La legislazione dell’emergenza contiene una vasta gamma di provvedimenti temporanei, tra cui vanno posti sinteticamente in evidenza i seguenti.[15]
Per le Microimprese e per le Piccole e Medie imprese, che siano considerate in bonis e che abbiano subito carenze di liquidità a causa della emergenza Covid19[16], viene concessa una moratoria straordinaria dei prestiti e delle linee di credito concesse da banche e intermediari finanziari, di portata assai ampia e neppure immaginabile con il ricorso alle convenzioni di moratoria di cui all’art. 182-septies, comma 5, L. fall..
Infatti, l’art. 56 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (Cura Italia), prevede al comma 2, a richiesta dei soggetti finanziati che abbiano i requisiti di microimpresa, piccola e media impresa [17], aventi sede in Italia, che:
“a) per le aperture di credito a revoca e per i prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti esistenti alla data del 29 febbraio 2020 o, se superiori, a quella di pubblicazione del presente decreto, gli importi accordati, sia per la parte utilizzata sia per quella non ancora utilizzata, non possono essere revocati in tutto o in parte fino al 30 settembre 2020;
b) per i prestiti non rateali con scadenza contrattuale prima del 30 settembre 2020 i contratti sono prorogati, unitamente ai rispettivi elementi accessori[18] e senza alcuna formalità, fino al 30 settembre 2020 alle medesime condizioni;
c) per i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale, anche perfezionati tramite il rilascio di cambiali agrarie[19], il pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza prima del 30 settembre 2020 è sospeso sino al 30 settembre 2020 e il piano di rimborso delle rate o dei canoni oggetto di sospensione è dilazionato, unitamente agli elementi accessori e senza alcuna formalità, secondo modalità che assicurino l'assenza di nuovi o maggiori oneri per entrambe le parti; è facoltà delle imprese richiedere di sospendere soltanto i rimborsi in conto capitale.”
Va anzitutto premesso che, come specificato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze [20], possono ricorrere alle moratorie anche le imprese che hanno già ottenuto misure di sospensione o ristrutturazione dello stesso finanziamento nell’arco dei 24 mesi precedenti.
Venendo all’esame della disposizione, appare subito evidente il maggior beneficio della moratoria prevista dalla norma in commento rispetto a quanto l’imprenditore può ottenere, anche nella ipotesi più favorevole, da una convenzione di moratoria quale prevista dall’art. 182 septies, comma 5, L. fall.
Anzitutto, la moratoria prevista dalla normativa speciale opera a semplice richiesta e senza le formalità e le maggioranze di cui all’art. 182 septies L. fall.
In secondo luogo, gli effetti che ne derivano sono di portata ben più ampia:
I. l’estensione della convenzione di moratoria ai creditori non aderenti opera solo in presenza di omogeneità di posizione giuridica e interesse economico dei creditori che si intendono coartare, rispetto a quelli aderenti alla convenzione: omogeneità che difficilmente potrà dirsi sussistente, ad esempio, tra posizioni di semplice scoperto chirografario e posizioni ipotecarie;
II. nelle convenzioni di moratoria, non è coercibile, per espressa previsione di legge, il mantenimento delle linee di credito, che invece è previsto espressamente dalla disposizione emergenziale, anche con riferimento alle linee auto-liquidanti;
III. di regola, in considerazione del fatto che la mancata estensione della moratoria ad uno o più creditori non aderenti potrebbe mettere in pericolo il fabbisogno finanziario, le convenzioni prevedono clausole di scioglimento dagli impegni per l’ipotesi in cui, per fatto del debitore o per l’opposizione spiegata dai creditori, venga meno il vincolo per i creditori non aderenti: evidentemente, tale rischio è del tutto sconosciuto alla norma emergenziale;
IV. infine, le convenzioni di moratoria non si estendono automaticamente alle posizioni dei garanti, come invece dispone la legislazione emergenziale.
Dunque, l’imprenditore che intenda predisporre un PRA, oggi, si troverebbe verosimilmente nelle condizioni di poterlo fare in situazione di moratoria bancaria, con le linee di credito operative e con la prospettiva di conseguire finanziamenti a garanzia pubblica.
Ma è proprio in questo quadro che le convenzioni di moratoria possono ritrovare spazio di espansione.
È infatti evidente come una moratoria legale di così ampia portata sia destinata, inevitabilmente, a stimolare il ceto dei finanziatori ad accettare la negoziazione di una convenzione a sé più favorevole, ma con il vantaggio, per l’imprenditore, a fronte delle concessioni fatte al ceto bancario rispetto al modello legale di sospensione, di poter estendere la convenzione, raggiunte le maggioranze necessarie, a tutto il ceto creditorio.
A tal fine, è sintomatico rilevare come gli istituti di credito stiano predisponendo convenzioni ad hoc da proporre ai clienti finanziati [21].
