in Italia nel 2010), senza dimenticare che si possono – si dovrebbero, in una seria analisi del problema – pure considerare i “paradossi della discharge”.
[5] 
D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, recante: “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”, in G.U., 19 ottobre 2012, n. 245, suppl. ord., n. 194/L., convertito con modificazioni dalla legge n. 17 dicembre 2012, n. 221, in G.U., 18 dicembre 2012, n. 294, suppl. ord., n. 208.
[6] 
Come modificata dall’art. 128 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, il quale ha sostituito, con effetto dal 16 luglio 2006, l’intero titolo II, capo IX del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sostituendo il precedente art. 142 rubricato “Effetti della riabilitazione”, e poi successivamente modificato dall’art. 10 del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, con effetto dal 1° gennaio 2008. 
[7] 
Al riguardo si vedano: D. Benincasa, Esdebitazione e soddisfazione dei creditori. Incentivo o mero presupposto oggettivo?, in Giur. it., 2018, p. 1935; R. Guidotti, L’esdebitazione del fallito, profili sostanziali, in Contratto e impresa, 2015, p. 1073; E. Norelli, L’esdebitazione, in L. Panzani (a cura di), Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Utet, Torino, 2014, IV, p. 187; M. Spiotta, L’esdebitazione fallimentare, in A. Jorio (a cura di), Fallimento e concordato fallimentare, Ipsoa, Milano, 2016, II, p. 2604; M. Monteleone, L’esdebitazione, in A. Caiafa e S. Romeo (a cura di), Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Cedam, Padova, 2014, p. 427; D. Letizia e F. Vassalli, L’esdebitazione, in F. Vassalli-F.P. Luiso-E. Gabrielli (diretto da), Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, Giappichelli, Torino, 2014, III, p. 791; E. Frascaroli Santi, Procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio, in F. Vassalli, F.P. Luiso e E. Gabrielli (diretto da), Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, IV, Giappichelli, Torino, 2014, p. 581.
[8] 
Vivaci critiche si erano sollevate già con riguardo all’esdebitazione di cui all’art. 142 L. fall., anche in punto di legittimità costituzionale dell’istituto: G. Scarselli, La esdebitazione della nuova legge fallimentare, in Dir. fall., 2007, p. 31; E. Norelli, L’esdebitazione, in M. Fabiani-A. Patti (a cura di), La tutela dei diritti nella riforma fallimentare, Ipsoa, Milano, 2006, 256; G. Costantino, La esdebitazione, in Foro it., 2006, V, c. 210. Per un quadro generale delle questioni implicate dall’esdebitazione si veda: L. Ghia, L’esdebitazione. Evoluzione storica, profili sostanziale, procedurali e comparatistici, Ipsoa, Milano, 2008.
[9] 
In questo senso: G. D’Amico, Il sovraindebitamento nel Codice della crisi e dell’insolvenza, in Contratti, 2019, p. 329, il quale afferma che: “Sempre nell’art. 278 del Codice troviamo, al comma 3, una prima novità nella disciplina dell’esdebitazione, che consiste nell’estensione del beneficio anche alle società, come si ricava dal fatto che la norma dispone che “possono accedere all’esdebitazione… tutti i debitori di cui all’art. 1, comma 1”. Per l’innanzi, invero, si riteneva che l’esdebitazione potesse riguardare soltanto le persone fisiche, atteso che per le società la chiusura del fallimento dovrebbe comportare l’estinzione della società stessa”; in tema si veda anche: L. Stanghellini, Il codice della crisi d’impresa: una primissima lettura (con qualche critica), in Corr. Giur., 2019, 451, che evidenzia come l’esdebitazione sia stata “curiosamente estesa alle società”.
[10] 
Sono le testuali parole della relazione di accompagnamento al D.D.L.
[11] 
Si tratta di una forma di esdebitazione con caratteri marcatamente innovativi rispetto alla disciplina contenuta nell’art. 142 della legge fallimentare che ha costituito il modello per l’attuale disciplina prevista dall’art. 14 terdecies della legge n. 3 del 2012.
