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I piani di risanamento attestati delle PMI per l’uscita dal lockdown*

Giuseppe Angiolillo, Avvocato in Mantova

3 Maggio 2020

*Contributo estratto da Dalla Crisi all’emergenza: strumenti e proposte Anti-Covid al servizio della continuità d’impresa, 2020, ebook presente in versione integrale nella sezione La Rivista/Speciali
L’Autore si sofferma sulle potenzialità del sottovalutato strumento del piano ex art. 67, comma 3, lett. d), L. fall. (PRA). L’angolo di visuale è quello della piccola o media impresa (PMI) in crisi, eppure dotata di assets aziendali con margini operativi interessanti. L’accesso alle moratorie convenzionali e a quelle stabilite dalla legislazione emergenziale disegna per l’istituto nuove prospettive operative a fronte dell’emergenza da Covid 19.
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1 . Premessa
Scopo del presente lavoro è quello di esaminare l’impatto dell’emergenza sanitaria Covid19 e della relativa normativa speciale d’emergenza sulla disciplina della crisi di impresa, con particolare riferimento ai piani di risanamento attestati previsti dall’art. 67, comma 3, lett. d), L. fall. (di seguito: PRA) [1].
Il tutto, nell’ottica dimensionale della piccola o media impresa (PMI), ancora in bonis, ma che, a causa dell’emergenza sanitaria, vede profilarsi la crisi. 
Si ritiene in sostanza opportuno adottare una sorta di “triage di emergenza”, concentrandosi sulla tutela delle imprese sane o che, pur essendo in crisi, siano tuttavia dotate di assets aziendali aventi margini operativi interessanti e, quindi, suscettibili di utile risanamento o collocazione sul mercato.
Lo strumento prescelto, il PRA, collocandosi al di fuori del novero delle procedure concorsuali, consente di prescindere dalle formalità caratteristiche della giurisdizione, focalizzando così l’obiettivo al puro risanamento ed appare, dunque, caratterizzato da una maggiore elasticità e semplicità.
Infatti, il presupposto soggettivo d’impiego del piano di risanamento è costituito dalla mera condizione di imprenditore commerciale soggetto a fallimento ai sensi dell'art. 1 L.fall.. 
Sul versante dei presupposti oggettivi il PRA, non essendo una procedura “concorsuale” in senso stretto, non presenta, nel quadro dell'art. 67,  comma 3 lett. d) L. fall., alcun presupposto oggettivo di ammissibilità. Tale conclusione è stata ribadita dall’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 110/E/2018. La norma, infatti, nel riferirsi a un progetto industriale suscettibile di risanare e a riequilibrare la situazione economico-finanziaria dell'impresa, tratteggia una figura negoziale assimilabile a un atto di gestione interno alla sfera dell’imprenditore [2].
Il punto di partenza è la constatazione, fatta propria da tutti i commentatori, del pesante impatto dannoso della pandemia COVID-19 sull’economia, il cui peso sarà inversamente proporzionale alla rapidità di attuazione delle misure di contenimento del virus ed alla quantità di liquidità che verrà destinata al sostegno delle imprese [3].
Un’analisi svolta dal Cerved [4] a metà marzo 2020 sulle aziende italiane ipotizza un duplice scenario: 
1) fine dell’emergenza COVID a maggio 2020 e inizio della ripresa all’inizio del 2021: la perdita di volume d’affari è stimata in 275 miliardi di euro; 
2) fine dell’emergenza COVID a dicembre 2020: la perdita di volume d’affari è stimata in 641 miliardi di euro, di cui 469 miliardi nel 2020 e 172 nel 2021.
Trattasi ovviamente di stime [5], che non hanno pretesa di precisione; tuttavia emerge, chiaramente, che la emergenza sanitaria avrà un impatto pesantissimo sul sistema economico.
Va al riguardo sottolineato che, per quanto la problematica sia ascrivibile alla pandemia in corso e non necessariamente a fattori interni all’impresa, l’esigenza di un piano di ristrutturazione/risanamento aziendale deriva comunque da:
a) incapacità di generare positivi flussi di cassa, a causa della eccessiva perdita di ricavi; 
b) incapacità di fare fronte al fabbisogno finanziario necessario a coprire tutto lo stock di debito dell’impresa.
In entrambi i casi, la ristrutturazione dei debiti può avvenire attraverso:
 i) il riscadenziamento o consolidamento del debito in un periodo più lungo, affinché l’esborso finanziario sia pari alla liquidità di cui può disporre l’impresa; 
ii) nei casi più gravi, lo stralcio dei debiti attraverso accordi con i creditori. 
Partendo da tale constatazione, si esaminerà l’istituto dei PRA sotto un duplice profilo:
· l’uso dei PRA per anticipare la crisi, utilizzando, come leva, le moratorie convenzionali e quelle stabilite dalla legislazione di emergenza e, come risorsa, le erogazioni di sostegno.
· l’impatto dell’emergenza sui PRA in corso di esecuzione.
E’ comprensibile la resistenza psicologica che un approccio di questo tipo è destinato ad incontrare da parte di un imprenditore in bonis: occorre, tuttavia, considerare come un approccio maturo e sensibile alle esigenze dei creditori, evidenziato dall’avvio di un percorso volto alla adozione preventiva di un PRA e ben veicolato sul piano della informativa ai creditori stessi, possa costituire, dal punto di vista dell’immagine, un messaggio sicuramente più tranquillizzante di un inadempimento privo di alcun preavviso e giustificazione accompagnato dalla sensazione di un approccio attendista.
2 . Il PRA come strumento per uscire dall’emergenza
L'art. 67, comma 3, lettera d), L. fall. non si cura di definire il PRA, ma lo ricostruisce, in negativo, nel contesto delle esenzioni dalla revocatoria fallimentare, al cui interno inscrive anche gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore, purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria. Un professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall' 28, lettere a) e b), deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.
Dalla norma affiora, incisivamente, la funzione del PRA, che, per assolvere alla sua funzione “immunizzante”, dev’essere provvisto di pochi ed essenziali requisiti:
 I. idoneità a consentire il risanamento dell'esposizione debitoria dell'impresa;
 II. idoneità a condurre al riequilibrio della situazione finanziaria dell'impresa;
 III. ragionevolezza, asseverata mediante apposita relazione da parte di un esperto in possesso dei requisiti previsti dall' 28, lettere a) e b) L. fall.
Al netto di queste scarne prescrizioni, il PRA è slegato da un contenuto minimo ulteriore ed il suo intrinseco vantaggio è costituito proprio da questo: nessuna formalità, nessuna struttura dettagliata, né procedimentalizzazioni avuto riguardo alla sua elaborazione e redazione.
Nonostante tali vantaggi, è oggettiva la constatazione della scarsa diffusione dei PRA, rispetto ad altre più complesse procedure.
Tale scarso successo è, probabilmente, legato a vari fattori [6].
Va considerata, anzitutto, la tardività con la quale, di regola, l’imprenditore riesce a percepire ed a fare emergere la propria stessa crisi. 
Quale strumento tipicamente anticipatorio, l’uso del PRA presuppone, infatti, la capacità di individuare gli indicatori della crisi con largo anticipo, al fine di predisporre un piano di risanamento in grado di porvi rimedio [7].
Il PRA costituisce, cioè, uno strumento di prevenzione della crisi che presuppone “maturità” imprenditoriale e senso di responsabilità verso i creditori.
Al contempo, numerosi altri inconvenienti hanno limitato la diffusione dei PRA. 