Sul piano dei debiti non bancari, appare poi di rilievo il disposto dell’art. 3, comma 6 bis, del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6: “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità̀ del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.”
La norma stabilisce, in sostanza, che il mancato o il ritardato pagamento, che sia conseguenza delle misure disposte per il contenimento dell’epidemia, deve ritenersi giustificato e che, conseguentemente, da tale inadempimento non possono conseguire effetti pregiudizievoli per il debitore.
Sebbene tale disposizione non possa considerarsi introduttiva di una vera e propria moratoria, è evidente che la stessa è in grado di prevenire, almeno in parte, le tipiche azioni che possono ostacolare le trattative volte alla condivisione del PRA con i creditori (iscrizioni ipotecarie, sequestri, sfratti per morosità, istanze di fallimento fondate su inadempimenti riconducibili a causa di forza maggiore ai sensi della citata disposizione).
Sotto altro profilo, vengono in rilievo le disposizioni straordinarie relative alla perdita del capitale delle società, introdotte dall’art. 6 del D.L. 8 aprile 2020, n. 23.
Tale norma dispone che, per le fattispecie che si verificano nel corso degli esercizi chiusi nel periodo dalla entrata in vigore del decreto (9.4.2020) al 31.12.2020, non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482 bis, commi 4, 5, 6 e 2482 ter c.c.
Con riferimento alla riduzione del capitale sotto al minimo legale, nulla quaestio: se si verifica tale eventualità nel corso degli esercizi chiusi nel periodo di riferimento, non opereranno gli obblighi previsti dagli artt. 2447 e 2482 ter c.c.
Con riferimento alla riduzione di oltre un terzo, ma senza violazione del minimo legale, il mancato richiamo del primo comma dell’art. 2446 c.c. e dei primi tre commi dell’art. 2482 bis c.c., e la limitazione temporale agli esercizi chiusi tra il 9 aprile ed il 31 dicembre 2020, fa ritenere che la fattispecie di riferimento sia quella in cui nell’esercizio immediatamente precedente al periodo 9.4.2020/31.12.2020 si sia già verificata una diminuzione del capitale sociale di oltre un terzo e la stessa non risulti diminuita a meno di un terzo nell’esercizio che si conclude entro il periodo indicato.
In tali ipotesi, il D.L. 23/2020, dispone che non si applica l’obbligo di ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate, né, in caso di riduzione al di sotto del minimo legale, l’alternativa tra ricostituzione e trasformazione della società.
Viceversa, nell’ipotesi in cui la perdita superiore al terzo (ma nei limiti del minimo legale) si verifichi, per la prima volta, nel corso dell’esercizio chiuso nel periodo di riferimento, resteranno fermi gli obblighi previsti dal primo comma dell’art. 2446 c.c. e quelli previsti dai primi tre commi dell’art. 2482-bis c.c.: quindi dovrà essere convocata l’assemblea per gli opportuni provvedimenti, con le relazioni e le formalità previste dalle citate disposizioni.
Ad ulteriore agevolazione della continuità aziendale, l’art. 7 del D.L. 23/2020 dispone che la valutazione delle voci nella prospettiva di continuità, di cui all’art. 2423-bis comma primo, n. 1 c.c., può, comunque, essere operata se risulta sussistente nell’ultimo esercizio chiuso in data antecedente il 23 febbraio 2020.
Infine, l’art. 8 del D.L. 23/2020 dispone che ai finanziamenti effettuati a favore delle società responsabilità limitata (e, ove si segua l’interpretazione di larga parte della giurisprudenza di legittimità, sia pure ricorrendo determinate condizioni [22] anche delle società per azioni), nonché ai finanziamenti effettuati nell’ambito delle attività di direzione e coordinamento societario, non si applica la postergazione prevista dagli artt. 2467 e 2497-quinques c.c.
Tali disposizioni, da un lato, consentono agli amministratori ed agli organi di controllo di svolgere con serenità l’attività di ristrutturazione.
La disapplicazione della postergazione, dall’altro lato, consente ai soci o ai soggetti in posizione di controllo di finanziare il PRA, immettendo liquidità nella società, con il vantaggio di poter selezionare liberamente la tipologia di finanziamento, a tutto beneficio della elasticità del piano prescelto.
L’ulteriore filone di disposizioni di aiuto emergenziali a disposizione delle imprese si snoda in due macrosettori di intervento:
1) Ammortizzatori sociali
Il D.L. 18/2020, prevede tre linee di intervento in materia di ammortizzatori sociali per le aziende in difficoltà a causa del Coronavirus [23]:
- nuova cassa integrazione ordinaria ma conteggiata oltre i limiti di legge, anche per le aziende che stanno già utilizzando trattamenti di integrazione straordinari;
- fondo di integrazione salariale rafforzato per aziende con più di 5 dipendenti, escluse dalla CIGO, anche per chi utilizza assegni di solidarietà;
- cassa integrazione in deroga per le aziende non coperte dalle misure precedenti, quindi senza limitazioni nel numero di dipendenti.