[12] 
Legge n. 18 dicembre 2020, n. 176, in G.U. 24 dicembre 2020, n. 319, suppl. ord. n. 43 recante: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19”.
[13] 
E. Migliaccio, L’esdebitazione. Brevi spunti interpretativi e applicativi in attesa della cd. “Riforma Rordorf”, in Giustiziacivile.com, 2017, p. 1.
[14] 
La mala fede tendenzialmente prodromica e rilevante nel momento della contrazione del debito; la frode normalmente operante nel corso della procedura sia nelle fasi precedenti che in quelle successive all’ammissione. 
[15] 
Esorbitante rispetto al sistema appare la previsione (art. 9, comma 1, lett. m) di attribuire anche ai creditori e al pubblico ministero l’iniziativa per la conversione in procedura liquidatoria, nei casi di frode o inadempimento: infatti, non si comprende la necessità di una tutela pubblicistica rispetto ai casi di insolvenza civile, con un ulteriore ampliamento dell’attività dei P.M. già oberati di lavoro, come, ad esempio, già accaduto in tema di divorzio “semplificato”.
[16] 
Si veda: Trib. Milano, 18 novembre 2016, il quale ha affermato che: “La disciplina della composizione della crisi da sovraindebitamento, come parte della dottrina non ha mancato di evidenziare, appare essere in controtendenza rispetto alle scelte operate dal legislatore in materia di concordato preventivo, essendo il tribunale chiamato a più riprese e sotto diversi profili a verificare la meritevolezza del soggetto sovraindebitato. Lo dimostra la previsione secondo cui l’O.C.C. deve indagare sulle cause dell’indebitamento, sulla diligenza del debitore nell’assunzione delle obbligazioni, sulle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere alle obbligazioni assunte, sull’attendibilità della documentazione allegata all’atto introduttivo delle procedure, sulla solvibilità del debitore negli ultimi cinque anni e dunque, in sintesi, sulla condotta tenuta dal debitore nel periodo antecedente l’accesso alla procedura. In questo contesto si colloca anche l’aver imposto al debitore di fornire l’elenco degli atti dispositivi degli ultimi cinque anni, si che l’O.C.C. possa valutarli e l’aver condizionato l’ammissibilità del piano del consumatore, dell’accordo di composizione della crisi e della liquidazione dei beni come prevista dall’art.14 ter della legge, all’accertamento da parte del giudice, senza necessità di sollecitazione alcuna, della mancanza di atti di disposizione patrimoniale di natura fraudolenta posti in essere dal debitore, che, se esistenti, lo rendono immeritevole dei vantaggi che derivano dal buon esito della procedura indipendentemente dalla loro idoneità decettiva. Lo conferma il fatto che l’esistenza di atti di frode rende inammissibile sia l’accordo, che richiede una manifestazione di volontà da parte dei creditori, sia il piano del consumatore e la procedura di liquidazione dei beni, che non necessitano invece dell’adesione del ceto creditorio. Sarebbe infatti irragionevole ritenere che la medesima espressione – atti di frode – che ricorre sia nell’art.10 che negli artt. 12 bis e 14 quinquies della legge in esame vada interpretata diversamente a seconda che sia formulata una proposta di accordo o il debitore faccia ricorso ad una delle altre procedure previste dalla medesima legge”.
[17] 
In questo modo risulterà preferita dai soci illimitatamente responsabili la procedura di accordo rispetto a quella di liquidazione dei beni nella quale risultano coinvolti loro malgrado tutti i soci anche con il loro patrimonio personale.
[18] 
Si veda al riguardo: Trib. Napoli Nord, 26 marzo 2021, il quale ha affermato che: “La finalità perseguita dal legislatore con il giudizio di meritevolezza è quella di bilanciare il diritto dei creditori con la risoluzione dello stato di sovraindebitamento del debitore, bilanciamento che si risolve, tramite il criterio del minor sacrificio tra i beni contrapposti, nel riconoscere la meritevolezza del debitore salvo il caso in cui sia stato in mala fede nel momento della stipula del contratto di finanziamento ovvero, in una fase precedente o nel corso della procedura, abbia compiuto atti in frode ai creditori”.