Fra questi, la necessità, non giuridica[8], ma pratica, di una interlocuzione con i creditori, spesso resa difficoltosa dal loro numero elevato, dal fatto che molti sono sprovvisti delle competenze per partecipare consapevolmente alle trattative (magari per la esiguità del loro credito, che rende antieconomico farsi assistere da professionisti) o dalla circostanza (direttamente collegata alla tardività di intervento) che gli stessi creditori sono ormai resi diffidenti e timorosi da una situazione di inadempimento che si protrae da tempo.
Vanno poi considerati i costi della predisposizione di un PRA[9], che richiede la compresenza, accanto alle figure classiche degli advisors legali e contabili, di competenze aziendalistiche di alto profilo specialistico.
A ciò, si aggiunge la mancanza di quella moratoria d’imperio delle azioni (stand still) che, invece, è tipica delle forme giudiziali di composizione della crisi d’impresa.
Nei PRA, infatti, la moratoria deve essere concordata e, a tal fine, aiuta solo parzialmente (anche se non in modo irrilevante) la possibilità di ricorrere alle convenzioni di moratoria di cui all’art. 182 septies, comma 5, L. fall.
Tuttavia, come si vedrà, nel quadro normativo emergenziale, l’uso della convenzione di moratoria potrebbe essere rivalutato e costituire uno snodo cruciale per approcciare la soluzione della crisi.
Val quindi la pena di sottolineare, fin d’ora, come tale istituto, squisitamente sostanziale e dotato di vita autonoma, non avendo come collocazione necessaria le procedure concorsuali o gli altri istituti tipici della legge fallimentare, può trovare applicazione anche a presidio delle trattative finalizzate alla adozione di un PRA.
Inoltre, a differenza di quanto prevede il primo comma dell’art. 182-septies per gli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari, l’uso della convenzione di moratoria non richiede il requisito della prevalenza del debito verso banche e intermediari finanziari rispetto alla totalità dell’indebitamento dell’impresa in crisi.
Ciò consente il suo uso anche nei casi in cui il debito verso banche e intermediari finanziari non sia prevalente rispetto all’indebitamento complessivo dell’impresa in crisi.
L’esame dello strumento del PRA quale modalità di approccio alla crisi sanitaria da parte degli imprenditori, non può non partire dalla constatazione della singolarità della situazione in cui oggi versiamo.
Come premesso, si sta ipotizzando una impresa che si presenta in bonis al punto zero dell’emergenza.
Tale impresa ideale si trova, rispetto alla tradizionale situazione di chi adotta uno strumento di risoluzione della crisi, in una condizione di relativo vantaggio, in quanto la sua crisi:
 I. è ancora ”prospettica”;
 II. è esogena, cioè non deriva da fattori interni all’impresa ed è prevedibile con un certo anticipo;
 III. dispone di strumenti di natura straordinaria messi a disposizione dall’ordinamento. 
2.1 . La crisi prospettica
Il primo profilo richiama alla mente, sia pure nella prospettiva particolarissima legata alla natura esogena dello shock imprenditoriale, la fattispecie di “insolvenza prospettica” che, delineata dal nuovo codice della crisi d’impresa [10], è stata esaminata, per la prima volta alla luce del diritto vigente, da una recente pronuncia del Tribunale di Milano [11].
La questione riguardava una istanza di fallimento in cui il procedente formulava una tesi (subordinata), secondo la quale, ove l’insolvenza non fosse stata ritenuta sussistente, la stessa avrebbe potuto assumere rilievo in prospettiva, essendo imminente.
Il Tribunale, che pure respingeva l’istanza in mancanza di inadempimenti o di altri fatti sintomatici di uno stato di insolvenza, esaminava tuttavia in modo assai acuto il tema dell’insolvenza prospettica [12].
La base di partenza era l’affermazione che: «le procedure vanno intese non come semplici rimedi ex post a situazioni dannose, al pari delle revocatorie ad esempio, ma, soprattutto nella loro evoluzione necessitata dall’orientamento delle direttive europee, come strumento di emersione tempestiva della crisi per ridurre al minimo l’impatto della stessa ed il pregiudizio delle ragioni creditorie». 
Secondo il Tribunale, nel caso in cui la crisi sia solo intrinseca e ancora non si sia manifestata, come fatto esterno, con inadempimenti o altri fatti esteriori, occorre distinguere tra:
 I. situazioni di vera e propria crisi;
 II. vera e propria insolvenza prospettica, il cui accertamento deve necessariamente riguardare un periodo di tempo più ampio, che il CCI fissa in sei mesi [13].
Chiarito dunque che, nella fattispecie al suo esame, non vi erano manifestazioni esteriori atte a far ritenere la società «prospetticamente insolvente a breve», il Collegio evidenziava, tuttavia, l’esistenza di apprezzabili segnali che inducevano a ritenere probabile l’insorgenza di una: «crisi che in prospettiva ha caratteristiche importanti e che potrebbero divenire molto gravi».
Pertanto, concludeva “raccomandando” all’organo amministrativo e, in via sussidiaria, al collegio sindacale, «di attivarsi senza indugio per l’adozione o l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi ed il recupero della continuità aziendale e che la dizione dell’articolo appare coerente colla situazione esistente».
La disamina svolta dal Tribunale di Milano offre, sia pure nella differente ottica emergenziale, in cui il rischio di crisi è esogeno e non endogeno, spunti interpretativi anche alle fattispecie in esame, che riguardano imprenditori ancora in bonis i quali, tuttavia, percepiscono in modo inequivocabile l’imminenza della crisi determinata dalla emergenza sanitaria in corso.
Pur operando più sul piano dello spirito applicativo che su quello tecnico,  particolare rilievo assume la premessa da cui parte il Tribunale circa la funzione delle procedure di soluzione della crisi, da cui va espunto ogni approccio sanzionatorio, per abbracciare con decisione l’idea che gli strumenti (tutti) previsti dalla legislazione sull’insolvenza di impresa hanno la funzione di far emergere ed affrontare la crisi nell’interesse dei creditori dell’impresa e, più in generale, dell’economia. 
Posto in questi termini il problema, la conclusione logica è che, per affrontare l’emergenza, raccogliere la raccomandazione del Tribunale di Milano e adottare tempestivamente strumenti, il più possibile agili, di approccio e prevenzione della crisi costituisce la soluzione di certo più razionale.
2.2 . La crisi esogena e prevedibile
Una impresa che approccia la crisi “in bonis”, al fine dell’accesso alle misure emergenziali di cui appresso, come precisato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze [14], è quella priva di posizioni debitorie classificate come esposizioni deteriorate, ripartite nelle categorie: “sofferenze”, “inadempienze probabili”, “esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate” (in particolare, l’imprenditore non deve avere rate scadute, ossia non pagate, o pagate solo parzialmente, da più di 90 giorni).
Tale impresa ha oggi un punto d’osservazione privilegiato sulle proprie prospettive di crisi e, dunque, è in grado di adottare tempestivamente adeguati strumenti di approccio alla stessa.
La crisi, inoltre, ha caratteristiche esogene, non derivando da problematiche interne: di regola, una realtà aziendale sana, al suo interno è dotata degli anticorpi necessari per adottare efficacemente gli strumenti di contenimento e, all’esterno, gode della fiducia dei finanziatori e dei fornitori.
Si trova, dunque, nella posizione di poter tempestivamente individuare, in vista delle previsioni di calo di fatturato e di un quadro generale di crisi, un piano di risanamento che gli consenta di superare la crisi, sfruttando efficacemente a proprio vantaggio gli strumenti che la legislazione ordinaria e dell’emergenza gli mette a disposizione.
