Prima di affrontare, esclusivamente sul piano tecnico, gli effetti dell’illiceità del finanziamento assistito da garanzia statale ed erogato in un momento in cui si era già manifestato ed era noto lo stato di insolvenza, pare opportuno sgomberare il campo da errori metodologici.
Una prima questione riguarda la verifica della coincidenza o meno delle situazioni di perdita del capitale sociale e di stato di insolvenza, che costituiscono – rispettivamente – i fondamentali presupposti per l’accertamento della ricorrenza delle ipotesi di responsabilità civilistica e penale, nei termini di cui si dirà più avanti.
Purtroppo, nonostante – un po’ per semplicismo e un po’ per inerzia – le due situazioni vengano spesso fatte coincidere, si deve invece ritenere che la sovrapposizione non sia affatto scontata ed anzi si verifichi piuttosto di rado.
Infatti, la perdita del capitale sociale – o, più correttamente, la riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale in conseguenza di perdite superiori ad un terzo – è un dato di carattere economico-patrimoniale, agevolmente accertabile attraverso l’esame del bilancio d’esercizio. Essa si verifica quando – per effetto delle perdite d’esercizio, che devono avere preventivamente eroso tutte le riserve – il capitale sociale risulti inciso per più di un terzo e si riduca, seppure solo virtualmente, al di sotto del minimo legale. Si tratta, quindi, di una situazione oggettiva e di agevole accertamento.
Nella pratica professionale, la verifica viene condotta dopo avere apportato al bilancio d’esercizio le rettifiche necessarie per eliminare le conseguenze delle politiche di window dressing, in tal modo conferendo un margine di opinabilità al risultato raggiunto, che – tuttavia – per il resto rimane incontrovertibile.
Costituisce, tuttavia, un errore – anche piuttosto grave – ritenere che la perdita del capitale sociale rappresenti un indice certo – o, peggio ancora, l’unico indice – di manifestazione dello stato di insolvenza.
Se così fosse, infatti, si dovrebbe concludere che gran parte delle disposizioni dettate dal legislatore civilistico per disciplinare la liquidazione sarebbero inutili, giacché la liquidazione non potrebbe mai concludersi in bonis. Non bisogna, d’altronde, dimenticare che la principale causa di scioglimento delle società di capitali è costituita – per l’appunto – dalla perdita del capitale sociale.
Né, d’altro canto, si deve ritenere che lo stato di insolvenza presupponga necessariamente la perdita del capitale sociale, giacché – come ha avuto modo di precisare la Suprema Corte – esso può manifestarsi anche quando le attività siano superiori alle passività – e, quindi, il patrimonio netto non sia inciso dalle perdite –, ma le stesse non siano agevolmente liquidabili.
Ma il problema può considerarsi superato già a far data dalla riforma della disciplina delle società di capitali, introdotta ormai da oltre vent’anni, che ha modificato l’art. 2423-bis c.c., il quale – al comma 1 – prevede che «Nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti principi: … 1) la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell'attività».
Nelle azioni di responsabilità, l’attenzione – infatti – deve ora essere focalizzata non più sulla perdita del capitale sociale come causa di scioglimento della società, ma sulla perdita della continuità aziendale che – per effetto del cambiamento dei criteri di valutazione – determina la perdita del capitale sociale.
Ma anche tale procedimento, nel tema che ci si propone di affrontare, non ha motivo di essere applicato, poiché l’eventuale illiceità del finanziamento erogato (o inefficacia della garanzia) muove dal presupposto che si sia già manifestato lo stato di insolvenza, circostanza che – come si è detto – non coincide con la perdita del capitale sociale, e – a stretto rigore – neppure con la perdita della continuità aziendale. Infatti, la perdita della continuità aziendale – almeno nella sua fase inziale – costituisce una situazione di precrisi o, tutt’al più, di crisi, ma certamente non ancora di insolvenza.