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Saggio

I compensi dell’esperto negoziatore*

Pierpaolo Lanni, Giudice nel Tribunale di Verona

20 Dicembre 2021

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
L'autore propone un focus ragionato sulla tematica dei compensi dell’esperto, sulle regole e sui criteri adottati nel contesto del neonato sistema. 
Riproduzione riservata
1 . Introduzione
Il D.L. 24 agosto 2021, n. 118, convertito in legge 21 ottobre 2021, n. 147, si caratterizza per un’articolata disciplina del compenso dell’esperto (art. 16), mentre non detta alcuna regola riguardo ai compensi degli ausiliari nominati dal Tribunale nel procedimento relativo alle misure protettive e cautelari (art. 7, comma 4) o nel procedimento di concordato semplificato (art. 18, comma 3), né riguardo ai compensi degli eventuali professionisti che assistano l’imprenditore nella fase di composizione negoziata della crisi.
Con riferimento all’esperto, in particolare, l’art. 16 introduce una disciplina che si caratterizza per profili di novità assoluta nel panorama delle regole per i compensi dei professionisti nel campo della ristrutturazione (facendo riferimento nozionistico, per la definizione della figura, alla Direttiva UE 2019/1023).
La scelta di dettare un’autonoma disciplina per la regolazione del compenso è coerente con la novità che contraddistingue la figura professionale introdotta dal legislatore, non assimilabile, per funzione, ad alcuna delle altre figure di professionisti nel campo della ristrutturazione già conosciute dall’ordinamento.
In particolare, la disposizione prevede che il compenso debba esser determinato in misura percentuale fissa sulla media dell’attivo dell’imprenditore negli ultimi tre anni, con alcuni aumenti e riduzioni, sempre in misura percentuale fissa, legati al numero dei soggetti che partecipano alla composizione negoziata della crisi e al risultato raggiunto con essa, con la valvola di chiusura di un limite minimo (euro 4.000,00) e massimo (euro 400.000,00) e con la precisazione che il compenso, sulla base di tali criteri, è determinato dalle parti e, in difetto di accordo, dalla commissione di cui all’art. 3, comma 6.
Il primo profilo di novità è ravvisabile nella stessa scelta di disciplinare direttamente e in modo dettagliato nel Decreto Legge i criteri di determinazione del compenso, senza rinviare ad un intervento regolamentare, come avviene in genere per i professionisti nel campo della ristrutturazione o per gli altri munera collegati all’esercizio della funzione giurisdizionale: così, limitando i richiami ai primi, per il compenso del curatore del fallimento, del commissario e del liquidatore nelle procedure di concordato (regolato dal DM 25 gennaio 2012, n. 30), per il compenso dell’OCC nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (regolato dal DM 24 settembre 2014, n. 202 che rinvia al DM 25 gennaio 2012, n. 30), per il compenso degli OCRI nel procedimento di composizione assistita della crisi (regolato dall’art. 351 CCI tramite rinvio diretto o indiretto al DM 25 gennaio 2012, n. 30).
Il secondo profilo di novità, rispetto a tutte le figure di professionisti nel campo della ristrutturazione appena richiamate, consiste nell’attribuzione di rilievo solo all’attivo e non anche al passivo patrimoniale come base per la determinazione del compenso. Questa limitazione, peraltro, è compensata dall’attribuzione di rilievo al numero dei soggetti coinvolti nella composizione negoziata della crisi, tra cui i creditori, con una considerazione indiretta, quindi, del passivo coinvolto nella composizione stessa.
Il terzo profilo di novità, sempre rispetto alle altre figure di professionisti della crisi richiamate, è ravvisabile nella previsione dei criteri di calcolo sulla base di percentuali fisse, senza minimi e massimi per le singole fasce di valore o di numero, ad eccezione del limite di chiusura complessivo su indicato.
Non rappresenta invece un profilo di novità la circostanza che, ai fini della determinazione del compenso, acquisti rilievo innanzi tutto l’accordo delle parti e, solo in via suppletiva, sia azionabile uno specifico procedimento di liquidazione. Tale scelta, infatti, oltre ad essere coerente con la natura peculiare dell’esperto e delle sue funzioni, era già stata compiuta dall’ordinamento per il compenso dell’OCC nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (art. 14 DM n. 202/14) e per il compenso degli OCRI nel procedimento di composizione assistita della crisi (art. 351 CCI).
Per converso, sotto il profilo differenziale, acquista immediato rilevo la circostanza che il legislatore non solo abbia escluso la considerazione del passivo dalla determinazione del compenso, ma abbia anche previsto percentuali sull’attivo significativamente inferiori a quelle previste per il calcolo del compenso delle altre figure di professionisti nel campo della ristrutturazione. Questa scelta, complessivamente considerata, rivela la chiara volontà del legislatore di contenere i costi a carico dell’impresa per il ricorso al nuovo istituto, in ossequio al principio di economicità che deve caratterizzare le procedure concorsuali o le fasi precedenti ad esse strumentali (quale la composizione negoziata), al fine di assicurarne l’efficienza (obiettivo programmatico previsto per la regolamentazione dei compensi anche dall’art. 27 Direttiva UE 2019/1023). 
Profili di novità non sono invece ravvisabili con riguardo alla determinazione del compenso degli ausiliari previsti dagli artt. 7 e 18. Ed infatti, il riferimento all’art. 68 c.p.c., per giustificarne la nomina, e l’assenza di norme per la regolazione del relativo compenso implicano che, per la liquidazione di quest’ultimo, debba farsi riferimento alle regole previste dal DPR 30 maggio 2002, n. 115, per tutti gli ausiliari del giudice e, quindi, ai criteri fissi e variabili previsti dal DM 30 maggio 2002, i quali, come ribadito più volte anche dalla Corte Costituzionale (da ultimo, nella sentenza 15 aprile 2021 n. 102), si basano su meccanismi di commisurazione, volti a garantire la proporzionalità del compenso all’entità e alla complessità dell’opera, anche se in difetto (soprattutto alla luce del confronto con le tariffe professionali), in ragione del connotato pubblicistico che caratterizza la figura degli ausiliari del giudice. Proprio tenuto conto di quest’ultima considerazione, appare evidente l’attenzione del legislatore al rispetto del principio di economicità anche nella previsione dell’intervento di questi ausiliari nei procedimenti in questione.
Occorre, però, chiedersi se le soluzioni adottate con riferimento al compenso dell’esperto e degli ausiliari siano congrue, anche nella logica comparativa già evocata.
In quest’ottica, e facendo specifico riferimento alla naturale esigenza di contenimento dei costi, può anticiparsi la conclusione critica dell’incongruenza della scelta di calmierare i compensi dell’esperto e degli ausiliari, senza contemporaneamente introdurre una disciplina di delimitazione anche dei compensi dei professionisti che eventualmente assistano l’imprenditore nella fase di composizione della crisi, pur ponendosi tale omissione in linea con la soluzione definitiva adottata in sede di attuazione della Legge delega 19 ottobre 2017 n. 155 (l’art. 6 del D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14, infatti, pur con il dichiarato fine di assicurare il principio di economicità, si è limitato a prevedere solo un limite alla prededuzione).