2.3 . Gli strumenti della legislazione di emergenza
La legislazione dell’emergenza contiene una vasta gamma di provvedimenti temporanei, tra cui vanno posti sinteticamente in evidenza i seguenti.[15]
Per le Microimprese e per le Piccole e Medie imprese, che siano considerate in bonis e che abbiano subito carenze di liquidità a causa della emergenza Covid19[16], viene concessa una moratoria straordinaria dei prestiti e delle linee di credito concesse da banche e intermediari finanziari, di portata assai ampia e neppure immaginabile con il ricorso alle convenzioni di moratoria di cui all’art. 182-septies, comma 5, L. fall..
Infatti, l’art. 56 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (Cura Italia), prevede al comma 2, a richiesta dei soggetti finanziati che abbiano i requisiti di microimpresa, piccola e media impresa [17], aventi sede in Italia, che: 
“a) per le aperture di credito a revoca e per i prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti esistenti alla data del 29 febbraio 2020 o, se superiori, a quella di pubblicazione del presente decreto, gli importi accordati, sia per la parte utilizzata sia per quella non ancora utilizzata, non possono essere revocati in tutto o in parte fino al 30 settembre 2020; 
 b) per i prestiti non rateali con scadenza contrattuale prima del 30 settembre 2020  i  contratti  sono  prorogati,  unitamente  ai rispettivi elementi accessori[18] e senza alcuna formalità, fino al 30 settembre 2020 alle medesime condizioni; 
 c) per i mutui e gli  altri  finanziamenti  a  rimborso  rateale, anche perfezionati  tramite  il  rilascio  di  cambiali  agrarie[19],  il pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza prima del 30 settembre 2020 è sospeso sino al 30 settembre 2020  e  il  piano  di rimborso  delle  rate  o  dei  canoni  oggetto  di   sospensione è dilazionato,  unitamente  agli  elementi  accessori  e  senza  alcuna formalità, secondo modalità che assicurino  l'assenza  di  nuovi  o maggiori oneri per entrambe  le  parti;  è  facoltà  delle  imprese richiedere di sospendere soltanto i rimborsi in conto capitale.”
Va anzitutto premesso che, come specificato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze [20], possono ricorrere alle moratorie anche le imprese che hanno già ottenuto misure di sospensione o ristrutturazione dello stesso finanziamento nell’arco dei 24 mesi precedenti.
Venendo all’esame della disposizione, appare subito evidente il maggior beneficio della moratoria prevista dalla norma in commento rispetto a quanto l’imprenditore può ottenere, anche nella ipotesi più favorevole, da una convenzione di moratoria quale prevista dall’art. 182 septies, comma 5, L. fall.
Anzitutto, la moratoria prevista dalla normativa speciale opera a semplice richiesta e senza le formalità e le maggioranze di cui all’art. 182 septies L. fall.
In secondo luogo, gli effetti che ne derivano sono di portata ben più ampia:
 I. l’estensione della convenzione di moratoria ai creditori non aderenti opera solo in presenza di omogeneità di posizione giuridica e interesse economico dei creditori che si intendono coartare, rispetto a quelli aderenti alla convenzione: omogeneità che difficilmente potrà dirsi sussistente, ad esempio, tra posizioni di semplice scoperto chirografario e posizioni ipotecarie;
 II. nelle convenzioni di moratoria, non è coercibile, per espressa previsione di legge, il mantenimento delle linee di credito, che invece è previsto espressamente dalla disposizione emergenziale, anche con riferimento alle linee auto-liquidanti;
 III. di regola, in considerazione del fatto che la mancata estensione della moratoria ad uno o più creditori non aderenti potrebbe mettere in pericolo il fabbisogno finanziario, le convenzioni prevedono clausole di scioglimento dagli impegni per l’ipotesi in cui, per fatto del debitore o per l’opposizione spiegata dai creditori, venga meno il vincolo per i creditori non aderenti: evidentemente, tale rischio è del tutto sconosciuto alla norma emergenziale;
 IV. infine, le convenzioni di moratoria non si estendono automaticamente alle posizioni dei garanti, come invece dispone la legislazione emergenziale.
Dunque, l’imprenditore che intenda predisporre un PRA, oggi, si troverebbe verosimilmente nelle condizioni di poterlo fare in situazione di moratoria bancaria, con le linee di credito operative e con la prospettiva di conseguire finanziamenti a garanzia pubblica.
Ma è proprio in questo quadro che le convenzioni di moratoria possono ritrovare spazio di espansione.
È infatti evidente come una moratoria legale di così ampia portata sia destinata, inevitabilmente, a stimolare il ceto dei finanziatori ad accettare la negoziazione di una convenzione a sé più favorevole, ma con il vantaggio, per l’imprenditore, a fronte delle concessioni fatte al ceto bancario rispetto al modello legale di sospensione, di poter estendere la convenzione, raggiunte le maggioranze necessarie, a tutto il ceto creditorio.
A tal fine, è sintomatico rilevare come gli istituti di credito stiano predisponendo convenzioni ad hoc da proporre ai clienti finanziati [21].
Sul piano dei debiti non bancari, appare poi di rilievo il disposto dell’art. 3, comma 6 bis, del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6: “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità̀ del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.” 
La norma stabilisce, in sostanza, che il mancato o il ritardato pagamento, che sia conseguenza delle misure disposte per il contenimento dell’epidemia, deve ritenersi giustificato e che, conseguentemente, da tale inadempimento non possono conseguire effetti pregiudizievoli per il debitore.
Sebbene tale disposizione non possa considerarsi introduttiva di una vera e propria moratoria, è evidente che la stessa è in grado di prevenire, almeno in parte, le tipiche azioni che possono ostacolare le trattative volte alla condivisione del PRA con i creditori (iscrizioni ipotecarie, sequestri, sfratti per morosità, istanze di fallimento fondate su inadempimenti riconducibili a causa di forza maggiore ai sensi della citata disposizione).
Sotto altro profilo, vengono in rilievo le disposizioni straordinarie relative alla perdita del capitale delle società, introdotte dall’art. 6 del D.L. 8 aprile 2020, n. 23.
Tale norma dispone che, per le fattispecie che si verificano nel corso degli esercizi chiusi nel periodo dalla entrata in vigore del decreto (9.4.2020) al 31.12.2020, non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482 bis, commi 4, 5, 6 e 2482 ter c.c.
Con riferimento alla riduzione del capitale sotto al minimo legale, nulla quaestio: se si verifica tale eventualità nel corso degli esercizi chiusi nel periodo di riferimento, non opereranno gli obblighi previsti dagli artt. 2447 e 2482 ter c.c.
Con riferimento alla riduzione di oltre un terzo, ma senza violazione del minimo legale, il mancato richiamo del primo comma dell’art. 2446 c.c. e dei primi tre commi dell’art. 2482 bis c.c., e la limitazione temporale agli esercizi chiusi tra il 9 aprile ed il 31 dicembre 2020, fa ritenere che la fattispecie di riferimento sia quella in cui nell’esercizio immediatamente precedente al periodo 9.4.2020/31.12.2020 si sia già verificata una diminuzione del capitale sociale di oltre un terzo e la stessa non risulti diminuita a meno di un terzo nell’esercizio che si conclude entro il periodo indicato. 
In tali ipotesi, il D.L. 23/2020, dispone che non si applica l’obbligo di ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate, né, in caso di riduzione al di sotto del minimo legale, l’alternativa tra ricostituzione e trasformazione della società. 
Viceversa, nell’ipotesi in cui la perdita superiore al terzo (ma nei limiti del minimo legale) si verifichi, per la prima volta, nel corso dell’esercizio chiuso nel periodo di riferimento, resteranno fermi gli obblighi previsti dal primo comma dell’art. 2446 c.c. e quelli previsti dai primi tre commi dell’art. 2482-bis c.c.: quindi dovrà essere convocata l’assemblea per gli opportuni provvedimenti, con le relazioni e le formalità previste dalle citate disposizioni.