[19] 
Si veda al riguardo: Trib. Verona, 5 Febbraio 2021, il quale ha affermato che “Una lettura eccessivamente rigorosa dei requisiti di accesso richiesti dalla L. 3/2012 porta inevitabilmente a limitarne l’accesso alle procedure ai soli casi in cui il sovraindebitamento sia frutto di fatti del tutto sopravvenuti e imprevedibili. Tale lettura, invero, non pare tener conto della ratio nella norma in esame e dell’esigenza, ad essa sottesa, di consentire l’esdebitazione anche al consumatore che non può accedere alle altre procedure concorsuali né tiene conto del fatto che il sovraindebitamento spesso non è un fenomeno istantaneo ma è il frutto di un percorso di graduale indebitamento. Per non restringere eccessivamente la portata della legge del 2012 e nel contempo salvaguardare i contrapposti interessi del ceto creditorio, l’esame della meritevolezza può essere incentrato sull’indebitamento iniziale e, poi, sui motivi che hanno portato il consumatore a contrarre ulteriori debiti, alla luce delle novità introdotte dalla L. 176/2012. La valutazione di convenienza del piano del consumatore rispetto all'alternativa liquidatoria va effettuata non con riferimento al credito vantato da un singolo creditore ma all'intera massa passiva”.
[20] 
L. Modica, Effetti esdebitativi (nella nuova disciplina del sovraindebitamento) e favor creditoris, cit., p. 476.
[21] 
Rubricato “Verifica del merito creditizio”, il quale recita: “Prima della conclusione del contratto di credito, il finanziatore valuta il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni adeguate, se del caso fornite dal consumatore stesso e, ove necessario, ottenute consultando una banca dati pertinente. Se le parti convengono di modificare l’importo totale del credito dopo la conclusione del contratto di credito, il finanziatore aggiorna le informazioni finanziarie di cui dispone riguardo al consumatore e valuta il merito creditizio del medesimo prima di procedere ad un aumento significativo dell’importo totale del credito. La Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, detta disposizioni attuative del presente articolo.”. In dottrina: R. Bocchini, Banca e credito: Il profilo di responsabilità nella concessione abusiva del credito. Questo sconosciuto, in A. Brozzetti (a cura di), Studi di diritto e legislazione bancaria, Riflessioni su banche ed attività bancaria, immaginando il “futuribile”, Milano, 2016; C. Poli, La meritevolezza del debitore-consumatore e l’inadempimento del creditore all’obbligo di valutare il merito creditizio, in Corti fiorentine, 2018, p. 27; A. Nigro, La responsabilità delle banche nell’erogazione del credito alle imprese in crisi, in Giur. comm., 2011, p. 305; F. Di Marzio, Sulla fattispecie “concessione abusiva di credito”, in Banca borsa e tit. cred., 2009, p. 382; S. Fortunato, La concessione abusiva di credito dopo la riforma delle procedure concorsuali, in Fallimento, 2009, p. 168.
[22] 
Trib. Napoli Nord, 18 maggio 2018, in ilcaso.it, il quale afferma che: “È meritevole di accoglimento, perché non ravvisabile la colpevolezza dell’indebitamento, il piano del consumatore avente ad oggetto debiti contratti per far fronte alle esigenze del numeroso nucleo familiare”.