2 . Il criterio base per la determinazione del compenso dell’esperto
L’art. 16 ha previsto criteri per la determinazione del compenso, articolati su basi percentuali fisse (commi 1,3,5,6), ma, come già evidenziato, con la valvola di chiusura di un limite minimo e massimo (commi 2 e 7).
In particolare, il compenso deve essere ricompreso tra un minimo di euro 4.000 ed un massimo di euro 400.000,00 (comma 2), con l’eccezione dell’ipotesi in cui l’imprenditore non compaia dinanzi all’esperto o sia disposta l’archiviazione dell’istanza di composizione della crisi, subito dopo il primo incontro (ai sensi dell’art. 5 comma 5). In tal caso, infatti, il compenso spettante all’esperto è predeterminato nell’importo fisso di euro 500,00 (comma 7).
All’interno dei limiti indicati il compenso è determinato sulla base delle seguenti percentuali calcolate sull’ammontare dell’attivo dell’imprenditore che ha presentato l’istanza di composizione della crisi (comma 1):
a) fino a euro 100.000,00, il 5 %;
b) da euro 100.000,01 e fino a euro 500.000,00, l’1,25 %;
c) da euro 500.000,01 e fino a euro 1.000.000,00, lo 0,80 %;
d) da euro 1.000.000,01 e fino a euro 2.500.000,00, lo 0,43 %;
e) da euro 2.500.000,01 e fino a euro 50.000.000,00, lo 0,10 %;
f) da euro 50.000.000,01 e fino a euro 400.000.000,00, lo 0,025 %;
g) da euro 400.000.000,01 e fino a euro 1.300.000.000,00, lo 0,008 %;
h) sulle somme eccedenti euro 1.300.000.000,00, lo 0,002 %. 
Opportunamente, il legislatore, al fine di evitare pericolose incertezze interpretative legate alla generica nozione di attivo, si è preoccupato di prevedere il criterio di determinazione della base di calcolo, su cui applicare le percentuali riportate. In particolare, ha stabilito (comma 8) che l’attivo debba essere calcolato prendendo a riferimento la media dell’attivo risultante dagli ultimi tre bilanci o, in mancanza, dalle ultime tre dichiarazioni dei redditi, con la precisazione che, se l’attività dell’impresa è iniziata da meno di tre anni, la media deve essere calcolata sui bilanci o sulle dichiarazioni dei redditi depositati dall’inizio dell’attività. A questo fine, quindi, deve farsi riferimento agli stessi documenti depositati in allegato all’istanza di nomina dell’esperto ai sensi dell’art. 5 comma 3, lett a). 
Il riferimento generico alla nozione di attivo, il rinvio alla documentazione contabile e fiscale dell’ultimo triennio ed il confronto tra la disposizione in esame e l’art. 1, comma 2, lett a), l.fall., inducono a ritenere che il legislatore abbia voluto far riferimento alla nozione di attivo patrimoniale, desumibile dall’art. 2424 c.c. e composta quindi dalle immobilizzazioni, dall’attivo circolante, dalle attività finanziarie non costituenti immobilizzazioni, dai ratei e dai risconti. A questo fine potrà quindi farsi riferimento, per risolvere eventuali dubbi interpretativi, all’elaborazione giurisprudenziale formatasi in relazione all’art. 1, comma 2, lett. a), l.fall.
Inoltre, dal combinato disposto del comma 8 dell’art. 16 e del comma 3, lett. a), dell’art. 15, si può desumere, tra l’altro, che: i) gli eventuali bilanci possono essere utilizzati ai fini del calcolo anche se non depositati presso l’ufficio del registro delle imprese; ii) ai fini della determinazione della base di calcolo per gli imprenditori in regime di contabilità semplificata si dovrà far riferimento solo alle dichiarazioni dei redditi, mentre sono irrilevanti le dichiarazioni IVA; iii) è sempre irrilevante il maggiore (o minore) attivo patrimoniale risultante dalla situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata, allegata all’istanza.
3 . Gli aumenti e le riduzioni del compenso dell’esperto
Il legislatore ha poi previsto delle forme di adeguamento (“rideterminazione”) del compenso calcolato nei termini indicati, attribuendo rilievo alla complessità della fase di composizione della crisi e al risultato della stessa. 
Sotto il primo profilo, al fine di individuare parametri obiettivi e predeterminati, si è attribuito rilievo (comma 3, lett. a,b,c) al numero dei creditori e delle parte interessate che partecipano alle trattative, stabilendo che il compenso calcolato sull’attivo, fermi i limiti minimi e massimi previsti dal comma 3, sia aumentato del 25 % se questo numero è ricompreso tra 21 e 50, sia aumentato del 35 % se è superiore a 50, mentre sia ridotto del 40 %, se è inferiore a 5, con la precisazione (comma 4) che, ai fini del calcolo degli aumenti così previsti, non si tiene conto dei lavoratori e delle rappresentanze sindacali. Peraltro, gli eventuali incontri con le rappresentanze sindacali non sono irrilevanti, poiché in tal caso si prevede che il compenso debba essere aumentato di euro 100,00 per ogni ora di presenza risultante dai rapporti redatti ai sensi dell’art. 4 comma 8. Come già evidenziato, con questa forma di adeguamento viene recuperata, anche se solo indirettamente ed in termini lati, la rilevanza del passivo dell’imprenditore considerato ai fini della composizione della crisi. Ma, oltre ai creditori, vengono in considerazione anche tutte le altre parti interessate alla composizione che entrino nelle trattative e con le quali l’esperto sia chiamato a relazionarsi. Tra queste ultime, ad esempio, assumono rilievo le controparti di contratti (non ancora creditrici) o i possibili finanziatori considerati dall’art. 10, mentre non assume autonomo rilievo l’organo di controllo dell’imprenditore (che non può essere certo considerato come una “parte” interessata). La previsione di una percentuale fissa collegata solo al numero dei creditori e delle parti interessate, comunque, esclude che possa essere valutata la complessità o meno delle attività in cui sia stato coinvolto l’esperto o la partecipazione di quest’ultimo agli incidenti giurisdizionali previsti dagli artt. 7 e 10.  