Ad ulteriore agevolazione della continuità aziendale, l’art. 7 del D.L. 23/2020 dispone che la valutazione delle voci nella prospettiva di continuità, di cui all’art. 2423-bis comma primo, n. 1 c.c., può, comunque, essere operata se risulta sussistente nell’ultimo esercizio chiuso in data antecedente il 23 febbraio 2020.
Infine, l’art. 8 del D.L. 23/2020 dispone che ai finanziamenti effettuati a favore delle società responsabilità limitata (e, ove si segua l’interpretazione di larga parte della giurisprudenza di legittimità, sia pure ricorrendo determinate condizioni [22] anche delle società per azioni), nonché ai finanziamenti effettuati nell’ambito delle attività di direzione e coordinamento societario, non si applica la postergazione prevista dagli artt. 2467 e 2497-quinques c.c.
Tali disposizioni, da un lato, consentono agli amministratori ed agli organi di controllo di svolgere con serenità l’attività di ristrutturazione. 
La disapplicazione della postergazione, dall’altro lato, consente ai soci o ai soggetti in posizione di controllo di finanziare il PRA, immettendo liquidità nella società, con il vantaggio di poter selezionare liberamente la tipologia di finanziamento, a tutto beneficio della elasticità del piano prescelto.
L’ulteriore filone di disposizioni di aiuto emergenziali a disposizione delle imprese si snoda in due macrosettori di intervento:
1) Ammortizzatori sociali
Il D.L. 18/2020, prevede tre linee di intervento in materia di ammortizzatori sociali per le aziende in difficoltà a causa del Coronavirus [23]:
- nuova cassa integrazione ordinaria ma conteggiata oltre i limiti di legge, anche per le aziende che stanno già utilizzando trattamenti di integrazione straordinari;
- fondo di integrazione salariale rafforzato per aziende con più di 5 dipendenti, escluse dalla CIGO, anche per chi utilizza assegni di solidarietà;
- cassa integrazione in deroga per le aziende non coperte dalle misure precedenti, quindi senza limitazioni nel numero di dipendenti.
In tutti casi, il periodo massimo previsto è di nove settimane e le modalità di accesso sono semplificate. La causale COVID-19 permette l’applicazione degli ammortizzatori in deroga alla normativa generale e, tra l’altro, consente:
- di non tenere conto delle nove settimane ai fini del conteggio dell'utilizzo massimo degli ammortizzatori sociali nel biennio e nel quinquennio;
- di essere esentati dal pagamento della contribuzione aggiuntiva che scatta di norma quando si accede a questi strumenti.
2) Finanziamenti a garanzia pubblica
Le garanzie statali sui prestiti bancari costituiscono uno snodo centrale del decreto-legge 8.4.2020 n. 23 (c.d. “decreto liquidità”). 
I canali d’accesso a tali finanziamenti sono due: 
- la società pubblica SACE (Cassa Depositi e Prestiti), soprattutto per le imprese più grandi; 
- il Fondo di garanzia per le PMI (Mediocredito Centrale e Ministero dello Sviluppo) che è rivolto principalmente a imprese fino a 499 dipendenti [24]. 
Tralasciando, per ragioni di spazio e coerenza di trattazione, i prestiti SACE, il finanziamento garantito dal Fondo PMI ha le seguenti caratteristiche di base:
- la garanzia di base del Fondo copre il 90% dell’importo del finanziamento; 
- l’importo garantito potrà arrivare sino 5 milioni di euro; 
- i finanziamenti avranno durata massima di 6 anni;
- l’istruttoria per il rilascio è alleggerita [25].
Tali regole generali hanno le seguenti eccezioni: 
1) finanziamenti fino a 25.000 euro e non oltre il 25% dei ricavi: 
- la garanzia è del 100%;
- non c'è valutazione del merito creditizio, ma il prestito viene erogato in base ad una autocertificazione sui ricavi; 
- la restituzione è in sei anni, con inizio del rimborso non prima di due anni;
- possono essere erogati anche ai lavoratori autonomi;
- il tasso di interesse è rapporto al Rendistato [26] con una maggiorazione dello 0,2% [27].
2) finanziamenti coperti da garanzia rilasciata dal Fondo PMI per il 90%, qualora l’ulteriore 10% sia garantito da consorzi fidi privati, cui l’impresa possa avere accesso:
- sono erogabili solo ad imprese (non quindi ad autonomi) con una forza lavoro fino a 499 dipendenti, che abbiano ricavi fino a 3,2 milioni e comunque entro il 25% del fatturato [28]; 
- la garanzia complessiva è del 100%;
- l’impresa deve autocertificare i danni da Covid-19;
- non è previsto un tasso minimo (cap) né una durata massima del rimborso.
L’importanza della copertura penale e civile, garantita dal PRA all’imprenditore ed ai suoi finanziatori, risulta evidenziata chiaramente dalla considerazione che, al di fuori di un rigoroso piano attestato, l’uso del finanziamento garantito dallo Stato – il cui eventuale credito di rivalsa, che sorge nell’eventualità in cui la banca garantita lo escuta, è assistito da privilegio[29] - potrebbe costituire uno strumento ad elevato rischio sia di tenuta civilistica che di responsabilità penale per i titolari delle posizioni di garanzia, soprattutto se rivolto, direttamente o indirettamente, alla copertura di pregresse posizioni chirografarie[30].
Va rilevato, infine, che, per i soli PRA “presentati” successivamente al 31.12.2019, l’art. 13 , comma 1, lett. g, del D.L. 23/2020 ammette alla garanzia del Fondo per le PMI, anche le imprese: “ ...che, in data successiva al 31 dicembre 2019, sono state ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale di cui all'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, hanno stipulato accordi di ristrutturazione ai sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto 267 del 1942 o hanno presentato un piano attestato di cui all’articolo 67 del predetto regio decreto, purché, alla data di entrata in vigore del presente decreto, le loro esposizioni non siano più in una situazione che ne determinerebbe la classificazione come esposizioni deteriorate, non presentino importi in arretrato successivi all'applicazione delle misure di concessione e la banca, sulla base dell'analisi della situazione finanziaria del debitore, possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell'esposizione alla scadenza, ai sensi dell’articolo 47-bis, comma 6, lettere a) e c) del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013”.
La norma è di sicuro interesse, a patto di riuscire a definire il concetto di “presentazione” del PRA. 
Poiché il deposito nel registro delle imprese del PRA è facoltativo ed è effettuato a soli fini fiscali, il termine “presentato” non pare idoneo a riferirsi all’esecuzione di tale pubblicità; più corretto parrebbe far riferimento alla data certa della attestazione del piano.
Appare poi difficile - e con ciò si introduce il paragrafo seguente - comprendere quale sia la ratio dell’esclusione dei PRA “presentati” anteriormente al 31.12.2019.
3 . L’impatto dell’emergenza sui PRA in corso di esecuzione
Occorre ora chiedersi, con riferimento ai PRA che erano in corso di esecuzione al momento dell’insorgenza dell’emergenza sanitaria, quale possa essere l’impatto della crisi prospettica dovuta all’emergenza stessa.
Infatti, la crisi prospettica è in grado di interferire negativamente sulle assunzioni del piano, rendendo non più attuali le relative previsioni.