[23] 
In questo senso: Trib. Napoli, 12 ottobre 2016, il quale ha negato l’omologazione del piano a fronte del comportamento tenuto dal consumatore, in particolare, la sentenza afferma che: “Ed infatti, il F. è stato licenziato il 6 marzo 2013 (cfr. all. n. 5 del piano del consumatore). Nella lettera si legge “come a lei noto, gli ultimi mesi hanno fatto registrare, a causa di una pluralità di ragioni, una marcata contrazione delle vendite, a tanto va aggiunto il mancato incasso di parte di crediti maturati nei confronti degli enti pubblici”. Il F., quindi, era consapevole, quando (con singolare coincidenza cronologica) ha contratto in data 30 gennaio 2013 con la C., il finanziamento di € 29.984,26, che di lì a poco sarebbe stato licenziato. Né alcuna influenza, (in assenza di una espressa sanzione civilistica collegabile all’inadempimento del citato obbligo) sulla validità del contratto o sulla responsabilità patrimoniale del debitore, può avere la positiva valutazione del merito creditizio ex art. 124 bis TUB”.
[24] 
In questo senso si è espresso il Trib. Napoli, 21 ottobre 2020, il quale ha affermato che “un ruolo fondamentale – per far propendere all’omologa del piano – è stato svolto dalle società di finanziamento per quanto atteneva alla valutazione del c.d. merito creditizio ex art. 124-bis TUB per cui è da ritenersi sussistere la meritevolezza, sul presupposto che le banche hanno continuato a finanziare il debitore istante, tenuto conto della regola di cui all’art. 124-bis del Testo Unico Bancario, che imponeva alle stesse la verifica del merito creditizio”.
[25] 
Rubricato “Verifica del merito creditizio”, il quale recita: “Prima della conclusione del contratto di credito, il finanziatore valuta il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni adeguate, se del caso fornite dal consumatore stesso e, ove necessario, ottenute consultando una banca dati pertinente. Se le parti convengono di modificare l’importo totale del credito dopo la conclusione del contratto di credito, il finanziatore aggiorna le informazioni finanziarie di cui dispone riguardo al consumatore e valuta il merito creditizio del medesimo prima di procedere ad un aumento significativo dell’importo totale del credito. La Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, detta disposizioni attuative del presente articolo”.
[26] 
In questo senso si veda: Trib. Torino, 22 novembre 2019 e confermato in sede di reclamo 5 febbraio 2020, il quale ha affermato che: “alla luce degli atti e dei documenti di causa risulta confermato che i debitori abbiano fatto un ricorso al credito evidentemente sproporzionato rispetto alla loro capacità reddituale ed alla consistenza del loro patrimonio, nella consapevolezza che la società garantita non avrebbe onorato le obbligazioni assunte e che, conseguentemente, essi stessi sarebbero stati chiamati a pagare i debiti garantiti, senza avere gli strumenti finanziari e patrimoniali per poterlo fare; - è integrata, dunque, la causa ostativa all’esdebitazione prevista dall’art. 14-terdecies, comma 2, lett. a), L. n. 3/2012, secondo cui “l’esdebitazione è esclusa quando il sovraindebitamento del debitore è imputabile ad un ricorso al credito colposo e sproporzionato rispetto alle sue capacità patrimoniali”; - l’istanza di esdebitazione in esame deve quindi essere respinta”.
[27] 
La modifica è stata introdotta all’art. 282 dall'articolo 31, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 2020 n. 147.
[28] 
F. Platania, La conservazione degli effetti esdebitativi del piano del consumatore nella legge sul sovraindebitamento e nel codice della crisi e dell’insolvenza, in Dirittodellacrisi.it, 19 aprile 2021.
[29] 
Al riguardo non sono mutate le previsioni che individuano la competenza in relazione alla residenza del debitore. 
[30] 
Concesso successivamente all’esdebitazione.
[31] 
A tal fine, la norma ritiene idonea una quantificazione non inferiore a quella indicata al comma 2, vale a dire, in misura pari all’assegno sociale aumentato della metà moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2013, n. 159.
[32] 
In questa sede il legislatore utilizza una locuzione diversa rispetto a quella dell’art. 7, comma 2, lett. d) ter, sostituendo la parola malafede con dolo.