Sotto il secondo profilo, invece, si è previsto che: i) il compenso determinato sulla base dell’attivo sia aumentato del 10 % in caso di vendita del complesso aziendale o di individuazione di un acquirente da parte dell’esperto (comma 3, lett. d); ii) il compenso sia aumentato del 100 % in tutti i casi in cui, anche successivamente alla redazione della relazione finale di cui all’art. 5, comma 8, si concludono il contratto, la convenzione o gli accordi di cui all’art. 11, commi 1 e 2 (comma 5); iii) il compenso così maggiorato sia ulteriormente aumento del 10 % se l’esito delle trattative è consistito nell’accordo previsto dall’art. 11, comma 1, lett. c), sottoscritto dall’esperto (comma 6). Questi aumenti, valorizzando il risultato finale dell’attività dell’esperto, esprimono una chiara logica premiale (e quindi incentivante) per la sua attività. Attraverso di essi, inoltre, si recupera, almeno in parte, la riduzione delle percentuali sull’attivo su evidenziata e la rigidità del meccanismo a percentuali fisse calcolate solo su valori contabili e numerici. Dal confronto delle tre disposizioni in questione, della loro formulazione letterale e della loro collocazione all’interno dell’articolo, si può poi desumere che: i) l’aumento del 10 % si può riconoscere solo in caso di vendita dell’azienda nel corso delle trattative o al termine di esse, eventualmente, in esito ai possibili sbocchi previsti dall’art. 11 e, tra questi, anche il concordato semplificato disciplinato dall’art. 18; ii) l’aumento può essere riconosciuto anche in caso di vendita dell’azienda in un secondo momento, slegata dagli esiti della composizione negoziata, se l’acquirente era stato individuato dall’esperto; iii) l’individuazione di un potenziale acquirente da parte dell’esperto senza vendita dell’azienda esclude l’applicabilità dell’aumento; iiii) la base del calcolo di quest’aumento deve essere individuata solo nella somma determinata con le percentuali sull’attivo, senza tener conto degli aumenti e delle riduzioni legati al numero dei partecipanti; iiiii) l’aumento del 100 % deve essere calcolato sull’importo che si ottiene applicando la percentuale prevista sull’attivo, aggiungendo o sottraendo le somme corrispondenti alle percentuali previste per il numero dei partecipanti alla composizione negoziata ed aggiungendo eventualmente la percentuale per la vendita dell’azienda; iiiiii) l’aumento del 10 % per la sottoscrizione dell’accordo previsto dall’art. 11, comma 1, lett. c) deve essere calcolato sull’importo già eventualmente maggiorato del 100 % per l’esito delle trattative.
4 . Il compenso dell’esperto nella composizione negoziata del gruppo di imprese e delle imprese sotto soglia
In sede di conversione è stato aggiunto nell’articolo in esame il comma 1-bis, con la finalità di risolvere i dubbi che si sarebbero posti per la determinazione della base di calcolo del compenso nel caso di composizione negoziata condotta in modo unitario per un gruppo di imprese: in questa ipotesi “il compenso dell’esperto designato è determinato esclusivamente tenendo conto della percentuale sull’ammontare dell’attivo di ciascuna impresa istante partecipante al gruppo”. In realtà, la formulazione della disposizione lascia il dubbio se le percentuali previste dal comma 1 debbano calcolarsi sull’attivo di ciascuna impresa del gruppo partecipante alla composizione, sommando i relativi importi, ovvero debbano calcolarsi una sola volta sulla somma degli attivi di tali società. La soluzione preferibile sembra la prima, poiché idonea ad assicurare un compenso più adeguato all’articolazione su più livelli dell’attività dell’esperto e più coerente con la formulazione letterale della disposizione (che richiama gli attivi di ciascuna impresa del gruppo, ma non fa riferimento espresso alla somma degli stessi). Un altro dubbio ingenerato dalla formulazione della disposizione riguarda poi l’applicabilità in tal caso delle maggiorazioni o riduzioni esaminate nel paragrafo precedente, tenuto conto dell’uso dell’avverbio “esclusivamente”. Tuttavia, tenuto conto della collocazione della previsione, subito dopo il comma relativo alle percentuali sull’attivo e prima della disciplina degli aumenti e delle riduzioni, e dell’oggettiva irragionevolezza di una soluzione che porti a riconoscere all’esperto un importo minore per le attività più complesse e a negare in tal caso l’operatività della logica premiale, sembra preferibile la soluzione interpretativa secondo cui le maggiorazioni e riduzioni previste dai commi 3,5,6 trovino applicazione anche in tal caso, con la precisazione che: i) la maggiorazione prevista dal comma 3, lett. d), deve essere applicata sull’importo calcolato a percentuale sull’attivo della società, la cui azienda è stata venduta; ii) la maggiorazione prevista dai commi 5 e 6 deve essere applicata sulla somma degli importi calcolati secondo le percentuali previste sull’attivo delle società del gruppo cui si riferiscano i contratti, le convenzioni e gli accordi raggiunti in esito alla composizione negoziata. Sulla base di queste premesse, può ritenersi quindi che l’avverbio “esclusivamente” esprima la volontà del legislatore di chiarire solo l’esclusione dalla base di computo del compenso dell’attivo delle società del gruppo non istanti.
Altra ipotesi peculiare considerata dal legislatore ai fini della determinazione del compenso è quella delle imprese in possesso dei requisiti di cui all’art. 1, comma 2, l.fall. Per esse l’art. 17 prevede che si applichino tutte le previsioni contenute nell’art. 16 “in quanto compatibili”. In particolare, se ai fini del calcolo del compenso sull’attivo e dell’aumento o della riduzione in ragione del numero dei soggetti che partecipano alle trattative, non si rendono necessarie particolari operazioni ermeneutiche di adattamento, con riferimento invece agli aumenti legati all’esito delle trattative, va specificato che: i) l’aumento del 100 % previsto dall’art. 16, comma 5, può essere riconosciuto solo nel caso in cui, all’esito delle trattative, siano stipulati gli accordi e i contratti previsti dall’art. 17, comma 4, lett a), b), c), in quanto soluzioni corrispondenti a quelle previste dall’art. 11, commi 1 e 2; ii) l’aumento del 10 % previsto dall’art. 16, comma 6, può essere riconosciuto nel caso in cui, all’esito delle trattative, sia stipulato l’accordo previsto dall’art. 17, comma 4, lett b), in quanto soluzione corrispondente a quella prevista dall’art. 11, comma 1, lett. c).
5 . Il rimborso delle spese e l’acconto dell’esperto
L’art. 16 prevede, poi, che all’esperto, in aggiunta al compenso, sia riconosciuto il rimborso delle spese sostenute e “necessarie per l’adempimento dell’incarico”, purché documentate (comma 9). Il riferimento alla “necessità” implica che il rimborso può essere riconosciuto solo una volta verificata la strumentalità delle spese all’adempimento dell’incarico, la non evitabilità, secondo canoni di ragionevolezza, e la congruità.
Tra le spese rimborsabili, non rientrano per espressa previsione, quelle sostenute per avvalersi dei soggetti di cui all’art. 4, comma 2, ovvero “di soggetti dotati di specifica competenza, anche nel settore economico in cui opera l’imprenditore, e di un revisore legale”. Inoltre, non è previsto un rimborso forfettario (destinato a coprire le spese non documentabili), a differenza di quanto previsto, in generale, in tutti i parametri normativi previsti per le professioni intellettuali e, nello specifico, nella regolamentazione del compenso delle altre figure di professionisti nel campo della ristrutturazione (è sufficiente richiamare al riguardo l’art. 4, comma 2, DM 30/12). 
Queste limitazioni del rimborso spese costituiscono ulteriore dimostrazione del forte condizionamento del principio di economicità sulle scelte del legislatore, come già evidenziato nell’introduzione.
