In seguito all’entrata in vigore del Codice della Crisi e dell’Insolvenza, il CNDCEC ha opportunamente ritenuto di aggiornare i Principi di Attestazione emanando la nuova versione degli stessi.
In effetti, l’esigenza di aggiornare i Principi era marcata per effetto sia della individuazione da parte del legislatore del contenuto dei diversi piani di risanamento, che della diffusione di indicazioni operative per la relazione di tutti i piani di risanamento attraverso il richiamo contenuto al comma 2 dell’art. 5 bis della Lista di Controllo particolareggiata di cui all’art. 13. I motivi di aggiornamento afferivano in verità anche all’intervento dell’attestatore in caso di gruppi d’impresa, alle situazioni in cui occorre tenere conto del valore di cessione dell’azienda ai fini della determinazione del valore di liquidazione giudiziale per il rispetto delle regole di distribuzione del valore d’impresa, alla determinazione del valore riservato ai soci di cui al comma 2 dell’art. 120 quater, ambiti nei quali un intervento autorevole per meglio orientare il processo di attestazione sarebbe stato quanto mai auspicabile.
Di fronte a queste pur rilevanti modifiche, il CNDCEC ha condotto una revisione del contenuto dei Principi che pare essere soltanto parziale e che rischia -per l’autorevolezza della fonte- di sviare il professionista che si accinge ad attestare il piano. Il processo di attestazione trovava, infatti, in vigenza della legge fallimentare, un importante compendio di regole nei Principi di attestazione; la loro nuova versione presenta invece talune lacune che impediscono all’attestatore di fare affidamento sull’adeguatezza del processo attestativo che emerge dai Principi e che andrebbero colmate anche in considerazione della raccomandazione contenuta al § 8.2.3. che richiede all’attestatore di dare atto se abbia o meno applicato i Principi di attestazione.
Il Codice, recependo il par. 2 dell’art. 8 della direttiva Insolvency, ha reso disponibile la cennata “lista di controllo particolareggiata, adeguata alle esigenze delle PMI … che include indicazioni pratiche su come deve essere redatto il piano di ristrutturazione a norma del diritto nazionale”. A tale fondamentale introduzione normativa non solo nei Principi non è dato trovare alcun riferimento, ma in essi non vi è traccia nemmeno del suo principio ispiratore enucleato nella premessa della Sezione II del decreto dirigenziale 21 marzo 2023 che merita di essere ricordato: “La redazione del piano di risanamento è un ‘processo’. Esso presuppone la presenza di minimi requisiti organizzativi (par. 1 della Lista di Controllo), e la disponibilità di una situazione economico patrimoniale aggiornata (par. 2 della Lista di Controllo). Il piano di risanamento deve muovere dalla situazione in cui versa l’impresa e dalle sue cause (par. 3 della Lista di Controllo), individuate in modo realistico. Le strategie di intervento devono attagliarsi ad essa e consentire di rimuovere le difficoltà in essere. La parte quantitativa del piano consegue alle strategie che si intendono adottare e segue un ordine logico strutturato attraverso valutazioni controllabili. Essa è volta a determinare i flussi finanziari che nelle imprese di minori dimensioni possono essere stimati attraverso un percorso semplificato (par. 4 della Lista di Controllo). Il debito esistente che necessita di essere rimborsato viene confrontato con i flussi finanziari derivanti dalla gestione aziendale che possono essere posti a servizio dello stesso, anche al fine di individuare la tipologia delle proposte da formulare ai creditori e alle altre parti interessate (par. 5 della Lista di Controllo). In caso di gruppo di imprese occorre tenere conto delle reciproche interdipendenze tra le imprese che ne fanno parte (par. 6 della Lista di Controllo).
Seguono le 59 domande contneute nella Lista di Controllo rivolte al redattore del piano le cui risposte, tenuto conto della sua fonte normativa secondaria, non possono non essere riesaminate ed approfondite dal professionista nel corso del processo attestativo.
I Principi invece ignorano del tutto la richiamata normativa primaria e secondaria e rinviano invece ai Principi di Redazione dei Piani di Risanamento risalenti al 2022 che vennero emanati ancora in vigenza della legge fallimentare.