[33] 
Per un’accentuazione critica sul tema si rinvia a: P. Lucci, Piano del consumatore e sovraindebitamento: alcuni profili problematici, in Fallimento, 2016, p. 1293, dove nota che “sovvertendo di autorità o comunque sbilanciando l’assetto degli interessi stabilito dalle parti nell’esercizio della loro autonomia privata, il beneficio accordato ad una parte non solo giunge a produrre, il più delle volte, un ingiustificato pregiudizio dell’altra parte, ma, quasi sempre, potrebbe non risultare neppure risolutivo, posto che i contraenti più forti troveranno sempre il sistema per scaricare su altri soggetti il peso che il legislatore tenta di addossare ad essi. Con circoli viziosi che potrebbero costituire, alla fine, il classico rimedio peggiore del male”.
[34] 
Con riferimento allo scrutinio di meritevolezza nelle procedure di sovraindebitamento di cui alla legge n. 3 del 2012 si vedano: in senso critico anche nella scelta del rito camerale per lo svolgimento delle procedure di sovraindebitamento si esprime: P. Lucci, Il socio illimitatamente responsabile e la composizione della crisi personale da sovraindebitamento, cit., p. 953, il quale afferma che: “già in un precedente contributo avevamo immaginato che l’istituto in esame, anche tenuto conto della scelta legislativa del procedimento camerale, avrebbe prestato il fianco ad una tutela non piena delle posizioni giuridiche degli interessati, a cominciare dai creditori, e, in definitiva, ad incertezze ed oscillazioni applicative, apparendo tale istituto, per sua natura, sganciato dai tradizionali canoni dogmatici ed interpretativi del diritto civile, in favore di valutazioni giurisprudenziali pre-giuridiche, materiali, empiriche, personalistiche e casistiche, quando non smaccatamente paternalistiche. Certo, queste potranno forse essere inevitabili allorché la legge imponga di giudicare, in un’aula di Tribunale, la meritevolezza di tutto un insieme di comportamenti del debitore, e forse anche il suo stesso stile di vita; ma, non di meno, tali valutazioni costituiscono per l’interprete motivo di preoccupazione di ordine sia sistematico, sia in termini di certezza del diritto e di giustizia sostanziale”.
[35] 
In merito al ruolo nomofilattico dei tribunali si veda: M. Rabitti, Il ruolo della Corte di giustizia nel diritto dell’economia, in AGE, 2019, pp. 349-350, la quale acutamente afferma che: “La progressiva “giurisdizionalizzazione” del diritto amplia, come si è detto, la sfera di discrezionalità del giudice chiamato a partecipare direttamente alla creazione della regola del caso concreto. Si delinea così una nuova fisionomia del ruolo del giudice, specie se di grado superiore, che è interprete del diritto ma che è anche tenuto a integrare le regole con funzione nomofilattica, con l’obiettivo di dare uniformità e certezza. È questa, ormai, un’esigenza fortemente avvertita che trova proprio nel rapporto tra crisi della regolazione ed esigenza di attuazione del diritto la propria origine”. 
[36] 
La norma non prevede alcuna preclusione nel caso in cui il riscontro non venga effettuato dal giudice al momento della fissazione dell’udienza ai sensi dell’art. 12 bis, comma 1, della legge in esame, in considerazione del fatto che, il citato comma 1 si limita a stabilire che il giudice, nel fissare l’udienza, debba (limitarsi a) verificare che la “proposta soddisfa i requisiti previsti dagli artt. 7, 8 e 9” e che non siano stati compiuti “atti in frode ai creditori”.
[37] 
La decisione è soggetta a reclamo ai sensi dell’art. 50 CCI. 
[38] 
La previsione è in linea con altre contenute all’interno del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, prime tra tutte, quella dell’art. 6, volte immotivatamente a colpire i compensi dei professionisti che assistono consumatori e imprese all’interno delle procedure concorsuali, deprimendone la professionalità, a tutto discapito degli stessi soggetti che la norma avrebbe voluto tutelare.

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Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

  • - a soggetti che possono accedere ai dati in forza di disposizione di legge, di regolamento o di normativa comunitaria, nei limiti previsti da tali norme;
  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

Il TITOLARE

del trattamento dei dati personali

Società per lo studio del diritto della crisi

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