L’art. 16 prevede, inoltre, la possibilità di attribuire all’esperto un acconto non superiore ad un terzo del presumibile compenso finale, tenendo conto dei risultati ottenuti e dell’attività prestata, purché siano trascorsi almeno sessanta giorni dall’accettazione dell’incarico (comma 12). Nonostante il riferimento al “presumibile compenso finale”, la base di calcolo dell’acconto è inevitabilmente limitata alla somma calcolata sull’attivo, con l’aumento o la riduzione in ragione del numero dei soggetti che hanno partecipato alle trattative fino alla richiesta di pagamento dell’acconto, mentre non possono essere considerati gli ulteriori aumenti legati alla verifica dei risultati finali della composizione negoziata (non essendo, questi, prevedibili).
La disposizione non specifica come possa essere ottenuto il pagamento dell’acconto, ma deve ritenersi applicabile al riguardo la disciplina contenuta nel comma 10, di seguito esaminata.
6 . Gli aspetti critici della disciplina sul compenso dell’esperto
La disciplina del compenso dell’esperto contenuta nell’art. 16, ricostruita nei termini anzi detti, si presta ad alcune osservazioni critiche.
La prima riguarda la stessa scelta del legislatore di prevedere direttamente nella fonte normativa primaria tutti i criteri di determinazione del compenso, senza ricorrere ad interventi regolamentari: questa soluzione, infatti, renderà sicuramente più complicato nel futuro qualsiasi tentativo di correzione o adeguamento dei valori, essendo necessario ricorrere al procedimento legislativo.
La seconda riguarda la scelta del riferimento documentale per accertare la base di calcolo della percentuale sull’attivo. In particolare, la limitazione di questa base documentale alla documentazione contabile e fiscale del triennio antecedente il deposito dell’istanza (comma 8), con l’implicita esclusione della possibilità di far riferimento anche alla situazione patrimoniale aggiornata depositata in allegato all’istanza, può condurre a risultati incongrui nella determinazione del compenso, laddove la situazione dell’attivo, con cui l’esperto dovrà confrontarsi nelle trattative per la composizione della crisi, sia significativamente diversa da quella risultante dagli ultimi bilanci o dalle ultime dichiarazioni dei redditi. Inoltre, desta perplessità l’individuazione della documentazione di riferimento per l’accertamento dell’attivo patrimoniale con riguardo agli imprenditori che operino in regime di contabilità semplificata o che comunque non siano tenuti alla redazione dei bilanci. Per questi ultimi, infatti, la disposizione ha previsto che si debbano utilizzare le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni. Ma, dalla dichiarazione dei redditi non può desumersi alcun elemento utile per la determinazione dell’attivo patrimoniale, se non con riferimento al magazzino o più in generale alle società soggette ai tests di operatività. Le criticità considerate, peraltro, possono essere superate, qualora si condivida una soluzione interpretativa che attribuisca alla selezione legislativa della documentazione di riferimento nel periodo considerato un valore solo tendenziale, con ammissione della possibilità di far riferimento a tutta la documentazione che l’imprenditore depositi in allegato all’istanza o che l’esperto comunque acquisisca durante la composizione negoziata. 
La terza, e più rilevante, criticità riguarda la calmierizzazione del compenso dell’esperto perseguita dal legislatore. Premessa la condivisibile attenzione al principio di economicità, anche nell’ottica di non aggiungere ulteriori oneri economici rilevanti nelle ipotesi in cui, all’esito della composizione negoziata, si pervenga all’instaurazione di una procedura concorsuale tradizionale, va osservato che le scelte del legislatore rischiano di condurre a liquidazioni di compensi non sufficientemente adeguati e possono dar luogo ad un’irragionevole disparità di trattamento rispetto alle altre figure di professionisti nel campo della ristrutturazione, con il rischio di svilire al ribasso la nuova figura introdotta, condizionandone quella professionalità, che costituisce la sicura chiave di volta per il successo della riforma.
In questa prospettiva, assumono rilievo innanzi tutto le limitazioni del rimborso delle spese analizzate riepilogate nel paragrafo precedente. In particolare, l’esclusione del rimborso delle spese generali appare, di per sé, irragionevole, tenuto conto delle spese non documentabili cui l’esperto è naturalmente esposto per l’esercizio in forma organizzata della sua attività professionale, mentre l’esclusione del rimborso delle spese sostenute per il ricorso a professionalità esterne, laddove queste siano necessarie o evidentemente utili per il risultato delle trattative, rischiano di pregiudicare sotto il profilo qualitativo l’opera dell’esperto, richiedendosi allo stesso competenze eterogenee difficilmente concentrabili con elevato livello di qualificazione in un’unica persona fisica, pur a seguito della frequentazione degli specifici corsi di formazione (come la competenza nel settore contabile, nel settore aziendale, nel diritto contrattuale, in tutti i possibili settori commerciali di riferimento e nella facilitazione delle trattative).
Riguardo, poi, ai criteri di determinazione del compenso, si può evidenziare che: i) la previsione di un compenso predeterminato dell’importo di euro 500,00 nell’ipotesi in cui l’imprenditore non compaia o sia disposta l’archiviazione dell’istanza di composizione della crisi, subito dopo il primo incontro, appare eccessivamente riduttiva, tenuto conto dell’attività di studio e preparazione cui l’esperto è chiamato in vista dell’incontro; ii) l’esclusione dell’aumento premiale del compenso nelle ipotesi in cui, all’esito delle trattative e proprio grazie all’attività dell’esperto, si pervenga alla presentazione di un concordato preventivo o addirittura in un concordato semplificato, ai sensi dell’art. 18, nel quale peraltro l’esperto è anche chiamato a rendere un parere sui risultati della liquidazione, appare irragionevole (in particolare, questa irragionevolezza appare più evidente, se si considera in termini comparativi l’applicabilità dell’aumento nell’ipotesi in cui si pervenga invece ad un accordo di ristrutturazione dei debiti); iii) più in generale, la quantificazione del compenso dell’esperto, caratterizzata dalla contrazione delle percentuali sull’attivo, dalla previsione solo di percentuali fisse, anche per gli aumenti, e dall’omessa considerazione del passivo (solo in parte recuperata dalla considerazione del numero dei partecipanti alle trattative), appare forse troppo riduttiva. 