Ogni PRA, essendo per sua natura rivolto al futuro aziendale, è di norma fondato su ipotesi previsionali di eventi futuri attesi dal management, i quali possono essere:
 I. di realizzazione oggettivamente ragionevole (ho ridotto il personale e mi attendo un risparmio di costi), ed allora si definiscono “previsioni normali” (best-estimate assumptions);
 II. di realizzazione caratterizzata da un grado di aleatorietà significativo, ed allora si definiscono “previsioni ipotetiche” (hypothetical assumptions).
Orbene, l’attestazione di un piano presuppone che vi sia coerenza:
- fra le previsioni del piano e le assunzioni, le quali devono essere ragionevoli;
- fra le previsioni e i dati storici relativi a vendite, produzione, servizi, flussi finanziari, ecc., desunti dai bilanci tramite principi contabili appropriati.
Di regola, i PRA hanno durata pluriennale ed il loro costante monitoraggio costituisce dunque un elemento importante dell’accordo con i creditori.
Ai fini del monitoraggio dell’andamento del PRA, è naturalmente necessario riscontrare a posteriori il concreto verificarsi delle assunzioni e delle previsioni effettive e, quindi, la verifica della effettiva realizzazione delle previsioni di flussi finanziari che il management ha promesso sulla base delle assunzioni.
Generalmente, nell’ambito dei PRA è espressamente prevista una fase di monitoraggio dell’esecuzione del piano, al fine di ridurre il rischio di mancata attuazione e di favorire gli interventi correttivi che si rendessero necessari in fase di esecuzione. 
A tal fine, vengono normalmente individuate, già nel piano, le c.d. “milestones” (risultati parziali misurabili e temporalmente collocati) che dovranno essere raggiunte durante l’esecuzione del piano.
I parametri di riferimento per misurare le prestazioni effettivamente raggiunte sono, normalmente, rappresentati da riferimenti di natura economica, finanziaria e patrimoniale (ricavi, EBITDA, PFN, ecc.), ovvero di natura organizzativa (cambi di strategia commerciale, variazioni nell’organigramma, ecc.). 
Gli impegni contrattuali (“covenant”) stipulati con i finanziatori costituiscono, poi, delle implicite milestones del piano ed il loro rispetto costituisce, dunque, uno strumento indiretto di verifica dell’attuazione del piano.
A tal fine, la rinuncia del creditore a far valere il covenant, potrebbe in concreto avere l’effetto di un meccanismo di aggiustamento: non verificandosi il raggiungimento dell’obiettivo fissato nel covenant, la rinuncia alla clausola da parte del creditore consente al piano di mantenere la sua idoneità [31]. 
Laddove si siano verificati (o siano ragionevolmente prevedibili a breve) significativi scostamenti, sarà necessaria l’elaborazione di una nuova versione del PRA [32]. 
In particolare, la modifica del PRA può essere considerata necessaria: 
· in presenza di uno scostamento rispetto al contenuto ed alle previsioni del Piano, tale da incidere sulla realizzabilità dello stesso, non consentendo il rispetto dei tempi e delle modalità del percorso di superamento della crisi previsti; 
· se lo scostamento non è assorbito da risparmi e/o correttivi e meccanismi di aggiustamento, in quanto non previsti e/o non sufficienti.[33]
Va evidenziato che la prosecuzione nell’esecuzione di un piano non più idoneo al risanamento comporta il venir meno degli effetti di copertura previsti - sul piano civilistico dall’art. 67, comma 3, lett. d) e, sul piano penale, dall’art. 217-bis L. fall. - a tutela tanto del debitore e dei suoi organi di amministrazione e controllo quanto dei creditori. 
Tale copertura è, infatti, subordinata non solo alla presenza dell’attestazione iniziale, ma anche alla perdurante idoneità del piano a consentire il risanamento dell’impresa al momento in cui l’atto viene compiuto.
In caso di scostamento, possono dunque verificarsi le seguenti ipotesi:
· qualora il PRA preveda già meccanismi automatici di aggiustamento in conseguenza di eventuali scostamenti (e, ovviamente, tali meccanismi vengano effettivamente attuati), lo stesso resterà eseguibile, con effetto protettivo anche per gli atti ancora da compiere;
·  in caso contrario, con riferimento agli atti già compiuti prima del verificarsi dello scostamento (data che può essere antecedente al suo rilievo), restano salvi gli effetti protettivi, mentre sarà necessario, per gli atti da compiere, procedere ad una integrazione o revisione del piano e ad una conseguente nuova attestazione. 
Va poi sottolineato che non costituisce attuazione del piano il raggiungimento della milestone mediante mezzi diversi da quelli previsti, quali ad esempio una dismissione ulteriore o diversa da quelle indicate. 
Tali operazioni, non solo non godrebbero della protezione civile e penale, ma evidenzierebbero, di per sé, che il piano, come originariamente previsto e nella sua interezza, non è più attuabile, richiedendo, dunque, una revisione ed una nuova attestazione alla luce delle nuove occorrenze.
In questo quadro è di tutta evidenza come l’emergenza sanitaria e la sua incidenza sulle prospettive di fatturato e/o di costi e, più in generale, sull’attività imprenditoriale è potenzialmente idonea a sconvolgere le assumptions della maggior parte dei PRA e ad incidere, quindi, sulla loro sostenibilità, rendendo opportuno un attento monitoraggio, anche in chiave prospettica, della relativa esecuzione e, se del caso, la conseguente modifica, con necessità di nuova attestazione.
Sul punto, avranno rilievo, da un lato, la valutazione prospettica dell’incidenza dell’emergenza sanitaria sul PRA in corso di esecuzione, dall’altro la moratoria bancaria di cui all’art. 54 sopra citato ed i finanziamenti a garanzia pubblica eventualmente conseguibili.
Sotto altro profilo, nell’ambito della legislazione di emergenza, potrà rilevare, al fine di evitare la risoluzione degli accordi:
· la presunzione di non imputabilità dell’inadempimento prevista dall’art. 3, comma 6-bis del D.L. 6/2020 di cui sopra si è detto [34];
· la previsione dell’art.11 del D.L. 23/2020, che dispone la sospensione delle scadenze di vaglia cambiari, cambiali e altri titoli di credito e “di ogni atto avente efficacia esecutiva” che siano ricadenti o decorrenti dal 9 marzo al 30 aprile 2020, relativi ad effetti emessi prima della data dell’8.4.2020.
Tali disposizioni, unitamente alla leva costituita, per i creditori, dalla prospettiva di veder restituiti al piano gli effetti protettivi, possono costituire un importante ombrello sotto il quale si potranno condurre le trattative per rinegoziare le modifiche del piano.
4 . Conclusioni
L’emergenza COVID-19 è in grado di determinare un pesante impatto sulle imprese, le quali sono tuttavia in grado di prevedere tale impatto ed hanno così la possibilità sfruttando la legislazione emergenziale e gli strumenti di soluzione della crisi vigenti, di limitare l’incidenza degli effetti dannosi diluendoli in più esercizi al fine di evitare che la crisi divenga definitiva e senza via d’uscita.
A tal fine, lo strumento dei PRA, coniugato con le moratorie previste alla legislazione di emergenza, appare di agevole adozione per quegli imprenditori che affrontano la crisi partendo da situazioni di relativa solidità.
Allo stesso modo, nell’ambito dei PRA in corso di esecuzione, l’emergenza sarà spesso tale da rendere necessario rivedere le assunzioni iniziali e le relative previsioni, rendendo necessaria una revisione dei PRA ed una rinnovata attestazione dei medesimi.
Tuttavia, non può non sottolinearsi che la moratoria al 30 settembre 2020 costituisce una misura insufficiente per aziende che, al momento, sono chiuse senza possibilità di poter programmare la riapertura. 