In tutti casi, il periodo massimo previsto è di nove settimane e le modalità di accesso sono semplificate. La causale COVID-19 permette l’applicazione degli ammortizzatori in deroga alla normativa generale e, tra l’altro, consente:
- di non tenere conto delle nove settimane ai fini del conteggio dell'utilizzo massimo degli ammortizzatori sociali nel biennio e nel quinquennio;
- di essere esentati dal pagamento della contribuzione aggiuntiva che scatta di norma quando si accede a questi strumenti.
2) Finanziamenti a garanzia pubblica
Le garanzie statali sui prestiti bancari costituiscono uno snodo centrale del decreto-legge 8.4.2020 n. 23 (c.d. “decreto liquidità”).
I canali d’accesso a tali finanziamenti sono due:
- la società pubblica SACE (Cassa Depositi e Prestiti), soprattutto per le imprese più grandi;
- il Fondo di garanzia per le PMI (Mediocredito Centrale e Ministero dello Sviluppo) che è rivolto principalmente a imprese fino a 499 dipendenti [24].
Tralasciando, per ragioni di spazio e coerenza di trattazione, i prestiti SACE, il finanziamento garantito dal Fondo PMI ha le seguenti caratteristiche di base:
- la garanzia di base del Fondo copre il 90% dell’importo del finanziamento;
- l’importo garantito potrà arrivare sino 5 milioni di euro;
- i finanziamenti avranno durata massima di 6 anni;
- l’istruttoria per il rilascio è alleggerita [25].
Tali regole generali hanno le seguenti eccezioni:
1) finanziamenti fino a 25.000 euro e non oltre il 25% dei ricavi:
- la garanzia è del 100%;
- non c'è valutazione del merito creditizio, ma il prestito viene erogato in base ad una autocertificazione sui ricavi;
- la restituzione è in sei anni, con inizio del rimborso non prima di due anni;
- possono essere erogati anche ai lavoratori autonomi;
- il tasso di interesse è rapporto al Rendistato [26] con una maggiorazione dello 0,2% [27].
2) finanziamenti coperti da garanzia rilasciata dal Fondo PMI per il 90%, qualora l’ulteriore 10% sia garantito da consorzi fidi privati, cui l’impresa possa avere accesso:
- sono erogabili solo ad imprese (non quindi ad autonomi) con una forza lavoro fino a 499 dipendenti, che abbiano ricavi fino a 3,2 milioni e comunque entro il 25% del fatturato [28];
- la garanzia complessiva è del 100%;
- l’impresa deve autocertificare i danni da Covid-19;
- non è previsto un tasso minimo (cap) né una durata massima del rimborso.
L’importanza della copertura penale e civile, garantita dal PRA all’imprenditore ed ai suoi finanziatori, risulta evidenziata chiaramente dalla considerazione che, al di fuori di un rigoroso piano attestato, l’uso del finanziamento garantito dallo Stato – il cui eventuale credito di rivalsa, che sorge nell’eventualità in cui la banca garantita lo escuta, è assistito da privilegio[29] - potrebbe costituire uno strumento ad elevato rischio sia di tenuta civilistica che di responsabilità penale per i titolari delle posizioni di garanzia, soprattutto se rivolto, direttamente o indirettamente, alla copertura di pregresse posizioni chirografarie[30].
Va rilevato, infine, che, per i soli PRA “presentati” successivamente al 31.12.2019, l’art. 13 , comma 1, lett. g, del D.L. 23/2020 ammette alla garanzia del Fondo per le PMI, anche le imprese: “ ...che, in data successiva al 31 dicembre 2019, sono state ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale di cui all'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, hanno stipulato accordi di ristrutturazione ai sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto 267 del 1942 o hanno presentato un piano attestato di cui all’articolo 67 del predetto regio decreto, purché, alla data di entrata in vigore del presente decreto, le loro esposizioni non siano più in una situazione che ne determinerebbe la classificazione come esposizioni deteriorate, non presentino importi in arretrato successivi all'applicazione delle misure di concessione e la banca, sulla base dell'analisi della situazione finanziaria del debitore, possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell'esposizione alla scadenza, ai sensi dell’articolo 47-bis, comma 6, lettere a) e c) del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013”.
La norma è di sicuro interesse, a patto di riuscire a definire il concetto di “presentazione” del PRA.
Poiché il deposito nel registro delle imprese del PRA è facoltativo ed è effettuato a soli fini fiscali, il termine “presentato” non pare idoneo a riferirsi all’esecuzione di tale pubblicità; più corretto parrebbe far riferimento alla data certa della attestazione del piano.
Appare poi difficile - e con ciò si introduce il paragrafo seguente - comprendere quale sia la ratio dell’esclusione dei PRA “presentati” anteriormente al 31.12.2019.