A tal riguardo si può ricorrere ad un esempio per supportare la riflessione con un confronto numerico concreto. Si pensi ad un’impresa con attivo ricompreso nella fascia presumibilmente più frequente, ovvero tra euro 2.500.000,00 ed euro 50.000.000,00, e con trattative coinvolgenti un numero di soggetti ricompreso tra 21 e 50. In particolare, ipotizzando che l’attivo di riferimento sia pari a euro 30.000.000,00, il compenso base sarà pari ad euro 30.000,00, che, in applicazione dell’aumento per il numero dei partecipanti, diverrà pari ad euro 37.500,00 e, in caso di applicazione dell’aumento previsto per la vendita dell’azienda, potrà arrivare ad euro 40.500,00 (questa, ad esempio, sarà la somma massima liquidabile in caso di sbocco della composizione nella procedura di concordato semplificato, anche per l’attività che l’esperto sia chiamato a compiere all’interno di esso). Nell’ipotesi, poi, che si pervenga ad una delle soluzioni previste dai commi 1 e 2 dell’art. 11, il compenso sarà pari ad euro 81.000,00, che diverrà pari ad euro 89.100,00, nel caso di sottoscrizione dell’accordo di cui all’art. 11, comma 1, lettera c. Simile importi, anche eventualmente maggiorati della somma di euro 100,00 per ogni ora di incontro con le rappresentanze sindacali, appaiono, di per sé, riduttivi, se si considerano tutte le attività cui l’esperto è chiamato (inclusa la partecipazione agli incidenti giurisdizionali previsti dagli artt. 7 e 10) e la complessità del confronto con un ceto creditorio ripartito su importi intuibilmente rilevanti, con un attivo come quello su indicato. Questa considerazione è rafforzata dal confronto comparativo con il compenso che sarebbe riconosciuto, ad esempio, al commissario giudiziale in una procedura di concordato preventivo ordinario della stessa impresa, anche ipotizzando che l’attivo effettivo ed aggiornato dell’impresa (base di calcolo del compenso del commissario) sia pari alla media dell’attivo dell’ultimo triennio (base di calcolo del compenso dell’esperto) e un passivo debitorio pari all’attivo. In tal caso, infatti, il compenso medio del commissario, applicando i parametri medi previsti dall’art. 5 DM n. 30/12, sarebbe liquidato in circa euro 330.000,00 (senza tener conto del rimborso forfettario), importo che si ridurrebbe fino ad importi medi ricompresi euro 60.000,00-100.000,00 nell’ipotesi di limitazione dell’attività alla fase c.d. “in bianco” della procedura di concordato. Nello specifico, se si compara il compenso dell’esperto anche solo a quest’ultimo importo, con l’aggravante della forte limitazione del rimborso delle spese prevista per il primo e, se si considera che l’esperto, al pari del commissario, deve analizzare nel dettaglio la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa e seguirne l’attività nella fase della composizione, ma, in aggiunta, deve impostare e seguire le trattative con i creditori, partecipare attivamente agli incidenti giurisdizionali previsti dagli art. 7 e 10, redigere la relazione finale ai sensi dell’art. 5 comma 8 e (nell’esempio considerato) anche sottoscrivere l’accordo ai sensi dell’art. 11, comma 1 lett. c), la disparità di trattamento economico in termini penalizzanti appare evidente.
7 . La determinazione convenzionale e giudiziale del compenso dell’esperto
Come anticipato nell’introduzione, l’art. 16, ai fini della determinazione concreta del compenso, attribuisce rilievo innanzi tutto all’accordo delle parti, prevedendo che, solo in mancanza di esso, sia liquidato dalla commissione che ha provveduto alla sua nomina (comma 10).
Il riferimento all’accordo, in difetto di ulteriori specificazioni, implica che le parti potranno determinare il compenso anche prescindendo dai limiti quantitativi previsti dallo stesso articolo, ma in tal caso si può porre il problema del riconoscimento della prededuzione del compenso per intero, anche per la parte eccedente i limiti previsti dalla norma (v. infra). In ogni caso, per evitare eventuali distorsioni in questa prospettiva, è auspicabile che la determinazione convenzionale sia ricercata solo al termine dell’attività dell’esperto, dopo il deposito della relazione finale di cui all’art. 5, comma 8, e dopo aver verificato la conclusione delle trattative con i possibili esiti previsti dall’art. 11.
Laddove l’accordo non sia raggiunto, la determinazione del compenso deve avvenire applicando solo i criteri previsti dall’articolo in esame e vi provvede innanzi tutto la commissione di cui all’art. 3 comma 6. Il “provvedimento”, per espressa previsione, “costituisce prova scritta idonea a norma dell’art. 633, primo comma, numero 1), del codice di procedura civile nonché titolo per l’esecuzione provvisoria ai sensi dell’art. 642 del codice di procedura civile”. La scelta di rimettere alla commissione la liquidazione del compenso e ad un successivo e conseguente procedimento giurisdizionale la formazione del titolo esecutivo è giustificata dalle competenze della commissione e dalla sua natura amministrativa, anche se ragioni di economia e speditezza avrebbero forse reso più opportuno prevedere una liquidazione giudiziale diretta (analogamente a quanto previsto ad esempio per il compenso dell’OCRI dall’art. 251 CCI).
Il legislatore non ha dettato alcuna regola per il procedimento di liquidazione del compenso da parte della commissione, ma si può ritenere che: i) esso debba essere introdotto con specifica istanza scritta dell’esperto rivolta alla commissione e contenente il riepilogo dell’attività svolta, dei valori e dei dati numerici rilevanti ai fini della determinazione del compenso, con l’allegazione della relativa documentazione di riscontro; ii) all’istanza debba essere allegata anche tutta la documentazione necessaria per dimostrare le spese sostenute dall’esperto; iii) la commissione debba provvedere inaudita altera parte, senza alcuna forma di coinvolgimento dell’impresa nel procedimento; iiii) la commissione, nel caso di istanza caratterizzata da allegazioni insufficienti, possa invitare l’esperto a provvedere alle relative integrazioni.
Il provvedimento di liquidazione della commissione, per espressa previsione legislativa, consente all’esperto il ricorso alla tutela monitoria prevista dagli artt. 633 e ss. c.p.c. e di ottenere la pronuncia di un decreto provvisoriamente esecutivo ai sensi dell’art. 642 c.p.c. Questa soluzione è coerente con la natura amministrativa della decisione della commissione (non a caso qualificata come “provvedimento”) ed individua un percorso celere per l’ottenimento di un titolo immediatamente esecutivo. Peraltro, il ricorso al procedimento per decreto ingiuntivo, tenuto conto della formulazione della norma, deve ritenersi meramente facoltativo per l’esperto, il quale può in alternativa optare per l’instaurazione di un giudizio ordinario o di un procedimento sommario ex art. 702 bis c.p.c. In caso di ricorso al decreto ingiuntivo, l’impresa, ove intenda contestare la liquidazione del compenso da parte della commissione, può proporre opposizione ai sensi degli artt. 645 c.p.c. In particolare, nel giudizio di opposizione possono essere fatti valere, in relazione provvedimento di liquidazione della commissione, sia eventuali vizi formali sia vizi di merito, riguardanti la corretta applicazione dei criteri previsti dall’art. 16. Nell’ipotesi in cui il giudice dell’opposizione accerti l’esistenza di vizi formali o di merito del provvedimento di liquidazione della commissione, con la sentenza definitiva provvede alla revoca del decreto ingiuntivo e alla condanna dell’impresa al pagamento dell’importo ritenuto corretto.