Sotto altro aspetto, appare evidente che le misure di sostegno finanziario dovranno intervenire tempestivamente, poiché, in mancanza di esse, sarà difficile poter redigere dei PRA dotati di effettiva efficacia e che consentano una ripresa in tempi compatibili con la sopravvivenza delle imprese.
Quella esaminata è, in ultima analisi, una opzione versatile e idonea, in tempi tanto confusi, ad essere calata sulla multiforme condizione delle singole imprese all’indomani della pandemia. I meccanismi e gli incentivi messi in campo dal sistema per ridare respiro alle imprese ed una lettura meno angusta del PRA, quale strumento non solo di diluizione del debito, ma di riprogettazione coraggiosa dell’attività, possono dare all’istituto una vitalità finora indimostrata. 
Soprattutto sul presupposto che il PRA è il solo strumento in grado di premiare l'imprenditore che sa riorganizzarsi da sé, programmando in autonomia una ricomposizione della crisi, all’esterno dalle irregimentate corsie concorsuali, proprie degli accordi di ristrutturazione e dei procedimenti di concordato. 
Infine, il PRA è l’unico strumento che consente finanche di frammentare il fronte dei creditori, legittimando differenze di trattamento, ove giustificate da un “progetto d'impresa”. 
Ciò probabilmente gli conferisce una forza inedita, soprattutto nel frangente in cui si tratta di riarticolare relazioni contrattuali, di finanziamento, di lavoro, di capitale, adottando programmazioni lungimiranti e ambiziose.

Note:

[1] 
Sull’istituto, ex multis, v. L.Stanghellini – A. Zorzi, Il piano di risanamento, in Trattato delle procedure concorsuali, diretto da A. Jorio - B. Sassani, V, Concordato fallimentare. Accordi di ristrutturazione. Piani di risanamento. Amministrazione straordinaria. Profili fiscali. Crisi bancarie, Milano, 2017, 537-540; L. Boggio, Gli accordi di salvataggio delle imprese in crisi. Ricostruzione di una disciplina, Milano, 2007, 252 nota 69; E. Bertacchini, Riforma della legge fallimentare ed effetti sul sistema bancario, in Contr. Impr., 2009, 385; M. Sciuto, Effetti legali e negoziali degli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Riv. Dir. Civ., 2009, I, 367; Meo, I piani attestati di risanamento, in Tratt. Proc. Conc., diretto da L. Ghia, C. Piccininni e F. Severini, 4, Torino, 2011, 632 nota 7; A. Munari, Crisi di impresa e autonomia contrattuale nei piani attestati e negli accordi di ristrutturazione, in Quaderni di giurisprudenza commerciale, Milano, 2012.
[2] 
La Suprema Corte ha confermato la natura concorsuale degli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis L. fall. (Cass. 18 gennaio 2018, n. 1182, in Italgiure) e l’ha, di contro, negata, per i piani attestati di risanamento (Cass.25 gennaio 2018, n. 1895, in Italgiure).
[3] 
Per una disamina della tenuta della vigente disciplina fallimentare di fronte all’impatto dell’emergenza sanitaria, cfr.  G.Corno - L.Panzani, I prevedibili effetti del coronavirus sulla disciplina delle procedure concorsuali, in www.ilcaso.it, 25 marzo 2020; R. Della Santina, Le discipline dell’insolvenza e della crisi d’impresa ai tempi della pandemia covid-19. Impressioni e spunti di riflessione, in Crisi d’Impresa e Insolvenza, aprile 2020; tale scritto prende spunto: …”dalla dichiarazione rilasciata dal CERIL - CONFERENCE ON EUROPEAN RESTRUCTURING AND INSOLVENCY LAW - 2020-1 «COVID-19 urges legislators to adapt insolvency legislation», nella quale si esprime preoccupazione sulla: «capacità della legislazione vigente in materia di insolvenza in Europa di fornire risposte adeguate alla situazione estremamente difficile in cui molte società̀ potrebbero trovarsi nella crisi COVID-19». Una interessante disamina degli strumenti a disposizione degli imprenditori per affrontare la crisi è proposta da FIMMANO’, La resilienza dell’impresa di fronte alla crisi da coronavirus mediante affitto d’azienda alla newco-start up, auto-fallimento e concordato “programmati”, in Crisi d’Impresa e Insolvenza, aprile 2020; L.Stanghellini - P.Rinaldi, Trasformazione dei prestiti Covid19 in strumenti finanziari partecipativi (SPF), un’idea per far ripartire il sistema delle imprese, in Crisi d’Impresa e Insolvenza, aprile 2020, partendo dal presupposto che i nuovi finanziamenti di cui necessiteranno le imprese, in aggiunta alla proroga prevista dal decreto “Cura Italia”, verosimilmente vedrebbero i richiedenti privi di merito creditizio, ipotizza lo strumento della conversione dei “Prestiti Covid” in strumenti finanziari partecipativi (SFP), con possibilità̀ della banca di cederli, a certe condizioni e a un prezzo determinato, a un veicolo pubblico che li gestisca.
[4] 
Cerved Industry Forecast L’impatto del COVID-19 sui settori e sul territorio, in https://know.cerved.com/wp-content/uploads/2020/03/Cerved-Industry-Forecast_COVID19-.pdf
[5] 
Cfr. altresì PROMETEIA, Rapporto previsione marzo 2020, consultabile su www.prometeia.it , che stima per il 2020 una riduzione del PIL del 6,5%; sull’effetto stimato delle misure di lockdown sulle imprese, cfr. Il sole 24ore, 26 marzo 2020, il quale stima che la chiusura riguarderà il 50,6% delle imprese, pari a 2 milioni 250 mila unità per complessivi 5,7 milioni di lavoratori interessati.
[6] 
La giurisprudenza di legittimità se ne è occupata in sparute occasioni: v. Cass. 20.febbraio 2020, n. 3018; Cass. 19 dicembre 2016, n. 262266; Cass. 5 luglio 2016, n. 13719, tutte in Italgiure.
[7] 
Il concetto di risanamento va, tuttavia, interpretato in senso estensivo, anziché essere collegato al mero conseguimento di un equilibrio finanziario. La struttura del PRA non rivela esclusivamente carattere finanziario e non agisce solo sul piano remissorio. Piuttosto può e deve assumere - proprio in tempi di riapertura post pandemia - una connotazione economica ampia che punti, col supporto dei nuovi strumenti, non solo a correggere il disequilibrio fra investimenti e finanziamenti, ma ad adattare e riorganizzare l'azienda, a modellarla dal punto di vista strutturale, a rimodularne e rideterminarne i la sua capacità di generare redditività. L'obiettivo non è dilatorio, ma dinamico, afferendo al turnaround sia finanziario che economico.
[8] 
L’art. 67, comma 3, lett. d), l. fall., non impone che il piano debba esser condiviso e/o accettato dai creditori, per cui potrebbe anche darsi l’ipotesi di un PRA predisposto unilateralmente dall’imprenditore, nell’ambito del quale, ad esempio, una rapida dismissione di assets non strategici consenta di rinvenire la liquidità necessaria all’adempimento delle obbligazioni, mantenendo tali operazioni nell’ambito normativo di tutela. È tuttavia evidente che, nella normalità delle ipotesi, un PRA si svilupperà mediante dilazioni di pagamento che devono necessariamente essere concordate con i creditori, ad evitare che le azioni esecutive o cautelari promosse da questi ultimi ne impediscano l’esecuzione.
[9] 
Il sistema bancario spesso richiede, per iniziare a trattare, la nomina, a spese anticipate dall’imprenditore richiedente, di uno studio legale che tuteli gli interessi degli istituti di credito. Nella migliore delle ipotesi viene nominato un solo studio per tutti gli istituti, ma accade anche che sia incaricato uno studio per ciascuna delle banche.