Invero, i Principi non tengono neppure conto, se non in parte ed in via per lo più incidentale, del significativo ampliamento del contenuto dei piani di risanamento previsto dagli artt. 56, 87 e 285 che ne fanno un insieme strutturato che avrebbe meritato essere ripercorso per richiedere all’attestatore il proprio vaglio sulla completezza del piano. Solo a titolo di esempio, manca ogni riferimento all’indicazione delle risorse destinate all’integrale soddisfacimento dei creditori estranei nei piani attestati di risanamento, né si sottolinea l’esigenza di esplicitare le ragioni degli apporti della nuova finanza prevista dal piano alla lett. g) dell’art. 87 (che il correttivo ha esteso ai piani di risanamento di cui all’art. 56), nonostante dalla nuova finanza, a prescindere dal riconoscimento della sua prededuzione, possa derivare un aggravamento del profilo di rischio in capo a tutti i restanti creditori dei quali essi debbono ricevere adeguata informativa dall’attestatore. I Principi, pur sottolineando la rilevanza del dato extra-contabile, incentrano le verifiche di veridicità sulla c.d. spalla del piano (§ 4.3. “Il perimetro della verifica sulla veridicità”), quando la rappresentata funzionalità del dato aziendale al giudizio di fattibilità comporta l’esigenza che l’attestatore non si limiti ad esprimere il proprio giudizio sulla base dei dati storici ma tenga anche conto dell’andamento aziendale corrente, implicito alla descrizione della situazione economico-patrimoniale di cui all’art. 87 ed alla situazione economica dell’impresa di cui all’art. 56. Si tratta di una disamina fondamentale che assume valenza critica quando tra la data di riferimento della spalla del piano e il momento del rilascio dell’attestazione sia trascorso un intervallo temporale, al punto che costituirebbe un’omissione informativa rilevante non dare evidenza di una deriva, se già in atto, dei dati contabili ed extracontabili rispetto al piano. I Principi di Attestazione, ai §§ 6.1.9 e 6.9.1., per quanto richiedano l’esame dell’andamento corrente, non enfatizzano il tema in misura adeguata in relazione alla sua effettiva rilevanza, né esso pare sempre adeguatamente colto nel vaglio dei percorsi attestativi. Chi scrive ritiene che, sulla scorta di quanto indicato ai punti 2.8 e 4.3.1 della Lista di Controllo, la valutazione dell’andamento corrente costituisca un passaggio cruciale dell’attestazione che deve essere adeguatamente argomentato e valutato e la cui mancanza potrebbe anche costituire un’omissione di informazioni rilevanti in ordine alla veridicità dei dati contenuti nel piano che potrebbe essere valutata financo con riferimento al reato di Falso in attestazioni e relazioni di cui all’art. 342 del CCII.
Si tratta con ogni evidenza di elementi del piano in ordine ai quali l’attestatore non può non pronunciarsi, in relazione ai quali nei Principi vi è tutt’al più qualche breve ed astratto riferimento.
Con riferimento alla composizione della crisi in presenza di gruppo di imprese, la norma richiede al professionista sia l’attestazione delle “ragioni di maggior convenienza della scelta di presentare un piano unitario ovvero piani reciprocamente collegati ed interferenti”, sia “la quantificazione del beneficio stimato per i creditori di ciascuna impresa del gruppo”. I Principi si limitano al riguardo a parafrasare la norma e non forniscono alcuna indicazione della natura, preminentemente qualitativa, delle citate “ragioni” per consentire all’attestatore di cogliere la loro differenza rispetto a quella quantitativa dei “benefici stimati”.
Infine, i Principi non si esprimono sul significato di sostenibilità economica dell’impresa (la viability of the business introdotta dalla Direttiva Insolvency che si ritrova agli artt. 21 e 87 comma 3). Si tratta di una nozione nuova che coniuga la stabilità dello stato all’economicità, laddove la seconda presuppone l’adeguata remunerazione dei fattori produttivi (in particolare il lavoro ed il capitale). Non sarebbe, infatti, stabilmente sostenibile sotto il profilo economico un’impresa caratterizzata da un equilibrio economico incerto o fragile che non poggi sulla continuità aziendale espressa in termini sostanziali e durevoli, idonea a remunerare a prezzi di mercato i fattori produttivi in modo continuativo e non solo limitatamente ad un arco temporale convenzionalmente circoscritto nei successivi dodici mesi, quale emerge dai principi contabili o dalla nozione di crisi risultante dalla lett. a) del comma 1 dell’art. 2. Essa investe tutti gli stakeholder e cioè gli investitori, i creditori finanziari, i fornitori di beni e servizi e i dipendenti. In assenza di una remunerazione adeguata, il disequilibrio tra domanda ed offerta non tarderà a manifestarsi, pregiudicando il flusso di approvvigionamento ed impedendo all’impresa di continuare ad avvalersi dei contributori del relativo fattore produttivo. Solo se si ha presente tale aspetto si può comprendere come mai la più parte delle imprese che hanno completato apparentemente con successo una composizione della crisi abbiano in seguito dovuto avviare una trasformazione del proprio assetto proprietario con il trasferimento del controllo dell’impresa a seguito di operazioni di aggregazione orizzontali o verticali.
Forse la sollecitudine[1] nell’aggiornare il documento ne ha compromesso la qualità e il grado di approfondimento, cagionando una distonia rispetto al dettato normativo, al punto che si può ritenere che i Principi, allo stato, abbiano perso la loro originaria natura di raccolta e sintesi di prassi sufficientemente ampia e vincolante da sovrastare ed in qualche modo guidare l’operato del professionista attestatore riducendoli al mero ambito della narrativa delle pratiche adottate, tra l’altro in presenza di un quadro normativo difforme.
Si suggerisce dunque l’opportunità di un ripensamento e di una profonda revisione dei Principi, non solo nel loro contenuto ma anche nella loro struttura, non senza un preventivo dibattito sulla portata delle modifiche introdotte con il Codice. Comunque, in attesa della revisione suggerita, sarebbe opportuna una precisazione sulla natura meramente indicativa e non prescrittiva dell’attuale testo.