La disposizione in esame non prevede la possibilità per l’esperto di contestare la liquidazione della commissione. Peraltro, una volta riconosciuta la natura amministrativa del provvedimento di liquidazione, nulla esclude che egli possa presentare alla commissione un’istanza di revisione del provvedimento in autotutela. Inoltre, sulla scorta di semplici considerazioni interpretative orientate al rispetto del canone ricavabile dall’art. 24 Cost, si deve ritenere che l’esperto possa contestare tale liquidazione in sede giurisdizionale e quindi che possa instaurare un giudizio per ottenere la condanna dell’imprenditore al pagamento di un importo maggiore di quello liquidato dalla commissione, allegando e dimostrando i profili di erroneità del provvedimento. In questa ipotesi, ci si può chiedere se l’esperto, per chiedere la condanna dell’imprenditore al pagamento un importo maggiore di quello liquidato dalla commissione debba instaurare un giudizio ordinario (o un procedimento ex art. 702 bis c.p.c.) oppure possa anche ricorrere alla tutela monitoria, chiedendo direttamente l’emissione del decreto ingiuntivo per l’importo maggiore. In linea teorica può rispondersi affermativamente al quesito, ma in concreto la possibilità di ottenere la pronuncia del decreto anche per somme eccendenti l’importo liquidato dalla commissione dipende dalla possibilità di allegare una prova scritta rispondente alle caratteristiche previste dagli art. 633 e ss. c.p.c., idonea a provare l’esigibilità delle stesse. In ogni caso, anche ammettendo il ricorso alla tutela monitoria per un importo maggiore, la possibilità di ottenere la provvisoria esecuzione, in base al comma 10 dell’art. 16, deve essere limitata all’importo risultante dal provvedimento di liquidazione, fermo restando che il ricorrente può chiedere la concessione della provvisoria esecuzione anche per le somme eccedenti l’importo liquidato, qualora ricorrano in generale le condizioni di cui all’art. 642 c.p.c. (prima, fra tutte, il pericolo di insolvenza).
Fatta questa precisazione, ci può allora chiedere se il ricorso alla liquidazione della commissione sia un passaggio necessario per accedere alla tutela giurisdizionale da parte dell’esperto e quindi se si traduca in una sorta di presupposto di esigibilità del credito o di condizione di procedibilità della sua domanda. Pur tenuto conto dell’incipit della disposizione (“in mancanza di accordo tra le parti, il compenso è liquidato), deve preferirsi la soluzione negativa per la mancanza di previsioni espresse in tal senso (come deve avvenire per ogni forma di condizionamento del diritto di azione) e, più in generale, per la mancanza di una disciplina che regoli, anche sotto il profilo procedimentale e soprattutto dei termini, il rapporto tra la fase dinanzi la commissione e la fase giudiziale. Si deve quindi concludere che il fine della disposizione sia solo quello di consentire all’esperto di ottenere un “provvedimento” che gli consenta l’agevole accesso alla tutela monitoria, con possibilità di ottenere nell’immediato un titolo provvisoriamente esecutivo, ma nulla esclude che l’esperto possa ricorrere alla tutela giurisdizionale senza richiedere la liquidazione (o che l’impresa possa previamente instaurare una causa di accertamento dell’ammontare del compenso nei suoi confronti).
8 . La prededuzione del compenso dell’esperto
L’art. 16, con chiare finalità di favor per l’esperto, prevede anche che il suo compenso “è prededucibile ai sensi dell’art. 111, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942 n. 267”. In questo modo la prededuzione del compenso rientra tra quelle oggetto di selezione legislativa diretta (cui fa riferimento la prima parte del secondo comma dell’art. 111) e si sottrae quindi alle verifiche richieste per le ulteriori prededuzioni secondo i presupposti dell’occasionalità e della funzionalità con le procedure concorsuali (come previsto dalla seconda parte del secondo comma dell’art. 111). 
In particolare, escluso che la fase di composizione della crisi sia una procedura concorsuale (e che quindi possa venire in rilevo il presupposto dell’occasionalità), la previsione elimina alla radice i rischi collegati alle incertezze interpretative riguardanti il presupposto della funzionalità, anche se allo stato attuale dell’arte giurisprudenziale (ed in attesa dell’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, a seguito dell’ordinanza di rimessione 23 aprile 2021 n. 10885) sarebbe stato difficile negare la prededuzione del credito dell’esperto nelle procedure concorsuali instaurate all’esito delle trattative, ai sensi dell’art. 11, o anche in un secondo momento, ma come conseguenza della stessa situazione di crisi/insolvenza.
Ci si deve chiedere, invece, se la previsione consenta di riconoscere la prededucibilità del credito anche nelle procedure concorsuali instaurate in un secondo momento, ma come conseguenza di una situazione di crisi/insolvenza slegata da quella cui si è riferita l’attività dell’esperto. Al quesito deve darsi risposta negativa, poiché le specifiche disposizioni di legge che prevedono prededuzioni di crediti collegati ala ristrutturazione di situazione di crisi/insolvenza devono ritenersi relative solo alle procedure concorsuali che siano aperte sul presupposto della medesima situazione o della sua naturale evoluzione (secondo i principi interpretativi elaborati in materia di consecuzione delle procedure, individuata come limite esterno alle corsie preferenziali nel trattamento dei crediti di massa). Del resto, la Corte di Cassazione ha già avuto modo di affermare tale principio per le prededuzioni previste da specifiche disposizioni di legge, anche se con riferimento ai crediti dei professionisti nei rapporti tra concordato e fallimento, come di desume anche dalla motivazione dell’ordinanza di rimessione del 23 aprile 2021 n. 10885.
Come anticipato nell’introduzione, altro dubbio che si può porre in relazione alla disposizione in commento è quello della sua applicabilità anche nell’ipotesi in cui l’esperto concordi con l’impresa un compenso maggiore di quello risultante dall’applicazione dei criteri previsti dall’art. 16. Tenuto conto della chiara finalità perseguita dal legislatore con la predeterminazione dettagliata dei criteri di calcolo del compenso e della previsione della prededuzione nel medesimo contesto, appare preferibile una soluzione interpretativa che, in tal caso, limiti il riconoscimento della prededuzione solo alla quota di compenso rispondente ai suddetti criteri.
9 . I compensi degli ausiliari previsti dagli artt. 7 e 18
L’art. 7, comma 4, prevede che il tribunale nel procedimento relativo alle misure protettive e cautelari “nomina, se occorre, un ausiliario ai sensi dell’art. 68 del codice di procedura civile”, mentre l’art. 18, comma 3, prevede che il tribunale nel procedimento di concordato preventivo “nomina un ausiliario ai sensi dell’art. 68 del codice di procedura civile”.
Come già anticipato nell’introduzione, nella riforma non è stata inserita alcuna norma riguardante il compenso di tali ausiliari. Pertanto, esso deve ritenersi regolato, come per tutti gli ausiliari previsti dall’art. 68, dalle regole procedimentali previste dagli artt. 52 e 53 disp.att. c.p.c. e dagli artt. 71 e 168 DPR 30 maggio 2002, n. 115, e dalle regole di liquidazione previste dagli artt. 49-56 DPR 30 maggio 2002, n. 115 e dal DM 30 maggio 2002, emanato in attuazione dell’art. 50.