[10] 
L’art. 5 del D.L. 8.4.2020, n. 23 ha differito al 1.9.2021 l’entrata in vigore del Nuovo Codice della Crisi d’Impresa. 
[11] 
Trib Milano 3 ottobre 2019, in www.ilcaso.it (http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/22557). La pronuncia è annotata da M.Spiotta, Insolvenza (non ancora) prospettica: quali rimedi, in Fall., 2020, 1, 122.
[12] 
Sull’insolvenza prospettica, v. tra gli altri S. Leuzzi, Indicizzazione della crisi d'impresa e ruolo degli organi di controllo: note a margine del nuovo sistema, in www.ilcaso.it, 28 ottobre 2019, 34 s.; G. Presti, Stato di crisi e stato di insolvenza, in Crisi d'impresa e procedure concorsuali, diretto da O. Cagnasso - L. Panzani, I, Milano, 2016, 400 ss.; G. Terranova, Lo stato di insolvenza. Ancora su "stato di insolvenza" e "stato di crisi", in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da F. Vassalli – F.P. Luiso – E. Gabrielli, I, Torino, 2013, 224 ss.
[13] 
Così, testualmente, il citato decreto del Tribunale di Milano 3 ottobre 2019: “L’insolvenza prospettica, creazione tutta dottrinale e giurisprudenziale, è necessariamente legata ad un orizzonte temporale molto contenuto, perché quanto più la prognosi è lontana nel tempo, tanto più si possono inserire nel meccanismo imprenditoriale fattori nuovi ed imprevedibili. Essa è stata sdoganata integralmente come concetto previsionale dalla futura riforma che entrerà in vigore nell’agosto 2020, con un orizzonte temporale semestrale, ma è utilizzata come situazione di pericolo che giustifica la segnalazione interna affidata all’organo di controllo, o giustifica la segnalazione esterna affidata ai grandi creditori istituzionali. Ciò avviene infatti nell’ambito delle misure di allerta, ovvero di misure di prevenzione della insolvenza e non per consentire una declaratoria di fallimento indiscriminata di tutti coloro che, in prospettiva anche abbastanza prossima (sei mesi appunto), potrebbero non essere in grado di far fronte alle scadenze dei propri debiti programmati.”
[14] 
Cfr. Ministero dell’economia e delle finanze, FAQ del 22.3.2020 in http://www.mef.gov.it/focus/La-moratoria-per-microimprese-e-Pmi-cosa-ce-da-sapere/ .
[15] 
Per una disamina dei primi provvedimenti emergenziali in materia di procedure esecutive e fallimentari, cfr. C. D’Arrigo, G. Costantino, G. Fanticini, S. Saija, Legislazione d’emergenza e processi esecutivi e fallimentari, in I Quaderni di In Executivis, Monza Brianza, 2019.
[16] 
Sempre come precisato dal Ministero nelle FAQ del 22 marzo 2020, l’impresa deve indicare il finanziamento per il quale si presenta la comunicazione di moratoria e dichiarare: di aver subito in via temporanea carenze di liquidità quale conseguenza della diffusione dell’epidemia da COVID-19; di soddisfare i requisiti per la qualifica di micro, piccola o media impresa; di essere consapevole delle conseguenze civili e penali in caso di dichiarazioni mendaci ai sensi dell’art. 47 D.P.R. 445/2000.
[17] 
Le microimprese e piccole e medie imprese sono definite come di seguito dall’art. 2 della Raccomandazione della Commissione Europea n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003 e vi rientrano inclusi anche i professionisti con partita IVA: “1. La categoria delle microimprese delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR. 2. Nella categoria delle PMI si definisce piccola impresa un'impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di EUR. 3. Nella categoria delle PMI si definisce microimpresa un'impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di EUR.”
[18] 
Nella nozione di “elementi accessori” al finanziamento, citati dall’art. 56, rientrano le garanzie reali e personali che assistono il credito (Cfr. Circ. ABI 24 marzo 2020, prot. UCR/000593). Per le garanzie personali concesse da terzi, la modifica del contratto di finanziamento avrà effetti immediati sul rapporto di garanzia, la cui efficacia temporale sarà prorogata senza necessità del consenso del terzo. Per garanzie reali quali il pegno bancario si avrà analogo effetto di proroga, senza necessità di consenso del terzo datore. Per le garanzie reali, occorre distinguere fra quelle per cui sono previste formalità pubblicitarie alle quali non si ricolleghi un autonomo termine di efficacia (ipoteca navale ed aeronautica; privilegio sui beni dell’impresa ex art. 46 TUB; privilegio ex art. 186 Codice Appalti; garanzia su marchi e brevetti ai sensi degli artt. 137 e 140 Cod. prop. int.; pegno di azioni o di quote di SRL): in tali ipotesi, la garanzia assiste il credito fino alla sua scadenza e la proroga della durata non richiede alcuna formalità pubblicitaria. Per l’ipoteca immobiliare - alla cui pubblicità l’art. 2847 c.c. riconduce un autonomo termine di efficacia ventennale, decorso il quale si verifica l’estinzione della garanzia (art. 2878, n. 2, c.c.) a prescindere dalle vicende del credito garantito – la proroga non potrà operare e l’iscrizione dovrà essere rinnovata. Analoga regola varrà per l’ipoteca automobilistica. 
[19] 
La proroga del finanziamento per il quale sono state emesse cambiali, non potrà, tuttavia, prorogare la scadenza delle cambiali stesse, stante la loro natura letterale e astratta. In tal caso, se la banca è ancora in possesso delle cambiali, il debitore potrà opporre al creditore l’eccezione personale fondata sulla proroga del credito causale ex art. 1393 c.c.. Se, invece, le cambiali sono state trasferite a un giratario, l’astrattezza del titolo impedirà al debitore, salva la prova del dolo ai sensi dell’art. 21 l. camb., di giovarsi della sospensione disposta dalla legge verso il giratario. Diversamente vale per le cambiali agrarie (e quelle per il credito peschereccio); queste infatti menzionano il rapporto sottostante e quindi la relativa verifica costituisce onere del terzo giratario, con la conseguenza che la proroga prevista dall’art. 56 opererà congiuntamente per il credito sottostante e per quello cartolare. Qualora, poi, la cambiale agraria sia garantita da ipoteca immobiliare (art. 44, comma 5, TUB), allora sarà prorogata la scadenza cartolare, ma non, come si è visto, la durata ventennale dell’iscrizione ipotecaria. Va tuttavia segnalato, al riguardo, l’art.11 del d.l. 23/2020 che, senza peraltro prevedere alcun coordinamento con la disposizione in commento, sospende i termini di scadenza ricadenti o decorrenti dal 9 marzo al 30 aprile 2020, relativi a vaglia cambiari, cambiali e altri titoli di credito (ed ogni altro atto avente efficacia esecutiva) emessi prima della data dell’8.4.2020.
[20] 
Cfr. Ministero dell’economia e delle finanze, FAQ del 22.3.2020, cit.
[21] 
Per un quadro sinottico delle iniziative convenzionali predisposte dai diversi gruppi bancari per la clientela relativamente all’applicazione del decreto “Cura Italia” e dei finanziamenti agevolati previsti dal DL 23/2020 cfr. M. Meneghello, Tutte le misure delle banche per famiglie e imprese. Valgono 54 miliardi., in Il sole24ore, 9 aprile 2020.