Ne consegue, tra l’altro, che: i) il compenso è liquidato con decreto, costituente titolo esecutivo, dal giudice che ha provveduto alla nomina, previa istanza dell’ausiliario, che deve essere depositata, a pena di decadenza, entro 100 giorni dal deposito della relazione (o del parere, nel caso dell’ausiliario nominato nel procedimento di concordato semplificato); ii) il decreto di liquidazione deve indicare la parte tenuta al pagamento, invero coincidente sempre con l’impresa, anche nel caso di ausiliario nominato nel procedimento ex art. 7, tenuto conto della sua finalità; iii) all’ausiliario è riconosciuto il rimborso delle spese documentate, purché congrue e necessarie per l’adempimento dell’incarico, mentre le spese di viaggio sono liquidate in base alle tariffe di prima classe sui servizi di linea, esclusi gli aerei, salvo che l’ausiliario sia stato previamente autorizzato dal giudice ad avvalersi di altri mezzi; iiii) tra le spese rimborsabili rientrano anche quelle dei prestatori d’opera di cui l’ausiliario sia stato autorizzato ad avvalersi da parte del giudice, purché rispondenti, sotto il profilo della congruità, agli stessi criteri di determinazione del compenso degli ausiliari; iiiii) all’ausiliario può essere riconosciuto un fondo spese per l’adempimento dell’incarico; iiiiii) il compenso dell’ausiliario deve essere determinato secondo i criteri previsti dagli artt. 2 e ss. della tabella allegata al DM 30 maggio 2002, individuando la voce di riferimento in base all’oggetto dell’attività demandatagli dal giudice; iiiiiii) in particolare, ipotizzando i possibili oggetti dell’intervento degli ausiliari nei procedimenti disciplinati dagli artt. 7 e 18, i parametri più probabili sono quelli previsti dall’art. 2 (incarico in materia amministrativa, contabile e fiscale), dall’art. 3 (incarico in materia valutazione di aziende, enti patrimoniali, situazioni aziendali, patrimoni, avviamento, diritti a titolo di risarcimento di danni, diritti aziendali e industriali nonché relativi a beni mobili in genere), dall’art. 4 (incarico in materia di bilancio e relativo conto dei profili e perdite), dall’art. 5 (incarico in materia di inventari, rendiconti e situazioni contabili), dall’art. 10 (incarico in materia di accertamento di retribuzioni o di contributi previdenziali, assicurativi, assistenziali e fiscali e ogni altra questione in materia di rapporto di lavoro) e dall’art. 13 (incarico in materia di estimo); iiiiiiii) nel caso in cui l’incarico sia riconducibile a più di una delle previsioni contenute negli artt. 2 e ss., è possibile una liquidazione cumulativa, sommando i compensi previsti da ciascuna delle previsioni che vengano in considerazione; iiiiiiiii) nel caso in cui l’incarico non sia riconducibile ad alcuna delle previsioni contenute negli artt. 2 e ss. ovvero sia riconducibile solo parzialmente ad una o più di esse (assumendo un contenuto più ampio di quello considerato dalle previsioni normative), il compenso deve essere liquidato secondo il criterio delle vacazioni previsto dall’art. 1 del DM 30 maggio 2002; iiiiiiiiii) nel caso in cui l’incarico sia riconducibile ad una o più delle previsioni contenute negli artt. 2 e ss., non è possibile riconoscere alcun compenso integrativo per il tempo riferibile agli spostamenti, agli incontri con le parti, all’accesso in tribunale; iiiiiiiiiii) nel caso in cui l’incarico sia riconducibile ad una o più delle previsioni contenute negli artt. 2 e ss., il compenso può essere aumentato fino al doppio; iiiiiiiiiiii) nel caso in cui l’ausiliario non termini l’incarico entro il termine assegnato dal giudice, per il compenso a vacazioni non si tiene conto del periodo successivo alla scadenza del termine, mentre gli altri compensi sono ridotti di un terzo; iiiiiiiiiiiii) nel caso in cui l’incarico sia conferito a più ausiliari collegialmente, il compenso globale è determinato sulla base di quello spettante al singolo, aumentato del quaranta per cento per ciascuno degli altri componenti del collegio, a meno che il tribunale non disponga dispone che ognuno degli incaricati deve svolgere personalmente e per intero l'incarico affidatogli; iiiiiiiiiiiiii) il decreto di liquidazione può essere impugnato dall’impresa o dall’ausiliario nelle forme previste dall’art. 15 D.Lgs. 1° settembre 2011, n. 150, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento (Corte Cost. 12 maggio 2016 n. 106).
Per confrontarsi con una dimensione quantitativa del compenso degli ausiliari, si può riprendere l’esempio contenuto nel paragrafo 6 (impresa, caratterizzata da un attivo e un passivo di euro 30.000.000). Se deve applicarsi il criterio delle vacazioni (ipotesi non improbabile, soprattutto per l’ausiliario nominato nel procedimento di concordato semplificato, tenuto conto dell’eterogeneità dell’attività che gli possono essere demandate e del fatto che esse non sono pienamente sovrapponili alle previsioni contenute negli artt. 2 e ss. della tabella allegata al DM 30 maggio 2002), il compenso difficilmente potrà essere liquidato in una somma superiore ad euro 3.000,00 (si consideri infatti che 350 vacazioni, corrispondenti a 700 ore di lavoro dell’ausiliario, giustificano una liquidazione di euro 2859,03). Se, invece, si possono applicare i criteri previsti dagli artt. 2 e ss. della tabella allegata al DM 30 maggio 2002, anche ipotizzando l’operatività di più di uno di essi e dell’aumento per l’eccezionalità dell’incarico, il compenso difficilmente potrà essere superiore ad euro 30.000,00-40.000,00. Ed infatti, nell’esempio considerato, il compenso può essere determinato in una somma ricompresa tra euro 5.1116,32 ed euro 10.256,34 (in caso di applicazione dell’art. 2), in una somma pari alla metà di quella precedente (in caso di applicazione dell’art. 3), in una somma ricompresa tra euro 145,12 ed euro 1606,80 (in caso di applicazione dell’art. 4), in una somma ricompresa tra euro 145,12 ed euro 970,42 (in caso di applicazione dell’art. 5), in una somma ricompresa tra euro 145,12 ed euro 582,05 (in caso di applicazione dell’art. 10), in una somma ricompresa tra euro 145,12 ed euro 2271,12 (in caso di applicazione dell’art. 13).
Questo esempio consente di estendere anche agli ausiliari in questione buona parte delle considerazioni critiche già svolte con riferimento al compenso dell’esperto. In particolare, suscita perplessità soprattutto il compenso dell’ausiliario nominato nel procedimento di concordato semplificato, tenuto conto delle peculiarità delle funzioni affidategli, speculari a quelle del commissario nominato nel procedimento di concordato ordinario, anche se in misura ridotta. Ed infatti, anche riuscendo ad evitare il ricorso al criterio delle vacazioni, la quantificazione del compenso che si ottiene sulla base degli altri criteri indicati non appare comunque adeguata, tanto più ove si consideri in termini comparativi il compenso liquidabile al commissario in un procedimento di concordato ordinario (nell’esempio considerato pari a più del doppio di quello dell’ausiliario, in caso di limitazione del procedimento alla fase in bianco, e a dieci volte quello dell’ausiliario, in caso di procedimento completo).
Infine, va evidenziato che il legislatore non ha esteso agli ausiliari la regola espressa della prededuzione del compenso prevista per l’esperto. Peraltro, non si pongono particolari dubbi sulla prededucibilità dei crediti in questione sulla base dei presupposti dell’occasionalità e della funzionalità previsti dalla seconda parte del secondo comma dell’art. 111 l.fall. Ed infatti, il compenso dell’ausiliario nominato nel procedimento ex art. 7, proprio tenuto conto delle finalità di quest’ultimo e del collegamento dell’attività del professionista con l’esercizio della funzione giurisdizionale, può ritenersi funzionale alle procedure concorsuali instaurate all’esito delle trattative o anche in un momento successivo, se dipendenti dalla stessa situazione di crisi/insolvenza. Invece, il compenso dell’ausiliario nominato nella procedura di concordato semplificato deve ritenersi sicuramente assistito del requisito dell’occasionalità, considerato il contesto in cui matura. Ovviamente, per entrambi i crediti valgono le considerazioni già svolte con riferimento al compenso dell’esperto, circa l’inoperatività della prededuzione nelle procedure concorsuali instaurate in un secondo momento, sul presupposto di una situazione di crisi/insolvenza del tutto slegata dalla precedente.
10 . I compensi dei professionisti che assistono l’imprenditore nella fase di composizione negoziata della crisi
Come anticipato nell’introduzione, il D.L. 24 agosto 2021, n. 118, convertito in legge 21 ottobre 2021, n. 147, non ha dettato alcuna norma sul compenso dei professionisti che assistano l’imprenditore nella fase di composizione negoziata. Ne consegue che questi compensi saranno regolati dall’accordo delle parti o, in difetto, dai parametri normativi previsti per le professioni che vengano in rilievo, partendo sempre dal presupposto che la fase di composizione della crisi non può essere considerata come una procedura concorsuale.
Più precisamente, il compenso dell’advisor finanziario sarà verosimilmente determinato in base all’art. 26 del DM 20 luglio 2012, n. 140, e quindi secondo quanto indicato nei riquadri 8.1 e 8.2 della tabella C.
Per il compenso del legale, invece, occorre distinguere l’ipotesi in cui il professionista partecipi solo alle trattative da quella in cui il professionista partecipi anche agli incidenti giurisdizionali previsti dagli artt. 7 e 10, considerando, però, anche l’ulteriore variabile dello sbocco della composizione in una procedura di concorsuale, in cui continui l’attività di assistenza dell’impresa. In questa prospettiva occorre prendere le mosse dall’orientamento giurisprudenziale che, ai fini dell’individuazione del parametro di riferimento del compenso dell’avvocato, afferma l’assorbimento dell’attività stragiudiziale nell’attività giudiziale ad essa funzionalmente collegata (in questi termini, e con specifico riferimento al rapporto tra l’assistenza prima della proposizione di una domanda di concordato e quella successiva, v. Cassazione 19 ottobre 2017 n. 24682). Secondo quest’orientamento, le prestazioni stragiudiziali, pur se collegate a prestazioni giudiziali, possono essere liquidate autonomamente mediante applicazione dei parametri stragiudiziali, solo quando acquistino autonoma dignità rispetto alle seconde. Tenuto conto dell’eterogeneità e dei contenuti che può assumere l’assistenza dell’impresa nella fase di composizione della crisi, sembra potersi affermare in astratto l’autonoma dignità dell’attività compiuta in sede di composizione negoziata rispetto a quella compiuta nell’ambito della procedura concorsuale instaurata all’esito di essa e, quindi, l’applicabilità cumulativa dei parametri giudiziali per la prima fase e dei parametri giudiziali (secondo la regola contenuta nell’art. 11, comma 10, DM 10 marzo 2014, n. 55) per la seconda fase. La stessa conclusione può essere sostenuta anche con riferimento al rapporto tra l’attività di assistenza stragiudiziale nella fase di composizione negoziata e l’attività di assistenza negli incidenti giurisdizionali previsti dagli artt. 7 e 10, poiché la prima assume un contenuto più ampio della seconda e prosegue parallelamente e anche dopo di essa. Pertanto, se l’attività del legale si esaurisca nell’attività di assistenza, senza la partecipazione agli incidenti giurisdizionali previsti dagli artt. 7 e 10 e senza la prosecuzione dell’assistenza in una procedura concorsuale instaurata all’esito delle trattative, il compenso sarà determinato in base ai parametri previsti dal DM 10 marzo 2014, n. 55 per l’attività stragiudiziale. Qualora, poi, l’attività di assistenza si estenda ai procedimenti previsti dagli artt. 7 e 10, al legale spetterà un ulteriore compenso che, in difetto di accordo delle parti, dovrà essere determinato sulla base dei parametri previsti dal DM 10 marzo 2014, n. 55 per i procedimenti cautelari e camerali, facendo riferimento ai valori riferibili alle misure cautelari e protettive o alle autorizzazioni richieste. Qualora, infine, l’attività di assistenza si estenda anche alla procedura concorsuale instaurata all’esito delle trattative, al legale spetterà un ulteriore compenso che, in difetto di accordo delle parti, dovrà essere determinato sulla base della regola contenuta nell’art. 11, comma 10, DM 10 marzo 2014, n. 55.
L’applicazione di questi parametri, e comunque la preminenza dell’accordo delle parti, rendono intuibile la circostanza che i compensi per i professionisti, che assistano l’imprenditore nella composizione negoziata, saranno sensibilmente superiori a quelli dell’esperto e degli ausiliari. Deve quindi ribadirsi l’affermazione, anticipata nell’introduzione, dell’incongruenza della scelta del contingentamento dei compensi, in nome del principio di economicità, limitatamente ai secondi.
Rimane da affrontare il tema della prededuzione del compenso dei professionisti per l’attività di assistenza prestata nella fase in esame. Ribadito, ancora una volta, che tale fase non può essere equiparata ad una procedura concorsuale, l’unica strada possibile è quella di accertare l’esistenza del presupposto della funzionalità previsto dalla seconda parte del secondo comma dell’art. 111 l.fall. Nel quadro dei contrasti giurisprudenziali esistenti sul punto, sembra potersi affermare la soluzione positiva nell’ipotesi in cui, all’esito della composizione, si pervenga all’apertura di una procedura concorsuale o comunque all’omologazione del concordato semplificato. Invece, appare più che dubbia la possibilità di sostenere la stessa soluzione nell’ipotesi contraria. In ogni caso, la delimitazione della prededuzione in questa prospettiva, sarà condizionata in larga misura dalla (ormai prossima) risposta delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ai quesiti sollevati con l’ordinanza di rimessione del 23 aprile 2021 n. 10885 (tra cui: “se la prededuzione spetti anche in caso di procedura concordataria…che non varca la soglia dell’ammissibilità” e “se la prededuzione spetti al professionista che ha lavorato prima ancora del deposito della domanda di concordato”). Alla Suprema Corte, dunque, l’ardua sentenza!

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  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

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