[22] 
Cass. 20 giugno 2018 n. 1629,  in Italgiure,  ritiene che la norma in commento si applichi anche alle S.p.A. qualora l’organizzazione della S.p.A. finanziata, a causa delle modeste dimensioni o per l’assetto dei rapporti sociali (compagine familiare o, comunque, ristretta), consenta al socio di ricevere un’informativa sostanzialmente comparabile a quella che, in linea teorica, potrebbe ottenere il socio di una S.r.l. e che abbia ad oggetto una situazione di squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto; sulla stessa linea cfr. anche Cass. 14056 del 7 luglio 2015; in dottrina cfr. G.Bei- F.Biggini, Postergazione dei crediti e società per azioni: un passo avanti, in Soc., fasc. 5, 2016, 545 e ss.; D.Bonaccorsi di Patti, Sull’applicazione analogica dell’art. 2467 c.c. alle società per azioni a base ristretta, in Riv. dir. comm., parte II, 2016, 111 e ss.
[23] 
Per una disamina dettagliata degli ammortizzatori sociali predisposti dalla legislazione emergenziale Cfr. PRIOSCHI,  Cassa integrazione: durata dell’indennità, chi può accedervi e tempi di pagamento, in Il Sole 24Ore - Norme e Tributi, 11 aprile 2020, reperibile all’indirizzo web https://www.ilsole24ore.com/art/cassa-integrazione-durata-dell-indennita-chi-puo-accedervi-e-tempi-pagamento-ADyubeJ?fromSearch#&refresh_ce=1 .
[24] 
Tali finanziamenti garantiti, per essere operativi, dovranno essere autorizzati dalla UE e vedere aggiornate le procedure informatiche di banche, SACE e Fondo di Garanzia. 
[25] 
Oggetto di valutazione è solo la struttura economico-finanziaria dell'azienda con esclusione della valutazione andamentale, che è quella relativa agli ultimi sei mesi, cioè quella che più risente della crisi in corso.
[26] 
Il Rendistato, calcolato mensilmente dalla Banca d’Italia, è il rendimento annuo lordo di un paniere di titoli di Stato italiani a tasso fisso composto da tutti i BTP quotati sul MOT aventi vita residua superiore ad un anno. 
[27] 
Stimabile, oggi, in un valore tre l’1,2 ed il 2%. 
[28] 
Quindi entro un prestito massimo di 800.000 euro.
[29] 
Trattasi del privilegio, anteposto a qualsiasi altro, previsto dall’articolo 9, comma 5, Decreto Legislativo numero 31 marzo 1998, n. 123; sul punto è di recente intervenuta la Corte di Cassazione che, con sentenza numero 2664 del 29.1.2019, ha stabilito che, ai fini del riconoscimento del privilegio, nell’alveo del termine “finanziamenti” di cui al medesimo articolo deve essere ricompresa la totalità degli interventi di cui al precedente articolo 7, comma 1 e, dunque, anche la concessione di garanzia. 
[30] 
Sul piano della revocabilità dell’atto, è noto che, in situazione analoga, è stato affermato il principio per cui è revocabile l'erogazione di un mutuo fondiario ipotecario che sia stata posta in essere allo scopo indiretto di trasformare il credito chirografario preesistente in credito privilegiato (Cfr. Cass. 1807 del 28 gennaio 2013; conf.: Cass. 15 luglio 2011, n. 15690). Sul piano penale, l’uso del finanziamento a garanzia pubblica per la copertura della pregressa posizione chirografaria costituisce condotta che rischia di essere inquadrata nella bancarotta preferenziale, sotto il profilo della simulazione di cause di prelazione (così, ad esempio, nella analoga situazione del mutuo fondiario acceso per coprire una pregressa esposizione chirografaria, Cass. pen., sez. V, sent. n. 16688 del 2 marzo 2004, Rv. 228766, in Il fallimento, 2005, 781, con nota di STALLA, Autotutela della banca e bancarotta preferenziale, afferma che, nella ipotesi sopra citata, si versi nella fattispecie di simulazione della causa di prelazione: «poiché la ratio della previsione è quella di sanzionare sia le condotte che realizzino la costituzione fittizia di un titolo preferenziale sia quelle che trasformino un credito chirografario in credito privilegiato con la costituzione effettiva di una garanzia in presenza dello stato di insolvenza, posto che entrambe conducono al medesimo risultato di alterazione della par condicio creditorum»; nello stesso senso, Cass. sez. V, 2 marzo 2004, Rv. 228766, che ha affermato: «in tema di bancarotta preferenziale, la locuzione “simulazione” di cui all’art. 216, comma terzo, seconda parte L.F. non va intesa in senso civilistico, poiché la ratio della previsione è quella di sanzionare sia le condotte che realizzino la costituzione fittizia di un titolo preferenziale, sia quelle che trasformino un credito chirografario in credito privilegiato con la costituzione effettiva di una garanzia in presenza dello stato di insolvenza, posto che entrambe conducono al medesimo risultato di alterazione della par condicio creditorum».
[31] 
Non avrà, tuttavia, alcun effetto di meccanismo d’aggiustamento la mera tolleranza, da parte dei creditori, di un piano rivelatosi ormai non più coerente con le previsioni: l’effetto correttivo deve infatti intendersi verificato solo a seguito di vere e proprie remissioni di debito con effetti estintivi dell’obbligazione, tali da consentire al piano di tornare (o restare) fattibile.
[32] 
Cfr. CNDCEC – Linee guida per il finanziamento delle imprese i crisi in https://news.ilcaso.it/news_770/03-11-15/CNDCEC_-_LINEE-GUIDA_PER_IL_FINANZIAMENTO_ALLE_IMPRESE_IN_CRISI ed in particolare: “Raccomandazione n. 16 (Monitoraggio dell’esecuzione del piano). È necessario che l’andamento del piano sia costantemente monitorato dall’imprenditore per verificare il puntuale raggiungimento delle “milestones”. Quando le condizioni giustifichino i relativi costi, può essere opportuno investire del monitoraggio anche un comitato tecnico o una funzione creati ad hoc all’interno dell’impresa, oppure un soggetto terzo, al fine di fornire ai creditori e ai terzi interessati al successo del piano un adeguato flusso informativo, ferme le esigenze di riservatezza di natura aziendale”  e “Raccomandazione n. 17 (Effetti degli scostamenti e meccanismi di aggiustamento). In caso di significativo scostamento fra la realtà e le previsioni, il piano non può più essere eseguito come originariamente prospettato e gli effetti protettivi dell’attestazione vengono meno, ma solo con riguardo agli atti di esecuzione successivi al verificarsi dello scostamento. Restano invece salvi gli effetti protettivi per gli atti di esecuzione compiuti anteriormente al verificarsi dello scostamento. Il piano resta invece eseguibile, con effetto protettivo anche per gli atti ancora da compiere, qualora preveda già meccanismi di aggiustamento in conseguenza di eventuali scostamenti.”
[33] 
Cfr. Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (a cura di), Principi per la redazione dei piani di risanamento, Roma, settembre 2017. 
[34] 
Per una disamina, sia pure de jure condendo, dell’inadempimento incolpevole nell’ambito del giudizio prefallimentare, cfr. LIMITONE,La forza maggiore nel giudizio sull’insolvenza, inCrisi d’Impresa e Insolvenza, aprile 2020. 

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Questo tipo di servizi permette di visualizzare contenuti ospitati su piattaforme esterne direttamente dalle pagine di questa Applicazione e di interagire con essi.

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Google Maps è un servizio di visualizzazione di mappe gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

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Google Fonts (Google Inc.)

Google Fonts è un servizio di visualizzazione di stili di carattere gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

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Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

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Il TITOLARE

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REV 02